Le modifiche più significative alla disciplina del mandato di arresto europeo introdotte dal d.lgs. n. 10/2021

15 Marzo 2021

Il d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10 ha apportato numerose e rilevanti modifiche alla normativa riguardante il mandato di arresto europeo, disciplinato dalla l. 22 aprile 2005, n. 69, allo scopo di realizzare un più compiuto adeguamento della disciplina nazionale alla decisione quadro 2002/584/GAI...
Premessa

Il mandato di arresto europeo, introdotto con la decisione quadro 13 giugno 2002 (2002/584/GAI), che è stata recepita in Italia dalla legge 22 aprile 2005, n. 69, consiste, come noto, in “una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro dell'Unione europea […], in vista dell'arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro […] di una persona, al fine dell'esercizio di azioni giudiziarie in materia penale o dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale” (cfr. art. 1, comma 2,l. n. 69/2005).

Fondandosi sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie, il nuovo strumento di cooperazione ha sostituito, all'interno dell'Unione europea, la procedura estradizionale, rendendo più agevole e rapida la consegna del soggetto che debba essere sottoposto a procedimento penale in altro Paese membro (c.d. mandato d'arresto processuale) o che, ivi, debba scontare una pena o un'altra misura privativa della libertà personale (c.d. mandato d'arresto esecutivo).

È opportuno ricordare che il nostro Paese ha attuato con notevole ritardo la normativa europea, in quanto si è sviluppato un lungo e intenso dibattito sulla necessità di contemperare le esigenze di efficacia e celerità del meccanismo eurounitario di consegna con i diritti fondamentali della persona ricercata, costituzionalmente tutelati, tra cui, anzitutto, la libertà personale garantita dall'art. 13 Cost.

A distanza di un considerevole lasso di tempo, con la recente l. 4 ottobre 2019, n. 117, il Parlamento ha conferito al Governo la delega ad adottare, nell'ambito dei provvedimenti per il recepimento di atti e direttive europee, uno o più decreti legislativi destinati ad apportare alcune rilevanti modifiche alla l. n. 69/2005, al fine di realizzare un più compiuto adeguamento della normativa nazionale alla decisione quadro 2002/584/GAI (cfr. art. 6 l. n. 117/2019).

Il legislatore delegante, peraltro, è intervenuto immediatamente in relazione alle ipotesi di non esecuzione della consegna, introducendo la distinzione tra motivi di rifiuto obbligatori (v. art. 18 l. n. 69/2005 riformato) e motivi facoltativi (cfr. nuovo art. 18-bis l.n. 69/2005), che nella versione originaria della disciplina interna non risultava contemplata, essendo previsti soltanto motivi obbligatori, a differenza di quanto espressamente stabilito dalla decisione quadro 2002/584/GAI (rispettivamente agli artt. 3 e 4).

Queste norme sono state, tuttavia, successivamente modificate dal d.lgs. n. 10/2021, come si dirà più avanti.

Prima di esaminare le disposizioni più rilevanti del d.lgs. n. 10/2021, vale la pena richiamare la disciplina intertemporale, la quale, derogando al principio tempus regit actum, stabilisce che, per i procedimenti relativi alle richieste di esecuzione di mandati di arresto europeo in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento legislativo (fissata al 20.02.2021), troveranno applicazione le norme anteriormente vigenti, laddove la corte di appello, a tale data, abbia già ricevuto il mandato di arresto europeo o la persona richiesta in consegna sia già stata arrestata (art. 28 d.lgs. n. 10/2021).

Le modifiche alle disposizioni di principio, relative ai diritti fondamentali e alle garanzie costituzionali

Sono, anzitutto, degne di rilievo – quantomeno per il loro valore altamente simbolico – le modifiche apportate agli artt. 1 e 2 della l. n. 69/2005 – rispettivamente dedicati alle disposizioni di principio e al rispetto dei diritti fondamentali e delle garanzie costituzionali – dalle quali si percepisce lo spirito sotteso alla riforma, teso a privilegiare la funzionalità del mandato di arresto europeo, attraverso un'operazione di semplificazione e accelerazione del sistema di consegna.

E infatti, nell'art. 1, comma 1, l. n. 69/2005, scompare il riferimento all'applicabilità delle norme in tema di mandato di arresto europeo “nei limiti in cui tali disposizioni non siano incompatibili con i principi supremi dell'ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali, nonché in tema di diritti di libertà e del giusto processo”.

La soppressione di tale inciso e la sua postergazione, con una diversa formulazione, nel testo dell'art. 2 l. n. 69/2005, così come l'introduzione di ulteriori nuovi commi all'art. 1, sembrano valorizzare l'efficienza del meccanismo di cooperazione, precisandosi, tra l'altro, sin da subito, al comma 3-bis, che il mandato di arresto europeo va eseguito “con la massima urgenza”.

Le successive previsioni dell'art. 1 l. n. 69/2005, del resto, rispecchiano la medesima tendenza, esplicitandosi che l'Italia “continua ad applicare gli accordi o intese, bilaterali o multilaterali, vigenti al momento dell'adozione della decisione quadro, quando essi contribuiscono ad una migliore e più efficace realizzazione delle finalità della decisione quadro e semplificano o agevolano ulteriormente la consegna delle persone ricercate” (art. 1, comma 4-quater) e prevedendosi, tra l'altro, che entro trenta giorni dall'entrata in vigore della disposizione in questione, il Governo notifichi, su proposta del Ministro di Giustizia, al Consiglio e alla Commissione europea, l'elenco degli specifici accordi e intese che l'Italia intende continuare ad applicare (art. 1, comma 4-quinquies).

Nelle regole generali, sembra residuare un solo ostacolo all'applicazione della disciplina, laddove il nuovo comma 3 ter dell'art. 1 l. n. 69/2005 – riprendendo quanto era precedentemente previsto dall'art. 2 comma 3 – precisa che “l'Italia non dà esecuzione ai mandati di arresto europeo emessi da uno Stato nei cui confronti il Consiglio dell'Unione europea abbia sospeso l'attuazione del meccanismo del mandato d'arresto europeo per grave e persistente violazione dei principi sanciti dall'art. 6, par. 1, del trattato sull'Unione europea ai sensi del punto 10 dei consideranda del preambolo della decisione quadro”.

Quanto, poi, al tema del rispetto dei diritti fondamentali e delle garanzie costituzionali, risulta completamente riscritto l'art. 2 l. n. 69/2005, la cui nuova versione prevede che “l'esecuzionedel mandato di arresto europeo non può, in alcun caso, comportare una violazione dei principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato o dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali […]”.

Scompare, peraltro, nella norma riformata, la possibilità (originariamente prevista al comma 2) di richiedere, da parte del nostro Paese, idonee garanzie circa il rispetto dei diritti fondamentali allo Stato membro di emissione del mandato di arresto europeo.

Il contenuto del mandato di arresto europeo e gli allegati nella procedura passiva di consegna

In relazione al contenuto del mandato d'arresto europeo e agli allegati nella procedura passiva di consegna, è opportuno segnalare gli interventi operati sull'art. 6 l.n. 69/2005.

Viene introdotto, anzitutto, il comma 1-bis, relativo alla fattispecie in cui un mandato di arresto esecutivo sia stato emesso all'esito di un processo nel quale l'interessato non è personalmente comparso. In questo caso, secondo la nuova disposizione, il mandato di arresto deve contenere l'indicazione di almeno una delle seguenti condizioni: a) l'interessato è stato tempestivamente citato a mani proprie o con altre modalità comunque idonee a garantire inequivocabilmente che lo stesso era a conoscenza della data e del luogo del processo che ha portato alla decisione pronunciata in sua assenza e del fatto che tale decisione avrebbe potuto esser presa anche in sua assenza; b) l'interessato, informato del processo a suo carico, è stato rappresentato nel processo conclusosi con la menzionata decisione da un difensore, nominato dallo stesso interessato o d'ufficio; c) l'interessato, ricevuta la notifica della decisione di cui si chiede l'esecuzione e informato del diritto di ottenere un nuovo processo o della facoltà di dare inizio al giudizio di appello, al quale abbia il diritto di partecipare e che consenta il riesame del merito della decisione, nonché, anche a mezzo dell'allegazione di nuove prove, la possibilità di una sua riforma, ha dichiarato espressamente di non opporsi a tale decisione o non ha chiesto la rinnovazione del processo o proposto appello nei termini stabiliti; d) l'interessato non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma la riceverà personalmente e senza indugio dopo la consegna nello Stato membro di emissione e sarà espressamente informato sia del diritto di ottenere un nuovo processo o di proporre impugnazione per un giudizio di appello, al quale abbia diritto di partecipare e che consenta il riesame nel merito, nonché, anche a mezzo dell'allegazione di nuove prove, la possibilità di una riforma di detta decisione, sia dei termini entro i quali egli potrà richiedere un nuovo processo o proporre impugnazione per un giudizio di appello.

Un'altra modifica, che merita di essere segnalata, riguarda l'abrogazione dei commi 3, 4, 5 e 6 della disposizione in commento.

Il comma 3 dell'art. 6 l. n. 69/2005 prevedeva, infatti, che la consegna del ricercato fosse consentita, ove ne ricorressero i presupposti, soltanto sulla base di una richiesta alla quale doveva essere allegata copia del provvedimento posto a fondamento del mandato di arresto europeo, unitamente, ai sensi del comma 4, ad altra documentazione che comprendeva, come noto, una relazione sui fatti addebitati alla persona, il testo delle disposizioni applicabili (con indicazione del tipo e della durata della pena ivi prevista), i dati segnaletici e ogni altra informazione atta a determinare identità e nazionalità della persona richiesta in consegna. Laddove, poi, lo Stato di emissione non avesse provveduto, sin dall'origine, a fornire tali informazioni, si poteva dare corso ad una specifica richiesta che, ove disattesa, determinava il rigetto della domanda di consegna (commi 5 e 6).

Sebbene la giurisprudenza avesse già, in qualche modo, limitato la portata di queste norme (cfr. Cass. pen., sez. VI, 6 febbraio 2018, n. 6758, la quale ha affermato che “in tema di mandato di arresto europeo esecutivo l'omessa allegazione o acquisizione in via integrativa della copia della sentenza di condanna a pena detentiva non legittima il rigetto della richiesta qualora la documentazione in atti contenga tutti gli elementi conoscitivi necessari e sufficienti per la decisione”), la formale abrogazione di tali disposizioni sembra riflettere, ancora una volta, la finalità fortemente efficientista della riforma, menomando, tuttavia, le possibilità per il ricercato di difendersi e privando la corte di appello dell'opportunità di effettuare un approfondito vaglio sulla fondatezza del mandato d'arresto europeo.

La doppia punibilità del fatto

Anche l'art. 7 l. n. 69/2005, dedicato ai casi di doppia punibilità, ha subìto alcune modifiche.

Il primo comma di tale disposizione prevede la possibilità, per il nostro Paese, di dare esecuzione al mandato di arresto europeo laddove il fatto sotteso alla richiesta di consegna sia previsto come reato anche dalla legge italiana.

Il legislatore ha, tuttavia, introdotto una precisazione: il fatto per il quale si richiede la consegna deve essere previsto come reato dalla legge nazionale “indipendentemente dalla qualificazione giuridica e dai singoli elementi costitutivi del reato” (cfr. art. 7, comma 1, l.n. 69/2005).

Il secondo comma della norma in commento, relativo a tasse e imposte, nonché dogana e cambio, viene completamente riscritto e, per lo più, semplificato, precisandosi che: “ai fini di cui al comma 1, per i reati in materia di tasse e imposte, di dogana e di cambio, non è necessario che la legge italiana imponga lo stesso tipo di tasse o di imposte o contenga lo stesso tipo di disciplina in materia di tasse, di imposte, di dogana e di cambio della legge dello Stato membro di emissione”.

Il successivo terzo comma è, altresì, riformulato, prevedendosi, attualmente, che “il mandato di arresto non è comunque eseguito se il fatto è punito dalla legge dello Stato membro di emissione con una pena o con una misura di sicurezza privativa della libertà personale della durata massima inferiore a dodici mesi”. L'originaria seconda parte di tale previsione, che forniva un'interpretazione per il calcolo della pena o della misura di sicurezza di cui sopra (disponendo, in particolare, che si tenesse conto, a tal fine, delle circostanze aggravanti), risulta, invece, soppressa.

Infine, il quarto comma è rimasto del tutto invariato e, pertanto, permane il principio per cui “in caso di esecuzione di una sentenza di condanna, la pena o la misura di sicurezza dovranno avere una durata non inferiore a quattro mesi”.

La riformulazione dei motivi di rifiuto obbligatori e facoltativi

Tra le novità certamente più significative della novella spicca la drastica riduzione dei motivi di rifiuto alla consegna che, come sopra evidenziato, erano già stati riformati dalla legge delega n. 117/2019, con la quale si era provveduto alla suddivisione in motivi di rifiuto obbligatorio e facoltativo, in aderenza alle previsioni della decisione quadro 2002/584/GAI.

Le ipotesi di rifiuto obbligatorio, già ridotte con la legge delega da venti a diciassette fattispecie, divengono ora (come previsto dall'art. 3 della decisione quadro) soltanto tre e, in particolare, trovano applicazione, ai sensi dell'art. 18 l. n. 69/2005, laddove risulti:

a) che il reato oggetto di mandato di arresto europeo è estinto per amnistia ai sensi della legge italiana, quando vi sia giurisdizione dello Stato italiano sul fatto;

b) che nei confronti della persona ricercata, per gli stessi fatti, sono stati emessi in Italia, sentenza o decreto irrevocabili o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta a impugnazione o, in altro Stato membro dell'Unione europea, sentenza definitiva, purché, in caso di condanna, la pena sia già stata eseguita ovvero sia in corso di esecuzione, ovvero non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato che ha emesso la condanna;

c) che la persona oggetto del mandato di arresto europeo era minore di anni 14 al momento della commissione del reato.

Quanto, poi, ai motivi di rifiuto facoltativo, contenuti nell'art. 18-bis l. n. 69/2005, la nuova disposizione prevede la possibilità di non eseguire il mandato di arresto europeo c.d. processuale solo nei seguenti due casi:

a) laddove il mandato d'arresto riguardi reati che dalla legge italiana sono considerati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio, ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l'azione penale per gli stessi reati al di fuori del suo territorio;

b) se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato di arresto europeo, nei confronti della persona ricercata è in corso un procedimento penale.

Con riferimento, invece, al mandato di arresto europeo c.d. esecutivo, la corte di appello può rifiutare la consegna della persona ricercata che sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea legittimamente ed effettivamente residente o dimorante nel territorio italiano da almeno cinque anni, sempre che disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno (cfr. art. 18-bis, comma 2, l. n. 69/2005).

Il d.lgs. n. 10/2021 ha introdotto un'ulteriore disposizione, l'art. 18-ter l. n. 69/2005, specificamente dedicata alle decisioni pronunciate in assenza.

Secondo la nuova norma, in particolare, la corte di appello può rifiutare la consegna, in presenza di mandato di arresto esecutivo, quando la pena o la misura di sicurezza sia stata applicata all'esito di un processo in cui l'interessato non sia comparso personalmente, “se il mandato di arresto europeo non contiene l'indicazione di alcuna delle condizioni di cui all'art. 6 comma 1-bis e lo Stato di emissione non ha fornito indicazioni su tali condizioni neppure a seguito della richiesta inoltrata ai sensi dell'articolo 16” (che, come noto, disciplina le informazioni e gli accertamenti integrativi astrattamente richiedibili dalla corte di appello). La consegna è comunque consentita, secondo il comma successivo, laddove “risulti provato con certezza che l'interessato era a conoscenza del processo, o che il medesimo si era volontariamente sottratto alla conoscenza dello stesso”.

Infine, il terzo comma dell'art. 18-ter l. n. 69/2005 prevedela possibilità, quando ricorrano le condizioni dell'art. 6, comma 1-bis, lettera d), di cui si è detto sopra, a favore della persona della quale è domandata la consegna e che non sia stata precedentemente informata del procedimento penale svoltosi nei suoi confronti, di richiedere la trasmissione di copia della sentenza su cui il mandato di arresto europeo si fonda. La disposizione si premura di precisare, inoltre, che tale richiesta non costituisce, in alcun caso, causa di differimento della procedura di consegna o della decisione di eseguire il mandato di arresto europeo. Si dispone, infine, che la corte di appello proceda all'immediato inoltro della richiesta all'autorità emittente.

La riduzione dei termini processuali

Da ultimo, assumono rilevanza le disposizioni che scandiscono le nuove tempistiche processuali. Tra queste, in particolare, si segnala la modifica dell'art. 17 l. n. 69/2005, con cui si prevede che la decisione sulla richiesta di esecuzione deve intervenire non più entro sessanta giorni, ma “nel più breve tempo possibile e, comunque, entro quindici giorni dall'esecuzione della misura cautelare”, laddove essa sia stata adottata, ovvero dall'arresto della persona ricercata ad opera della polizia giudiziaria.

È poi prevista la possibilità, secondo il nuovo comma 2-bis della norma appena citata, di prorogare il termine sino a dieci giorni, laddove non sia possibile rispettare i tempi per acquisire informazioni supplementari o per altre circostanze di natura oggettiva.

Sempre sotto il profilo della riduzione dei termini, vanno altresì richiamate le modifiche all'art. 22 l. n. 69/2005, che prevede la possibilità di proporre ricorso per cassazione “entro cinque giorni dalla conoscenza legale della sentenza”, mentre quello avverso l'ordinanza di cui all'art. 14, relativamente al caso in cui l'interessato abbia prestato il proprio consenso alla consegna, diviene di soli tre giorni, secondo il nuovo comma 5-bis dell'art. 22 l. n. 69/2005.

Occorre segnalare anche l'introduzione del nuovo art. 22-bis l. n. 69/2005, relativo ai termini per la decisione e ai provvedimenti in ordine alle misure cautelari. In particolare, si prevede che, nel caso in cui la decisione definitiva sulla richiesta di consegna (in assenza di consenso) non intervenga entro i sessanta giorni successivi all'esecuzione della misura cautelare o all'arresto del ricercato (oppure successivi alla deliberazione di non applicare alcuna misura), la corte davanti alla quale pende il procedimento informa immediatamente del ritardo e delle ragioni che vi hanno dato causa il Ministro della giustizia, affinché ne sia data comunicazione all'autorità giudiziaria richiedente.

Agli stessi fini, in presenza di consenso alla consegna, la corte di appello informa il Ministro della giustizia dei motivi che hanno impedito l'adozione della decisione nel termine di dieci giorni dalla data in cui il consenso è stato espresso.

Se, poi, la decisione finale non interviene nemmeno nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini di cui al comma 1, la corte, davanti alla quale pende il procedimento, comunica immediatamente il ritardo e le ragioni che vi hanno dato causa al Ministro della giustizia, il quale ne dà urgente informazione all'Eurojust.

Alla scadenza di tali termini si prevede, ai sensi del comma 3 dell'art. 22-bis l. n. 69/2005, che la corte di appello effettui una nuova valutazione circa l'assoluta necessità di mantenere la custodia cautelare della persona richiesta in consegna, tenuto conto dell'esigenza di garantire che la medesima non vi si sottragga. Si precisa, altresì, che la verifica della corte di appello deve investire anche la proporzionalità della misura rispetto all'entità della pena, disponendone, in caso contrario, la revoca o la sostituzione con altre misure cautelari, applicabili anche cumulativamente, ritenute comunque idonee a garantire che la persona non si sottragga alla consegna.

Infine, il comma 4 disciplina l'ipotesi in cui il ritardo nell'adozione della decisione definitiva si sia protratto ingiustificatamente oltre i termini di cui al secondo comma e, comunque, “quando sono decorsi novanta giorni dalla scadenza di detti termini senza che sia intervenuta la decisione definitiva sulla consegna”. In questo caso, la corte di appello revoca la misura della custodia cautelare in carcere e, laddove persista l'esigenza di garantire che la persona non si sottragga alla consegna, applica le misure cautelari di cui agli artt. 281, 282 e 283 c.p.p. e, nel caso in cui si tratti di persona minorenne, la misura di cui all'art. 20 D.P.R. n. 448/1988.

In conclusione

Le modifiche alla l. n. 69/2005 sembrano andare in una direzione improntata alla massima efficienza dello strumento di cooperazione giudiziaria, implementandone i meccanismi di automaticità e celerità, con una conseguente drastica riduzione dei motivi di rifiuto dell'esecuzione del mandato di arresto europeo.

Se, da un lato, la finalità sembra quella di consentire che la privazione della libertà del ricercato sia ridotta ai minimi termini (e dunque, in tal senso, ben si potrebbe concordare sulla riduzione dei tempi), risulta piuttosto difficile credere che la diminuzione dei termini per il deposito del ricorso in cassazione da parte del difensore possa definirsi un tempo realmente sufficiente a garantire una difesa tecnica efficace.

Più d'una perplessità suscita, poi, la soppressione dell'art. 21 l. n. 69/2005 che prevedeva, in caso di mancato rispetto dei tempi circa l'emissione della decisione definitiva sulla consegna, una immediata e obbligatoria rimessione in libertà del ricercato.

Secondo le nuove disposizioni – in particolare ex art. 22-bis l. n. 69/2005 – la Corte di appello, alla scadenza dei termini, in luogo di procedere automaticamente alla scarcerazione, valuta discrezionalmente se la custodia applicata alla persona della quale è richiesta la consegna è ancora assolutamente necessaria per garantire l'esigenza di cui all'art. 9, comma 4 (ossia il pericolo di fuga), e se la sua durata è proporzionata rispetto all'entità della pena, disponendone, in caso contrario, la revoca o la sostituzione con altre misure cautelari, applicabili anche cumulativamente.

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