Interessi di mora e legge antiusura: l'intervento delle Sezioni Unite

16 Marzo 2021

La sentenza n. 19597/2020 delle Sezioni Unite ha risolto molti dei problemi controversi in giurisprudenza circa l'applicabilità della legge antiusura al patto di interessi moratori. Lo ha fatto affermando tre princìpi: che la legge antiusura s'applica anche agli interessi moratori; che l'usurarietà degli interessi moratori va valutata al momento della pattuizione, non al momento del pagamento (e nemmeno al momento della mora); che se il patto di interessi moratori è nullo per usurarietà, il debitore moroso è comunque tenuto al pagamento degli interessi di mora al saggio pattuito per quelli corrispettivi; se interessi corrispettivi non erano stati pattuiti, oppure se anche la relativa pattuizione era nulla, il debitore moroso sarà comunque tenuto al pagamento degli interessi legali di mora. La decisione costituisce un equo compromesso tra l'esigenza di contrastare le pratiche usurarie, e quella di non adottare interpretazioni premianti per il debitore inadempiente.
Applicabilità anche agli interessi moratori della legge n. 108/1996 sul contrasto dell'usura

Con la sentenza 18 settembre 2020, n. 19597 le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno stabilito (o meglio, ribadito, posto che nei vent'anni precedenti la giurisprudenza di legittimità non ne aveva mai dubitato) che la l. n. 108/1996 sul contrasto dell'usura si applica anche agli interessi moratori.

Il lettore si stupirà: c'era bisogno di scomodare le Sezioni Unite su tale questione? Perché mai prestare soldi a strozzo dovrebbe essere lecito se il debitore sia in mora, ed illecito se non lo sia?

Eppure la nimia subtilitas dei giuristi proprio questo era arrivata a sostenere: che un interesse - poniamo - doppio, triplo o quadruplo rispetto al tasso-soglia stabilito dalla legge antiusura non sarebbe soggetto alle rigorose previsioni di quest'ultima, e la sua liceità dovrebbe essere valutata caso per caso dal giudice (con quali conseguenze per la prevedibilità delle decisioni, è facile intuire (ex multis, in tal senso, si veda GUIZZI, La cassazione e l'usura... per fatto del debitore («Aberrazioni» giurisprudenziali in tema interessi di mora e usura), in Corriere giur., 2019, 153. Per chiarezza del lettore, può essere utile sottolineare che l'orientamento definito “aberrante” è proprio quello condiviso dalle Sezioni Unite).

E poiché l'Accademia ha pur sempre il suo fascino, queste opinioni avevano fatto breccia in non pochi giudici di merito, sordi persino alle reiterate decisioni di segno contrario del giudice di legittimità.

Vediamo dunque più in dettaglio quali erano i termini del dissidio.

La tesi negativa

Secondo un primo orientamento agli interessi moratori non sarebbero applicabili le norme della legge antiusura, e di conseguenza le pattuizioni di interessi moratori eccedenti il tasso-limite non sono nulle.

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In dottrina la tesi è sostenuta da OPPO, Lo « ;squilibrio ;» contrattuale tra diritto civile e diritto penale, in Riv. dir. civ., 1999, I, 534; SCOZZAFAVA, Gli interessi dei capitali, Milano, 2001, 194; Quadri, Usura e legislazione civile, in Corr. giur., 1999, 890 ss.; MORERA, Interessi pattuiti, interessi corrisposti, tasso « ;soglia ;» e ... usuraio sopravvenuto, in Banca, borsa e titoli, 1998, II, 517; PORCELLI, La disciplina degli interessi bancari tra autonomia ed eteronomia, Napoli, 2003, 255; PASSAGNOLI, Il contratto usurario tra interpretazione giurisprudenziale ed interpretazione « ;autentica ;», in VETTORI (a cura di), Squilibrio e usura nei contratti, Padova, 2002, 82; MANIACI, Le regole sugli interessi usurari, in CUFFARO (a cura di), Il mutuo e le altre operazioni di finanziamento, Bologna, 2005, 102; DOLMETTA, Su usura e interessi di mora: questioni attuali, in Banca Borsa, 2013, I, 501; MUCCIARONE, Usura sopravvenuta e interessi moratori tra Cassazione, ABF e Banca d'Italia, in Banca, borsa e titoli, 2014, II, 445; Cappai, Il rilievo degli oneri economici eventuali nel vaglio dell'usura dei contratti di mutuo, in Banca, borsa e titoli, 2016, 482; ROBUSTELLA, Sull'applicabilità del limite dei tassi soglia agli interessi moratori, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2016, 1003; CARRIERO, Credito, interessi, usura: tra contratto e mercato, in Banca, borsa e titoli, 2016, 93; BARENGHI, Diritto dei consumatori, Milano, 2017, 446; RIZZO, Gli interessi moratori usurari nella teoria delle obbligazioni pecuniarie, in Banca, borsa ecc., 2018, I, 359; GUIZZI, La cassazione e l'usura... per fatto del debitore («Aberrazioni» giurisprudenziali in tema interessi di mora e usura), in Corriere giur., 2019, 153; BARENGHI, Interessi moratori e usura: una presa di posizione enciclopedica della cassazione, in Giur. it., 2019, 2622 (la quale si segnala per la ricchezza dell'apparato critico).
In giurisprudenza hanno aderito a questo orientamento, ma con motivazioni non sempre coincidenti, tra le tante, Trib. Salerno, 27 luglio 1998, in Contratti, 1999, 589; Trib. Napoli, 5 maggio 2000, in Giur. it., 2000, 1665; Trib. Roma, 1° febbraio 2001, in Corr. giur., 2001, 1082; Trib. Napoli, 5 maggio 2000, in Giur. it., 2000, 1665; Pret. Macerata, 1° giugno 1999, in Foro it. 2000, I, 1709; Trib. Vibo Valentia, 22 luglio 2015; Trib. Brescia, 24 novembre 2014; Trib. Milano, 8 marzo 2016; Trib. Varese, 27 aprile 2016; Trib. Roma, 16 novembre 2016; Trib. Milano, 29 novembre 2016; Trib. Savona, 8 gennaio 2018; Trib. Milano, 6 giugno 2018; Trib. Roma, 5 novembre 2018, n. 21182; Trib. Milano, 5 novembre 2018, n. 11086; Trib. Roma 25 febbraio 2020, n. 4056).

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Questa opinione era giustificata con vari argomenti, i più ricorrenti dei quali erano:

  • l'art. 644, comma 1, c.p., incriminando la sola dazione o promessa di interessi usurari “in corrispettivo di una prestazione di denaro”, implicitamente limita l'applicazione della legge antiusura ai soli interessi corrispettivi, perché solo questi costituiscono il “corrispettivo d'una prestazione di denaro”;
  • gli interessi corrispettivi e quelli moratori sono, tra loro, “ontologicamente” eterogenei, in quanto i primi remunerano un capitale, i secondi costituiscono una sanzione convenzionale ed una coazione indiretta per dissuadere il debitore dall'inadempimento, e sono perciò assimilabili alla clausola penale; i primi sono necessari, i secondi eventuali; i primi hanno una finalità di lucro, i secondi di risarcimento; questa diversità di natura e funzione giustificherebbe, si sostiene, l'assoggettabilità solo dei primi alla legge antiusura;
  • nessuna norma di legge prevede la nullità del patto di interessi moratori convenzionale eccedenti il tasso-soglia;
  • la rilevazione periodica, da parte del Ministero del Tesoro, degli interessi medi praticati dagli operatori finanziari, non prende in considerazione gli interessi moratori, il che dimostrerebbe l'impossibilità che tali interessi possano essere considerati “usurari”;
  • nei rapporti tra imprenditori commerciali, il tasso legale degli interessi di mora di cui al d.lgs. n. 231/2002 è di norma ben più elevato del tasso-soglia previsto dalla legge antiusura: sicché, a pretendere di applicare tale legge anche agli interessi moratori, si perverrebbe all'assurdo che dovrebbero dichiararsi nulli patti che prevedono un interesse addirittura più basso di quello legale.

L'orientamento in esame riteneva che, dinanzi ad interessi moratori eccessivi, il debitore dovesse invocare non la legge antiusura, ma chiederne al giudice la riduzione, ai sensi dell'art. 1384 c.c.: ciò sul presupposto che gli interessi moratori costituiscono una liquidazione forfettaria del danno da mora; che di conseguenza essi hanno la medesima natura della clausola penale; che pertanto il giudice potesse ridurne il saggio, se manifestamente eccessivo.

La tesi affermativa

Un secondo orientamento riteneva invece che gli interessi moratori convenzionali non sfuggissero alle norme antiusura, e che dunque fosse nullo il patto di interessi moratori eccedente il tasso-soglia vigente al momento della pattuizione.

*** In dottrina la tesi è stata sostenuta da FARINA, Interessi usurari e interessi moratori, in Dir. mercato assic. e fin., 2017, 325; BENUSSI, Interessi moratori ed usura: trattamento equitativo per chi applica tassi usurari?, in www.personaemercato.it, 2017; D'AMICO, Interessi usurari e contratti bancari, in Gli interessi usurari. Quattro voci su un tema controverso, Torino, 2017, 1 ss.; PAGLIANTINI, Spigolature su di un idolum fori: la c.d. usura legale del nuovo art. 1284 c.c., ibidem, 67 ss.; SALANITRO, Usura e interessi moratori: ratio legis e disapplicazione del tasso-soglia, ibidem, 121 ss.; FAUCEGLIA, Brevi note sull'accertamento dell'interesse di mora nel superamento del tasso soglia, in Banca, borsa ecc., 2018, II, 435.
In questo senso, per la giurisprudenza di merito, Trib. Bologna, 15 giugno 2020, n. 898,; Trib. Napoli, 21 maggio 2020, n. 3546; Trib. Roma, 10 aprile 2020, n.6020; Trib. Arezzo, 17 marzo 2020, n.235; Trib. Milano, 2 marzo 2020, n.1943; Trib. Crotone, 29 febbraio 2020, n. 248; Trib. Bari, 4 febbraio 2020; Trib. Bergamo, 7 giugno 2018, in Corriere Giur., 2019, 7, 913 con nota di SANGIOVANNI, Tasso di mora oltre soglia-usura e azzeramento di interessi sia moratori sia corrispettivi; App. Roma, 7 luglio 2016, in Contratti, 2017, 131.

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A fondamento di questa opinione si adducevano per lo più i seguenti argomenti:

  • né l'art. 644 c.p., né la legge antiusura, distinguono tra i vari tipi di interessi; anzi l'art. 1, comma 1, del d.l. 29 dicembre 2000 n. 394 (convertito nella l. 28 febbraio 2001, n. 24), che ha interpretato autenticamente l'art. 644 c.p., fa espresso riferimento agli interessi dovuti “a qualsiasi titolo”;
  • escludere gli interessi moratori dall'applicazione della legge antiusura è interpretazione contraria alla ratio di quella legge, voluta appunto allo scopo di troncare qualsiasi discussione sull'usurarietà di qualsiasi patto di interessi;
  • sia gli interessi corrispettivi, sia quelli convenzionali moratori, costituiscono la remunerazione d'un capitale di cui il creditore non ha goduto: nel primo caso volontariamente, nel secondo caso involontariamente; e questa affinità di funzione impone l'applicazione della medesima disciplina quanto al contrasto dell'usura;
  • non è decisiva la circostanza che la l. n. 108/1996 non preveda la rilevazione periodica dei tassi convenzionali di mora: l'art. 2, comma 1, l. n. 108/1996 stabilisce infatti che la rilevazione dei tassi medi debba avvenire per “operazioni della stessa natura”, ma il patto di interessi moratori convenzionali non può dirsi una “operazione”, e tanto meno un tipo contrattuale, in quanto esso può infatti accedere a qualsiasi tipo di contratto.

È dunque normale che il decreto ministeriale non rilevi la misura media degli interessi convenzionali di mora, dal momento che la legge ha ritenuto di imporre al ministro del tesoro la rilevazione dei tassi di interessi omogenei per tipo di contratto, e non dei tassi di interessi omogenei per titolo giuridico.

Pertanto la mancata previsione, nella legge n. 108/1996, dell'obbligo di rilevazione del saggio convenzionale di mora “medio” non solo non giustifica affatto la scelta di escludere gli interessi moratori dal campo applicativo della l. n. 108/1996, ma anzi giustifica la conclusione opposta: il saggio di mora “medio” non deve essere rilevato non perché agli interessi moratori non s'applichi la legge antiusura, ma semplicemente perché la legge, fondata sul criterio della rilevazione dei tassi medi per tipo di contratto, è concettualmente incompatibile con la rilevazione dei tassi medi “per tipo di titolo giuridico”:

  • la Banca d'Italia, nella Circolare 3.7.2013, § 4, ammette esplicitamente che “in ogni caso, anche gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti-usura”;
  • non è decisiva nemmeno la circostanza che l' “incrocio” tra la legge antiusura e quella contro i ritardi di pagamento nelle operazioni commerciali (d.lgs. n. 231/2002) possa far sì che, in un determinato momento, il tasso-soglia di cui alla legge antiusura risulti addirittura più basso del tasso di mora previsto dal d.lgs. n. 231/2002. Legge antiusura e legge contro i ritardi nelle transazioni commerciali sono infatti due sistemi tra loro alternativi, tra i quali le parti sono libere di scegliere, assumendo i rischi e prefigurandosi i benefìci dell'uno e dell'altro: o scegliere il sistema del d.lgs. n. 231/2002, evitando i rischi di nullità del patto di interessi ma rinunciando alla libertà negoziale, oppure concordare il saggio di mora ritenuto più vantaggioso, ma soggiacendo alle norme antiusura.
L'intervento delle Sezioni Unite

I contrasti appena riassunti sono stati composti dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza 18 settembre 2020 n. 19597.

Come accennato, con questa decisione la Corte di cassazione ha ribadito che la legge n. 108/1996 si applica anche agli interessi moratori.

Lo ha fatto tuttavia, con una motivazione “minimalista”.

Intendo dire che molti erano gli argomenti a disposizione della Corte per ribadire l'applicabilità della legge antiusura agli interessi moratori: la lettera della legge, la storia della legislazione antiusura, la funzione degli interessi moratori, la genesi del codice civile e della distinzione ivi contenuta tra gli artt. 1224 e 1283 c.c.. Tutti questi argomenti, però, sono stati ritenuti dalla Corte di cassazione “equivalenti” alle obiezioni ad essi mosse dall'orientamento contrario, e quindi non decisivi.

Anzi, le Sezioni Unite hanno condiviso il principale argomento speso dai sostenitori della tesi negazionista; e cioè l'opinione che gli interessi moratori siano una “clausola penale” ai sensi dell'art. 1382 c.c., in quanto costituiscono una liquidazione forfetaria e preventiva del danno.

Non senza contraddittorietà, hanno però aggiunto che questa “clausola penale” sfugge alla disciplina di cui all'art. 1384 c.c., ed è soggetta invece alla legge antiusura, e ciò per una sola ragione: la tutela del debitore.

Hanno osservato infatti le SS.UU. che, se la tutela del debitore contro il rischio della c.d. “usura moratoria” fosse affidata all'art. 1384 c.c., verrebbe meno la certezza del diritto: non potrebbe infatti escludersi che, dinanzi a al medesimo contratto ed al medesimo patto di interessi moratori, giudici diversi potrebbero giungere a conclusioni diverse circa la “eccessività” della loro misura, per i fini di cui all'art. 1384 c.c. E comunque, quand'anche tutti i giudici fossero concordi nel ritenere “eccessivi” e quindi meritevoli di riduzione ex art. 1384 c.c. gli interessi eccedenti una certa soglia, resterebbe il problema della misura della loro riduzione, che ben difficilmente potrebbe essere omogenea su tutto il territorio nazionale.

Insomma, le Sezioni Unite ci hanno consegnato lo strano ircocervo d'un patto che è una clausola penale, ma non è soggetto alle regole della clausola penale.

L'accertamento dell'usurarietà

Vediamo ora in che modo debba accertarsi l'usurarietà del patto di interessi moratori, e quali ne siano gli effetti quando ne sia accertata l'usurarietà.

Anche questi due problemi sono stati affrontati e risolti dalla già ricordata decisione pronunciata da Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2020 n. 19597.

Per spiegare le regole dettate dalle Sezioni Unite per l'accertamento dell'usurarietà del patto di interessi moratori è necessaria una premessa.

Come noto, per la legge sono usurari gli interessi superiori al “tasso limite”.

Il “tasso limite” viene calcolato maggiorando prima di 1/4, e poi di altri 4 punti percentuali, il tasso effettivo globale medio (TEGM). Il TEGM, a sua volta, viene rilevato trimestralmente dalla Banca d'Italia e reso noto con apposito decreto dal Ministero del Tesoro.

Per otto anni, e cioè dall'entrata in vigore della legge antiusura fino al 2003, la Banca d'Italia ha rilevato soltanto il tasso medio degli interessi corrispettivi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari con riferimento alle singole tipologie contrattuali, ma non ha rilevato il tasso medio degli interessi di mora.

A partire dal d.m. 25.3.2003 (in Gazz. uff. 31 marzo 2003 n. 75, p. 18) la Banca d'Italia iniziò a rilevare (di sua iniziativa, dal momento che la legge nulla disponeva al riguardo) anche il saggio medio degli interessi di mora, dichiarando di farlo solo su “un campione” di intermediari (art. 3, comma 4. d.m. 25 marzo 2003).

D'allora in poi la Banca d'Italia ha sempre rilevato il tasso medio degli interessi di mora.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, chiamate dunque a stabilire come debba valutarsi se gli interessi di mora siano stati pattuiti in misura usuraria, hanno deciso di accodarsi alla Banca d'Italia, dando rilievo a quella (arbitraria) rilevazione del tasso medio di mora.

Ha stabilito, in particolare, la già ricordata decisione Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2020 n. 19597, che l'accertamento dell'usurarietà del patto di interessi convenzionali di mora deve avvenire con due criteri diversi, a seconda dell'epoca di stipula del contratto.

Per i contratti stipulati prima del 2003, saranno da ritenersi usurari gli interessi moratori eccedenti il “tasso limite” previsto dai decreti ministeriali applicabili ratione temporis, dal momento che in essi non è indicata la misura del tasso medio di mora.

Per i contratti stipulati dopo il 2003, invece, saranno da ritenersi usurari gli interessi moratori eccedenti il “tasso limite” previsto dai decreti ministeriali applicabili ratione temporis, ma calcolato maggiorando il TEGM del tasso medio di interessi moratori rilevato dalla Banca d'Italia ed indicato nei decreti suddetti.

Così, ad esempio, si immagini che per un certo tipo di contratti il TEGM rilevato nel trimestre della stipula sia 4, ed il tasso medio di mora 2.

Per stabilire il tasso limite, oltre il quale la pattuizione degli interessi moratori sarà usuraria, bisognerà:

a) sommare il TEGM al tasso medio di mora (e dunque 4 più 2);

b) maggiorare il risultato prima di 1/4 e poi di quattro.

Nel nostro esempio dunque il “tasso limite” degli interessi di mora sarà pari a 4, più 2, più 1,5 (che è un 1/4 di 4+2), più 4, cioè 11,5.

La regola di calcolo è stata espressa dalle SS.UU. della Cassazione con la seguente formula:

(TEGM+TMM)+1/4+4

dove TEGM è ovviamente il tasso effettivo globale medio, e TMM il tasso medio di mora rilevato dalla Banca d'Italia.

Vediamo ora quid iuris nel caso in cui venga pattuito un saggio di interessi moratori usurario.

Anche su tale questione prima dell'intervento delle Sezioni Unite si erano registrati contrasti, e questi avevano diviso la stessa giurisprudenza di legittimità.

Secondo un primo orientamento, infatti, nel caso di pattuizione di interessi moratori usurari la relativa clausola è ovviamente nulla, ma il debitore è comunque tenuto al pagamento degli interessi di mora al saggio legale dal momento che l'art. 1815, comma 2, c.c. (secondo il quale “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”). Così Cass. civ., sez. III, 30 ottobre 2018, n. 27442; Cass. civ., sez. III, 13 settembre 2019, n. 22890.

Per un diverso orientamento, invece, la nullità del patto di interessi moratori comporterebbe l'applicazione dell'art. 1815, comma 2, c.c., con la conseguenza della “totale caducazione” del patto di interessi (così Cass. civ., sez. III, 17 ottobre 2019, n. 26286, in Notariato, 2020, 183, con nota di Razzante, La Cassazione semina (ancora) sul terreno degli interessi anatocistici: tra divieto di cumulo e prassi bancaria. Per la verità nella motivazione di Cass. 26286/2019 non è del tutto chiaro se la “totale caducazione” della clausola di interessi moratori usurari comporti la liberazione del debitore dal pagamento di qualsiasi interesse di mora, o resti fermi l'obbligo di pagamento degli interessi (almeno) corrispettivi.).

Il contrasto è stato composto anche in questo caso da Cass. civ. sez. un. 18 settembre 2020 n. 19597, cit., la quale ha stabilito che nel caso di pattuizione di interessi moratori usurari la clausola è nulla, ma il debitore in mora non è del tutto liberato dall'obbligo di pagamento degli interessi. Se, infatti, il contratto per sua natura prevedeva comunque la corresponsione di interessi corrispettivi non usurari, dopo la costituzione in mora il debitore sarà tenuto al pagamento di interessi moratori non al saggio (usurario) convenuti, ma al saggio previsto dal contratto per gli interessi corrispettivi, ai sensi dell'art. 1224, comma 1, c.c..

A tale conclusione la Corte di cassazione è pervenuta sulla base di due argomenti.

In primo luogo, ha osservato che l'inadempimento dell'obbligazione non potrebbe mai tradursi in un premio per il debitore. Ma se il debitore moroso fosse liberato dal pagamento di qualsiasi interesse, ecco che la nullità del patto di interessi moratori gli garantirebbe un vantaggio maggiore di quello che deriverebbe dall'adempimento dell'obbligazione.

In secondo luogo, la Corte di cassazione ha fatto leva sulla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, con un ragionamento (alquanto forzato, in verità), che può così riassumersi:

  • la Corte di giustizia è stata chiamata più volte a stabilire la conformità di norme nazionali con la Direttiva 93/13/CEE del 5 aprile 1993 (concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori);
  • in queste occasioni, la Corte di giustizia ha sempre affermato che le clausole contrattuali contrastanti con le regole dettate Direttiva 93/2013 non travolgono l'intero contratto;
  • questo principio deve applicarsi anche ai patti di interessi moratori usurari, con la conseguenza che, una volta dichiarata la nullità di tale patto, quel che cade è solo l'eccedenza del saggio di interesse (la Cass. SS.UU. 19597/2020 richiama in particolare, a tal riguardo, la decisione pronunciata da Corte giust. UE 7.8.2018, Banco Santander, in causa C-96/16.In realtà questo richiamo alla giurisprudenza comunitaria sembra alquanto stiracchiato. La decisione pronuncia da Corte giust. UE 7.8.2018 aveva ad oggetto una vicenda in cui due mutuatari, aggrediti esecutivamente dalla banca creditrice, avevano invocato la nullità del patto di interessi moratori, perché non negoziato e superiore di oltre due punti percentuali al saggio degli interessi corrispettivi. Tale nullità, nell'ordinamento dl giudice rimettente (la Spagna) non era prevista dalla legge, ma era stata introdotta in via pretoria dalla giurisprudenza: e la Corte di giustizia si è limitata a rilevarne la non contrarietà all'ordinamento comunitario).

Alla luce di questa giurisprudenza possono dunque darsi le seguenti possibilità:

a) sono pattuiti interessi corrispettivi ed interessi moratori ambedue non usurari: ovviamente in tal caso ambedue le convenzioni sono valide ed efficaci;

b) sono pattuiti interessi corrispettivi usurari ed interessi moratori usurari: in questo caso non saranno ovviamente dovuti gli interessi corrispettivi, ex art. 1815, comma 2, c.c.; né sono dovuti gli interessi moratori al saggio usurario, in quanto la relativa pattuizione è nulla ex art. 1418 c.c.. Resta da chiedersi se, in tal caso, dal giorno della mora sono dovuti almeno gli interessi al saggio legale, ex art. 1224, comma 1, c.c.: ed a tale quesito deve darsi risposta affermativa.

La lettera della legge farebbe propendere per l'affermativa, in base ad un sillogismo tanto banale quanto evidente: l'art. 1815 c.c. stabilisce che se sono pattuiti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi; la legge non distingue tra interessi corrispettivi e moratori; ergo, anche nel caso di interessi moratori convenzionali usurari non sono dovuti interessi. Come s'è appena visto, tuttavia, la S.C. non è stata di questo avviso, ed ha ritenuto che il patto di interessi moratori usurari non libera il debitore dalle conseguenze della mora. Se questo principio è vero, allora esso dovrà applicarsi anche nell'ipotesi in cui la nullità dovesse colpire contemporaneamente sia il patto di interessi corrispettivi, sia di interessi moratori: e ricorrendo tale ipotesi il debitore in mora sarà tenuto al pagamento degli interessi legali ex art. 1224, comma 1, c.c.;

c) sono pattuiti interessi corrispettivi usurari, ma interessi moratori non usurari: in questo caso non saranno dovuti interessi corrispettivi, ma saranno dovuti gli interessi moratori al saggio convenuto. Infatti in questo caso l'applicazione dell'art. 1815, comma 2, c.c., rende il mutuo gratuito, ma non deroga all'art. 1224, comma 1, c.c., il quale per l'appunto stabilisce che al creditore spettano gli interessi moratori “anche se non erano dovuti precedentemente”;

d) sono pattuiti interessi corrispettivi non usurari, ma interessi moratori usurari: in questo caso dal giorno della mora il debitore è tenuto al pagamento, a titolo di interessi moratori, di interessi al saggio contrattualmente previsto per quelli corrispettivi.

Le varie possibilità possono essere riassunte nella tabella che segue:

Interessi corrispettivi non usurari

Interessi corrispettivi usurari

Interessi moratori non usurari

Sono dovuti gli interessi corrispettivi e quelli usurari al saggio convenuto

Non sono dovuti interessi corrispettivi

Sono dovuti gli interessi di mora al saggio convenuto

Interessi moratori usurari

Sono dovuti interessi corrispettivi al saggio convenuto

Sono dovuti gli interessi di mora al saggio previsto per gli interessi corrispettivi

Non sono dovuti interessi corrispettivi

Dalla mora sono dovuti gli interessi legali ex art. 1224 c.c.

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