19 Marzo 2021

La magistratura onoraria, seppur non confinata alle sole funzioni monocratiche di primo grado, può svolgere anche funzioni collegiali, ma solamente in via eccezionale e temporanea.

Lo ha confermato la Corte costituzionale, con la sentenza n. 41/2021, depositata il 17 marzo.

Giudici ausiliari d'appello: i dubbi del rimettente. La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale di diverse disposizioni del d.l. 69/2013 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, nella l. 98/2013, nella parte in cui conferiscono ai giudici ausiliari d'appello lo status di componenti dei collegi delle sezioni della Corte d'appello come magistrati onorari.

La Cassazione, in veste di Giudice a quo, ritiene che le norme censurate - le quali istituiscono e disciplinano la nuova figura di «giudici ausiliari» - contrastino con l'art. 106, comma 2 Cost., in forza del quale i giudici onorari possono essere nominati solo per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Ciò in quanto, in contrasto con la giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto legittima la partecipazione di giudici onorari ai collegi esclusivamente in via temporanea o a fronte di circostanze di carattere eccezionale, il giudice ausiliario d'appello è incardinato naturaliter presso un ufficio giudiziario collegiale, all'interno del quale esercita funzioni giurisdizionali, essendo tenuto a definire, anche in qualità di relatore, almeno novanta procedimenti civili per anno, senza la previsione, sul piano normativo, di alcun limite, di materia e di valore, nell'assegnazione dei procedimenti, se non per quelli trattati dalla Corte d'appello in unico grado.

Status e funzione dei giudici ausiliari d'appello. La pronuncia in commento riporta, preliminarmente, una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

Nel dichiarato intento di ridurre la durata dei giudizi civili dinanzi alle Corti d'appello, la disciplina censurata ha istituito l'inedita figura dei giudici ausiliari d'appello, aventi il compito di integrare i collegi e di redigere un certo numero di decisioni per ciascun anno. Pertanto, la destinazione «naturale» dei giudici ausiliari è la composizione dei collegi delle Corti d'appello, presso le quali gli stessi sono incardinati in un ruolo ad esaurimento.

I giudici ausiliari - aventi lo stato giuridico di magistrati onorari - sono nominati con decreto del Ministro della Giustizia, previa deliberazione del CSM, per cinque anni, prorogabili una sola volta per il medesimo periodo, e sono sottoposti ad una conferma annuale finalizzata ad una costante verifica dell'attività svolta dagli stessi.

L'unica limitazione contemplata sul piano normativo rispetto all'attività di tali giudici consiste nel fatto che gli stessi non possono essere chiamati a comporre i collegi nei quali la Corte d'appello decide in unico grado di merito, fatta eccezione per il procedimento per l'ottenimento dell'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo. È previsto, inoltre, che i giudici togati costituiscano la maggioranza del collegio, del quale può fare parte un solo giudice ausiliario.

Rispetto alle altre figure di giudici onorari, già note al nostro ordinamento, i giudici ausiliari si caratterizzano per la stabile destinazione a un ufficio, come la Corte d'appello, che decide sempre in composizione collegiale e pressoché esclusivamente nel grado di impugnazione, e, di qui, sono sorti i dubbi di legittimità costituzionale espressi nelle ordinanze di rimessione: da qui derivano i profili di incostituzionalità rilevati dalla Corte rimettente.

Il concorso pubblico è garanzia di indipendenza della magistratura. L'art. 106, comma 1, Cost., prevedendo che le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso, esprime la chiara scelta del Costituente per la regola generale secondo cui i magistrati ordinari - i quali, istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario, esercitano la «funzione giurisdizionale» (art. 102, comma 1, Cost.) - sono nominati a seguito dell'espletamento di un pubblico concorso; regola rispetto alla quale costituisce eccezione la possibilità, prevista dal comma 3 della stessa disposizione, che, su designazione del CSM, siano chiamati all'ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e Avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

La regola generale del pubblico concorso è stata individuata come quella più idonea a concorrere ad assicurare la separazione del potere giurisdizionale dagli altri poteri dello Stato e la sua stessa indipendenza, a presidio dell'ordinamento giurisdizionale, quale elemento fondante dell'ordinamento della Repubblica.

Il concorso pubblico garantisce, da un lato, la possibilità di accesso alla magistratura ordinaria a tutti i cittadini, in aderenza al disposto dell'art. 3 Cost., evitando ogni discriminazione (Corte cost., n. 33/1960) e, da un altro, assicura la qualificazione tecnico-professionale dei magistrati, ritenuta condizione necessaria per l'esercizio delle funzioni giudiziarie (cfr. Corte cost., n. 76/1961).

La deroga al concorso pubblico è un'eccezione. Il Costituente non ha, però, previsto in termini assoluti l'esclusività dell'esercizio della giurisdizione in capo alla magistratura nominata a seguito di pubblico concorso. Ed infatti, in base all'art. 106, comma 2, Cost., la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. E tali erano i magistrati onorari all'epoca della Costituente: il giudice conciliatore, comprensivo del vice-conciliatore, e il vice-pretore onorario.

Per un verso, tale norma esprimeva la volontà del Costituente di limitare le funzioni dei magistrati onorari alla giustizia minore, tale essendo considerata quella amministrata dai «giudici singoli» dell'epoca, escludendoli volutamente dai collegi. Per altro verso, vi era anche che il giudice onorario dell'epoca (segnatamente, il vice-pretore) poteva far qualcosa di più delle funzioni di «giudice singolo».

Si è posto allora il problema se l'esercizio - da parte di un magistrato onorario, seppur in via eccezionale e transitoria - di attività giurisdizionale collegiale fosse compatibile, o no, con la prescrizione dell'art. 106, comma 2, Cost., che - come già detto – limita il riconoscimento della magistratura onoraria all'esercizio di funzioni di «giudice singolo».

La giurisprudenza costituzionale ha ritenuto che la magistratura onoraria, seppur non confinata alle sole funzioni monocratiche di primo grado, come avrebbe indotto una lettura testuale della citata norma costituzionale, potesse, in via eccezionale e temporanea, svolgere anche funzioni collegiali, partecipando a collegi del Tribunale (Corte cost., n. 99/1964 e n. 103/1998).

Sono, quindi, l'eccezionalità e la temporaneità dell'incarico di supplenza, al quale è chiamato il magistrato onorario, a scongiurare il rischio dell'emergere di una nuova categoria di magistrati.

Giudici ausiliari d'appello: l'attuale disciplina deve essere a tempo. Sulla base della richiamata giurisprudenza costituzionale, considerata la stabile destinazione dei magistrati ausiliari ad un ufficio, come la Corte d'appello, di tipo collegiale, la disciplina censurata, secondo il Giudice delle leggi, è incostituzionale nella parte in cui non prevede che la stessa non si applichi soltanto in via transitoria e, cioè, fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall'art. 32 del d.lgs. 116/2017 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui Giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della l. 57/2016).

*fonte:www.dirittoegiustizia.it

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