La vexata quaestio del rito (e del rimedio dell'appello) per le controversie in materia di protezione umanitaria

Ilaria Capossela
22 Marzo 2021

Nelle controversie aventi ad oggetto esclusivamente la domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari, nel periodo di tempo tra il d.l. 13/2017 ed il d.l. 113/2018, si applica il rito ordinario di cui agli artt. 281-bis e ss. c.p.c. o, sussistendone i presupposti, il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c.
Massima

Nelle controversie aventi ad oggetto esclusivamente la domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari, nel periodo di tempo tra il d.l. 13/2017 ed il d.l. 113/2018, si applica il rito ordinario di cui agli artt. 281-bis e ss. c.p.c. o, sussistendone i presupposti, il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c., con conseguente possibilità di proporre appello, recuperando il doppio grado di merito.

Il caso

Un cittadino proveniente dalla Nigeria ha proposto ricorso per Cassazione avverso il rigetto della domanda di protezione umanitaria da parte del Tribunale di Bari, chiamato a sua volta a conoscere del provvedimento negativo emesso dalla commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria.

Nel dettaglio, la causa (incardinata con rito sommario di cognizione dinanzi al Tribunale in composizione monocratica), è stata decisa in composizione collegiale con decreto. Nel merito, il Tribunale di Bari ha stabilito che la fuga del ricorrente, causata da un conflitto tra la propria famiglia ed altri soggetti per il possesso di un terreno, non comprovava una situazione di persecuzione tale da essere intesa come vessazione. Per tali motivi, il suddetto Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria, negando così una situazione di vulnerabilità del soggetto ed una lesione dei diritti fondamentali.

La decisione è stata impugnata per Cassazione con un ricorso affidato a sei motivi. Il Ministero dell'Interno intimato non ha svolto difese. Con ordinanza interlocutoria del 24 gennaio 2020, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo in relazione alla questione preliminare processuale della procedura applicabile all'iniziale domanda di protezione internazionale, poi limitata solo alla domanda di protezione umanitaria.

La Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso con cui si lamentava dell'applicazione del rito camerale speciale di cui all'art. 3, comma 4-bis, del d.l. 13/2017, convertito con modificazioni dalla l. 46/2017, alla domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari. Dichiarando assorbiti gli altri motivi, la Suprema Corte ha cassato il decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Bari, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea, in composizione monocratica.

La questione

Per la Cassazione, come risulta dal decreto impugnato e come affermato dal ricorrente, la domanda proposta al Tribunale di Bari aveva ad oggetto la protezione umanitaria ai sensi del d.lgs. 286/1998, e non più quella internazionale.

Le soluzioni giuridiche

Sulla base di questo presupposto, la Corte, a seguito di un esame del quadro normativo di riferimento vigente ratione temporis, ha stabilito che ha errato il Tribunale a decidere in composizione collegiale ai sensi dell'art. 35-bis del d.lgs. 25/2008. Infatti, tale rito, essendo applicabile esclusivamente alle controversie previste dall'art. 35 del medesimo decreto e a quelle relative all'impugnazione dei provvedimenti adottati dall'Unità Dublino, non può estendersi alle controversie aventi ad oggetto soltanto la domanda di protezione umanitaria, tenuto conto dell'art. 3, comma 4, del d.l. 13/2017 che attribuisce al giudice specializzato in composizione monocratica la competenza per le altre fattispecie.

La soluzione adottata dalla Suprema Corte muove da una puntuale disamina del quadro normativo applicabile per le controversie introdotte prima del d.l. 113/2018, convertito, con modificazioni, dalla l. 132/2018. Quest'ultima ha, infatti, chiarito che alle controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria si applica il rito sommario di cognizione da proporsi davanti al Tribunale, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione Europea, che giudica in composizione collegiale e pronuncia con ordinanza (non appellabile, ma) ricorribile per Cassazione.

Invece, con riferimento al periodo temporale antecedente alla legge appena enunciata, sussiste la questione concernente il rito applicabile alle controversie in materia di protezione umanitaria, considerato che letteralmente non vi è coincidenza tra l'ambito delle controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria e quello delle ipotesi di cui all'art. 32, comma 3, del d.lgs. 25/2008.

La Corte di cassazione, tentando di risolvere la vexata quaestio, ha interpretato le norme conformemente alla finalità perseguita dal legislatore del 2017 ovvero quella di concentrare tutto il contenzioso in materia di protezione internazionale davanti ad un giudice specializzato. Infatti, l'art. 3, comma 1, del d.l. 13/2017, attribuisce alla competenza delle sezioni specializzate le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale di cui all'art. 35 del d.lgs. 25/2008 - sub lett. c) - e le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui all'art. 32, comma 3, del medesimo decreto - sub lett. d) -. Con il richiamo a questo articolo, il legislatore ha ricompreso nella competenza del giudice specializzato anche le controversie inerenti al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Diversamente, riconducendo le controversie in materia di protezione umanitaria escluse dal comma 3 alla competenza delle sezioni ordinarie del Tribunale, si contrasterebbero le finalità di concentrazione e specializzazione esplicitate dal legislatore.

Riguardo alla questione del rito applicabile alle controversie che hanno ad oggetto esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, si illustra quanto segue.

Le controversie in materia di protezione umanitaria non sono richiamate nell'art. 35-bis del d.lgs. 25/ 2008 che, richiamando le controversie previste dall'art. 35 (le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti delle commissioni territoriali in tema di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria) e quelle relative all'impugnazione dei provvedimenti adottati dall'Unità Dublino, dispone l'applicazione degli artt. 737 e ss. c.p.c. e la competenza del Tribunale in composizione collegiale. In linea con l'esclusione della protezione umanitaria dalla competenza del Tribunale in composizione collegiale, si pone l'art. 3, comma 4, del d.l. 13/2017, convertito con relativa l. 46/2017, che prevede la competenza del Tribunale in composizione monocratica nelle controversie di cui all'art. 3, salvo quanto previsto del medesimo art. 3, comma 4-bis (sono soggette al rito camerale speciale solo le controversie di cui all'art. 3, comma 1, lett. c) - controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale - mentre non si rinviene alcun richiamo alle controversie di cui alla lett. d) - controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria -).

Quindi, il rito applicabile alle controversie in materia di protezione umanitaria da individuarsi secondo le regole generali è quello ordinario di cui agli artt. 281-bis e ss. c.p.c. , o, a scelta del ricorrente e ricorrendone i presupposti, il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c.

Osservazioni

Tale ricostruzione ermeneutica (conforme con quanto già affermato da Cass. civ., 19 giugno 2019, n. 16458 e 16459), rispettosa della lettera delle norme e coerente con la volontà legislativa di attribuire la competenza all'organo giudicante in composizione monocratica è bilanciata dal mantenimento del doppio grado di merito. Infatti, sia la sentenza che definisce il procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica, sia l'ordinanza che conclude il procedimento sommario di cognizione, sono impugnabili davanti alla Corte d'appello.

La pronuncia in commento merita ulteriori considerazioni.

In via preliminare, è necessario ricordare che la situazione giuridica soggettiva sottesa alla domanda di protezione umanitaria è riconducibile alla categoria dei diritti umani fondamentali garantiti dall'art. 2 Cost. e art. 3 CEDU. Il recepimento delle direttive Europee, attuatosi con i d.lgs. 251/2007 e 25/2008, ha creato un sistema pluralistico di misure riconducibili alla protezione internazionale e ha dato completa attuazione al diritto di asilo previsto dall'art. 10, comma 3, Cost. (Cass. civ., 19 aprile 2019, n. 11110; Cass. civ., sez. un., 28 febbraio 2017, n. 5059; Cass. civ., 4 agosto 2016, n. 16362). Quindi, il ricorrente è titolare di una scelta di natura processuale concernente la selezione delle domande da proporre e il rito che ne consegue, pur essendo tutte le controversie in esame sottoposte alla competenza delle sezioni specializzate: per le azioni volte al riconoscimento della protezione internazionale (finalizzate al riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria) uno speciale rito camerale; per le azioni volte al riconoscimento della protezione umanitaria il rito ordinario dinanzi al Tribunale in composizione monocratica.

Invece, ove il ricorso venga proposto con più domande, dirette ad ottenere in via principale lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria e, in via subordinata, la protezione umanitaria si applica per tutte le domande il rito camerale di cui all'art. 35-bis del d.lgs. 25/2008 davanti alla sezione specializzata del Tribunale in composizione collegiale. Ciò avviene per la connessione esistente tra le domande e la prevalenza della composizione collegiale del Tribunale ex art. 281-nonies c.p.c. e per il carattere unitario dell'accertamento dei presupposti dei vari tipi di tutela, l'esigenza di evitare contrasto di giudicati e il principio della ragionevole durata del processo (Cass. civ., 5 aprile 2019, n. 9658, cit.).

Inoltre, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del Tribunale, secondo giurisprudenza consolidata, costituisce alla stregua del rinvio operato dall'art. 50-quater c.p.c. al successivo art. 161, comma 1, c.p.c., un'autonoma causa di nullità della sola decisione, con la sua conseguente convertibilità in motivo di impugnazione, con la conseguenza che rimane ferma la validità degli atti che hanno preceduto la pronuncia della sentenza nulla e resta esclusa la rimessione degli atti al primo giudice, ove quello dell'impugnazione sia anche giudice del merito. Ove il procedimento applicato dal giudice di merito abbia privato il ricorrente di un grado di giudizio, impedendogli la deduzione del vizio di composizione del giudice quale motivo di impugnazione davanti ad altro giudice di merito, l'accoglimento del ricorso per Cassazione deve comportare la remissione della causa al primo giudice per un nuovo esame della domanda (Cass. civ., 3 marzo 2020, n. 5858; Cass. civ., 26 febbraio 2020, n. 5232).

Riferimenti
  • G. Caggiano, La protezione umanitaria fra limiti tecnici e giuridici all'espulsione e integrazione socio-familiare degli stranieri irregolari, in Diritto internazionale e valori umanitari, Roma Tre-Press, 2019, 307;
  • A. Carratta, Le più recenti riforme del processo civile, Torino, 2017, 144;
  • F.G. Del Rosso, Il processo per il riconoscimento della protezione internazionale, in Aa. Vv., Diritto processuale dell'immigrazione, a cura di G. Trisorio Liuzzi, D. Dalfino, Torino 2019, 1 ss., e spec. 26 in relazione al problema della soppressione del giudizio d'appello;
  • P. Farina, Contributo allo studio del principio di specializzazione del giudice, Torino 2020, 309 ss.

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