Stalking: la Cassazione ritiene ammissibile il tentativo

22 Marzo 2021

Gli atti persecutori sono un reato abituale di evento, sicché è configurabile il delitto tentato quando alla realizzazione della condotta persecutoria non faccia seguito uno degli eventi tipici previsti dalla norma incriminatrice...
Massima

Gli atti persecutori sono un reato abituale di evento, sicché è configurabile il delitto tentato quando alla realizzazione della condotta persecutoria non faccia seguito uno degli eventi tipici previsti dalla norma incriminatrice.

Il caso

L'imputato ha proposto ricorso immediato per cassazione contro la sentenza con cui il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha riqualificato nella forma del delitto tentato l'originaria imputazione per reato consumato di atti persecutori. Secondo il Giudice di merito, il fatto non avrebbe raggiunto la soglia della consumazione perché, in virtù “di un mero accidente” o del suo “carattere evidentemente forte”, la persona offesa non avrebbe patito quel perdurante stato d'ansia e paura, evento tipico del delitto, ipotizzato dall'accusa.

La difesa ha lamentato l'erronea applicazione della legge penale, contestando la compatibilità della forma tentata con la struttura di reato abituale improprio della fattispecie ex art. 612-bis c.p., che viceversa richiederebbe “la necessaria verificazione di almeno uno degli eventi tipici alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, eventi in mancanza dei quali la condotta dell'agente potrebbe al più integrare altri titoli di reato”.

La questione

La questione, posta per la prima volta all'attenzione della Suprema Corte, è se il delitto di atti persecutori possa configurarsi nella forma tentata.

Le soluzioni giuridiche

Al quesito la Cassazione ha dato risposta affermativa con una motivazione che ripercorre sinteticamente le nozioni di reato di evento, reato abituale di danno e reato abituale improprio.

La sentenza condivide il consolidato orientamento interpretativo secondo cui il delitto di atti persecutori sarebbe un reato abituale (di evento) di danno, che richiede la ripetizione nel tempo dei comportamenti omogenei descritti dalla norma incriminatrice e il loro “effettivo inserimento nella sequenza causale che porta alla determinazione dell'evento” (Cass. pen., sez. V, 10 febbraio 2020, n. 15651. In senso conforme, Cass. pen., sez. V, 14 gennaio 2019, n. 7889. Di diverso avviso parte della dottrina, secondo cui lo stalking sarebbe reato di pericolo concreto: tra gli altri, MAUGERI, Lo Stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, Torino, 2011, 153 ss.).

Attraverso il collante della ripetizione, i singoli atti tipici finiscono per dare vita a un comportamento criminale – la persecuzione – che trascende le sue componenti e appare dotato di un'autonoma portata offensiva, procurando nella vittima quello stato di prostrazione psicologica che può manifestarsi in una delle forme previste dall'art. 612-bis c.p. Ciò è tanto vero che per determinare la competenza per territorio si tiene conto del luogo di consumazione dell'evento: cioè del luogo in cui l'atteggiamento persecutorio si è tradotto nell'effettiva invasione della sfera personale del soggetto passivo (cfr. Cass. pen., sez. V, 12 febbraio 2020, n. 16977).

Se, dunque, la condotta causalmente diretta alla realizzazione dell'evento del reato è unica, perché la ripetizione nel tempo ne salda i segmenti plasmandoli in una nuova forma, non esiste, secondo la sentenza, alcun impedimento logico o giuridico alla configurabilità del delitto tentato quando gli atti persecutori parzialmente realizzati non producano l'evento ma rivelino, comunque, la loro attitudine offensiva nei confronti del bene protetto.

Quest'opzione ricostruttiva, d'altra parte, è da ritenersi compatibile con la natura di reato abituale improprio del delitto di stalking (in tema, Cass. pen., sez. V, 5 marzo 2019, n. 31996; Cass. pen., sez. V, 5 marzo 2018, n. 31996; Cass. pen., sez. V, 21 dicembre 2017, n. 1930).

Come noto, il reato abituale è proprio quando consiste nella ripetizione di condotte che non sono in sé punibili, come nello sfruttamento della prostituzione, o che possono essere non punibili, come nei maltrattamenti in famiglia. È improprio quando postula la reiterazione di condotte che di per sé costituiscono reato: è il caso della relazione incestuosa (art. 564, comma 2, c.p.) in cui il singolo fatto già integra una diversa figura di reato (l'incesto ex art. 564, comma 1, c.p.: v. MANTOVANI, Diritto penale, 4 ed., Padova, 523 ss.).

La Cassazione ritiene che l'autonoma rilevanza penale dei singoli atti di cui si compone la condotta persecutoria non sia di ostacolo alla configurabilità del tentativo. Le singole molestie o minacce sarebbero unificate, infatti, in una nuova condotta causalmente orientata alla creazione di quello stato di prostrazione psicologica, su cui la mancata realizzazione dell'evento non potrebbe incidere “a ritroso”, legittimandone una valutazione isolata.

Osservazioni

Se la dimensione causale del delitto di atti persecutori non sembra revocabile in dubbio (dal momento che la norma richiede che la condotta cagioni in forma alternativa uno dei tre tipi di evento), parimenti certa ne è la natura di reato abituale, in cui il disvalore consiste proprio in quella reiterazione di condotte, in forza della quale “entra in gioco e viene offeso un bene protetto diverso da quello eventualmente offeso dai singoli atti autonomamente considerati” (COPPI, Maltrattamenti in famiglia, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1975, XXV, 254).

In particolare, nel reato di atti persecutori “è agevole apprezzare la sinonimia tra abitualità e reiterazione, nel senso che i singoli fatti che la compongono e che convergono in una figura unitaria mutuano la loro rilevanza penale proprio dalla reiterazione, non essendo il singolo episodio della serie sufficiente ad integrarne la tipicità anche ove questo costituisca già autonomo titolo di reato” (BELLAGAMBA, L'eclettica struttura del reato abituale nel labirintico contesto della fattispecie di durata, in Legislazione penale, 2020, 9).

Anzi, è proprio la reiterazione ostinata il fattore empirico criminologico su cui si fonda il maggiore disvalore dello stalking rispetto a condotte che, tutt'al più, potrebbero integrare le fattispecie meno gravi di minacce e molestie (cfr. MAUGERI, Lo Stalking, cit., 163).

L'inedita definizione di reato abituale di evento (di danno), che ampio consenso ha raccolto nella giurisprudenza di legittimità, riflette la duplice natura di un reato, in cui coesistono disvalore di evento e disvalore di azione.

La sentenza coglie, dunque, nel segno quando individua l'essenza dell'incriminazione nella ripetizione di atti che, cementati dalla protrazione nel tempo, perdono il loro significato originario.

Del resto, come ha osservato parte della dottrina, non c'è omogeneità tra minaccia e stalking: “mentre la prima, in sé considerata, è posta a tutela della libertà morale, intesa come libertà da altrui comportamenti generatori di turbamento psichico e, quindi, dello stato di tranquillità personale, il secondo presenta un'oggettività giuridica complessa, ricomprensiva, oltre che della libertà di autodeterminazione e della tranquillità psichica, anche dell'integrità individuale, compromessa dalla sopportazione di contegni minacciosi (o molesti) persistenti, che possono incidere sulla salute fisica e mentale della vittima” (BELLAGAMBA, L'eclettica, cit., 9).

Questa peculiare struttura del reato – abituale e di evento – non ostacola, dunque, la configurabilità del tentativo, che deve ritenersi ammissibile non appena sia raggiunta “la prova di atti aggressivi ripetuti nel tempo idonei a provocare uno degli eventi tipizzati dalla fattispecie incriminatrice” (FIANDACA - MUSCO, Diritto penale, parte speciale, vol. II, tomo II, Bologna, 2013, 225. In senso analogo, VIGANÒ, Il delitto di atti persecutori, in MARINUCCI -DOLCINI, Trattato di diritto penale, parte speciale, Padova, 2015, 678. Parzialmente diversa la posizione di BRICCHETTI, PISTORELLI, Entra nel codice la molestia reiterata, in Guida al Diritto, 2009, n. 10, pag. 62, secondo cui il tentativo sarebbe configurabile “purché venga raggiunta la prova della ripetuta realizzazione di atti sufficienti ad integrare un numero di condotte in grado di soddisfare il requisito della serialità posta dalla norma incriminatrice”).

La questione – apparentemente agevole – si complica, però, nel momento in cui la sentenza ribadisce la natura di reato abituale improprio degli atti persecutori.

Se, infatti, nel reato abituale proprio è la reiterazione a determinare una diversa qualificazione giuridica del singolo episodio (di per sé anche lecito), nel reato abituale improprio la reiterazione determina soltanto il mutamento del nomen iuris del reato “in una prospettiva di sostanziale omogeneità sul piano dell'offesa al bene giuridico tutelato” (BELLAGAMBA, L'eclettica, cit., 12).

Ciò significa, in altri termini, che il reato abituale improprio non attribuisce disvalore alla serialità delle condotte ma presuppone la ripetizione nel tempo di comportamenti già penalmente rilevanti e quindi espressivi di una carica di offensività che preesiste alla reiterazione.

Proprio questa omogeneità tra singolo atto e condotta reiterata che connota il reato abituale improprio si rivela, però, poco compatibile con la configurabilità del tentativo, posto che gli atti astrattamente idonei a commettere il delitto sono già dotati di una omologa rilevanza penale. L'esempio migliore è ancora una volta quello del reato ex art. 564 c.p.: come si è detto, non è ipotizzabile un tentativo di relazione incestuosa perché l'atto incestuoso è già di per sé un reato lesivo dello stesso bene giuridico.

La pretesa di considerare il delitto di atti persecutori un reato abituale improprio e di ammetterne comunque la manifestazione nella forma tentata si scontra, allora, con plausibili obiezioni di ordine sistematico, destinate a riflettersi anche sul piano della prassi giudiziale: come distinguere, infatti, un tentativo di stalking da un concorso materiale di minacce o molestie?

Più in generale, la domanda è come si possa valutare l'oggettiva idoneità persecutoria di atti che in concreto non hanno provocato alcun turbamento psicologico nella vittima.

Alla domanda, parte della dottrina ha risposto ipotizzando il ricorso a massime di esperienza, non disgiunto da valutazioni sulla personalità della vittima, per ricostruire il nesso eziologico tra la condotta materiale e l'evento psichico (FILINDEU, La Cassazione sulla configurabilità del tentativo di atti persecutori, in Sistema Penale, 2 marzo 2021). Tuttavia, l'idea di affidare il giudizio a una prognosi postuma sulla potenziale efficacia eziologica della condotta rispetto a un evento psicologico soggettivo, già difficile da provare a causa della sua mancanza di fondamento empirico criminologico, parrebbe prestarsi a preoccupanti manipolazioni illiberali. Del resto, la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza 11 giugno 2014, n. 172, ha stabilito che gli eventi del reato di atti persecutori “debbono essere accertati attraverso un'accurata osservazione di segni eindizi comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa e quella conseguente alla condotta dell'agente, che denotino una apprezzabile destabilizzazione della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima”. (cfr. ALBERICO, Stalking).

Confronto chiaramente precluso in sede di delitto tentato.

In ogni caso, la Cassazione avrebbe potuto aggirare in parte le obiezioni modificando la sua presa di posizione sulla natura di reato abituale improprio del delitto di atti persecutori.

A tal fine, sarebbe stato possibile valorizzare quell'orientamento interpretativo, al momento minoritario, secondo cui la contravvenzione di molestia o disturbo alle persone di cui all'art. 660 c.p. è del tutto distinta, autonoma e concorrente rispetto al reato di atti persecutori di cui all'art. 612-bis c.p., da cui non viene assorbita per la diversità dei beni giuridici tutelati e per la diversa struttura del reato (Cass. pen., sez. V, 14 gennaio 2016, n. 12528).

D'altra parte, la tesi che nega l'eterogeneità tra molestia e stalking e che considera gli atti persecutori una specie di reato complesso scaturito dalla fusione delle fattispecie di molestia o minaccia (sostenuta, tra gli altri, da PARODI, Stalking e tutela penale, Milano, 2009, 49) si scontra, da un lato, con il dato testuale della norma, che richiede alternativamente (e non contestualmente) la molestia o la minaccia e, dall'altro, col fatto che gli atti persecutori possono consistere anche in comportamenti neutri sotto il profilo penale: il che appare incompatibile con la disciplina del reato complesso ex art. 84 c.p., che richiede quali elementi costitutivi del reato “fatti che costituirebbero, per se stessi, reato” (sul punto, ALBERICO, La reiterazione delle condotte nel delitto di atti persecutori, in Diritto penale contemporaneo, 18 maggio 2011).

Insomma, l'auspicato revirement sulla natura di reato abituale proprio dello stalking avrebbe potuto rafforzare il percorso logico-argomentativo della sentenza, che viceversa non persuade fino in fondo e conferma, in ultima analisi, le difficoltà della giurisprudenza nell'afferrare il volto sfuggente di una fattispecie imprecisa e poco determinata.

Guida all'approfondimento

ALBERICO, Stalking;

ALBERICO; La reiterazione delle condotte nel delitto di atti persecutori, in Diritto penale contemporaneo;

BELLAGAMBA, L'eclettica struttura del reato abituale nel labirintico contesto della fattispecie di durata, in Legislazione penale, 2020;

BRICCHETTI, PISTORELLI, Entra nel codice la molestia reiterata, in Guida al Diritto, 2009, n. 10;

CADOPPI, Atti persecutori: una normativa necessaria, in Guida al Diritto, n. 19;
COPPI, Maltrattamenti in famiglia, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1975;

FIANDACA - MUSCO, Diritto penale, parte speciale, vol. II, tomo II, Bologna, 2013;

FILINDEU, La Cassazione sulla configurabilità del tentativo di atti persecutori, in Sistema Penale, 2 marzo 2021;

MANTOVANI, Diritto penale, 4 ed., Padova;

MAUGERI, Lo Stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, Torino, 2011;

PARODI, Stalking e tutela penale, Milano, 2009;

VIGANÒ, Il delitto di atti persecutori, in MARINUCCI -DOLCINI, Trattato di diritto penale, parte speciale, Padova, 2015.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario