Il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne da parte dei genitori: nuovi presupposti e inversione dell'onere della prova

Gloria Musumeci
24 Marzo 2021

Fino a quando e su quali presupposti il figlio maggiorenne deve essere mantenuto dai propri genitori anche dopo il compimento dei 18 anni?
Massima

Il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se dimostra, con onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di un'opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni.

Il caso

Una madre ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello con cui era stato escluso l'obbligo del padre di contribuire in via indiretta al mantenimento di uno dei due figli della coppia, poiché quest'ultimo, nonostante convivesse con la madre, in ragione dell'età raggiunta (27 anni), era stato ritenuto autosufficiente e, dunque, privo dei presupposti giuridici per beneficiare dell'assegno di mantenimento paterno.

Nello specifico, la donna ha ritenuto erronea la decisione della Corte d'Appello poiché non risultava provata la circostanza che il figlio avesse raggiunto la propria indipendenza economica.

La questione

Quando si esaurisce il diritto del figlio divenuto maggiorenne ad essere mantenuto dai propri genitori? Quali sono i presupposti che devono sussistere affinché tale diritto permanga anche dopo il compimento dei 18 anni? Su chi grava l'onere di provare tali presupposti e circostanze fattuali?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, con la pronuncia in commento, aderisce all'orientamento audace e innovativo che ha preso piede con l'ordinanza n. 17183 del 14 agosto 2020, con cui l'autoresponsabilità del figlio maggiorenne è stata elevata a criterio guida nella decisione in ordine al suo diritto al mantenimento da parte dei genitori.

Il figlio, nel momento in cui compie 18 anni, non ha più diritto ad essere mantenuto dai genitori perché, diventando maggiorenne, acquista la capacità di agire e la capacità lavorativa: per fare in modo che tale diritto permanga, il figlio deve dimostrare che sussistono le condizioni che giustificano il permanere di tale obbligo.

Nello specifico, per l'orientamento cui aderisce l'ordinanza in commento, il diritto del figlio ultradiciottenne ad essere mantenuto dai genitori permane quando, ad esempio, vi siano delle minorazioni o debolezza delle capacità personali; quando la prosecuzione degli studi ultraliceali avvenga con diligenza ed effettivo impegno, tali da portare ad adeguati voti e risultati; quando sia trascorso un lasso di tempo breve dalla conclusione degli studi e in questo lasso di tempo il figlio si sia comunque adoperato nella ricerca di un lavoro; quando il lavoro non sia stato reperito nonostante siano stati messi in atto tutti i possibili tentativi di ricerca anche in ambiti non confacenti alla propria specifica preparazione professionale.

La Corte di Cassazione, quindi, abbandona ogni forma di assistenzialismo a favore della piena autoresponsabilità del figlio.

La portata innovativa dei concetti appena delineati è evidente, soprattutto se si ripercorre quella che è stata la giurisprudenza granitica in materia per anni. Tale orientamento, infatti, ritiene che il diritto del figlio ad essere mantenuto dai propri genitori non cessi ipso facto con il raggiungimento della maggiore età, ma perduri – immutato – finché non sia stata data prova che il figlio abbia raggiunto l'indipendenza economica oppure che il mancato svolgimento di un'attività lavorativa dipenda da un atteggiamento di inerzia del figlio stesso o da un suo rifiuto ingiustificato.

I precedenti interventi giurisprudenziali si sono focalizzati nella ricerca di un bilanciamento tra l'esigenza dei genitori a non essere obbligati a mantenere sine die i loro figli e il diritto dei figli a terminare il loro percorso formativo, individuando così alcune ipotesi in presenza delle quali madri e padri possano considerarsi esonerati dal mantenimento, anche se il figlio non sia ancora autosufficiente.

Tali ipotesi si verificano, ad esempio, quando il mancato inserimento nel mondo del lavoro da parte del figlio sia dovuto a sua negligenza, non essendosi messo in condizione di conseguire un titolo di studio o di procurarsi un reddito mediante l'esercizio di un'idonea attività lavorativa; quando il figlio abbia rifiutato occasioni di lavoro confacenti alle sue condizioni sociali; quando, ancora, il figlio abbia raggiunto un'età tale da far presumere la capacità di provvedere a se stesso.

Per il nuovo orientamento, invece, si presume che il figlio sia in grado di provvedere a se stesso non appena compie 18 anni, a meno che non dimostri di avere ancora diritto ad essere mantenuto dai genitori.

Il principio dell'autoresponsabilità comporta, invero, conseguenze rilevanti anche sul piano dell'onere della prova: è il figlio ultradiciottenne che, se ritiene di avere diritto a continuare ad essere mantenuto dai genitori, deve dimostrare la sussistenza dei presupposti che possano giustificare il permanere di tale diritto.

Se, dunque, secondo l'orientamento finora granitico e maggioritario, è il genitore obbligato al mantenimento che deve provare il raggiungimento dell'indipendenza economica da parte del figlio oppure il suo atteggiamento di inerzia nella ricerca di un lavoro compatibile con le sue attitudini e la sua professionalità o, ancora, il rifiuto da parte sua di occasioni di lavoro, secondo l'orientamento – innovativo - cui aderisce l'ordinanza in esame, è il figlio che deve dimostrare di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente nella ricerca di un lavoro in base alle reali opportunità offerte dal mercato, ridimensionando – ove necessario – le proprie aspirazioni, senza attendere una opportunità consona alle proprie aspirazioni.

Tornando al caso di specie, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla madre poiché ha ritenuto che non vi fosse alcuna prova che il figlio non svolgesse alcuna attività lavorativa tale da renderlo indipendente economicamente anche parzialmente, e tantomeno che egli avesse, in tutti i modi possibili e ragionevoli, cercato soluzioni lavorative consone ed adeguate alle sue attitudini ed aspirazioni.

Osservazioni

Per quanto l'ordinanza in commento non sia particolarmente esplicativa e non fornisca un approfondimento corposo della materia, già il solo richiamo ad un precedente giurisprudenziale di così spiccato rilievo è sufficiente a renderla interessante poiché dimostra che un nuovo orientamento giurisprudenziale si sta facendo strada nel panorama del diritto al mantenimento dei figli ultradiciottenni.

È un orientamento che sprona il figlio a non adagiarsi, a non attendere e, al contrario, ad attivarsi proficuamente per il raggiungimento dei propri obiettivi.

Ma è anche una scuola di pensiero che scende a patti con la realtà e afferma chiaramente che se il figlio, il quale abbia già concluso il suo percorso formativo, non trova un'occupazione compatibile con la sua preparazione, non può attendere che arrivi l'occasione lavorativa perfetta, ma deve anche ridimensionare le proprie aspirazioni e rendersi indipendente.

Stiamo assistendo alla consacrazione dell'autoresponsabilità: il figlio ha diritto ad essere mantenuto oltre il compimento dei 18 anni solo se dimostra di essere in possesso dei requisiti per beneficiare di tale contributo economico ed è lui a dovere provare in giudizio la sussistenza di tali circostanze.

Naturalmente, la prova per il figlio sarà più lieve quanto più prossima sarà la sua età a quella di un recente maggiorenne; al contrario, la prova sarà sempre più gravosa man mano che l'età del figlio aumenti, sino a configurare il c.d. “figlio adulto”, il quale – proprio in ragione del principio dell'autoresponsabilità – dovrà rendere conto delle scelte di vita fatte fino a quel momento e dell'impegno impiegato nella ricerca, prima, di una sufficiente qualificazione professionale e, poi, di una attività lavorativa.

Non resta, quindi, che attendere di scoprire se tale orientamento verrà condiviso anche dalle Corti di merito (al momento si è pronunciato in senso conforme solo il Tribunale di Cosenza con la sentenza n. 1668 del 3 ottobre 2020), nonché dalla successiva giurisprudenza di legittimità.

Riferimenti

M.L. Schirinzi, Mantenimento del figlio maggiorenne: dal “diritto ad ogni possibile diritto” al principio di autoresponsabilità, in IlFamiliarista, Giuffrè, 10 novembre 2020;

P. Loddo, Mantenimento dei figli maggiorenni: si accentua il principio di autoresponsabilità e si inverte l'onere della prova, in IlFamiliarista, Giuffrè, 30 dicembre 2020;

G. Sapi, Diritto al mantenimento dei figli maggiorenni, Ventiquattrore Avvocato, IlSole24Ore, 2 dicembre 2020, n. 12, pag. 35-41.

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