Il coniuge assegnatario del godimento sulla casa familiare ha diritto al subentro nel contratto di locazione dell'alloggio di una cooperativa

Maurizio Tarantino
31 Marzo 2021

In tema di separazione personale dei coniugi, il provvedimento di assegnazione della casa familiare determina una cessione "ex lege" del relativo contratto di locazione a favore del coniuge assegnatario e l'estinzione del rapporto in capo al coniuge che ne fosse originariamente conduttore, applicabile anche al caso oggetto del provvedimento in commento.
Massima

Nel rapporto di godimento di alloggio adibito a residenza familiare assegnato al socio di cooperativa edilizia di categoria con finalità mutualistica, succede ex lege, in caso di separazione personale, sia essa giudiziale o consensuale, alle stesse condizioni, il coniuge assegnatario del diritto di godimento sulla casa coniugale.

Il caso

La cooperativa aveva chiesto al Tribunale adito la condanna del socio Sempronio alla restituzione dell'immobile concesso in godimento a canone agevolato. Secondo la ricorrente, quest'ultimo e i suoi aventi causa occupavano senza titolo l'alloggio, essendo lo stesso socio escluso in quanto aveva ceduto, senza esserne autorizzato, il godimento dell'alloggio alla moglie. Costituendosi in giudizio, Sempronio evidenziava che aveva ceduto il godimento dell'appartamento alla moglie Mevia a seguito di provvedimento del giudice della separazione che gliel'aveva assegnata quale casa coniugale perché ne godesse insieme alla figlia minore della coppia, e che Mevia era quindi subentrata nel contratto di locazione. Sia in primo che in secondo grado, i giudici del merito respingevano la domanda della cooperativa. In particolare, secondo la Corte territoriale era corretta l'applicazione dell'art. 6 della l. n. 392/1978 dettato a tutela del superiore interesse alla conservazione dell'ambiente familiare per i figli minori, anche a rapporti giuridici diversi dalla locazione, che comportino il godimento dell'immobile. Avverso il provvedimento in esame, la cooperativa propose ricorso in cassazione eccependo l'errata applicazione dell'art. 6, comma 2, della l. n. 392/1978 in quanto i giudici non avrebbero considerato che nel rapporto in questione prevaleva il profilo associativo e cooperativo, mutualistico di tipo chiuso, avendo la cooperativa la funzione di assicurare alloggi ai propri soci ad un costo agevolato rispetto ai normali canoni di locazione per alloggi equivalenti, finalità che non sarebbe più in grado di perseguire a causa dei provvedimenti del giudice della separazione: immobili occupati da soggetti che non sono mai stati soci.

La questione

La questione in esame è la seguente: nel rapporto di godimento di alloggio adibito a residenza familiare assegnato al socio di cooperativa edilizia, in caso di provvedimento di separazione personale, il coniuge assegnatario del diritto di godimento sulla casa coniugale può subentrare nel contratto di locazione del marito e socio della cooperativa in virtù dell'art. 6 della l. n. 392/1978?

Le soluzioni giuridiche

In tema di separazione personale dei coniugi, il provvedimento di assegnazione della casa familiare determina una cessione "ex lege" del relativo contratto di locazione a favore del coniuge assegnatario e l'estinzione del rapporto in capo al coniuge che ne fosse originariamente conduttore (Cass. civ. sez. III, 7 novembre 2019, n. 28615), applicabile anche al caso sottoposto al provvedimento in commento.

In pratica, i giudici di legittimità confermano il ragionamento espresso dal provvedimento impugnato secondo cui la norma ex art. 6 della l. n. 392/1978 è applicabile anche in caso di assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica e in ipotesi di alloggio dato in comodato gratuito a terzi. Invero, anche in riferimento ai rapporti di comodato si è più volte affermato che il comodato di un bene immobile, stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare, ha un carattere vincolato alle esigenze abitative familiari, sicché il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento anche oltre l'eventuale crisi coniugale, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno ai sensi dell'art. 1809 c.c., comma 2, ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante (Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24618).

Oltre a ciò, secondo la S.C., “per la eadem ratio di tutela dei soggetti deboli nel momento della crisi coniugale”, la successione ex lege nel rapporto di locazione in favore del coniuge separato assegnatario della casa coniugale si verifica anche in relazione, come in questo caso, agli alloggi di cooperativa edilizia costituita a vantaggio di una particolare categoria di dipendenti.

In conclusione, il trasferimento ex lege del contratto di locazione in capo al coniuge separato assegnatario della casa coniugale non contrasta con le finalità mutualistiche a tutela della categoria, in quanto il godimento dell'immobile alle condizioni più favorevoli rispetto a quelle determinate dal mercato stabilite dalla cooperativa prosegue non in favore di un terzo estraneo ma del nucleo familiare dell'originario assegnatario. Per i motivi esposti, il ricorso della cooperativa è stato rigettato.

Osservazioni

La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcuni approfondimenti generali in merito alla successione del contratto di locazione, l'analogia del contratto di comodato e dello scopo mutualistico della cooperativa in relazione agli aspetti del diritto di famiglia.

  • La successione nel contratto di locazione a seguito di provvedimento di separazione

In argomento si osserva che l'art. 6 della l. n. 392/1978, oltre a regolamentare la successione mortis causa nel contratto di locazione, prevede, al secondo e al terzo comma, ipotesi particolari che la dottrina (Gabrielli, Padovini) ha qualificato come di cessione legale del contratto stesso, in quanto non connotate dalla volontarietà degli effetti prodotti, come invece le fattispecie di cessione ordinaria. La cessione legale opera anzitutto nei casi di separazione personale, di divorzio e di nullità del vincolo matrimoniale; per effetto dell'intervento della Corte Costituzionale (C. Cost., 24 marzo 1988, n. 404), il trasferimento della posizione contrattuale si determina, poi, anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio, sempre che vi sia prole naturale. Ad ogni modo, in materia, si osserva che il subentro, in caso di separazione tra coniugi, di scioglimento e di cessazione degli effetti civili del matrimonio, non è un inedito: era infatti stato già previsto dall'art. 2-bis della l. n. 351/1974. Sappiamo che nel caso della separazione giudiziale, il provvedimento di assegnazione della casa familiare è disciplinato dall'art. 337-sexies c.c., introdotto dal d.lgs. n. 154/2013. Nel primo comma dell'articolo, che riproduce lo stesso comma del previgente art. 155-quater c.c., è stabilito che il godimento della casa familiare sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli.

Dunque è proprio quest'ultimo aspetto l'aspetto fondamentale che lega il ragionamento della Corte di cassazione del provvedimento in commento. Per meglio dire, l'assegnazione della casa coniugale è in effetti una misura finalizzata unicamente alla tutela della prole (Cass. civ., sez. I, 20 aprile 2011, n. 9079; Cass. civ., sez. I, 21 gennaio 2011, n. 1491); la disciplina dell'assegnazione della casa coniugale, applicabile anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, tutela l'interesse prioritario della prole a permanere nell'habitat domestico, postulando, oltre alla permanenza del legame ambientale, la ricorrenza del rapporto di filiazione legittima o naturale cui accede la responsabilità genitoriale, mentre non si pone anche a presidio dei rapporti affettivi ed economici che non involgano, in veste di genitori, entrambi i componenti del nucleo che coabitano la casa familiare oppure i figli della coppia che, nella persistenza degli obblighi di cui agli artt. 147 e 261 c.c., abbiano cessato di convivere nell'abitazione, già comune, allontanandosene (Cass. civ., sez. I, n. 15 settembre 2011, n. 18863). Tale assegnazione non può dunque costituire una misura assistenziale per il coniuge economicamente più debole, ma postula l'affidamento dei figli minori o la convivenza con i figli maggiorenni non ancora autosufficienti (Cass. civ., sez. I, 1agosto 2013, n. 18440).

  • L'analogia del contratto di comodato

Secondo la S.C., la norma ex art. 6 della l. n. 392/1978 è applicabile anche in ipotesi di alloggio dato in comodato gratuito a terzi. Su tale argomento, le Sezioni unite hanno chiarito che il coniuge affidatario della prole minorenne, o maggiorenne non autosufficiente, assegnatario della casa familiare, può opporre al comodante, che chieda il rilascio dell'immobile, l'esistenza di un provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio, solo se tra il comodante e almeno uno dei coniugi (salva la concentrazione del rapporto in capo all'assegnatario, ancorché diverso) il contratto in precedenza insorto abbia contemplato la destinazione del bene a casa familiare. Ne consegue che, in tale evenienza, il rapporto, riconducibile al tipo regolato dagli artt. 1803 e 1809 c.c., sorge per un uso determinato ed ha - in assenza di una espressa indicazione della scadenza - una durata determinabile "per relationem", con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente, dunque, dall'insorgere di una crisi coniugale, ed è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari (nella specie, relative a figli minori) che avevano legittimato l'assegnazione dell'immobile (Cass. civ., S.U., 29 settembre 2014, n. 20448).

Quindi, quando la casa familiare, concessa in comodato ai coniugi per il tempo della loro convivenza, in sede di separazione personale degli stessi sia assegnata val coniuge affidatario dei figli, questi succede nella titolarità del rapporto di comodato, in applicazione analogica dell'art. 6 della l. n. 392/1978, ricorrendo la medesima "ratio" dell'interesse della prole a non abbandonare la casa familiare, e giustificandosi, nel presupposto di siffatta utilizzazione dell'immobile, l'estensione della suddetta norma di previsione ad ogni ipotesi in cui i coniugi si siano procurati l'uso dell'abitazione familiare sulla base di un contratto di godimento (Cass. civ., sez. III, 17 luglio 1996, n. 6458)

  • La prevalenza della tutela della famiglia sullo scopo della cooperativa a proprietà indivisa

Nelle cooperative edilizie (come nelle altre società cooperative) lo scopo mutualistico (art. 2511 c.c.) che le distingue rispetto agli altri tipi di società consiste nel raggiungere un risultato economico attraverso l'attività di impresa "a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato", in modo tale che i soci siano anche i destinatari "elettivi" dei beni realizzati dalla cooperativa. Una tipologia di società cooperativa a mutualità pura che, quindi, può operare solo coi soci ma non con i terzi è rappresentata dalle cooperative edilizie di abitazione. Queste cooperative edilizie di abitazione, da non confondersi con le cooperative di produzione e lavoro del settore dell'edilizia che sono imprese di costruzione i cui soci sono operai e tecnici edili, hanno lo scopo di assicurare ai soci l'acquisto di una abitazione in proprietà o il possesso sempre di una abitazione mediante locazione a prezzi e condizioni più vantaggiosi di quelli di mercato. A questo punto possiamo distinguere le cooperative:

- proprietà individuale o divisa (più diffusa) in cui i soci aderiscono alla cooperativa con lo scopo di ottenere l'assegnazione in proprietà di un alloggio;

- proprietà indivisa (meno diffusa) in cui i soci aderiscono alla cooperativa con l'intento di ottenere l'assegnazione in godimento a tempo indeterminato di un alloggio (è, praticamente, un contratto di locazione a tempo indeterminato).

Premesso ciò, nella vicenda in esame lo scopo della cooperativa (proprietà indivisa) era quello di assicurare alloggi ai propri soci, tutti dipendenti o pensionati aziendali (ATM), ad un costo agevolato rispetto ai normali canoni di locazione per alloggi equivalenti. Dunque, non si trattava di un ordinario contratto di locazione e neppure all'assegnazione in godimento di un alloggio sottoposto ad edilizia residenziale convenzionata ed agevolata, che risponde alla diversa esigenza di dare concreta attuazione al diritto all'abitazione garantito dalla Costituzione. Nonostante questa “specifica chiusura contrattuale”, la S.C., sulla base dei principi esposti in tema di comodato e della eadem ratio di tutela dei soggetti deboli nel momento della crisi coniugale, ha ammesso che la successione ex lege nel rapporto di locazione in favore del coniuge separato assegnatario della casa coniugale si verifica anche agli alloggi di cooperativa edilizia. La S.C. giunge a tale conclusione perché la finalità è quella di assicurare non solo ai dipendenti ma anche alle loro famiglie il godimento di un alloggio dignitoso a condizioni economicamente compatibili con il loro livello di reddito, e, di fronte alla superiore esigenza di tutelare i soggetti più deboli nel momento della crisi familiare, tale finalità continua ad essere conseguita trasferendosi in capo alla parte debole del nucleo familiare dell'avente diritto al quale va riconosciuta, nei momenti di crisi, una tutela privilegiata in ragione della presenza in esso di componenti aventi diritto ad una particolare tutela. Quindi, il trasferimento ex lege del contratto di locazione in capo al coniuge separato assegnatario della casa coniugale non contrasta con le finalità mutualistiche a tutela della categoria, in quanto il godimento dell'immobile alle condizioni più favorevoli rispetto a quelle determinate dal mercato stabilite dalla cooperativa prosegue non in favore di un terzo estraneo, che verrebbe ad ingiustamente profittare delle condizioni di favore rispetto al valore locatizio di mercato, ma del nucleo familiare dell'originario assegnatario.

  • I limiti del provvedimento di assegnazione

In conclusione, la pronuncia in esame traccia la conferma della tutela dei soggetti più deboli nel momento della crisi familiare così come già precisato in tema di contratto di comodato nei rapporti di famiglia; però, a questo proposito, occorre una precisazione: comodato e locazione restano pur sempre contratti differenti in tema di restituzione dell'immobile.

- Con il comodato, così come visto in precedenza a seguito dell'intervento delle Sezioni Unite, solo il sopravvenire d'un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante consente di porre fine al contratto, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare, ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante;

- in caso di locazione, invece, occorre considerare la scadenza contrattuale prevista dal contratto.

Su tale ultimo aspetto, i giudici hanno evidenziato che l'art. 6 della legge 27 luglio 1978 n. 392, nel disporre che "in caso di separazione personale nel contratto di locazione succede al conduttore l`altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest`ultimo", non modifica la natura del rapporto e la natura del diritto in base al quale il conduttore detiene la cosa locata, ma solo consente a soggetto diverso dall`originario conduttore di sostituirsi nella titolarità del contratto, con attribuzione dei relativi diritti ed assunzione delle obbligazioni che ne derivano. Ne consegue che il locatore ha diritto alla scadenza del contratto di riottenere la disponibilità dell'immobile, senza che tale suo diritto possa trovare un limite nel provvedimento di assegnazione della casa familiare da parte del giudice (Cass. civ., sez. III, 18 giugno 1993, n. 6804; Trib. Torino, sez. VIII, 28 settembre 2006, n. 6271).

Inoltre, potrebbe anche verificarsi una situazione di morosità da parte dell'assegnataria, dunque, una situazione di occupazione senza titolo con obbligo al rilascio dell'immobile (Trib. Torino, sez. I – imprese, 3 luglio 2017, n. 3465. Fattispecie avente ad aggetto l'esclusione di un socio da una cooperativa a proprietà indivisa per il mancato pagamento dei canoni di locazione e la condanna dello stesso dell'indennità di occupazione sine titulo fino alla data di effettivo rilascio). In tale situazione, appunto, la disposizione sancita dall'art. 1591 c.c. (danni per ritardata restituzione) costituisce espressione di un principio applicabile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l'utilizzazione del bene dietro corrispettivo, per l'ipotesi in cui il concessionario continui ad utilizzare il bene oltre la scadenza del termine finale del rapporto senza più averne titolo. In queste ipotesi, infatti, dal vantaggio che consegue il concessionario da tale utilizzazione deriva un danno per il concedente, che ha come misura certa il corrispettivo periodico che era stato stabilito nel contratto (Cass. civ., sez. I, 29 novembre 2000, n. 15301).

Riferimenti

FERRARI, Successione nel contratto di locazione condominioelocazione.it, 26 Settembre 2017;

FASANO, Casa familiare: comodato e locazione in ilfamiliarista.it, 6 maggio 2015;

VISCONTI, Le società cooperative edilizie di abitazione in diritto.it, 18 gennaio 2013;

GABRIELLI, PADOVINI, La locazione di immobili urbani, Padova, 2001, 713.

Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2020, n. 12114

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