Stalker il padre che crea ansia alla figlia

Michol Fiorendi
06 Aprile 2021

Il padre separato che si presenta ripetutamente e senza preavviso ad occasioni ed eventi conviviali o sportivi della figlia, creandole uno stato emotivo d' ansia e tensione, integra il reato si stalking?
Massima

Integra il reato di atti persecutori (c.d. stalking) ai danni della figlia, la condotta del padre che, attraverso comportamenti insistenti, non la rispetta, presentandosi senza invito ad eventi sportivi e di divertimento della ragazza, dimostrandosi refrattario ai consigli dei consulenti, portando come ragione per giustificare tale condotta che, in una situazione così conflittuale, questo atteggiamento per lui rappresenta l'unico modo per vedere la figlia e tentare di ricomporre con lei un rapporto.

Il caso

Con sentenza, la Corte d'Appello territoriale conferma la decisione di primo grado che condanna un padre al risarcimento del danno per il reato di atti persecutori (stalking) commesso in danno alla figlia minore.

L'uomo, pertanto, presenta ricorso in cassazione, sulla scorta di diverse ragioni, tra le quali, ad esempio, che durante il processo di primo grado, la deposizione della madre della ragazza non era da considerarsi attendibile, poichè dettata da una situazione di profondo conflitto genitoriale.

Inoltre, secondo la prospettazione del padre, il giudice di prime cure aveva altresì trascurato che dalla Ctu erano emerse condotte di alienazione parentale messe in atto dalla madre ai danni della figlia, e che lo stesso giudice non aveva tenuto nella dovuta considerazione che le condotte del ricorrente erano dettate da un rapporto difficile con la figlia.

La Suprema Corte, però, respinge il ricorso dell'uomo, poiché le sue deduzioni ripropongono, nella sostanza, la tesi difensiva già esposta in sede di merito.

Tali profili sono stati già analizzati dal giudice del gravame che aveva concluso per l'inadeguatezza dei metodi di approccio del padre verso la figlia, considerate disturbanti e persecutorie e caratterizzate da una tale ripetitività ed assenza di interesse per gli stati d'animo della figlia da generare un evidente turbamento della stessa, avendo, la ragazza, confermato i sentimenti di vergogna e di estremo imbarazzo davanti al comportamento del padre, oltre che di paura per l'imprevedibilità del genitore, al quale aveva direttamente dichiarato il disagio che le sue condotte ossessive le provocavano.

La questione

Può integrare il reato di stalking il padre (separato) che si presenta ripetutamente e senza preavviso ad occasioni ed eventi conviviali o sportivi della figlia, creando così nella stessa uno stato di ansia e tensione, nonostante la ragazza continui a condurre una vita normale e ad avere un ottimo rendimento scolastico?

Le soluzioni giuridiche

Nel caso di specie, come detto, la Corte di Cassazione respinge il ricorso del padre contro la sentenza che lo condanna per stalking ai danni della figlia poiché lo stesso, mediante condotte assillanti, non ha rispettato la vita della ragazza, ritenendo che in una situazione conflittuale, questo fosse l'unico modo per vederla e tentare di ricucire un rapporto con lei.

L'uomo, per tali atteggiamenti, è stato condannato, in primo e secondo grado, alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni per un importo di 20.000 euro in favore della figlia, considerata vittima dei suoi atti persecutori.

La Corte di Cassazione, allineandosi alle pronunce di primo e di secondo grado, rileva l'inadeguatezza dei metodi di approccio del padre nei confronti della figlia, caratterizzati da modalità disturbanti e persecutorie, e da una ripetitività e da un'assenza d'interesse per gli stati d'animo della figlia (si pensi alle irruzioni nelle occasioni conviviali o sportive coinvolgenti quest'ultima), da arrivare a generare un evidente turbamento nella ragazza.

Peraltro, nel corso del giudizio, è emerso come il padre non abbia mai dimostrato di aver compreso tali errate modalità di approccio e relazione verso la figlia, continuando a sostenere di “non avere altra scelta” per coltivare il suo rapporto con la ragazza e non allineandosi alle indicazioni a lui fornite dai consulenti tecnici.

Per la Suprema Corte, inoltre, non rileva che la figlia abbia continuato a praticare regolarmente le sue attività sportive e che il rendimento scolastico della stessa non abbia risentito della situazione.

Infatti, per ritenere integrata la fattispecie di atti persecutori, non occorre che la personalità della vittima venga annullata. Al contrario, la stessa pare compatibile con il tentativo di reagire alle condotte persecutorie.

Peraltro, per quanto riguarda il profilo soggettivo del reato di stalking, la Corte ricorda che tale reato richiede, per la sua configurazione, il dolo generico, ossia la volontà di porre in essere più condotte di minaccia o di molestia nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi contemplati dalla norma e della loro abitualità, senza una necessaria preordinazione, essendo sufficiente la causalità e l'occasionalità dei comportamenti persecutori.

Quanto al profilo psicologico, occorre ribadire che nel reato di stalking (che ha natura di reato abituale di evento), l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte, potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente causali e realizzate qualora se ne presenti l'occasione (Bastianello, Il reato di stalking ex art. 612-bis c.p., in GM, 2012, 673 s.).

Nel caso in esame, i giudici di merito, chiamati dall'art. 164 c. p. ad esprimere una prognosi sul fatto che il colpevole si sarebbe astenuto per il futuro dal commettere ulteriori reati, hanno poggiato la loro decisione non sulla negazione dei fatti da parte dell'imputato ma sull'estensione temporale della condotta e sulla sua refrattarietà a ricalibrare i rapporti con la sua figlia secondo le indicazioni dei consulenti sentiti.

In altre parole, non viene affatto in discussione il diritto dell'imputato di difendersi anche attraverso il silenzio o la contestazione dell'ipotesi accusatoria, ossia una mera condotta processuale, ma l'accertata, mancata presa di coscienza del carattere illecito dei comportamenti persecutori, riguardanti nelle conseguenze che hanno avuto sulla vittima e senza che rilevi quello che è parso all'autore il fine ultimo delle sue azioni o ancora l'assenza di un dolo specifico (che è poi il tema introdotto in ricorso quando si osserva che l'imputato “non ha mai volutamente ferito o creato disagio alla propria figlia che ha sempre considerato la cosa più importante della sua vita”).

L'arbitrario e soggettivo convincimento che i comportamenti persecutori tenuti dal padre siano espressione di una necessità imposta (nel ricorso si qualifica il comportamento tenuto dal padre come “inevitabile”) dall'esigenza di coltivare il rapporto parentale rappresenta, pertanto, in termini logicamente e giuridicamente corretti, il fondamento della prognosi operata dai giudici di merito.

Osservazioni

Con riguardo alla sua natura giuridica, il reato di atti persecutori individua una fattispecie plurioffensiva, tesa a salvaguardare sia la libertà morale della vittima che il suo stato di salute (Parodi, Stalking e tutela penale, 2009, Giuffrè; Valsecchi, Il delitto di “atti persecutori”, Riv. Italiana di diritto e proc. pen.).

Ai fini della sua configurabilità, come peraltro osservato nel caso di specie, non è essenziale il mutamento di quelle che sono le normali abitudini di vita della vittima, essendo sufficiente che la condotta incriminata dell'agente abbia indotto nella stessa vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità (Fiandaca, Musco, Diritto penale, Parte speciale, II, 1, I delitti contro la persona, 2a ed., Addenda: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori).

Ci si trova davanti ad un reato di evento, per l'esistenza del quale è necessario che sia verificata l'esistenza di un nesso di causalità certo fra le reiterate condotte di minaccia o molestia e tre possibili conseguenze alternative, ognuna delle quali è sufficiente a delineare il delitto ma che, se realizzate cumulativamente, fanno parte pur sempre nella medesima fattispecie incriminatrice (Mantovani, Diritto penale, Parte speciale, vol. I, 2005, Cedam).

Anche la stessa giurisprudenza ha concluso ritenendo che si tratti di un reato abituale di evento, a struttura causale, e non di mera condotta che si caratterizza per la produzione di un evento di danno (consistente, appunto, nell'alterazione delle abitudine di vita, in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero, di un fondato timore per le abitudini di vita, di un prossimo congiunto o di una persona alla quale il soggetto è legato da relazione affettiva), per la cui sussistenza, dunque, è sufficiente il verificarsi anche solo di uno degli eventi previsti (Donini, Danno e offesa nella c.d. tutela dei sentimenti, RIDPP, 4/08).

In sostanza, quindi, come peraltro sostenuto dalla prevalente corrente dei giudici di legittimità, si è in presenza della fattispecie delittuosa di atti persecutori anche quando le singole condotte siano reiterate in un arco di tempo molto ristretto, purchè le condotte lesive considerate siano autonome e che la loro reiterazione, anche se concentrate in un lasso di tempo molto breve (ad esempio in un solo giorno), costituisca causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice.

Lo stalking costituisce, quindi, un reato a dolo generico, che richiede la rappresentazione dell'evento quale conseguenza della condotta persecutoria reiterata, ossessiva ed abituale, volontariamente perseguita dallo stalker (Terzi, Il nuovo reato di stalking: prime considerazioni, in Riv. Penale).

Non occorre infatti una rappresentazione anticipata di quello che potrebbe essere il risultato ultimo, quanto, piuttosto, la costante consapevolezza, nello sviluppo progressivo della situazione, delle precedenti azioni criminose e attacchi compiuti e dell'apporto che ciascuno di essi procura all'interesse protetto, insita nella perdurante aggressione da parte del soggetto agente alla sfera privata della persona offesa.

Inoltre, con riferimento all'evento del reato, a parere dei giudici della Suprema Corte, la prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato d'ansia o di paura, deve essere necessariamente ancorata a elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente e anche da quest'ultima, tenendo in considerazione tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo o di tempo in cui è stata consumata.

Per quanto attiene al bene giuridico protetto, come si può ricavare dalla stessa collocazione tra i delitti contro la persona, l'art. 612 – bis c.p. tutela innanzitutto la libertà morale, intesa quale facoltà dell'individuo di autodeterminarsi, e gli ulteriori beni giuridici quali l'incolumità individuale e la salute, nonché la tranquillità psichica e la riservatezza dell'individuo, posto che ai fini della configurazione del reato è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità, dell'equilibrio psicologico della vittima. In conseguenza di quanto sopra, la finalità perseguita dal legislatore nel 2009 sarebbe stata, dunque, quella di tutelare un soggetto da tutti quei comportamenti che ne condizionino pesantemente la vita e la tranquillità personale, procurando ansie, preoccupazioni e paure, con il fine di garantire alla personalità dell'individuo l'isolamento da influenze perturbatrici (Orfino, Il nuovo art. 612-bis c.p.: lo stalking entra nel codice Rocco, in Il diritto per i concorsi, 3/2009, 140 ss.; Squllaci, Gli atti persecutori di cui al nuovo art. 612-bis, in La rivista nel diritto, 6/2009, 876).

In conclusione, va considerato che la relazione esistente tra l'autore delle molestie e la vittima può essere molto varia. Infatti, i due soggetti possono già conoscersi, oppure possono essere perfetti estranei l'uno per l'altro. Anche le condotte ed i modi di agire intrusivi e ripetuti che si configurano come molestie possono essere notevolmente differenziati da caso a caso.

Il dato che accomuna tali comportamenti è quindi fornito dalla fonte di disagio e di disturbo quanto mai concreta e reale che colpisce, nel corso della vita, una considerevole fetta della popolazione (stimata tra il 2% ed il 15% ).

Riferimenti

PELLISSERO, I destinatari della prevenzione praeter delictum: la pericolosità da prevenire e la pericolosità da punire, in Riv. it. dir. proc. pen., 2017, 439 ss;

ORLANDI, La ‘fattispecie di pericolosità'. Presupposti di applicazione delle misure e tipologie soggettive nella prospettiva processuale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2017, 470 ss;

BALBI, Le misure di prevenzione personali, in Riv. it. dir. proc. pen., 2017, 505 ss.

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