Il terzo non è tenuto al pagamento delle competenze professionali in caso di transazione della lite

15 Aprile 2021

L'obbligo di pagare le competenze professionali dei difensori ex art. 68 del r.d.l. 1578/1933, in caso di definizione della lite mediante transazione, grava solidalmente su tutte le parti che vi abbiano aderito ed abbiano partecipato al giudizio, mentre non grava invece su chi, pur avendo aderito alla transazione, non abbia assunto la qualità di parte processuale.
Massima

L'obbligo di pagare le competenze professionali dei difensori ex art. 68 del r.d.l. 1578/1933, in caso di definizione della lite mediante transazione, grava solidalmente su tutte le parti che vi abbiano aderito ed abbiano partecipato al giudizio, mentre non grava invece su chi, pur avendo aderito alla transazione, non abbia assunto la qualità di parte processuale.

Il caso

La decisione in esame trae origine dalla seguente vicenda: un avvocato aveva proposto ricorso ex art. 702-bis e ss. c.p.c. al fine di ottenere la condanna solidale al pagamento delle competenze professionali anche nei confronti di un soggetto terzo rimasto estraneo al giudizio di reclamo conclusosi con una transazione, in cui era presente l'impegno delle parti a far pervenire la rinuncia alla solidarietà, ex art. 68 legge professionale (ora art. 13, comma 8, della l. 247/2012) da parte dei rispettivi difensori. L'avvocato non aveva mai formalizzato detta rinuncia e rivolgeva l'azione non solo contro le parti del giudizio, ma anche contro quelle che avevano sottoscritto la transazione ad adiuvandum.

La Corte d'appello aveva accolto la domanda di pagamento proposta nei confronti della società che aveva partecipato al giudizio di reclamo avverso la pronuncia di risoluzione del concordato fallimentare liquidando anche le spese processuali in favore dell'avvocato, ma aveva rigettato la domanda volta ad ottenere il pagamento delle competenze legali proposta nei confronti del terzo che era rimasto estraneo al giudizio ed aveva solo sottoscritto ad adiuvandum la transazione, in virtù dell'assunto che quest'ultimo, non essendo parte del giudizio, non fosse tenuto al pagamento in via solidale dei compensi.

Avverso l'ordinanza della Corte d'appello l'avvocato proponeva ricorso per cassazione sostenendo che in caso di definizione della lite mediante transazione, l'obbligo solidale di pagare le competenze professionali dei difensori grava su tutte le parti che abbiano aderito alla transazione, anche quando non siano state parti del giudizio presupposto, così come proverebbe il tenore letterale della disposizione normativa.

La questione

Ci si chiede se chi non ha assunto la qualità di parte nel processo, definito con una transazione, sia o meno tenuto al pagamento dei compensi professionali in via solidale.

Le soluzioni giuridiche

La seconda sezione della Cassazione, con la sentenza in commento, ha dichiarato infondato il ricorso asserendo che l'obbligo di pagare le competenze professionali dei difensori ex art. 68 del r.d.l. 1578/1933, in caso di definizione della lite mediante transazione, grava solidalmente su tutte le parti che vi abbiano aderito ed abbiano partecipato al giudizio, mentre non grava invece su chi, pur avendo aderito alla transazione, non abbia assunto la qualità di parte processuale.

Osservazioni

La Corte nell'esaminare la fattispecie in esame ha affrontato la questione relativa all'individuazione della latitutine soggettiva dell'obbligo di pagare le competenze professionali in caso di transazione della lite. A tal riguardo, l'art. 68 della legge professionale dispone testualmente che «quando un giudizio è definito con transazione, tutte le parti che hanno transatto sono solidalmente obbligate al pagamento degli onorari e al rimborso delle spese di cui gli avvocati ed i procuratori che hanno partecipato al giudizio degli ultimi tre anni fossero tuttora creditori per il giudizio stesso».

L'art. 13, comma 8, della l. 247/2012, attualmente in vigore, dispone che: «quando una controversia oggetto di procedimento giudiziale o arbitrale viene definita mediante accordi presi in qualsiasi forma, le parti sono solidalmente tenute al pagamento dei compensi e dei rimborsi delle spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno prestato la loro attività professionale negli ultimi tre anni e che risultino ancora creditori, salvo espressa rinuncia al beneficio della solidarietà».

Mentre l'art. 68 della legge professionale parlava espressamente di transazione, l'art. 13, comma 8, della l. 247/2012, menziona gli accordi raggiunti in qualsiasi forma. Si tratta chiaramente di una norma posta a tutela degli avvocati che possono invocare il pagamento del dovuto non solo dalla parte assistita, ma anche dalla controparte. Tale tipologia speciale di solidarietà è stata ritenuta costituzionalmente legittima, poiché il credito degli avvocati si forma nel corso del giudizio e si consolida nell'importo delle spese a cui la parte soccombente sarà condannata ex art. 91 c.p.c. In tal modo, si crea un rapporto tra il difensore e la parte avversa soccombente.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 132/1974, ha affermato che l'aspettativa del difensore a soddisfarsi sulle spese di soccombenza deve ricevere tutela anche nel caso in cui le parti interrompano la lite. In effetti, la transazione abbraccia tutta l'area della controversia e, quindi, deve comprendere anche il regolamento delle competenze spettanti ai difensori. Quindi, la ratio consiste nell'evitare che le parti processuali si sottraggano al pagamento, ricorrendo alla transazione ed impedendo così la liquidazione giudiziale delle spese.

La Cassazione in questa occasione ha ribadito che: - l'art. 68 della legge professionale forense, stabilendo che tutte le parti che hanno transatto sono solidalmente obbligate al pagamento degli onorari ed al rimborso delle spese in favore degli avvocati che hanno partecipato al giudizio definito con quella transazione, si riferisce ad ogni accordo mediante il quale le parti facciano cessare, senza la pronuncia del giudice, una lite già cominciata; - affinché, però, possa sussistere l'obbligazione solidale prevista dalla norma ed il difensore possa richiedere il pagamento degli onorari ed il rimborso delle spese nei confronti della parte avversa al proprio cliente, è necessaria la definizione del giudizio con una transazione (o con un accordo equivalente) che sottragga al giudice la definizione del giudizio e la pronuncia in ordine alle spese; - l'art. 68 della legge professionale non è applicabile quando la causa sia stata definita direttamente dal giudice con una sentenza che, oltre a disporre la cessazione della materia del contendere a seguito della sopravvenuta transazione, abbia pronunciato sulle spese; - se il giudice pronuncia una decisione anche in punto di liquidazione delle spese non si applica l'art. 68 della legge professionale. In tal caso manca il presupposto stesso per l'applicazione del citato art. 68, il quale implica l'esistenza di un accordo diretto, appunto, a sottrarre al giudice anche la pronuncia sulle spese (cfr. Cass. civ., n. 7652/2017; Cass. civ., n. 21209/2015).

In altre parole, si tratta della cd. «solidarietà professionale», in virtù della quale ciascun avvocato può chiedere il pagamento di spese e compensi non solo al proprio cliente, ma anche alle altre parti in causa che abbiano sottoscritto una transazione della controversia.

Tale disposizione normativa, varata a tutela degli avvocati, vige per l'ipotesi in cui le parti raggiungano tra loro un accordo transattivo della lite, bypassando i propri procuratori e ponendoli, di fatto, nella difficoltà, o, spesso, nell'impossibilità di recuperare le spese e le proprie competenze professionali dai rispettivi assistiti.

L'avvocato è, dunque, tutelato dalla possibilità di ottenere il pagamento delle competenze anche dalla controparte. La legge professionale forense stabilisce una speciale forma di solidarietà e contiene una deroga al principio per cui il diritto al compenso si fonda sul contratto professionale. Da qui, la prassi – invalsa in tutti i fori – di inserire negli atti di transazione, che siano il risultato di una trattativa portata avanti con l'assistenza dei difensori, una clausola in cui questi ultimi, appunto, rinunciano alla solidarietà professionale obbligandosi conseguentemente a richiedere i compensi solo al proprio cliente.

Tuttavia, laddove non vi sia rinuncia alla solidarietà, essa può operare solo riguardo alle parti processuali, poiché, se da un alto, il cliente è già tenuto al pagamento in forza del contratto professionale, per altro verso, solo la controparte può essere condannata a pagare il difensore dell'altra in caso di distrazione ed ha la facoltà di stipulare la transazione con effetti estintivi del giudizio, non anche coloro che hanno semplicemente aderito alla transazione.

Alla luce della ricostruzione effettuata appare più che condivisibile la soluzione data dalla Corte al quesito esposto. L'art. 68 della legge professionale, ratione temporis applicabile, contiene una deroga al principio per cui il contratto professionale vincola solo i contraenti ed è, dunque, una norma di stretta interpretazione (cfr. Cass. civ., n. 16856/2015).

Non vi è, quindi, alcun dubbio che il terzo che non ha assunto la qualità processuale e non ha, quindi, partecipato al giudizio non possa incidere sulle sorti del giudizio e non sia, dunque, tenuto in nessun caso al pagamento delle spese, per cui non trova applicazione nei suoi confronti la particolare disciplina prevista dall'art. 68 della legge professionale.

In conclusione, la speciale solidarietà passiva prevista dall'art. 68 della legge professionale (oggi art. 13, comma 8, della l. 247/2012) a favore dell'avvocato, opera solo tra le parti del giudizio.

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