L'acquiescenza del condominio alla pronuncia esclude la legittimazione all'impugnazione del condomino interventore adesivo dipendente

29 Aprile 2021

La fattispecie decisa dalla Cassazione riprende l'insegnamento precedentemente emerso nella stessa giurisprudenza di legittimità sulla distinzione tra intervento adesivo autonomo e dipendente, ribadendone la differente incidenza in punto di legittimazione ad impugnare la pronuncia del giudice di prime cure, con particolare riferimento alla posizione assunta dal condomino interventore dipendente nel caso di contumacia del condominio, quale parte adiuvata, con la conseguente sua acquiescenza alla sentenza.
Massima

L'intervento del singolo condomino a favore del condominio ai sensi dell'art. 1137 c.c., in un giudizio di impugnazione di una delibera assembleare per sostenerne la validità, si connota come intervento adesivo dipendente, ragione per cui, ai sensi dell'art. 105, comma 2, c.p.c., i poteri dell'intervenuto sono limitati all'espletamento di un'attività accessoria e subordinata a quella svolta dal condominio quale parte adiuvata, sulla cui scorta consegue che, in caso di sua acquiescenza alla sentenza, l'interventore adesivo dipendente non può proporre autonomamente impugnazione, né in via principale né in via incidentale.

Il caso

La sentenza resa in grado di appello, viene impugnata con ricorso per cassazione proposto dalla parte ricorrente in via principale e controricorrente con ricorso incidentale condizionato, vertenti rispettivamente sulla violazione e falsa applicazione dell'art. 1137 c.c. e dell'art. 113 c.p.c. - assumendo rispettivamente che la Corte d'Appello avrebbe esteso il proprio sindacato sulla delibera condominiale alle discrezionali valutazioni di merito spettanti all'assemblea condominiale - e sull'eccezione di inammissibilità dell'appello proposto dall'interventore adesivo dipendente, conseguente alla contumacia del condominio.

La questione

La quaestio juris sottoposta al vaglio di legittimità riguarda l'ammissibilità dell'impugnazione proposta autonomamente dinanzi al giudice del gravame dall'interventore adesivo dipendente nel giudizio di prime cure, a sostegno della deliberazione adottata dal condominio rimasto contumace nel relativo giudizio.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di legittimità accolgono il ricorso incidentale condizionato, ritenuto preliminarmente ammissibile per effetto della fondatezza del ricorso principale, ribadendo in occasione della fattispecie scrutinata il principio che l'intervento dei condòmini spiegato nel giudizio di primo grado avente ad oggetto l'impugnazione della delibera assembleare del condominio - rimasto contumace - proposta da altri condòmini, laddove espressamente volto a sostenere la validità della suddetta delibera impugnata, nell'ottica della gestione collettiva dei beni comuni, e non invece a fare valere i diritti reali degli interventori su di essi, è da considerarsi di tipo adesivo dipendente e non autonomo, con la conseguenza che, ove il condominio - quale parte adiuvata - sia rimasto contumace nel relativo giudizio, prestando in tale modo acquiescenza alla sentenza di primo grado, in tale ipotesi, difetta in capo alla parte adiuvante la legittimazione ad appellare la pronuncia del giudice di prime cure.

Al riguardo, è stato opportuno ricordare che l'interesse richiesto per la legittimazione ad intervenire ad adiuvandum nel processo in corso fra altri soggetti deve essere non di mero fatto, ma giuridico, nel senso che tra adiuvante e adiuvato deve sussistere un vero e proprio rapporto giuridico sostanziale (come nel caso del condòmino rispetto al condominio), tale che la posizione soggettiva del primo in questo rapporto possa essere - solo in via indiretta o riflessa - pregiudicata dal disconoscimento delle ragioni che il secondo sostiene contro il suo avversario in causa (Cass. civ., sez. II, 23 dicembre 1993, n. 12758).

Osservazioni

La pronuncia in commento conferma le conclusioni sposate dal precedente orientamento di legittimità secondo cui in un giudizio di impugnazione ai sensi dell'art. 1137 c.c. di una delibera assembleare, i singoli condomini possono volontariamente costituirsi mediante intervento adesivo autonomo, con la facoltà di coltivare il procedimento nei vari gradi anche in presenza di una rinuncia agli atti o di un'acquiescenza alla sentenza ad opera dell'originario condomino istante, purchè, a loro volta, dotati di legittimazione ad impugnare la stessa delibera condominiale, atteso che, diversamente, ove decaduti, la legittimazione si restringe nello svolgimento di un intervento adesivo dipendente.

Laddove ricorra tale ultima ipotesi, ovvero, più esplicitamente, quando si interloquisce sostenendo le ragioni di una parte senza proporre nuove domande e senza ampliare il tema del contendere, l'interventore adesivo dipendente non ha un'autonoma legittimazione ad impugnare la pronuncia (come, invece, accadrebbe laddove ricorra un intervento adesivo autonomo, come nella fattispecie esaminata da Cass. civ., sez. II, 15 maggio 1996, n.4504, riguardante un giudizio promosso tra condòmini, nel quale, l'intervento di un altro condomino, pur aderendo alle ragioni degli altri condòmini contro lo stesso convenuto, introduce nel processo anche ulteriori domande dipendenti dal proprio specifico titolo) - salvo che si tratti di impugnazione limitata alle questioni specificamente attinenti la qualificazione dell'intervento o la condanna alle spese imposte a suo carico (Cass. civ., sez. III, 23 marzo 2017, n.7407) - sicchè la sua impugnazione, ove proposta, è inammissibile, laddove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto a proporla, ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione ad essa sfavorevole (Cass. civ., sez. un., 17 aprile 2012, n.5992; Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 2009, n.3734; Cass. civ., sez. I, 24 ottobre 1995, n.11064), eventualmente, scegliendo di rimanere contumace.

Ciò che nello spirito dell'art. 105 c.p.c. differenzia l'intervento adesivo autonomo da quello dipendente, non è la natura dell'interesse ma il carattere innovativo del thema decidendum che consegue al primo e non al secondo. Pertanto, quando l'interventore (condomino), ancorchè titolare di un proprio autonomo diritto non lo fa valere in via autonoma, bensì quale interesse che lo legittima a sostenere le ragioni di una delle parti in causa (condominio), si configura un intervento di tipo adesivo dipendente.

In particolare, l'intervento del singolo condomino a favore del condominio deve ritenersi ammissibile per sostenere la validità della delibera impugnata, ma in tale ipotesi, poichè non si tratta di azioni relative alla tutela od all'esercizio dei diritti reali su parti o servizi comuni, bensì di controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di quanto deliberato dall'assemblea condominiale, il cui fine è di soddisfare esigenze collettive della comunità condominiale, essendo rispetto ad esse unico legittimato passivo l'amministratore pro-tempore (Cass. civ. sez. II, 12 dicembre 2017, n.29748; Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2005, n.8286, in cui si è precisato che ciò comporta come conseguenza che è anche legittimato a proporre impugnazione, nel caso di soccombenza del condominio da lui rappresentato, senza necessità di alcuna autorizzazione da parte dell'assemblea dei condòmini) deve ritenersi di tipo adesivo dipendente, sicchè il medesimo interventore, non è ammesso a proporre gravame avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio, atteso che la legittimazione passiva esclusiva dell'amministratore pro-tempore nei giudizi relativi all'impugnazione delle delibere dell'assemblea promossi dal condomino dissenziente discende dal fatto che la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condòmini, ancorchè in opposizione all'interesse particolare di uno di essi.

In ordine all'aspetto da ultimo evidenziato, la pronuncia in commento ha precisato che il suddetto orientamento non è contraddetto dalla più recente presa di posizione delle Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 18 aprile 2019, n.10934), in cui si è rilevato che ove l'oggetto del ricorso incidentale risulti essere un diritto afferente alla sfera di ogni singolo condomino, ciascuno di essi può autonomamente fare valere la situazione giuridica vantata, ed a tale fine, può quindi avvalersi personalmente dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio, inserendosi nel processo, nello stato in cui si trova al momento del suo intervento, ma con intatta la facoltà di spiegare il mezzo di impugnazione.

Infatti, l'orientamento giurisprudenziale volto a ritenere che, nelle controversie aventi ad oggetto un diritto comune, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condòmini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, esclusivi e comuni, inerenti all'edificio condominiale nè di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore ovvero di avvalersi dei relativi mezzi di impugnazione, ove non proposti da quest'ultimo (Cass. civ., sez. trib., 7 dicembre 2004, n.22942; Cass. civ., sez. II, 25 maggio 2001, n.7130), trova il suo ancoraggio nella natura degli interessi in gioco nelle cause relative ai diritti dei singoli sulle parti comuni o sui propri beni facenti parte del condominio, atteso che è la natura dei diritti contesi la ragione di fondo della sussistenza della facoltà dei singoli di affiancarsi o surrogarsi all'amministratore condominiale nella difesa in giudizio dei diritti vantati su tali beni.

Ciò trova, del resto, conferma nella diversa ipotesi di giudizio promosso dall'amministratore di condominio con riguardo alla tutela delle parti comuni condominiali, nel quale ciascuno dei partecipanti al condominio può spiegare intervento a difesa della proprietà comune, connotandosi tale intervento come adesivo autonomo (Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2014, n. 18687; Cass. civ., sez. III, 18 febbraio 1980, n. 1191), ovvero quale costituzione di una delle parti originarie in senso sostanziale determinatasi a fare valere le proprie ragioni direttamente, e non più tramite il rappresentante comune (Cass. civ., sez. II, 28 marzo 2019, n.8695).

Pertanto, è il diritto dell'amministratore condominiale che si aggiunge a quello dei condòmini, quali naturali e diretti interessati ad agire per il fine indicato a tutela dei beni dei quali sono comproprietari, laddove insidiati da azioni illegittime di altri condomini o di terzi.

Nelle controversie relative ai diritti dei singoli condòmini sulle parti comuni, ciascun partecipante può dunque proporre ricorso incidentale tardivo avverso la sentenza pronunciata nei confronti del condominio anche se quest'ultimo abbia già apprestato la propria difesa (Cass. civ., sez. un., 18 aprile 2019, n.10934).

In tale ottica, è vero che la legittimazione a gravare di appello la pronuncia deve essere riconosciuta soltanto ai soggetti che siano stati parti nel giudizio di primo grado e che siano rimasti soccombenti, ma deve altresì considerarsi che configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condòmini, l'esistenza dell'amministratore non priva i primi della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti l'edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2014, n. 18687, cit.; Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2011, n.10717).

Conseguentemente, il singolo condomino conserva il potere di agire a difesa non solo dei suoi diritti di proprietario esclusivo, ma anche dei suoi diritti di comproprietario pro quota delle parti comuni, intervenendo nel giudizio in cui la difesa dei diritti sulle parti comuni sia stata già assunta dall'amministratore, e ricorrendo all'autorità giudiziaria autonomamente, sia nel caso di inerzia dell'organo di rappresentanza del condominio, ai sensi dell'art. 1105 c.c. applicabile anche al condominio per il rinvio dell'art. 1139 c.c., sia quando gli altri condòmini non intendano agire o resistere in giudizio, al fine di esperire i mezzi di impugnazione necessari ad evitare gli effetti sfavorevoli della pronuncia resa nei confronti dell'amministratore (v., ex multis, Cass. civ., sez. II, 6 agosto 1999, n.8479).

In conclusione, l'ordinanza sulla quaestio decisa dai giudici di legittimità è, dunque, in linea con il precedente orientamento, avendo operato una preliminare distinzione fra le tipologie di intervento ad adiuvandum - dipendente o autonomo, ricorrendo la prima ipotesi quando si interloquisce sostenendo le ragioni di una parte senza proporre nuove domande e senza ampliare il tema del contendere - prendendo atto che laddove il medesimo rientri nella prima categoria, come effettivamente accertato nella fattispecie scrutinata, ciò comporta che in tale ipotesi, l'interventore non possa proporre alcuna autonoma impugnazione, né in via principale né in via incidentale laddove il condominio sia rimasto contumace, e, dunque, abbia prestato acquiescenza alla pronuncia del giudice di prime cure, non potendo travalicare i limiti di tale forma d'intervento, sostituendosi alla stessa parte adiuvata (Cass. civ., 16 febbraio 2009, n.3734; Cass. civ., sez. I, 24 ottobre 1995, n.11064).

Riferimenti

Corsini, in Codice di procedura civile. Rassegna di giurisprudenza e dottrina (a cura di G. Stella Richter e P. Stella Richter), I (artt. 1-162), 2020, Milano, 489;

Nardone, Intervento ad adiuvandum, in ilprocessocivile.it;

Bonfanti, Intervento adesivo dipendente e potere di autonoma impugnazione della sentenza in Riv. dir. proc., 1999, 295;

Giovannoni, In tema di legittimazione ad impugnare dell'interventore adesivo dipendente: necessità di rivedere l'orientamento giurisprudenziale, in Foro it., 1995, I, 2969;

Proto Pisani, Note in tema di efficacia riflessa della sentenza, di dipendenza tra cause e di legittimazione autonoma o meno ad impugnare dell'interveniente adesivo dipendente,in Foro it., 1971, I, 414.

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