Giuseppe Davide Giagnotti
30 Aprile 2021

Gli artt. 5 e 7 del Regolamento CE n. 261/04 prevedono una specifica tutela, in favore del passeggero, che si esplica nel riconoscimento del diritto ad un ristoro di tipo indennitario, erogato indipendentemente dalla prova della concerta esistenza di un danno e del relativo nesso causale fra quest'ultimo e la condotta del debitore. Tale disciplina, proprio in ragione della sua eccezionalità, può essere utilizzata solo all'interno del ristretto ambito applicativo, delineato dall'art. 3 del detto regolamento, ovvero per i voli in partenza da un aeroporto di uno Stato membro o in partenza da un aeroporto situato in un paese terzo, ma con destinazione finale l'aeroporto di uno stato membro, se il vettore operativo appartiene ad un paese dell'Unione.

Con la sentenza n. 9474/21, depositata il 09 aprile, la Corte Suprema di Cassazione, sez. III Civile, si è pronunciata sul risarcimento del danno per ritardo prolungato del volo, nei casi in cui non si applichi il Regolamento CE n. 261/2004, in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri per ritardo, negato imbarco o cancellazione del volo.

L'origine della vicenda processuale è riconducibile alla domanda risarcitoria proposta, nei confronti di una compagnia aerea russa, da due passeggeri di un volo da Shangai per Mosca che, a causa di un ritardo di parecchie ore, avevano perso la successiva coincidenza per la loro destinazione finale.

In primo grado la loro domanda era stata accolta ed il Giudice, applicando il Regolamento CE n. 261/2004, gli aveva riconosciuto un indennizzo pecuniario.

Tale decisione, impugnata dalla compagnia aerea, era stata confermata anche in secondo grado, benché con motivazione differente.
Il secondo Giudice, infatti, aveva rilevato che, sulla scorta dell'art. 3 del Regolamento CE n. 261/2004, non fosse inapplicabile, al caso di specie, la tutela comunitaria, dato che il volo congiungeva due aeroporti situati in territorio extraeuropeo e che il vettore non apparteneva all'UE. Del pari inapplicabile risultava la Convenzione di Montreal del 1999, non essendo mai stata ratificata dalla Federazione Russa, cui apparteneva il vettore.
Risultava applicabile, invece, la Convenzione di Varsavia del 1929 che, pur riconoscendo la responsabilità del vettore per il ritardo nel trasporto, non prevedeva alcun meccanismo automatico di compensazione pecuniaria.
Stabiliva tuttavia il Giudice che, stante il comprovato inadempimento del vettore aereo ed in applicazione analogica delle norme comunitarie, ai passeggeri spettasse ugualmente la compensazione pecuniaria.
Avverso tale provvedimento, il vettore proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione.

La tutela indennitaria straordinaria del Regolamento comunitario. La Suprema Corte, intervenuta sulla questione, ha ribaltato completamente le decisioni dei Giudici di merito, sottolineandone gli errori.

Innanzitutto, ha chiarito che la tutela introdotta dagli artt. 5 e 7 del Regolamento CE n. 261/04 ha natura eccezionale, poiché prevede, in favore del passeggero, un ristoro di tipo indennitario, che viene erogato indipendentemente dalla prova della concerta esistenza di un danno e del relativo nesso causale fra quest'ultimo e la condotta del debitore.

Tale disciplina, proprio in ragione della sua eccezionalità, può essere utilizzata solo all'interno del ristretto ambito applicativo, delineato dall'art. 3 del detto regolamento, ovvero per i voli in partenza da un aeroporto di uno Stato membro o in partenza da un aeroporto situato in un paese terzo, ma con destinazione finale l'aeroporto di uno stato membro, se il vettore operativo appartiene ad un paese dell'Unione.

La disciplina risarcitoria tradizionale dell'ordinamento codicistico.

Al di fuori di tale ambito, invece, trova spazio la disciplina generale, delineata dall'art. 1223 c.c., che obbliga il debitore a risarcire solo quei danni che siano conseguenza diretta ed immediata del suo inadempimento e dall'art. 2697 c.c., che pone a carico del creditore l'onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa risarcitoria.

Alla luce di ciò, se è vero che il ritardo del volo aereo determina, senza dubbio alcuno, la lesione di un interesse rilevante, tutelato da contratto, che la Suprema Corte definisce come danno evento, è altrettanto vero che esso non implica di per sé l'esistenza di un pregiudizio risarcibile.

In caso di ritardo del volo, infatti, non si ha un inadempimento, perché la prestazione di trasporto viene effettivamente eseguita, ma piuttosto si ha un inesatto adempimento, per cui la lesione dell'interesse tutelato dal contratto si concretizza nel differimento temporale dell'esecuzione della prestazione, rispetto a quanto legittimamente atteso dal creditore.
Tale lesione rappresenta il danno evento, a cui, tuttavia, non corrisponde alcun pregiudizio economicamente apprezzabile e risarcibile, al di là delle sole utilità e dei vantaggi, estranei al contratto di trasporto, eventualmente compromessi dal ritardo, da intendersi come lucro cessante, nonché dei maggiori esborsi che si sono resi eventualmente necessari, ovvero il danno emergente. Non c'è posto, invece, per alcun ristoro di natura indennitaria.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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