Bonifico effettuato all'estero e imposta di donazione

Gabriele Mercanti
06 Maggio 2021

In tema di imposta sulle donazioni, l'atto di liberalità realizzato mediante bonifico bancario proveniente da un soggetto residente all'estero in favore di un beneficiario residente in Italia, è soggetto ad imposizione solo se il denaro, al momento della donazione, è presente nel territorio dello Stato italiano.
Massima

In tema di imposta sulle donazioni, l'atto di liberalità realizzato mediante bonifico bancario proveniente da un soggetto residente all'estero in favore di un beneficiario residente in Italia, è soggetto ad imposizione solo se il denaro, al momento della donazione, è presente nel territorio dello Stato italiano, ai sensi dell'art. 2, comma 2, d.lgs. n. 346 del 1990. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale aveva considerato esistente in Italia il denaro oggetto della donazione poiché il beneficiario era residente nel territorio nazionale ed ivi si era perfezionato il contratto con la ricezione delle somme).

Il caso

In occasione di verifiche reddituali, la competente Agenzia delle Entrate veniva a conoscenza del fatto che un cittadino statunitense residente in Italia aveva ricevuto dal proprio compagno cittadino australiano residente in Svizzera - cui era legato da una unione domestica regolarmente formalizzata in Svizzera disciplinata ai sensi della Legge Federale sull'Unione Domestica di coppie omosessuali (LUD) del 18 agosto 2004 - la somma di euro 50.000 mediante bonifico bancario con addebito su conto corrente in essere presso Istituto di Credito Svizzero ed accredito in Italia. A fronte di detta circostanza l'Ufficio emetteva avviso di liquidazione per omesso versamento dell'imposta di donazione con irrogazione delle correlate sanzioni previste dall'art. 54, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 , così come in toto richiamato dall'art. 60 del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni di cui al d. lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (c.d. T.U.S.), e qualificava la dazione di denaro de quo come atto di liberalità soggetto all'imposta di donazione con aliquota dell'8% asserendo l'irrilevanza per l'ordinamento italiano dell'unione tra due soggetti dello stesso sesso: detta operazione ermeneutica determinava delle implicazioni impositive indirette (a favore del fisco) dato che, diversamente, l'assimilazione del rapporto para-matrimoniale a quello coniugale avrebbe in re ipsa sterilizzato la debenza fiscale stante la franchigia di euro 1.000.000 prevista dall'art. 2, comma 49, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262 convertito con modifiche in Legge 24 novembre 2006, n. 286 per il caso di donazione tra coniugi (per completezza si noti che la vertenza risale ad un momento antecedente all'approvazione della Legge 20 maggio 2016, n. 76 il cui art. 1, comma, 20 ha parificato - salve alcune eccezioni che qui non rilevano - l'unione civile omosessuale al matrimonio). Il contribuente impugnava il prefato avviso con ricorso che la Commissione Tributaria Provinciale di Imperia, con sentenza C.t.p. Imperia n. 52/2014, respingeva; il successivo appello veniva, invece, parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Liguria che, con la sentenza C.t.r. n. 575/2016, che da un lato confermava che il denaro trasferito dovesse essere reputato esistente in Italia e - dunque - soggetto al prelievo indiretto dell'imposta di donazione, ma dall'altro assoggettava l'operazione all'imposta di donazione nella misura del 6% valevole per casi nei quali sussiste un rapporto di parentela fino al quarto grado. Elemento comune ad ambo le pronunce era l'asserita “presenza” degli euro 50.000 nel territorio Italiano perché ivi si sarebbe dovuto reputare perfezionato il trasferimento ancorchè l'ordine di pagamento fosse stato disposto per il tramite di banca estera.

Avverso detta sentenza il contribuente ricorreva in Cassazione fondando la propria doglianza su due motivi e precisamente:

  • con il primo denunciava il vizio di violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del T.U.S. in correlazione agli artt. 56 e 57, l. n. 218/1995 dato che - a suo dire -l'operazione in contestazione non avrebbe potuto in nessun caso essere regolata dalla legge italiana, poiché: utilizzando il criterio di collegamento di cui al cit. art. 56, stante la mancanza di una differente scelta da parte del donante, si sarebbe dovuta applicare la di lui legge nazionale (cioè quella australiana), mentre ove si fosse reputato preminente quello di cui al cit. art. 57 si sarebbe dovuta applicare la legge del luogo in cui avvenne la prestazione (cioè quella Elvetica);
  • con il secondo denunciava il vizio di violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 49, del d.l. n. 262/2006, convertito con modifiche in Legge 24 novembre 2006, n. 286 dato che - a suo dire - la regolamentazione da parte della legislazione Elvetica dell'unione omosessuale sarebbe stata tale da parificare, anche per quanto attiene alla determinazione delle franchigie previste per l'imposta di donazione, i componenti dell'unione stessa ai coniugi.
La questione

Per affrontare il caso è fondamentale la previa individuazione di quale sia la legislazione applicabile all'operazione posta in essere tra le parti, stanti sia i plurimi elementi di transnazionalità che la connotano sia la sua attuazione non contrattualizzata ma conclusa “di fatto” grazie alla strumentazione bancaria; inoltre, occorre armonizzare la vicenda con i principi di tassazione stabiliti dall'ordinamento italiano in tema di imposta di donazione che, non necessariamente, sia arrestano entro i confini nazionali.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, dopo una breve qualificazione della fattispecie in chiave di liberalità indiretta, conferma l'assunto dottrinale in base al quale la donazione caratterizzata da elementi di transnazionalità sia attratta dal Regolamento di Roma I, senza che ivi possa valere l'esenzione di cui all'art. 1, par. 2 lettera b) per le “obbligazioni derivanti dai rapporti di famiglia o dai rapporti che secondo la legge applicabile a tali rapporti hanno effetti comparabili” avallando il S.C. un'interpretazione restrittiva dell'eccezione de quo tale da non potervi includere l'unione domestica che legava le parti della donazione; al tempo stesso, però, l'art. 1, par. 1, del Regolamento di Roma I ne esclude l'applicabilità al profilo fiscale tornando così in gioco il principio di territorialità stabilito dall'art. 2 del T.U.S. elevato, come ribadito nella pronuncia in commento, a ”criterio risolutore attraverso cui regolare la potestà impositiva al di fuori dei confini nazionali, permettendo allo Stato di colpire la ricchezza prodotta all'interno dello stesso da un cittadino straniero”. Gli Ermellini, in particolare, aderiscono all'idea che la novella introduttiva di un nuovo comma 1-bis nel corpo dell'art. 55 del T.U.S. (in forza del quale “sono soggetti a registrazione in termine fisso anche gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all'estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato”) “non ha inteso derogare ai criteri di territorialità previsti, ai fini delle imposta sulle donazioni, dall'art. 2 del T.U.S.”: tale intervento, infatti, ha solamente colmato una lacuna legis stante la quale non erano soggetti a registrazione in termine fisso in Italia gli atti formati all'estero anche nel caso in cui il donante fosse stato residente nel territorio dello Stato. A questo punto resta da stabilire se il denaro trasferito si possa reputare, ai fini del comma 3 dell'art. 2 del T.U.S., come bene esistente nello stato Italiano: sul punto gli Ermellini fanno propria la posizione dell'Erario espressa con la Risposta Agenzia Entrate - Divisione Contribuenti n. 310 in data 24 luglio 2019 concludendo che “il denaro oggetto di donazione da parte di un cittadino residente in Svizzera, tramite bonifico bancario, benchè destinato ad un beneficiario residente in Italia, non si presume quale bene esistente nel territorio dello Stato, posto che il donante era residente all'estero e, comunque, prima dell'atto di disposizione il denaro si trovava depositato su conto bancario di un istituto svizzero”. Stante l'insussistenza dell'imprescindibile presupposto (impositivo) di territorialità, il ricorso del contribuente è stato accolto.

Osservazioni

Giova, preliminarmente notare come dai fatti di causa la natura liberale del trasferimento patrimoniale fosse incontestata: il punto è meno banale di quanto possa apparire, in quanto il bonifico bancario è un mero strumento tecnico di per sé inidoneo a connotare causalmente il rapporto sottostante tra ordinante e beneficiario (in tal senso: F.M. Pisani, Donazione mediante operazione bancaria di trasferimento titoli senza atto pubblico, in Giur. it., 2018, 5, 1086: “il trasferimento scaturente dall'operazione di bancogiro è destinato a rinvenire la propria giustificazione causale nel rapporto intercorrente tra l'ordinante-disponente e il beneficiario, dal quale dovrà desumersi se l'accreditamento, che è un atto neutro, è sorretto da una causa donandi”). Per individuare la legge applicabile alla vertenza occorre affidarsi alle norme di diritto internazionale privato di cui alla l. 31 maggio 1995, n. 218 in seno al quale è notoria, per quanto attiene all'area delle donazioni, la - perlomeno linguistica - frizione tra due regole: quella sancita dall'art. 56 in forza del quale le donazioni sono regolate dalla legge nazionale del donante al momento della donazione fatta salva la facoltà riconosciuta al donante di sottoporla con dichiarazione espressa e contestuale alla legge dello Stato di residenza e quella stabilita dall'art. 57 per cui “le obbligazioni contrattuali sono in ogni caso regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali”, tenendo - tuttavia - presente che l'art. 1, par. 2 lettera b), della citata Convenzione esclude che la stessa si applichi “alle obbligazioni contrattuali relative a: - testamenti e successioni, regimi matrimoniali, diritti e doveri derivanti dai rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, compresi gli obblighi alimentari a favore dei figli naturali”. Ecco che il punto di commistione dei due ambiti applicativi viene ad essere la natura contrattuale della donazione tale da poterla fare apparire come una sorta di Giano bifronte attratto da ambo i contrapposti poli dei citati artt. 56 e 57. In realtà, la dottrina ha tradizionalmente ridimensionato il conflitto asserendo che il regime ordinario valevole per le donazioni sia quello portato dal cit. art. 57, l. 31 maggio 1995, n. 218 in considerazione del fatto che l'art. 2 della medesima legge espressamente fa salva l'applicazione delle Convenzioni Internazionali (su tutti, T. Ballarino, Manuale di diritto internazionale privato, Padova, Cedam, 1999, 584: “le nuove norme di conflitto di diritto comune cedono di fronte a disposizioni confliggenti contenute in strumenti internazionali”).

Si noti, che detta conclusione interpretativa (cioè la prevalenza del meccanismo convenzionale discliplinante le obbligazioni contrattuali rispetto alla regola residuale della legge nazionale del donante) non viene messa in discussione dal fatto che la citata Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sia stata successivamente superata dal Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (c.d. Regolamento di Roma I), in quanto il cit. art. 57, l. 31 maggio 1995, n. 218 non “cristalizza” l'individuazione della normativa applicabile alle obbligazioni contrattuali alla sola Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, ma sancisce che detto rinvio debba avvenire “senza pregiudizio delle altre convenzioni internazionali”; inoltre, l'ult. comma dell'art. 13, l. 31 maggio 1995, n. 218 riafferma che quando il decreto stesso “dichiara in ogni caso applicabile una convenzione internazionale si segue sempre, in materia di rinvio, la soluzione adottata dalla convenzione”. Una volta sancita la prevalenza del Regolamento di Roma I è utile ricordare come questo - pur non trattando espressamente il caso delle donazioni - detti alcuni principi di interesse per il caso in esame e così: all'art. 1, par. 1, che esso non si applichi alle materie fiscali, doganali o amministrative; all'art. 1, par. 2 lettera b), che esso - in chiara continuità con l'art. 1, par. 2 lettera b), della più volte citata Convenzione di Roma - non si applichi “alle obbligazioni derivanti dai rapporti di famiglia o dai rapporti che secondo la legge applicabile a tali rapporti hanno effetti comparabili, comprese le obbligazioni alimentari; all'art. 2, che la Legge ivi designata si applichi anche ove non sia quella di uno Stato membro (c.d. principio di universalità); all'art. 3, che il contratto sia disciplinato dalla Legge scelta dalle parti; all'art. 4, comma 2, che in mancanza di scelta in ordine alla Legge applicabile il contratto sia “disciplinato dalla legge del paese nel quale la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto ha la residenza abituale”.

Ancorchè ancillare alla risoluzione della questione di cui sopra, merita una breve ricognizione anche l'individuazione dei presupposti per l'assoggettamento di qualsivoglia operazione all'imposta di donazione: norma cardine è costituita dall'art. 2 del T.U.S. che regola il c.d. principio di territorialità dell'imposta. Esso si struttura sui seguenti punti: l'imposta è dovuta, come regola generale, in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti ancorchè esistenti all'estero (comma 1); se, però, alla data della donazione il donante non era residente in Italia, l'imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti (comma 2); si considerano esistenti in Italia, senza possibilità di prova contraria, alcuni beni tra i quali “i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trattario o l'emittente è residente nello Stato” (comma 3, lettera e)). Il suddetto impianto non è stato scalfito dall'introduzione - per effetto dell'art. 69, comma 1, della l. 21 novembre 2000, n. 342 - di un nuovo comma 1-bis nel corpo dell'art. 55 del T.U.S. in forza del quale “sono soggetti a registrazione in termine fisso anche gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all'estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato” (salve le facoltà di detrarre le imposte pagate all'estero in dipendenza della stessa donazione ed in relazione ai beni ivi esistenti e di applicare convenzioni internazionali contrarie alla doppie imposizioni): è, infatti, da ritenere che la novella abbia semplicemente chiarito come la formazione dell'atto all'estero non esima di per sé la fattispecie dall'assolvimento degli obblighi fiscali, senza che sia autorizzata una sua lettura in deroga al principio di territorialità stabilito dal cit. art. 2 del T.U.S. (su tutti il Consiglio Nazionale del Notariato con lo Studio n. 194-2009/T, I criteri di collegamento territoriale nell'imposta sulle successioni e donazioni, 11: “l'affermazione che il legislatore avrebbe adottato un criterio soggettivo di territorialità fondato sulla residenza del beneficiario per tutte le applicazioni dell'imposta, oltre a non trovare un sicuro ed esplicito riscontro normativo potrebbe ingenerare incertezze applicative perché mal si concilia con il criterio, invalso nella maggior parte degli Stati, di delimitazione dell'ambito applicativo del tributo in ragione della residenza del dante causa”; Consulenza Giuridica N. 904-3/2015, rilasciata all'Agenzia delle Entrata della Lombardia: “la disposizione recata dal comma 1-bis dell'articolo 55 del T.U.S., tuttavia, non ha inteso derogare ai criteri di territorialità previsti, ai fini dell'imposta sulle donazioni, dall'articolo 2 del T.U.S”; in dottrina anche A Carinci, Profili transnazionali della imposizione fiscale sulle liberalità indirette, in La riforma del c.d. terzo settore e l'imposizione fiscale delle liberalità indiretta. Atti del convegno, Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato, 2017; V. Mastroiacovo, Beni immobili pervenuti per successione o donazione, in Corr. trib., 2007, 1866).

Premesso, infine, che la natura diretta o indiretta della donazione sia tendenzialmente neutra rispetto al prelievo indiretto (il punto è indiscusso: su tutte, Circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008, dell'Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso) e che sia irrilevante la sua formalizzazione per atto notarile (Cass., Sez. V, 3 dicembre 2020, n. 27665, in pluris; Comm. trib. regionale Piemonte, Sez. IV, 10 ottobre 2019, n. 1066, in Fisco, 2019; Cass., Sez. V, 18 gennaio 2012, n. 634, in CED Cassazione, 2012) decisorio è, allora, stabilire dove il denaro transitante da un conto corrente all'altro sia, ai fini impositivi, reputato esistente dato che: se lo si consideri collocato presso la banca dell'ordinante residente all'estero, il trasferimento sarà privo dell'imprescindibile territorialità; se, invece, lo si ritenga collocato al momento dell'accredito presso la banca italiana del beneficiario, sarà fatalmente soggetto al prelievo. Tenuto conto della natura di negozio giuridico unilaterale del bonifico (Cass., Sez. I, 3 gennaio 2017, n. 25, in CED Cassazione, 2017; Cass., Sez. I, 19 settembre 2008, n. 23864, in Notariato, 2009, 1, 11; Cass., Sez. III, 1 dicembre 2004, n. 22596, in CED Cassazione, 2004; seppur incidenter tantum così si è espressa anche la Sentenza in commento) è del tutto legittimo sostenere che il denaro oggetto della donazione sia fisicamente individuabile nel luogo di “partenza” e non certo in quello di “arrivo”: sul punto l'Agenzia delle Entrate aveva già sostenuto che il caso in esame fosse fondamentalmente assimilabile al trasferimento di denaro effettuato a mezzo di assegno e, dunque, escluso dall'alveo impositivo ove l'emittente (leggasi: il donante) non fosse residente in Italia (Risposta Agenzia Entrate – Divisione Contribuenti n. 310 in data 24 luglio 2019).

Il caso affrontato dalla Suprema Corte presenta un elevato interesse concettuale, in quanto in esso confluiscono temi nei quali il sistema normativo deve fare i conti con la dinamicità della evoluzioni sociali: rapporti familiari che esulano dalla nozione tradizionale di matrimonio, commistioni di cittadinanze e collegamenti territoriali transnazionali e moderne tecnicalità del trasferimento della ricchezza sono temi in cui quotidianamente l'operatore giuridico è chiamato a rapportarsi. Dal punto di vista logico-ermeneutico la Sentenza in commento, a parere di chi scrive, è di una linearità inconfutabile come pure ne è obbligato il punto di approdo: sostenere che sia “presente” in Italia una somma di denaro giacente al momento del suo trasferimento su un conto corrente aperto in Svizzera per il solo fatto che la medesima sia stata successivamente trasferita nel Bel Paese è, palesemente, un artificio sorretto da una finalità ictu oculi di comodo. Un solo ulteriore spunto di riflessione che dalla sentenza in commento pare non essere del tutto (volutamente?) emerso: il trasferimento di denaro è stato validamente effettuato in base alla legislazione elvetica (regolatrice della fattispecie in base all'art. 4, comma 2, del Regolamento di Roma I)? Il dubbio, ancorchè non costituisse oggetto del petitum, non appare del tutto peregrino perché per quanto attiene alla legislazione italiana è stata recentemente ribadita la nullità della donazione a mezzo bonifico senza il ministero notarile (Cassazione, S.U., 27 luglio 2017, n. 18725, in Giur. it., 2018, 2, 304): senza pretesa di esaustività, l'art. 241 Della Legge Federale di complemento del Codice civile svizzero sancisce la regola generale, valevole nel caso di specie, in base alla quale la donazione manuale si compie mediante la consegna della cosa dal donante al donatario di modo che l'accredito del bonifico ben potrebbe integrarne gli estremi.

Riferimenti

G. Baschetti, F. Pari, Non derogabilità dei principi di territorialità e residenza del donante, in iltributario.it, 22 novembre 2016;

M. L. Mattia, Le donazioni effettuate all'estero, in Gli atti provenienti dall'estero. Atti del convegno, Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato, 2007;

G. Mercanti, La donazione di denaro esiste ancora? Spunti di riflessione tra teoria e prassi, in Vita Not., 2020, 3, 1597;

S. Ghinassi, La tassazione delle donazioni estere, in Riv. dir. trib., supplemento on line 16 settembre 2019.

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