Responsabilità dell'amministratore di condominio per la morte dell'operaio addetto alla pulizia dell'ascensore

07 Maggio 2021

La questione sottoposta alla Suprema Corte concerne la qualificazione dell'amministratore di condominio quale committente con riferimento al contratto di affidamento di lavori da eseguirsi nell'interesse del condominio fuori dai casi di necessità e urgenza di cui all'art. 1130 c.c., norma che investe l'amministratore del potere di eliminare una pregressa condizione di pericolosità per l'incolumità pubblica, qualora il contratto di appalto sia stato conferito con deliberazione direttamente dall'assemblea e la ditta sia stata selezionata dall'assemblea dei condomini, oppure nell'ipotesi in cui egli abbia agito in esecuzione di una delibera assembleare, e non di propria iniziativa.
Massima

In caso di infortunio ai danni di lavoratore, avvenuto in area condominiale durante l'esecuzione di opere straordinarie di pulizia del vano ascensore, né urgenti né necessarie, deliberate direttamente dall'assemblea che ha selezionato la ditta appaltatrice, l'amministratore non assume la qualità di appaltatore (e, quindi, la conseguente posizione di garanzia che lo obbliga alla verifica della idoneità tecnico-professionale della ditta e alla verifica del corretto adempimento dei doveri di informazione sui rischi connessi ai lavoratori), salvo che la medesima delibera assembleare gli abbia conferito specifici poteri decisionali sia in merito alla valutazione dell'idoneità tecnico-professionale della ditta che poteri di autonoma azione e durante l'esecuzione delle opere.

Il caso

I giudici di merito, di prima e seconda istanza, condannano per il reato di omicidio colposo l'amministratore di condominio nella qualità di committente di lavori straordinari di pulizia delle grate del vano ascensore, per la morte dell'operario addetto alla pulizia, causata dall'imprevisto azionamento della cabina dell'ascensore da parte di un ignaro condomino proprio mentre l'operaio si era sporto all'interno dell'area di scorrimento dell'ascensore. L'azionamento dell'elevatore, che non era stato previamente disattivato, ne aveva causato il trascinamento e la morte.

Avverso la sentenza di condanna, ricorre per cassazione l'imputato, il quale lamenta violazione di legge e vizio della motivazione. In particolare, il ricorrente, amministratore del condominio ove si sono svolte le operazioni di pulizia e la morte del dipendente dell'impresa di pulizie, nega di essere titolare della posizione di garanzia connessa all'assunzione della qualifica di committente, che lo obbligava ad impedire l'evento. L'amministratore rileva, infatti, di non essere stato presente alle operazioni di pulizia, né di avere avuto modo di verificare l'idoneità tecnica dell'impresa di pulizie rispetto ai rischi specifici connessi alle operazioni straordinarie di pulizia interna e esterna del vano di scorrimento dell'ascensore, né di avere il potere-dovere di verificare il rispetto di misure cautelari che che avrebbero imposto la previa disattivazione totale dell'elevatore, o quanto meno il blocco del sistema di chiamate, o altra misura idonea a prevenire l'impatto.

Inoltre, l'amministratore del condominio assume che, eventualmente, la responsabilità per l'evento morte starebbe a carico di tutti i condomini, veri committenti delle opere, posto che la pulitura straordinaria delle grate di contenimento dell'ascensore nonché la stessa ditta di pulizie erano stati decisi, scelti e deliberati dall'assemblea, senza che residuasse in capo all'amministratore alcun margine di discrezionalità in ordine alla loro esecuzione. Pertanto, non sarebbe stato compito dell'amministratore quello di valutare la idoneità tecnico-professionale della ditta incaricata, scelta dall'assemblea, né di avere deciso, in autonomia e di propria iniziativa, la realizzazione di opere straordinarie di pulizia delle grate entro cui scorre la cabina dell'ascensore. In sostanza, l'amministratore rifiuta di aver assunto la posizione di garanzia connessa all'appalto di opere, responsabilità che residuerebbe esclusivamente in capo all'assemblea committente e in capo al datore di lavoro dell'operaio. Il titolare dell'impresa sarebbe quindi l'unico ad avere l'obbligo di impartire le necessarie istruzioni ai dipendenti, informandoli dei rischi cui sono esposti, di verificarne l'esatta osservanza, di intraprendere tutte le misure di sicurezza necessarie per scongiurare un danni alla salute alla vita del lavoratore. Solo il datore di lavoro avrebbe dovuto sincerarsi che il sistema di azionamento dell'ascensore fosse stato disattivato durante le operazioni di pulizia svolte all'interno del vano.

La questione

La questione sottoposta alla Suprema Corte concerne la qualificazione dell'amministratore di condominio quale committente con riferimento al contratto di affidamento di lavori da eseguirsi nell'interesse del condominio. Dall'assunzione di tale posizione discende, infatti, l'obbligo di effettuare una valutazione in ordine alla idoneità tecnico-professionale della ditta appaltatrice ad effettuare i lavori appaltati, comprensiva anche della mappatura dei rischi connessi con la lavorazione, rischi di cui debbono essere informati i lavoratori, e dell'eventuale coordinamento tra loro.

In particolare, si pone la questione se all'amministratore committente delle opere si possa contestare di aver conferito l'incarico senza aver previamente verificato l'idoneità e competenza tecnico-professionale della ditta incaricata e delle attrezzature di lavoro utilizzate (culpa in eligendo), in violazione dell'art. 90, comma 9, lett. a) e dell'allegato XVII del d.lgs. n. 81/2008, non solo qualora l'amministratore agisca in autonomia e in caso di emergenza, in virtù dei suoi poteri di cui all'art. 1130 c.c., ma anche qualora, fuori dai casi di necessità e urgenza, il contratto di appalto sia stato conferito con deliberazione direttamente dall'assemblea e la ditta sia stata selezionata dall'assemblea dei condomini.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nel dichiarare la fondatezza del ricorso, annulla la sentenza di condanna, posto che il giudice a quo avrebbe dovuto analizzare la questione inerente alla ravvisabilità o meno di poteri di autonoma azione e poteri decisionali in capo all'amministratore di condominio eventualmente conferiti dall'assemblea, sì da chiarire se e in che misura egli sarebbe stato investito dei compito di presenziare le operazioni di pulizia, se avrebbe dovuto verificare il previo blocco dell'ascensore, se avrebbe dovuto verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa, se avesse dovuto verificare la corretta valutazione dei rischi da parte di questa e una chiara comunicazione delle misure di precauzione ai dipendenti.

Tutti aspetti inerenti al fatto che non sono stati adeguatamente verificati, salvo l'unico - ossia che l'assemblea aveva deliberato la sostituzione della ditta addetta alla manutenzione dell'ascensore con altra ditta - senza tuttavia specificare se la nuova impresa fosse stata selezionata e individuata dall'amministratore su sua iniziativa e, poi, deliberata dall'assemblea o suggerita direttamente da uno o più condomini.

Non risulta - in poche parole - chiara l'estensione della posizione di garanzia dell'amministratore di condominio nell'ipotesi in cui egli non abbia agito di propria iniziativa, ex art. 1130 c.c., allo scopo di eliminare una pregressa ed incombente condizione di pericolosità.

Osservazioni

Nell'àmbito dell'esecuzione di opere o di lavoro sull'immobile comune, l'amministratore di condominio riveste una “doppia posizione di garanzia”: da un lato, nelle vesti di amministratore, ex art. 1130 c.c., dall'altro, nelle vesti di committente delle opere o di datore di lavoro ex art. 2087 c.c., in relazione alla violazione delle norme del codice penale e delle norme speciali previste dal d.lgs. n. 81/2008.

Costituisce giurisprudenza consolidata che l'amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell'interesse del condominio, assume, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la posizione di “committente” ai sensi dell'art. 89 del d.lgs. n.81/2008. L'amministratore, nella qualità di committente di opere, è tenuto all'osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico-professionale della impresa appaltatrice, di informazione sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione, nonché l'idoneità tecnico-professionale dei lavoratori prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati.

Tanto premesso, la soluzione del caso de quo richiede una analisi dei poteri e doveri dell'amministratore di condominio nei suoi rapporti con le decisioni assunte dall'assemblea.

Si assume pacificamente che l'amministratore di condominio detenga una posizione di garanzia ope legische discende dal potereattribuitogli dalle norme civilistiche di compiere atti di manutenzione e gestione delle cose comuni e di compiere atti di amministrazione straordinaria anche in assenza di deliberazioni della assemblea (art. 1130,ultimo comma, c.c.). Tale norma incardina a carico dell'amministratore uno specifico obbligo di vigilanza, di controllo e di manutenzione delle cose comuni da cui scaturisce la responsabilità penale per non aver impedito l'evento lesivo ex art. 40, comma 2, c.p.

La responsabilità penale dell'amministratore di condominio trae origine dalla violazione dell'obbligo di compiere tutti gli atti idonei ad evitare l'evento pericoloso o dannoso che la norma giuridica intende prevenire, ovvero la tutela dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio. “L'amministratore del condominio riveste una specifica posizione di garanzia, ex art. 40, comma 2, c.p., in virtù del quale su costui ricade l'obbligo di rimuovere ogni situazione di pericolo che discenda dalla rovina di parti comuni, attraverso atti di manutenzione ordinaria e straordinaria, predisponendo, nei tempi necessari alla loro concreta realizzazione, le cautele più idonee a prevenire la specifica situazione di pericolo” (così Cass. pen., sez. IV, 23 ottobre 2015, n.46385).

L'obbligo di attivarsi non è subordinato alla preventiva deliberazione assembleare ovvero ad apposita segnalazione di pericolo tale da rendere opportuno, se non necessario, un intervento di urgenza. L'amministratore è, infatti, titolare ope legis - salvo diverse disposizioni statutarie o regolamentari - non solo del dovere di erogazione delle spese attinenti alla manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1130, nn. 3) e 4) c.c., ma anche del potere di “ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente”, con l'obbligo di “riferirne nella prima assemblea dei condomini”, ai sensi dell'art. 1135, comma 2, c.c.

In sintesi: l'amministratore di condominio è penalmente responsabile dei danni e delle lesioni subite da condomini e da terzi per l'omessa manutenzione delle parti comuni, indipendentemente dal fatto che l'assemblea abbia o meno deliberato sul punto, ma solo qualora le opere rivestano carattere di urgenza e qualora dalla loro mancata esecuzione possa derivare un pericolo per l'incolumità pubblica.

Diversamente, qualora non vi sia una situazione di pericolo preesistente e da scongiurare, presupposto fattuale dei poteri speciali dell'amministratore ex art. 1130, ultimo comma, c.c., ma al contrario vi sia stata la deliberazione diretta da parte dell'assemblea condominiale di opere straordinarie ma non necessarie ed urgenti, da cui è derivato un pericolo per la vita di terzi, se non vi è stato una specifico conferimento di poteri.

Ragion per cui, fuori dalle ipotesi di urgenza e pericolo per l'incolumità, l‘amministratore del condominio assume la posizione di garanzia solo a seguito di specifico conferimento di poteri e doveri di supervisione e intervento conferiti dall'assemblea che ha deliberato l'esecuzione dei lavori e individuato la ditta appaltatrice. Egli quindi non avrebbe dovuto verificare l'idoneità tecnico-professionale della ditta incaricata dall'assemblea, né essere presente durante le operazioni di pulizia, né verificare il blocco dell'ascensore mentre l'operario era materialmente dentro il vano di scorrimento dello stesso, senza uno specifico conferimento da parte dell'assemblea (vista la pericolosità delle opere) della posizione di responsabile dei lavori, figura del tutto facoltativa, che lo avrebbe obbligato a prevenire la situazione di pericolo per il lavoratore.

Riferimenti

Blaiotta, Diritto penale e sicurezza del lavoro, Torino, 2020.

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