Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare

07 Marzo 2025

La ricerca con modalità telematiche di beni da pignorare, disciplinata dall'art. 492-bis c.p.c. (introdotto dal d.l. n. 132/2014, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 162/2014 e modificato dapprima dal d.lgs. n. 149/2022 e, da ultimo, dal d.lgs. n. 164/2024), costituisce uno degli strumenti apprestati dal legislatore per rafforzare la tutela del creditore in sede esecutiva, essendo diretto, attraverso l'interrogazione di banche dati altrimenti non accessibili, l'individuazione di beni e crediti del debitore da assoggettare a espropriazione forzata.

Inquadramento

Il d.l. n. 132/2014, convertito, con modificazioni, in l. n. 162/2014, ha introdotto nel codice di procedura civile l'art. 492-bis, disciplinante la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, in modo tale da rafforzare la tutela del creditore in sede esecutiva.

La norma (al pari, per esempio, dell'art. 1284 c.c. sul saggio degli interessi e dell'art. 2929-bis c.c. sull'espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito) contribuisce a fornire al creditore strumenti idonei a porre rimedio alle situazioni patologiche che consentono al debitore (capiente) di avvantaggiarsi delle inefficienze dell'ordinamento giuridico e del processo in particolare.

Infatti, se il nuovo comma 4 dell'art. 1284 c.c., innalzando significativamente il tasso legale di interesse a partire dal momento in cui è stata proposta una domanda giudiziale, disincentiva forme di resistenza in giudizio di carattere puramente dilatorio, mentre l'art. 2929-bis c.c. mira a consentire di aggredire esecutivamente un bene, oggetto di un atto di disposizione a titolo gratuito, senza dovere preventivamente esperire un'azione revocatoria e attendere il passaggio in giudicato della sentenza che ha dichiarato l'inefficacia dell'atto, così l'art. 492-bis c.p.c. ha l'obiettivo di ridurre l'asimmetria informativa tra creditore e debitore circa la consistenza patrimoniale di quest'ultimo.

Nell'analizzare i presupposti di operatività della disposizione, le modalità di accesso alle banche dati e di esecuzione del pignoramento, nonché l'utilizzabilità dello strumento in ambiti diversi dall'espropriazione forzata, occorrerà tenere conto delle innovazioni introdotte dapprima dal d.lgs. n. 149/2022 e, da ultimo, dal d.lgs. n. 164/2024, tenendo conto che la disciplina di riferimento è completata dagli artt. 155-bis, 155-ter, 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies disp. att. c.p.c., che molta importanza hanno avuto nella prima fase di applicazione dell'istituto.

La conoscibilità del patrimonio del debitore

Prima dell'entrata in vigore dell'art. 492-bis c.p.c., gli unici strumenti a disposizione del creditore per conoscere, prima dell'inizio dell'espropriazione forzata, beni del debitore da assoggettare ad espropriazione forzata, onde rendere effettiva la previsione dell'art. 2740 c.c. (secondo cui il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri), erano rappresentati:

  • dall'accesso alle banche dati liberamente consultabili da chiunque (per esempio, i registri immobiliari, il pubblico registro automobilistico, il registro delle imprese);
  • dall'accesso ai documenti amministrativi previsto dall'art. 22, l. n. 241/1990;
  • dall'art. 21 disp. att. c.p.p., nella parte in cui dispone che all'imputato, in occasione del primo atto cui è presente, va chiesto se ha beni patrimoniali e quali siano le sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale;
  • dall'ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari (OESC) prevista dal Reg. (UE) n. 655/2014.

Con il d.l. n. 35/2005, convertito, con modificazioni, in l. n. 80/2005, inoltre, erano state introdotte nell'art. 492 c.p.c. tre importanti disposizioni per la ricerca di cose da pignorare che, rispettivamente, prevedevano:

  • in primo luogo che, quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento fossero apparsi insufficienti, ovvero per essi fosse apparsa manifesta la lunga durata della liquidazione, il debitore, su invito dell'ufficiale giudiziario, dovesse dichiarare la consistenza del proprio patrimonio, indicando ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi ove si trovavano o le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l'omessa o falsa dichiarazione;
  • in secondo luogo, che l'ufficiale giudiziario, su richiesta del creditore procedente, potesse rivolgere richiesta ai soggetti gestori dell'anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche;
  • in terzo luogo, che, nel caso in cui il debitore fosse stato un imprenditore commerciale, l'ufficiale giudiziario, previa istanza del creditore procedente e con spese a carico di questi, invitasse il debitore a indicare il luogo ove erano tenute le scritture contabili e nominasse un commercialista o un avvocato o un notaio iscritto nell'elenco di cui all'art. 179-ter disp. att. c.p.c. per il loro esame, al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili.

Queste modalità di ricerca dei beni, tuttavia, erano subordinate alla constatazione che i beni assoggettati a pignoramento apparissero insufficienti, ovvero per essi apparisse manifesta la lunga durata della liquidazione.

Era necessario, quindi, che fosse stata chiesta l'esecuzione di un pignoramento e che esso fosse risultato negativo, non essendo sufficiente la redazione di un verbale di pignoramento qualificato semplicemente come «mancato» perché l'ufficiale giudiziario non era stato in grado di accedere al domicilio del debitore, avendolo rinvenuto chiuso, essendo in questo caso mancata una ricerca effettiva dei beni e delle cose appartenenti a quest'ultimo nell'ambito del suo domicilio.

L'art. 492-bis c.p.c. e la richiesta di ricerca di beni con modalità telematiche

A fronte di tale quadro normativo, il legislatore, nel 2014, ha ritenuto opportuno modificare profondamente le modalità di ricerca telematica dei beni da pignorare, abrogando il comma 7 dell'art. 492 c.p.c. (a mente del quale, ove il pignoramento fosse stato negativo o anche solo inidoneo a garantire la soddisfazione del creditore pignorante e dei creditori intervenuti, l'ufficiale giudiziario, su richiesta del creditore procedente, poteva ricercare beni da sottoporre a esecuzione rivolgendo specifica richiesta ai gestori dell'anagrafe tributaria o di altre banche dati pubbliche) e introducendo una norma ad hoc: l'art. 492-bis c.p.c., rubricato «Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare».

Legittimazione e modalità di presentazione della richiesta

Legittimato alla richiesta è il creditore (non necessariamente procedente) munito di titolo esecutivo, che abbia già provveduto a notificare il precetto (il quale, al momento della richiesta, non dovrà essere perento per decorso del termine di novanta giorni dalla sua notificazione).

Prima delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 149/2022 il creditore, per formulare richiesta di ricerca di beni con modalità telematiche, doveva proporre istanza al presidente del Tribunale del luogo in cui il debitore aveva la residenza, il domicilio, la dimora o la sede affinché, verificata la sussistenza del diritto di procedere a esecuzione forzata e delle condizioni previste dall'art. 492-bis c.p.c., autorizzasse la ricerca: tale verifica si sostanziava nel controllo della disponibilità, in capo al creditore istante, di un valido ed efficace titolo esecutivo, dell'avvenuta notifica tanto di questo (ai sensi dell'art. 479 c.p.c., fatta eccezione per i casi nei quali tale notifica non è necessaria, per esempio quando il titolo esecutivo è rappresentato da un contratto di mutuo fondiario, giusta quanto stabilito dall'art. 41, d.lgs. n. 385/1993), quanto dell'atto di precetto al debitore e del decorso del termine dilatorio di dieci giorni previsto dall'art. 482 c.p.c.

Il d.lgs. n. 149/2022 non ha eliminato questo controllo preventivo, ma lo ha demandato direttamente all'ufficiale giudiziario, trattandosi delle medesime verifiche – di carattere puramente formale – che egli deve svolgere prima di procedere al pignoramento; in questo modo, è stato deflazionato il carico di lavoro dei Tribunali, considerato il numero assai elevato di istanze autorizzative che venivano presentate ai sensi dell'art. 492-bis c.p.c.

Per questo motivo, all'istanza dovranno essere allegati il titolo esecutivo e il precetto notificati (eventualmente in copia munita di attestazione di conformità all'originale, qualora, per esempio, la notifica sia stata effettuata a mezzo del servizio postale, mentre l'istanza venga trasmessa all'ufficiale giudiziario a mezzo posta elettronica certificata, com'è ora consentito).

Il controllo demandato all'ufficiale giudiziario, peraltro, è da considerarsi circoscritto alla sussistenza formale di un titolo esecutivo, quantomeno se di formazione giudiziale: infatti, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza, sia pure con riguardo al sistema delineato prima dell'abrogazione della formula esecutiva, allorquando gli venga esibito un provvedimento giudiziario riconducibile al novero di quelli considerati dalla legge idonei a fondare l'esecuzione forzata (ossia rientrante nel catalogo contenuto nell'art. 474 c.p.c.), l'ufficiale giudiziario non è tenuto a esercitare alcun controllo in ordine al suo contenuto sostanziale, né può effettuarlo, ma deve limitarsi a una verifica di carattere strettamente formale, attinente alla ricorrenza di un titolo esecutivo inteso quale atto spedito in forma esecutiva, ovvero munito della formula esecutiva, sicché è illegittimo il rifiuto opposto all'esecuzione del pignoramento per asserita carenza di un valido titolo esecutivo (Cass. civ., sez. III, 23 maggio 2024, n. 14478).

L'autorizzazione del presidente del Tribunale

L'autorizzazione del presidente del Tribunale non è, peraltro, scomparsa del tutto: anche a seguito della riforma operata con il d.lgs. n. 149/2022, infatti, è necessario conseguirla quando il creditore intenda chiedere l'esecuzione delle ricerche telematiche prima di avere notificato il precetto o prima che sia scaduto il termine dilatorio di cui all'art. 482 c.p.c., giacché, in questi casi, occorre verificare la ricorrenza dell'ulteriore requisito dell'urgenza, ravvisabile quando il creditore alleghi il timore che il debitore, nel mentre, possa sottrarre od occultare beni o incassare crediti utilmente pignorabili.

A seguito della presentazione dell'istanza, il presidente del Tribunale, ovvero un giudice da lui delegato, riscontrata la sussistenza delle condizioni prescritte dall'art. 492-bis c.p.c., autorizzerà la ricerca anticipata con modalità telematiche dei beni da pignorare.

Il provvedimento di autorizzazione avrà per oggetto la verifica del diritto della parte istante di procedere a esecuzione forzata (oltre che del requisito dell'urgenza) e non potrà mai interferire con l'eventuale successivo giudizio di opposizione all'esecuzione promosso dal debitore esecutato che eventualmente contesti quel diritto, dal momento che il provvedimento di autorizzazione, emesso all'esito di un procedimento inaudita altera parte, non è idoneo al giudicato sostanziale, risolvendosi in una mera autorizzazione procedimentale resa in sede di volontaria giurisdizione.

Per quanto concerne i mezzi a disposizione del creditore avverso l'eventuale provvedimento negativo, sono stati prospettati:

  • la riproposizione dell'istanza;
  • il reclamo ex art. 739 c.p.c.;
  • l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (che, tuttavia, è consentita solo avverso il precetto e gli atti compiuti all'interno del processo esecutivo, che non è ancora iniziato quando il presidente del Tribunale emette il provvedimento di diniego dell'autorizzazione);
  • il ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost. (sebbene sia difficile riscontrare le caratteristiche di decisorietà e definitività del provvedimento ricorribile, così come interpretate dalla giurisprudenza di legittimità, trattandosi di provvedimento reso in assenza della preventiva instaurazione del contraddittorio e al di fuori di un processo di cognizione o di un altro procedimento giurisdizionale destinato a concludersi con una decisione opponibile erga omnes).

Poiché non è prevista alcuna comunicazione al debitore del provvedimento del presidente del Tribunale che abbia accolto l'istanza del creditore, non ne è invece prospettabile l'impugnazione da parte sua, fatta salva la possibilità di proporre le opposizioni ex artt. 615 e 617 c.p.c. avverso gli atti di esecuzione successivamente compiuti e quelli agli stessi propedeutici.

Contenuto dell'istanza

La proposizione dell'istanza, sia quando è rivolta direttamente all'ufficiale giudiziario, sia quando risulti, invece, indirizzata al presidente del Tribunale, sconta il pagamento del contributo unificato nella misura fissa di € 43,00, mentre non è necessario versare le anticipazioni forfettarie (nella misura di € 27,00) ai sensi dell'art. 30, d.P.R. n. 115/2002.

L'istanza deve contenere anche l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica ordinaria del difensore e, ai fini dell'art. 547 c.p.c., dell'indirizzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

La disposizione da ultimo menzionata, contenuta nell'art. 492-bis, comma 1, c.p.c. e rimasta immutata anche a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2024, appare piuttosto anacronistica e non perfettamente coordinata con le altre norme che disciplinano l'espropriazione mobiliare presso terzi:

  • dal primo punto di vista, l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica ordinaria del difensore del creditore poteva avere un senso per consentire un canale di comunicazione con gli ufficiali giudiziari quando questi non avevano la possibilità di avvalersi del servizio di posta elettronica certificata. Tuttavia, ora che sono entrate a regime le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata anche per l'ufficiale giudiziario (si veda l'art. 149-bis c.p.c.), non si vede la ragione per cui occorra ancora fare riferimento alla posta elettronica ordinaria, mentre è definitivamente scomparso il riferimento al numero di fax (che, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 164/2024, è stato eliminato pure dall'art. 125 c.p.c., in cui era invece rimasto anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 149/2022);
  • dal secondo punto di vista, l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata ai fini dell'art. 547 c.p.c., ossia per consentire all'ufficiale giudiziario che esegua il pignoramento all'esito delle ricerche di rendere noto ai terzi dove inviare la dichiarazione di quantità, non tiene conto del fatto che, a termini dell'ultimo comma dell'art. 543 c.p.c., non è l'ufficiale giudiziario a rivolgere l'apposito invito, bensì il giudice dell'esecuzione, con il decreto che fissa l'udienza per la comparizione del debitore e del creditore a seguito dell'istanza di assegnazione depositata da quest'ultimo dopo avere iscritto a ruolo il pignoramento.

Fermo restando ciò, il fatto che l'art. 492-bis c.p.c. continui a prescrivere l'indicazione dei recapiti del difensore lascia intendere che l'istanza, anche quando rivolta direttamente all'ufficiale giudiziario, anziché al presidente del Tribunale, dev'essere presentata con il ministero di un avvocato, confermandosi così l'interpretazione che era andata consolidandosi fin dall'introduzione della disposizione.

Quando l'istanza venga rivolta all'ufficiale giudiziario prima del decorso del termine dilatorio di cui all'art. 482 c.p.c., andrà accompagnata anche dal provvedimento autorizzativo rilasciato dal presidente del Tribunale.

La sospensione del termine di efficacia del precetto

La presentazione dell'istanza di beni con modalità telematiche produce un effetto sospensivo del termine di efficacia del precetto: l'art. 492-bis, comma 3 c.p.c. (aggiunto dal d.lgs. n. 149/2022), infatti, stabilisce che detto termine rimane sospeso, a fare data dalla proposizione dell'istanza all'ufficiale giudiziario o al presidente del Tribunale (evidentemente nel solo caso in cui venga chiesta l'autorizzazione a effettuare la ricerca quando il precetto è stato notificato ma non sono ancora decorsi dieci giorni), fino a quando:

  • l'ufficiale giudiziario ha comunicato di non aver eseguito le ricerche per mancanza dei presupposti;
  • l'ufficiale giudiziario ha comunicato il verbale recante l'esito delle ricerche condotte;
  • il presidente del tribunale ha rigettato l'istanza di autorizzazione.

Va precisato che, trattandosi di mera sospensione del decorso del termine di novanta giorni di cui all'art. 481 c.p.c., esso non viene interrotto, sicché, una volta maturate le condizioni previste dal comma 3 dell'art. 492-bis c.p.c., esso riprende a decorrere, saldandosi al periodo trascorso tra il perfezionamento della notifica al debitore fino alla presentazione dell'istanza all'ufficiale giudiziario o al presidente del Tribunale, che andrà dunque tenuto in considerazione per verificare se il pignoramento sia stato eseguito o meno tempestivamente.

Proprio per questo motivo, il creditore è stato onerato di due nuovi adempimenti:

  • da un lato, in virtù di quanto prescritto dal nuovo comma 7 dell'art. 492 c.p.c., nell'atto di pignoramento andranno indicate la data di deposito dell'istanza di ricerca telematica dei beni, l'autorizzazione del presidente del tribunale, quando è prevista, o il provvedimento di rigetto dell'istanza, nonché la data della comunicazione con cui l'ufficiale giudiziario ha trasmesso il verbale delle ricerche condotte o ha dichiarato che non ha potuto effettuarle per mancanza dei presupposti (analoga indicazione andrà inserita anche nel verbale di pignoramento mobiliare redatto dall'ufficiale giudiziario, non essendovi, a differenza di quanto avviene nelle altre forme di espropriazione forzata, un precedente atto del creditore che la possa ospitare);
  • dall'altro lato, in forza di quanto stabilito dal nuovo ultimo comma dell'art. 492-bis c.p.c., all'atto dell'iscrizione a ruolo del pignoramento e a pena di inefficacia dello stesso, andranno depositati, unitamente al titolo esecutivo e al precetto, anche l'istanza di ricerca dei beni con modalità telematiche, l'autorizzazione del presidente del Tribunale, quando è prevista, o il provvedimento di rigetto dell'istanza, nonché la comunicazione dell'ufficiale giudiziario con cui ha trasmesso il verbale delle ricerche condotte o ha dichiarato che non ha potuto effettuarle per mancanza dei presupposti.

L'art. 492-bis c.p.c. e l'esecuzione delle ricerche di beni con modalità telematiche

Una volta conclusa positivamente la verifica del diritto di procedere a esecuzione forzata o conseguita l'autorizzazione del presidente del Tribunale – nel caso in cui non sia ancora stato notificato il precetto o non sia ancora decorso il termine dilatorio di cui all'art. 482 c.p.c. – e senza alcuna necessità che il creditore abbia previamente tentato un pignoramento, ovvero che il pignoramento eseguito sia risultato in tutto o in parte infruttuoso, l'ufficiale giudiziario procede all'esecuzione delle indagini previste dall'art. 492-bis c.p.c.

L'accesso diretto alle banche dati del creditore

Va subito precisato, peraltro, che solo recentemente le ricerche telematiche sono condotte dall'ufficiale giudiziario.

Più precisamente, fino al 2023 l'interrogazione delle banche dati veniva sostanzialmente demandata al creditore, dal momento che gli ufficiali giudiziari non erano dotati delle infrastrutture tecniche per potervi accedere: per ovviare a ciò, dunque, si faceva leva sul disposto dell'art. 155-quinquies disp. att. c.p.c., in base al quale, quando le strutture tecnologiche necessarie per consentire l'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche dati non fossero state funzionanti, il creditore, previa autorizzazione a norma dell'art. 492-bis c.p.c., poteva ottenere dai gestori delle stesse le informazioni ivi contenute.

Nella sua attuale formulazione, derivante dalle modifiche apportate dal d.lgs. n. 149/2022, la norma prevede ora che l'accesso diretto del creditore è ammesso solo in presenza di apposita attestazione dell'ufficiale giudiziario circa il mancato funzionamento delle strutture tecnologiche e che dal rilascio di tale attestazione (o dal provvedimento di autorizzazione del presidente del tribunale evidentemente reso quando il precetto è già stato notificato ma non sono ancora decorsi i dieci giorni previsti dall'art. 482 c.p.c.) il termine di efficacia del precetto rimane sospeso per ulteriori novanta giorni (mentre se il precetto è notificato dopo il provvedimento di autorizzazione del presidente del tribunale, tale termine rimane sospeso sino al decorso di novanta giorni dalla sua emissione).

Nella vigenza del vecchio regime, pertanto, era l'avvocato del creditore a inviare all'Agenzia delle Entrate, tramite posta elettronica certificata, l'istanza di accesso alle banche dati corredata dal provvedimento autorizzativo del presidente del Tribunale e dall'ulteriore documentazione richiesta (in particolare, la procura alle liti), chiedendo che gli fossero inviate le risultanze della loro interrogazione.

Sebbene l'ultimo comma dell'art. 155-quater disp. att. c.p.c. prevedesse (e preveda tuttora) che l'accesso alle banche dati tanto dell'ufficiale giudiziario quanto del creditore fosse gratuito, l'Agenzia delle Entrate subordinava la comunicazione dell'esito dell'interrogazione al versamento dei tributi speciali previsti dalla tabella A allegata al d.P.R. n. 648/1972, nonostante fosse già stato versato il contributo unificato per la presentazione dell'istanza di autorizzazione al presidente del Tribunale: secondo l'Agenzia delle Entrate, infatti, l'art. 155-quater disp. att. c.p.c. prevede la gratuità del servizio di accesso senza operare alcun riferimento alla debenza dei tributi speciali, il pagamento dei quali è escluso solo quando previsto da una specifica disposizione di legge (interpretazione avvalorata dall'art. 6, comma 5-quater, d.l. n. 16/2012, che prevede espressamente, in altra fattispecie, l'accesso gratuito e in esenzione da tributi).

Una volta acquisite le informazioni comunicate dall'Agenzia delle Entrate a seguito dell'interrogazione delle banche dati, il creditore poteva decidere quali cose o crediti aggredire esecutivamente: nella maggior parte dei casi, si trattava di beni riconducibili a rapporti bancari (con riguardo ai quali, tuttavia, veniva e viene tutt'ora indicata solo la tipologia e l'istituto con cui sono stati o sono in essere, mancando qualsiasi informazione che consenta di appurare se agli stessi sia effettivamente sottesa una posizione creditoria del debitore) o a rapporti da lavoro dipendente o ad atti e contratti oggetto di registrazione (anche in questo caso, tuttavia, senza la possibilità di conoscere anticipatamente se dai relativi rapporti fossero scaturiti crediti non ancora riscossi e di quale entità).

In altre parole, il creditore, grazie alle informazioni acquisite, aveva la possibilità di individuare i soggetti con i quali il debitore intratteneva rapporti dai quali potevano originare crediti e di chiedere, così, l'esecuzione di un pignoramento presso terzi nei loro confronti.

L'accesso diretto alle banche dati dell'ufficiale giudiziario

Il 20 giugno 2023, il Ministro della Giustizia e il Direttore dell'Agenzia delle Entrate hanno siglato una convenzione volta a consentire agli ufficiali giudiziari di accedere direttamente alle banche dati dall'amministrazione finanziaria, sicché, da quel momento in poi, la ricerca telematica dei beni da pignorare non può più essere compiuta dal creditore procedente ai sensi dell'art. 155-quinquies disp. att. c.p.c. (salvo documentato e attestato malfunzionamento dei sistemi informatici).

La suddetta convenzione ha reso, quindi, possibile l'operatività delle disposizioni contenute nell'art. 155-quater disp. att. c.p.c., anche in assenza dei requisiti che la medesima norma pone quali condizioni dell'accesso alle banche dati, rappresentati, oltre che dalla richiesta del Ministero della giustizia:

  • dalla definizione, da parte dell'Agenzia per l'Italia digitale, degli standard di comunicazione e delle regole tecniche previsti dall'art. 58, comma 2, d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale);
  • dalla disponibilità dei sistemi informatici per la cooperazione applicativa di cui all'art. 72, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 82/2005.

Il Ministero della giustizia, con provvedimento del 21 agosto 2023, ha quindi indicato le banche dati dell'Agenzia delle Entrate alle quali l'ufficiale giudiziario ha accesso diretto:

  • Dichiarazione dei Redditi e Certificazione unica;
  • Atti del Registro;
  • Archivio dei Rapporti Finanziari (per tale dovendosi intendere, per espressa previsione dell'art. 155-bis disp. att. c.p.c., la sezione di cui all'art. 7, comma 6, d.P.R. n. 605/1973).

Si discute se tra le banche dati alle quali può avere accesso diretto l'ufficiale giudiziario rientri anche il Pubblico Registro Automobilistico: se, da un lato, potrebbe fare propendere in senso affermativo il fatto che il pignoramento di autoveicoli – disciplinato dall'art. 521-bis c.p.c. – sia una delle forme di espropriazione delle quali può avvalersi il creditore (sicché non vi sarebbe ragione per escludere un suo interesse a darvi corso attraverso il procedimento delineato dall'art. 492-bis c.p.c., previa acquisizione delle relative informazioni per il tramite dell'ufficiale giudiziario), l'argomento che, dall'altro lato, induce a escluderlo è quello che fa leva sulla possibilità per chiunque di accedere liberamente a detto registro, alla stessa stregua di quanto è a dirsi per i pubblici registri immobiliari (l'esame dei quali è pure propedeutico rispetto all'espropriazione immobiliare), sicché non vi sarebbe alcuna necessità di ricorrere allo strumento apprestato dall'art. 492-bis c.p.c.

Non risultano, invece, ancora concretamente accessibili, sebbene anch'esse contemplate dalla normativa di riferimento (in particolare, dall'art. 492-bis, comma 4, c.p.c.), le banche dati dell'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e degli altri enti previdenziali: relativamente a queste ultime, pertanto, dovrebbe reputarsi tutt'ora consentito l'accesso diretto da parte del creditore ai sensi dell'art. 155-quinquies disp. att. c.p.c.

Il creditore, in ogni caso, mantiene il diritto di partecipare alla ricerca dei beni condotta dall'ufficiale giudiziario: l'art. 155-ter disp. att. c.p.c., quanto alle modalità attraverso le quali può esplicarsi detta partecipazione, rinvia a quanto stabilito dall'art. 165 disp. att. c.p.c. in materia di espropriazione mobiliare presso il debitore.

La comunicazione dei risultati delle ricerche telematiche

Terminate le operazioni di ricerca, sempre in virtù di quanto disposto dall'art. 155-ter disp. att. c.p.c., l'ufficiale giudiziario redige un unico processo verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le informazioni dalle stesse risultanti e lo comunica al creditore, dandone atto sempre nel verbale: la comunicazione può avvenire a mezzo telefax (anche se, come detto, è stato eliminato l'obbligo di indicare il relativo recapito nell'istanza da presentare ai sensi dell'art. 492-bis c.p.c.) o mediante posta elettronica anche non certificata.

Il creditore, nei dieci giorni successivi alla comunicazione, deve indicare all'ufficiale giudiziario i beni da sottoporre a esecuzione, altrimenti la richiesta di pignoramento diviene inefficace.

Tale comunicazione, peraltro, non è sempre indispensabile, dal momento che è prescritta solamente nei casi previsti dai commi 8 e 9 dell'art. 492-bis c.p.c., vale a dire quando le ricerche hanno consentito di individuare:

  • più crediti del debitore o più cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi;
  • sia cose che si trovano in luoghi appartenenti al debitore, sia crediti o cose del debitore che sono nella disponibilità di terzi.

Ne deriva, quindi, che la comunicazione del verbale al creditore, propedeutica e funzionale a consentirgli di scegliere quali cose o crediti sottoporre a pignoramento, è prescritta solo quando siano individuati più terzi debitores debitoris, oppure anche uno solo, purché le ricerche abbiano consentito di individuare anche beni mobili da assoggettare a espropriazione forzata presso il debitore.

Ciò significa che, in tutti gli altri casi (individuazione soltanto di uno o più beni mobili pignorabili presso il debitore e di nessun terzo debitor debitoris; individuazione di un solo terzo debitor debitoris e di nessun bene mobile pignorabile presso il debitore), l'ufficiale giudiziario deve procedere senz'altro e officiosamente all'esecuzione del pignoramento, senza dover effettuare alcuna preventiva comunicazione al creditore ovvero senza dovere attendere che questi gli indichi se e in che misura procedere al pignoramento di quanto rinvenuto.

Il pignoramento dei beni individuati con modalità telematiche

Arrivati a questo punto, occorre distinguere tre ipotesi.

In primo luogo, se le ricerche hanno consentito di individuare cose che si trovano in luoghi appartenenti al debitore compresi nel territorio di competenza dell'ufficiale giudiziario, questi vi accede per provvedere d'ufficio agli adempimenti prescritti dagli artt. 517, 518 e 520 c.p.c., mentre se i luoghi non sono compresi nel suo territorio di competenza, copia autentica del verbale è rilasciata al creditore, il quale, entro quindici giorni dal rilascio a pena d'inefficacia della richiesta e pur sempre in tempo utile affinché possa essere rispettato il termine di cui all'art. 481 c.p.c. (che andrà ovviamente calcolato tenendo conto della sospensione determinatasi ai sensi dell'art. 492-bis, comma 3, c.p.c.), la presenta, unitamente all'istanza per l'esecuzione dei suddetti adempimenti, all'ufficiale giudiziario territorialmente competente. Se l'ufficiale giudiziario non rinviene una cosa individuata mediante l'accesso nelle banche dati, intima al debitore di indicare, entro quindici giorni, il luogo in cui si trova, avvertendolo che l'omessa o la falsa comunicazione è punita a norma dell'art. 388, comma 6, c.p.

In secondo luogo, se le ricerche hanno consentito di individuare crediti del debitore o cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi, l'ufficiale giudiziario notifica d'ufficio al debitore e al terzo il verbale, che dovrà contenere anche:

  • l'indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto;
  • l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato indicato dal creditore nella propria istanza;
  • l'indicazione del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente;
  • l'ingiunzione, l'invito e l'avvertimento al debitore di cui all'art. 492, commi 2 e 3, c.p.c.;
  • l'intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute, nei limiti stabiliti dall'art. 546 c.p.c.

Come detto, l'invito al terzo a rendere la dichiarazione prescritta dall'art. 547 c.p.c. sarà invece contenuto nel decreto con cui il giudice dell'esecuzione, una volta iscritto a ruolo il pignoramento e depositata dal creditore l'istanza di assegnazione, fissa l'udienza per la comparizione delle parti ai sensi dell'art. 543, ultimo comma, c.p.c.

In terzo luogo, sia nel caso in cui le ricerche abbiano consentito di individuare più crediti del debitore o più cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi, sia quando sia emersa l'esistenza tanto di beni assoggettabili a espropriazione mobiliare presso il debitore quanto di cose o crediti assoggettabili a espropriazione mobiliare presso terzi, l'ufficiale giudiziario sottopone a esecuzione i beni scelti dal creditore nel termine previsto dall'art. 155-ter, comma 2, disp. att. c.p.c.

Resta da dire che, nel caso in cui le ricerche siano state autorizzate dal presidente del Tribunale prima della notifica del precetto, questo, come prescritto espressamente dall'ultimo periodo del comma 4 dell'art. 492-bis c.p.c., dovrà essere consegnato all'ufficiale giudiziario affinché lo notifichi insieme al pignoramento, visto che l'esecuzione non può essere avviata senza che il precetto sia stato notificato: è questa, del resto, l'unica soluzione che consente, da un lato, di rendere coerente il procedimento delineato dall'art. 492-bis c.p.c. con le regole che disciplinano l'espropriazione forzata e, dall'altro lato, di non vanificare l'effetto sorpresa perseguito dal creditore attraverso l'istanza rivolta al presidente del tribunale.

Il compenso dell'ufficiale giudiziario

Il legislatore ha previsto a favore dell'ufficiale giudiziario un compenso aggiuntivo, che rientra tra le spese di esecuzione, nel caso in cui proceda al pignoramento a seguito dell'istanza di cui all'art. 492-bis c.p.c.

Nello specifico, l'art. 122, d.P.R. n. 1229/1959 stabilisce che all'ufficiale giudiziario spetta:

  1. in caso di pignoramento di beni mobili, un ulteriore compenso determinato in una percentuale del 5% sul valore di assegnazione o sul ricavato dalla vendita fino a € 10.000,00, in una percentuale del 2% sul ricavato dalla vendita o sul valore di assegnazione da € 10.001,00 fino a € 25.000,00 e in una percentuale dell'1% sull'importo superiore;
  2. in caso di pignoramento di cose o crediti presso terzi, un ulteriore compenso determinato in una percentuale del 6% sul ricavato dalla vendita o sul valore di assegnazione fino a € 10.000,00, in una percentuale del 4% sul ricavato dalla vendita o sul valore di assegnazione da € 10.001,00 fino a € 25.000,00 e in una percentuale del 3% sull'importo superiore.

Il compenso così calcolato non può essere, in ogni caso, superiore a un importo pari al 5% del valore del credito per cui si procede e comunque non può eccedere l'importo di € 3.000,00 ed è dimezzato qualora le operazioni non siano state effettuate entro quindici giorni dalla richiesta.

Precisa la norma che, in caso di conversione del pignoramento ai sensi dell'art. 495 c.p.c., il compenso è determinato applicando le percentuali indicate sub 1), ridotte della metà, sul valore dei beni o dei crediti pignorati o, se maggiore, sull'importo della somma versata, mentre in caso di estinzione del processo esecutivo è posto a carico del creditore procedente – ossia di quello che ha proposto l'istanza ex art. 492-bis c.p.c. – ed è liquidato nella stessa misura sul valore dei beni o dei crediti pignorati o, se minore, sul valore del credito per cui si procede.

Il compenso non è, invece, dovuto, in caso di chiusura anticipata del processo esecutivo per infruttuosità a norma dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c. o a norma dell'art. 532, comma 2, terzo periodo, c.p.c., nonché di inefficacia del pignoramento a norma degli artt. 159-ter (mancato tempestivo deposito, da parte del creditore, delle copie conformi degli atti previsti dagli artt. 518 e 543 c.p.c., quando all'iscrizione a ruolo del pignoramento abbia provveduto un soggetto diverso dal medesimo creditore) e 164-ter disp. att. c.p.c. (mancata iscrizione a ruolo del pignoramento), a differenza di quanto è a dirsi per gli altri casi di chiusura anticipata del processo esecutivo, per i quali il compenso aggiuntivo resta dovuto, gravando sul creditore procedente.

La liquidazione del compenso dell'ufficiale giudiziario compete sempre al giudice dell'esecuzione, che provvederà con decreto costituente titolo esecutivo.

L'ambito di applicazione dell'art. 492-bis c.p.c. oltre l'espropriazione forzata individuale

Il legislatore ha previsto che lo strumento della ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare previsto dall'art. 492-bis c.p.c. possa essere utilizzato anche in ambiti diversi da quello dell'espropriazione forzata individuale, estendendone l'ambito di applicazione.

A termini dell'art. 155-sexies disp. att. c.p.c., infatti, le disposizioni in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare si applicano anche per l'esecuzione del sequestro conservativo e per la ricostruzione dell'attivo e del passivo nell'ambito delle procedure concorsuali (oltre che nell'ambito dei procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui): in particolare, è previsto che il curatore, il commissario e il liquidatore giudiziale, ai fini del recupero o della cessione di crediti, possono accedere ai dati relativi ai soggetti nei confronti dei quali la procedura ha ragioni di credito, anche in mancanza di titolo esecutivo.

Analoga previsione è contenuta nell'art. 9, comma 9,  d.P.R. n. 603/1973, in forza del quale l'autorità giudiziaria si avvale dell'ufficiale giudiziario secondo le disposizioni relative alla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare per conseguire informazioni utilizzabili ai fini della ricostruzione dell'attivo e del passivo nell'ambito di procedure concorsuali, di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui.

Ancora, il legislatore ha pensato proprio allo strumento di cui all'art. 492-bis c.p.c. allorquando ha dovuto rendere operativa nell'ordinamento italiano l'ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari (OESC) prevista dal Reg. (UE) n. 655/2014.

L'art. 3, comma 2, d.lgs. n. 152/2020, rubricato «Ricerca delle informazioni sui conti bancari», infatti, ha previsto che il presidente del Tribunale (designato quale autorità di informazione in base al Regolamento) dispone la ricerca delle informazioni con le modalità telematiche stabilite dall'art. 492-bis, c.p.c. e che, quando le strutture tecnologiche necessarie per consentire l'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche dati non sono funzionanti, l'ufficiale giudiziario ottiene dai rispettivi gestori le informazioni nelle stesse contenute.

Da ultimo, va segnalato che l'introduzione dello strumento di cui all'art. 492-bis, c.p.c. ha risposto all'esigenza di garantire al creditore uno strumento aggiuntivo rispetto a quelli già messi a sua disposizione dall'ordinamento; senonché, una parte della giurisprudenza amministrativa aveva ritenuto che l'esistenza dello strumento processuale civile (oltre che dell'art. 210 c.p.c.) rendesse inammissibile l'istanza di accesso difensivo previsto dalla l. n. 241/1990.

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, tuttavia, con la sentenza n. 19 del 25 settembre 2020, ha fatto chiarezza su questo aspetto, affermando che occorre tenere distinti, da un lato, la pretesa all'ostensione del documento nei confronti della pubblica amministrazione, intesa quale protezione accordata all'interesse sostanziale alla conoscenza e, dall'altro lato, il diritto alla prova, inteso come protezione dell'interesse processuale della parte alla rappresentazione in giudizio, attraverso un determinato documento, dei fatti costitutivi della domanda, subordinato alla duplice valutazione giudiziale della concludenza e della rilevanza dello specifico mezzo di prova.

Peraltro, nella medesima sentenza, è stato pure precisato che l'accesso amministrativo si estende a tutti i documenti dell'anagrafe tributaria, contenenti sia i dati patrimoniali e fiscali, sia i dati finanziari della sezione archivio rapporti finanziari; segnatamente, si tratta dei documenti delle banche dati dell'anagrafe tributaria, le quali includono la banca dati reddituale (che contiene tutte le dichiarazioni presentate dai contribuenti, comprese eventuali dichiarazioni sostitutive e/o integrative), la banca dati imposte registro (che contiene la registrazione di atti scritti di qualsiasi natura produttivi di effetti giuridici) e l'archivio dei rapporti finanziari.

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