Assegno divorzile richiesto nel giudizio di revisione: prevalenza della funzione assistenziale

07 Giugno 2021

La pronuncia in commento affronta la questione della richiesta dell'assegno divorzile nel giudizio di revisione e della conseguente valutazione dei presupposti per il riconoscimento di detto assegno alla luce dei recenti principi affermati dalla giurisprudenza sul tema.
Massima

L'assegno divorzile, qualora sia richiesto per la prima volta nel giudizio di revisione ex art. 9 l. n. 898/1970, va attribuito e quantificato applicando gli elementi di cui alla prima parte dell'art. 5 comma 6 della predetta legge, e non il parametro del tenore di vita matrimoniale, da valutare secondo il composito criterio assistenziale, compensativo e perequativo, con prevalenza della funzione assistenziale qualora il giudice di merito accerti che il sopravvenuto e incolpevole peggioramento della condizione economica di vita di uno degli ex coniugi non sia altrimenti suscettibile di compensazione per l'assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico, e che l'ex coniuge onerando, sia in grado, allo stato attuale, di sostenere economicamente l'esborso di cui trattasi ed abbia in passato ricevuto o goduto di apporti significativi da parte di quello che successivamente si è impoverito ed è divenuto bisognoso di un sostegno alimentare.

Il caso

Nel 2014 il Tribunale di Bari, pronunciandosi con decreto nel giudizio di revisione instaurato a seguito di un ricorso ex art. 9 l. 898/1970 proposto da una donna nei confronti dell'ex marito vent'anni dopo la cessazione del rapporto matrimoniale, rigettava le domande della ricorrente aventi ad oggetto l'attribuzione dell'assegno divorzile, l'aumento del contributo a carico del padre per il mantenimento dei figli minori, il pagamento delle spese condominiali relative alla casa familiare, nonché le domande riconvenzionali del resistente relative alla riduzione dell'assegno di mantenimento in favore della prole e alla revoca dell'assegnazione della casa familiare alla ex moglie.

La Corte d'Appello di Bari, accogliendo parzialmente il reclamo proposto dalla ex moglie avverso il suddetto provvedimento, disponeva a carico dell'ex marito l'obbligo di corrispondere alla reclamante l'importo mensile di Euro 600,00 a titolo di assegno divorzile, oltre rivalutazione annuale Istat, nonché di contribuire nella misura del 70% alle spese straordinarie per i figli. Dalla comparazione delle situazioni reddituali e patrimoniali degli ex coniugi, la Corte d'Appello infatti rilevava: la sussistenza di uno squilibrio sopravvenuto a causa della riduzione degli introiti derivanti dall'attività professionale di avvocato della ex moglie, con conseguente decremento del suo reddito, ed una più elevata capacità reddituale ed economico-patrimoniale dell'ex marito. In ragione dell'accertato sopravvenuto squilibrio, la Corte territoriale riteneva, pertanto, attribuibile alla ex moglie l'assegno divorzile di Euro 600,00, reputando congruo tale importo, giacché il precedente tenore di vita era dovuto in gran parte alla superiore capacità reddituale della reclamante.

Avverso il decreto del giudice d'appello ricorreva per cassazione l'ex marito sulla base di otto motivi. Tra gli altri, precisamente con il terzo motivo, il ricorrente lamentava sia la violazione dell'art. 9, l. n. 898/1970 sia la violazione del principio di «auto-responsabilità» degli ex coniugi, per avere la Corte territoriale riconosciuto all'ex moglie l'assegno divorzile che, invece, spetterebbe in relazione al contributo personale ed economico dato alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascun coniuge e di quello comune, tenendo conto altresì della durata del matrimonio, dal momento che il predetto assegno è finalizzato ad evitare al coniuge beneficiario un peggioramento del tenore di vita a causa dello scioglimento del matrimonio che, nel caso concreto era avvenuto più di venti anni prima, considerato altresì che negli anni successivi al divorzio la ex moglie aveva guadagnato stabilmente degli importi notevolmente superiori a quelli dell'ex marito.

Con il quarto motivo, inoltre, il ricorrente lamentava la violazione dell'art. 5 comma 6, l. n. 898/1970 per avere la Corte di merito riconosciuto il diritto della ex moglie all'assegno divorzile pur avendo dato atto che il reddito dell'obbligato era rimasto invariato e che il suo patrimonio era improduttivo di redditi, non avendo considerato invece che la moglie, quale affidataria dei figli minori, era assegnataria della casa familiare, costituita da un prestigioso appartamento di proprietà del ricorrente. Quest'ultimo, nel sesto motivo, si doleva altresì del fatto che il giudice di appello non avrebbe valutato, al momento della determinazione del quantum dell'assegno, le sopravvenute esigenze economiche dell'obbligato, il quale, nel frattempo, aveva costituito un nuovo nucleo familiare. Infine, con il settimo e l'ottavo motivo, il ricorrente denunciava l'omessa valutazione - nell'esame relativo alla disponibilità da parte della ex moglie dei mezzi adeguati - del fatto che la drastica riduzione dei redditi della stessa fosse imputabile alla sua negligenza, nonché l'omessa motivazione su un fatto decisivo, ossia sulla predetta imputabilità, giacché, ad avviso del ricorrente, non è possibile trarre la ratio decidendi sul punto, in base al riferimento alla notoria crisi che ha interessato il settore previdenziale ed in generale l'avvocatura.

La questione

La pronuncia in commento affronta la questione della richiesta dell'assegno divorzile in un momento successivo allo scioglimento del vincolo matrimoniale, nel procedimento ex art. 9 l. 898/1970, e della conseguente valutazione dei presupposti per il riconoscimento di detto assegno alla luce dei recenti principi affermati dalla giurisprudenza sul tema, illustrando gli adattamenti di tali principi, resi necessari dalle peculiarità del giudizio di revisione.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, richiamando quanto affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 18287 dell'11 luglio 2018, evidenzia, innanzitutto, che il riconoscimento dell'assegno divorzile, al quale va attribuita una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'art. 5 comma 6 della l. 898/1970, richiede l'accertamento del prerequisito dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, facendo applicazione dei criteri previsti dalla prima parte della norma, che costituiscono il parametro da seguire per decidere sia sull'an sia sul quantum dell'assegno.

In particolare, secondo la Corte di Cassazione, occorre effettuare una comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dall'ex coniuge che richiede l'assegno divorzile, alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune e di quello di ciascuno degli ex coniugi, in rapporto alla durata del matrimonio e all'età del richiedente. Ne consegue che, secondo i giudici di legittimità, la funzione perequativo - compensativa, derivante dal principio costituzionale di solidarietà, conduce al riconoscimento di un contributo non già finalizzato a consentire al coniuge richiedente il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, ma il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla vita familiare, tenendo conto del sacrificio delle sue aspirazioni professionali.

Ora, la Suprema Corte, muovendo dall'indirizzo giurisprudenziale che ammette la richiesta dell'assegno divorzile in un momento successivo allo scioglimento del vincolo matrimoniale, nel giudizio di revisione ex art. 9 l. 898/1970 (Cass. 108/2014; Cass. 25327/2017), si sofferma sul modo in cui i principi affermati dalle Sezioni Unite dovranno essere applicati nel predetto procedimento, tenendo conto delle sue particolari caratteristiche.

Atteso che la sproporzione economica di non modesta entità costituisce un prerequisito fattuale e non più il fattore primario per l'attribuzione dell'assegno divorzile (Cass. 32398/2019), e, che, dunque, l'accertamento della rilevanza dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge richiedente va effettuata considerando che l'assegno divorzile è collegato nella sua composita funzione, assistenziale, compensativa e perequativa, alla pregressa storia familiare, senza che ciò comporti una indebita locupletazione ai danni dell'altro coniuge, precisano i giudici di legittimità che, qualora la disparità economica sia allegata quale fatto nuovo sopravvenuto, a distanza di tempo dalla cessazione del vincolo matrimoniale, come nel caso di specie, potrà non risultare agevole l'individuazione della componente perequativa-compensativa, ossia la correlazione tra l'inadeguatezza sopravvenuta dei mezzi del richiedente e il ruolo endofamiliare da egli svolto e i sacrifici delle sue aspettative professionali. Ciò, si legge nell'ordinanza, a seconda delle circostanze del caso concreto, con riferimento, ad esempio, alle ragioni della nuova situazione economica dell'ex coniuge istante ed alla sua specifica professionalità, nonché al tempo trascorso dalla cessazione dell'effettiva convivenza matrimoniale e dal divorzio, avuto riguardo altresì all'assetto patrimoniale in allora stabilito dalle parti.

La Corte di Cassazione, richiamando alcune recenti pronunce (Cass. 18681/2020; Cass. 24934/2019; Cass. 10084/2019) afferma che, a determinate condizioni, possa attribuirsi rilevanza prevalente alla funzione assistenziale, in virtù del principio costituzionale di solidarietà, che valorizza la funzione sociale assolta dall'assegno divorzile, quando siano carenti gli altri strumenti che garantiscono all'ex coniuge debole un'esistenza dignitosa, nell'ipotesi di effettiva e concreta non autosufficienza economica del richiedente.

Stante, dunque, la fonte da cui deriva la anzidetta finalità solidaristica, tali principi non possono essere disattesi, secondo la decisione in esame, in sede di giudizio di revisione. Pertanto, sostengono i giudici di legittimità che, ove non possa essere individuata la componente perequativa-compensativa del sopravvenuto «depauperamento» dell'ex coniuge richiedente, è necessario un rigoroso accertamento dei presupposti fondanti, con carattere di prevalenza, la finalità assistenziale, parametrandosi il divario economico tra i coniugi ad una effettiva e concreta non autosufficienza del coniuge richiedente, non più in grado di mantenersi, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto. Si legge nell'ordinanza che «la funzione assistenziale potrà assumere nuova e rilevante preponderanza tutte le volte in cui il giudice di merito accerti che il sopravvenuto, e incolpevole, peggioramento della condizione economica di vita di uno degli ex coniugi non sia altrimenti suscettibile di compensazione per l'assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico e che l'ex coniuge, meglio dotato nel patrimonio e capace di fornire una qualche forma di erogazione, abbia in passato ricevuto o goduto di apporti significativi da parte di quello successivamente impoveritosi e bisognoso di un sostegno alimentare, in senso ampio». Poiché la finalità assistenziale avrà carattere prevalente rispetto a quella perequativa-compensativa che - come precisato dalla pronuncia de qua - nel caso concreto avrà rilevanza residuale, considerato l'assetto economico-patrimoniale di equilibrio sussistente tra i coniugi all'epoca dello scioglimento del vincolo matrimoniale, l'assegno divorzile, ove risulti dovuto, secondo i giudici di legittimità, dovrà essere quantificato tendenzialmente in base ai criteri di cui all'art. 438 c.c., tenendo conto, tuttavia, degli opportuni adattamenti in relazione alla maggiore o minore importanza degli apporti ricevuti o goduti dall'ex coniuge onerando.

Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte accoglie solo il terzo motivo di ricorso nel senso precisato, rigetta il primo, il secondo e il quarto, dichiara assorbiti gli altri, e, cassando il decreto impugnato nei limiti del motivo accolto, rinvia la causa alla Corte d'appello di Bari affinché si uniformi al principio di diritto espresso.

Osservazioni

La decisione in esame offre lo spunto per ricostruire sinteticamente la querelle sulla interpretazione dell'art. 5 comma 6 l. 898/1970, disposizione novellata dalla l. 74/1987, che fissa i criteri per il riconoscimento e la quantificazione dell'assegno divorzile.

Orbene, dopo l'incisivo intervento delle sentenze pronunciate a Sezioni Unite nel 1990 (Cass. civ., Sez. un., 29 novembre 1990, nn. 11489, Cass. 11490/1990, Cass. 11491/1990, Cass. 11492/1990) finalizzato a sanare il contrasto legato alle differenti letture della suddetta norma, la giurisprudenza si era consolidata per quasi trent'anni su una interpretazione dell'art. 5 comma 6 l. div., fondata sulla natura esclusivamente assistenziale dell'assegno divorzile, giacché il presupposto per la sua concessione doveva essere rinvenuto nell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio. Un indirizzo interpretativo costante, che, però, muta con la sentenza della Suprema Corte del 10 maggio 2017, n. 11504. Invero, i giudici di legittimità nel 2017, individuano un diverso parametro per la valutazione dell'inadeguatezza mezzi del coniuge istante, rappresentato non più dal tenore di vita matrimoniale bensì dall'«autosufficienza economica», intesa come possibilità di condurre un'esistenza libera e dignitosa.

A fronte dei diversi limiti derivanti dai suindicati indirizzi giurisprudenziali, le Sezioni Unite nel 2018 (Cass. sez. un, 11 luglio 2018, n. 18287) si pronunciano nuovamente e, con un intervento chiarificatore, affermano la natura composita dell'assegno divorzile, attribuendo ad esso una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa, dando così rilievo anche al vissuto della coppia coniugale e al contributo dell'ex coniuge economicamente più debole alla vita della famiglia e alla formazione del patrimonio comune e di quello dell'altro coniuge, profilo, quest'ultimo, evidentemente trascurato dagli orientamenti precedenti.

Ora, anche in questa nuova chiave di lettura, una parte della dottrina ha continuato ad individuare pur sempre un fondamento assistenziale dell'assegno divorzile che, sebbene riconosciuto per compensare i sacrifici e le rinunce professionali del richiedente in favore della famiglia, presuppone la sussistenza di una rilevante disparità economico-patrimoniale tra i coniugi, in mancanza della quale l'assegno non può essere attribuito (in tal senso si veda: D. Buzzelli, Una “rilettura” del recente orientamento delle Sezioni Unite sulla funzione dell'assegno di divorzio, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 6, 1362 ss., il quale si è interrogato sui profili di criticità della concezione «neo-polifunzionale» dell'assegno e sulla sua rispondenza alle scelte giurisprudenziali; nonché, C. Benanti, Il carattere recessivo della funzione assistenziale dell'assegno divorzile, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 5, 1014). Sul punto, è stato infatti ritenuto che la funzione «perequativa-compensativa» non possa considerarsi «pura» e «autonoma» - non potendo operare a favore del coniuge che, pur avendo contribuito in modo notevole a vantaggio dell'altro, si trovi rispetto a quest'ultimo in una condizione di parità o addirittura di superiorità economica - ma presuppone sempre una base assistenziale alla quale risulta collegata in modo imprescindibile in una «posizione di accessorietà» (cfr. E. Al Mureden, L'assegno divorzile e l'assegno di mantenimento dopo la decisione delle Sezioni Unite, in Fam. dir., 2018, 1029).

La radice assistenziale dell'assegno divorzile emerge altresì da alcune pronunce di legittimità richiamate dal provvedimento in esame nella sua motivazione. Tra queste, l'ordinanza n. 24934 del 7 ottobre 2019 afferma testualmente: «l'assegno svolge una finalità (anche o principalmente) assistenziale», e, nell'evidenziare l'imprescindibilità della finalità assistenziale dell'assegno, la stessa precisa: «è sufficiente constatare che in tutti i casi in cui l'assegno non sia riconosciuto, non ricorrendo in concreto le condizioni per valorizzare la ricordata funzione compensativa è perché il coniuge richiedente, evidentemente, si trova in condizioni di autosufficienza economica» (Cass. civ. 24934/2019). Emblematica sul punto è inoltre la pronuncia della Corte di Cassazione del 9 settembre 2020, n. 18681, che, a fronte dell'accertamento della non autosufficienza economica dell'ex coniuge richiedente, statuisce: «l'assegno divorzile può anche fondarsi in via esclusiva o prevalente sul criterio assistenziale senza valutare, o anche laddove non si possa valutare compiutamente, il profilo perequativo o compensativo».

Orbene, i giudici di legittimità, nell'ordinanza in commento, soffermandosi sull'incidenza in ordine al giudizio di revisione qualora sopravvengano i giustificati motivi di cui all'art. 9 l. div., dei principi sanciti dalle Sezioni Unite, evidenziano le difficoltà di individuazione della componente perequativo-compensativa dell'assegno divorzile, giacché, nel caso di specie, la sproporzione economica di non modesta entità, quale prerequisito fattuale a cui la pronuncia fa riferimento, costituisce un fatto nuovo, sopravvenuto a distanza di molti anni dalla cessazione del rapporto matrimoniale, sicché potrebbe essere difficilmente riscontrabile il collegamento tra la sopravvenuta ed incolpevole inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e il suo pregresso ruolo endofamiliare. Anche nel caso in esame, dunque, riaffiora quella funzione assistenziale che, in linea con l'indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità, assume in virtù del principio costituzionale di solidarietà, prevalente rilevanza rispetto a quella perequativo-compensativa che, invece, avrà valenza residuale. Tale funzione giustifica il riconoscimento di un assegno divorzile per la cui quantificazione la Corte di Cassazione richiama i presupposti dell'obbligazione alimentare, sempreché sussistano alcune condizioni: una concreta non autosufficienza economica dell'ex coniuge istante, l'assenza di altri soggetti obbligati o altre forme di sostegno pubblico sì da poter compensare il peggioramento delle sue condizioni economiche, e che l'ex coniuge onerando abbia in passato ricevuto contributi significativi da parte del coniuge successivamente impoveritosi, pur se non incidenti sull'assetto economico-patrimoniale stabilito al momento dello scioglimento del vincolo.

Il provvedimento in commento, allorché mette in luce i profili di criticità della componente perequativo-compensativa nell'ipotesi di sopravvenuto impoverimento dell'ex coniuge istante e la possibilità che la stessa componente non ricorra, sembra andare nella direzione di una rinnovata valorizzazione della funzione assistenziale, quale tradizionale baluardo dell'assegno divorzile, sebbene la stessa parrebbe finalizzata non già a garantire all'ex coniuge in stato di bisogno un'esistenza libera e dignitosa, bensì, sulla base dei criteri di cui all'art. 438 c.c., quanto necessario per soddisfare le esigenze primarie di vita.

Guida all'approfondimento

A. Arceri, I principi delle Sezioni Unite nell'applicazione dei giudici di merito, in Fam. dir., 2021, 1, 50;

G. Cosco, La revisione dell'assegno di divorzio ed i nuovi principi giurisprudenziale, in Giur. it., 2020, 817;

A. Fasano, Il nuovo assegno di divorzio: funzione assistenziale, compensativa e perequativa, in IlFamiliarista.it;

A. Fasano, Negato l'assegno divorzile richiesto trent'anni dopo il divorzio, in IlFamiliarista.it;

C. Rimini, Assegno divorzile e regime patrimoniale della famiglia: la ridistribuzione della ricchezza fra coniugi e le fragilità del sistema italiano, in Riv. dir. civ., 2020, 2, 422;

M. Sesta, Attribuzione e determinazione dell'assegno divorzile: la rilevanza delle scelte di indirizzo della vita familiare, in Fam. dir., 2018, 11, 938.

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