La lesione del decoro architettonico tra interessi della comunità e del singolo condomino

Adriana Nicoletti
08 Giugno 2021

Dottrina e giurisprudenza si sono spesso espresse sulla nozione di decoro architettonico, anche al fine di mettere a fuoco quali siano i parametri per individuare, concretamente, quando l'aspetto esterno dello stabile condominiale sia stato violato. Tale lesione può essere attribuita al condominio, quando l'intervento sia frutto di una decisione collegiale, ma molto più spesso è il singolo condomino a compiere, nella sua proprietà esclusiva, opere che producono un impatto negativo sulla facciata dell'edificio. La sentenza del Tribunale di Milano aggiunge un ulteriore contributo in tale indagine conoscitiva.
Massima

Se nella valutazione dell'alterazione del decoro, deve essere trovata una soluzione di equilibrio tra gli interessi contrapposti della comunità dei condomini e del singolo condomino che ha agito nella sua proprietà esclusiva, e se l'apprezzabilità dell'alterazione del decoro architettonico deve tradursi in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell'intero fabbricato che delle singole porzioni in esso comprese, la realizzazione di una porta-finestra non costituisce un intervento tale da violare il decoro architettonico dello stabile quando ad essere privilegiato sia l'interesse del condomino a poter beneficiare di maggiore luminosità all'interno del proprio appartamento. Sono, infatti, ormai noti i riflessi positivi della luce sul benessere psico-fisico dell'individuo, apportando la luce naturale non solo generici benefici alla qualità della vita, ma contribuendo in modo rilevante alla salute umana.

Il caso

Un condominio conveniva in giudizio un condomino asserendo che, senza autorizzazione, aveva modificato il prospetto dell'edificio (nello specifico: la loggia) per avere sostituito l'originaria porta-finestra con altra di dimensioni doppie rispetto agli infissi precedenti e di aspetto differente rispetto a quello degli altri appartamenti che avevano lo stesso affaccio. L'intervento, secondo l'attore, aveva determinato una lesione del decoro architettonico violando gli artt. 1120 e 1122 c.c. Il convenuto resisteva, affermando di essersi limitato ad ampliare la porta-finestra mediante la demolizione di una porzione della parete interna del balcone/loggia ma senza che l'intervento fosse visibile dall'esterno.

Effettuata nel corso del giudizio C.T.U. il Tribunale rigettava la domanda azionata dal condominio, il quale veniva condannato alla rifusione delle spese di lite nei confronti del convenuto oltre al pagamento, per l'intero, delle spese di CT.U.

La questione

Come evidenziato dal giudice del merito, il contrasto si è incentrato sulla sussistenza o meno della lesione del decoro architettonico conseguente all'intervento operato dal condomino. Da tale contrasto, dalla domanda dell'attore e dalla motivazione della sentenza, sono emerse due questioni: la prima concerneva l'individuazione della norma precisa da applicare al casoconcretoe la seconda riguardava l'accertamento se effettivamente lesione vi era stata.

Le soluzioni giuridiche

In prima battuta, il giudice si è pronunciato in merito alla classificazione dell'intervento effettuato dal condomino, ovvero l'ampliamento della porta finestra, ed ha dichiarato che la norma di riferimento era l'art. 1102 c.c. e non l'art. 1120, comma 1, c.c., che ha per oggetto le innovazioni, soggette all'approvazione da parte della maggioranza qualificata dei condomini poichè finalizzate a realizzare un interesse comune. Nel caso in esame, invece, il soggetto aveva esercitato il potere conferitogli dall'art. 1102 c.c. per un più intenso sfruttamento del bene comune tramite la demolizione di una parte del muro condominiale in corrispondenza della propria unità abitativa.

Detto questo, il Tribunale è passato a verificare se i lavori de quibus avevano o meno leso il decoro architettonico, passando, prima, per l'individuazione della nozione di decoro architettonico e dei parametri necessari per individuarne la lesione e, poi, per l'analisi delle risultanze della C.T.U. solo apparentemente contraddittorie. Quanto al primo profilo, il giudice di merito ha aderito all'arresto giurisprudenziale che ritiene necessario contemperare gli opposti interessi della collettività condominiale con quelli del singolo condomino che ha realizzato l'intervento edilizio sulle parti comuni.

La linea guida a cui si è ispirato il giudicante è stata, quindi, messa a confronto con le risultanze della CTU, dalla quale era emersa una serie di elementi - facciata condominiale non di particolare pregio architettonico e già violata da numerosi interventi di impatto sull'estetica più significativi rispetto a quello oggetto di causa; non agevole visibilità dall'esterno dell'ampliamento della porta finestra; ulteriore protezione dall'esterno del manufatto nascosto da fioriere; realizzazione dell'opera secondo le forme, modalità e colori delle altre porte finestre e così via - dai quali era risultato che la modifica apportata alla porta-finestra, anche se sussistente ma di modesta dimensione, non era tale da integrare un deprezzamento tanto dell'edificio, quanto delle parti di proprietà esclusiva.

Osservazioni

Il caso presenta problematiche di notevole interesse.

In primo luogo, emerge la differenza che sussiste tra gli artt. 1120,1122 e 1102 c.c., ciascuno dei quali è delimitato da precisi paletti. Per gli artt. 1120 e 1122 c.c., infatti, il limite è costituito dal rispetto della stabilità o sicurezza del fabbricato nonché del decoro architettonico e dalla fruibilità dell'uso o del godimento del bene comune da parte di tutti i condomini, mentre per l'art. 1102 c.c. si fa riferimento al mantenimento della destinazione originaria del bene comune ed alla garanzia che gli altri partecipanti possano fare pari uso della cosa comune secondo il proprio diritto.

Da un punto di vista soggettivo, inoltre, mentre gli artt. 1102 e 1122 c.c. implicano che il facere sia opera del singolo condomino, il quale utilizza a proprio vantaggio il bene comune ovvero interviene sulle parti comuni attribuite al medesimo in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, nell'ipotesi concernente le innovazioni, invece, l'attività è di competenza condominiale.

Come è stato rilevato dalla Corte di cassazione (Cass. civ., sez. II, 3 giugno 2015, n. 11445), sussiste un collegamento tra gli artt. 1102 e 1120 c.c. e, quando si tratti di opere eseguite sulla porzione di proprietà esclusiva, l'art. 1122 c.c. In particolare, l'art. 1120, comma 4, c.c. è la norma che ha individuato gli interessi condominiali che non possono essere lesi neppure con le innovazioni deliberate a maggioranza dall'assemblea condominiale. Ne consegue, dal punto di vista logico, che è giustificata l'esclusione dell'art. 1120 c.c. tanto nel caso in cui le modifiche siano state apportate dal singolo partecipante alla cosa comune per servirsene più intensamente, quanto qualora le attività del singolo su cosa propria siano comunque finalizzate all'uso più intenso del bene comune.Tanto è vero che il legislatoredella riforma, entrata in vigore il 18 giugno 2013, ha completato l'art. 1122 c.c., recependo nel testo novellato l'insegnamento giurisprudenziale che aveva già interpretato la norma nel senso prima esposto.

La fattispecie in esame è stata più volte oggetto di controversie giudiziarie che hanno affrontato profili della questione sempre differenti, ma con unico denominatore: ovvero il fatto che il condomino può aprire nel muro comune dell'edificio nuove porte o finestre o ingrandire e trasformare quelle esistenti se queste opere, di per sé non incidenti sulla destinazione della cosa, non pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico dell'edificio (per tutte, Cass. civ., sez. II, 16 dicembre 2004, n. 23459; Cass. civ., sez. II, 26 marzo 2002, n. 4314).

Da ciò, quindi, deriva l'illegittimità della realizzazione di alcuni fori di porta o di finestra posti sulle facciate dell'edificio per conseguente alterazione della simmetria dei fori preesistenti, producendo un risultato esteticamente sgradevole. Diversamente, è legittimo l'intervento edilizio che, incidendo sul muro perimetrale del fabbricato in corrispondenza della proprietà esclusiva, crei un'apertura sul terrazzo esclusivo quando il vano porta sia stato realizzato con materiali uguali a quelli già adoperati dagli altri condomini per altre finestre e porte, quali ad esempio cornici ed avvolgibili (Trib. Salerno 8 gennaio 2016, n. 67).

Sotto il profilo amministrativo, inoltre, la facoltà del condomino, inerente al titolo di proprietà esclusiva, di aprire una finestra o luce, nel muro perimetrale che delimita il suo piano o porzione di piano e di chiudere una grande vetrata per ricavarne una porta e due finestre, deve essere rapportata all'incidenza di tali opere sulla stabilità del muro, alla sua funzionalità ed a quella di altre parti comuni, nonchè alle linee architettoniche dell'edificio, sicché viene in considerazione un accertamento di ordine tecnico che, ragionevolmente, prescinde dall'assenso o meno del condominio, la cui mancanza non incide sulla legittimità del provvedimento, sotto il profilo della violazione dell'art. 4, comma 1, della l. 28 gennaio 1977, n. 10 (Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2004, n. 6297).

Venendo, poi, all'altra questione emersa dalla motivazione della sentenza, ovvero quella che riguarda se l'accertamento di una potenziale lesione del decoro architettonico possa essere temperato dalla valutazione di elementi di disturbo che già affliggano l'aspetto complessivo del fabbricato, il Tribunale afferma di essersi discostato dalla giurisprudenza più restrittiva per aderire ad un orientamento meno rigoroso.

C'è da dire che la strada seguita oggi dal giudice meneghino era stata già delineata illo tempore, quando la Corte Suprema aveva dichiarato che il giudice del merito, per stabilire se vi sia stata lesione del decoro architettonico deve anche valutare se l'eventuale lesione o turbativa accertata abbia determinato o meno un deprezzamento dell'intero fabbricato, essendo lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio economicamente valutabile o che, pur arrecandolo, si accompagni a un'utilità che compensi l'alterazione architettonica che non sia di grave ed appariscente entità (Cass. civ., sez. II, 15 maggio 1987, n. 4474). La stessa Corte aveva, poi, precisato che, per stabilire se un intervento modificatore abbia pregiudicato il decoro architettonico di un fabbricato, devono essere tenute presenti le condizioni in cui questo versava prima dell'esecuzione dell'opera stessa, talchè una modifica non può essere ritenuta pregiudizievole per il decoro architettonico se apportata ad un edificio la cui estetica era stata già menomata a seguito di precedenti lavori ovvero che sia di mediocre livello architettonico (Cass. civ., sez. II, 29 luglio 1989, n. 3549).

Facendo un lungo salto nel tempo, troviamo affermato che non può avere incidenza lesiva del decoro architettonico di un edificio un'opera modificativa compiuta da un condòmino, quando sussista un degrado di detto decoro ricollegabile a preesistenti interventi modificativi, sui quali la modificazione ulteriore abbia una portata poco significativa (App. Milano 3 dicembre 2018; Cass. civ., sez. II, 7 settembre 2012, n. 14992). Ed ancora è stato precisato anche che, dal momento che il “decoro architettonico del fabbricato”, consiste nell'estetica dell'edificio costituita dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, non necessariamente ci si riferisce ad edifici di particolare pregio artistico, talchè non è possibile escludere a priori un'alterazione del decoro architettonico per il solo fatto che la realizzazione dell'intervento (nella specie: veranda su di una terrazza a livello) interessi un appartamento posto non sulla facciata principale, bensì su quella interna, dell'edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2016, n. 1718).

Nella sentenza richiamata dal Tribunale (Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2010, n. 1286), quale esempio di contrapposizione rispetto ad un orientamento giurisprudenziale più intransigente, ritorna il concetto di “apprezzabilità” dell'alterazione, che - secondo il giudicante - deve costituire il parametro di bilanciamento tra gli interessi della comunità e quelli del singolo. Questo ha determinato il giudice del merito a ritenere prevalenti questi ultimi rispetto ai primi proprio in considerazione dell'utilità che il condomino aveva tratto dall'esecuzione dell'intervento edilizio. Il principio che ne è scaturito non trova una pari ed esplicita corrispondenza nel passato.

La decisione del Tribunale meneghino, infine, si è fondata - e non poteva essere diversamente - sulle risultanze della C.T.U. che, al netto di valutazioni non richieste e, comunque, non di competenza dello stesso perito, aveva fornito molti elementi determinanti per poter assumere una decisione che richiamava il senso della giurisprudenza a momenti richiamata. Infatti, la finestra era stata modificata solo in larghezza ma nel rispetto della qualità e dei materiali di quelle installate nei piani sottostanti; la realizzazione del manufatto era di buona fattura e conforme anche ai colori del precedente (salvo la vetustà), anche se vi era stato un cambiamento nella modalità di apertura dei battenti, che consentiva di conferire alla stanza maggiore luminosità; non sussistevano problemi di stabilità; la finestra non era visibile dalla strada perché nascosta da piante di alto fusto anzi, essendo posta in un appartamento sito al piano più alto la visibilità della stessa era minore rispetto alle finestre dei piani sottostanti.

Evidente, quindi, che gli elementi di fatto, che sono sempre decisivi per assumere una decisione corretta, non potevano che portare ad escludere la fattispecie concreta dalla lesione del decoro architettonico.

Riferimenti

Izzo, Sostituzione porta-finestra con finestra è possibile?, in Condominioweb.com, 7 luglio 2020;

Gallucci, Lecita l'apertura di una porta finestra sul proprio terrazzo, in Condominioweb.com, 6 novembre 2017;

Bordolli, Opere o impianti nelle parti esclusive e decoro architettonico, in Immob. & proprietà, 2014, 289;

De Tilla, Regolamento, decoro architettonico e limitazione di destinazioni d'uso, in Immob. & diritto, 2011, fasc. 3, 32;

Di Camillo, La finestra diventa porta? La servitù di veduta si trasforma in servitù di passaggio, in Altalex.com, 1 febbraio 2011.

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