Giurisdizione e residenza abituale del minore

Sabina Anna Rita Galluzzo
10 Giugno 2021

All'esame delle sezioni unite la questione inerente al criterio in funzione del quale attribuire la giurisdizione in materia di affidamento di minori e di provvedimenti de potestate.
Massima

In tema di giurisdizione di provvedimenti de potestate, per stabilire la competenza giurisdizionale, bisogna dare rilievo, per principio generale, al criterio della residenza abituale del minore al momento della domanda. Si intende per residenza abituale il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale del minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, dove il minore ha il centro dei propri legami affettivi non solo parentali, derivanti dallo svolgimento in tale località della quotidiana vita di relazione.

Il caso

L'intricata vicenda si svolge tra gli Stati Uniti d'America e l'Italia. In particolare, una donna chiedeva al Tribunale per i minorenni italiano di dichiarare a suo favore l'affidamento esclusivo della figlia, nata in California e poi trasferitasi con lei a Firenze. La donna chiedeva altresì la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale del padre.

Il convenuto, costituendosi, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice italiano a causa della pendenza dinanzi alla Corte di San Francisco della California, di un altro procedimento sempre riguardante la responsabilità genitoriale e l'affidamento della bambina.

Il Tribunale per i minorenni dichiarava il non luogo a provvedere per difetto di giurisdizione. Tale provvedimento veniva peraltro ribaltato dalla Corte d'appello italiana, che riteneva sussistente la giurisdizione del giudice italiano sulla base della considerazione secondo cui la fase processuale, svoltasi dinanzi alla Corte californiana, si era ormai conclusa. La minore inoltre, aggiungeva la Corte territoriale, aveva doppia cittadinanza (italiana e statunitense) e una stabile residenza a Firenze dove viveva con la madre e dove frequentava regolarmente la scuola.

Avverso questo provvedimento viene proposto "ricorso per regolamento di giurisdizione".

La questione

Il caso all'esame delle Sezioni unite è incentrato sull'individuazione del criterio in funzione del quale attribuire la giurisdizione in materia di affidamento di minori e di provvedimenti de potestate. Problematico infatti nella prassi diviene per l'operatore del diritto capire in quale Paese va istruita una causa e quale legge applicare quando la coppia che discute sulla responsabilità genitoriale del figlio o sul suo affidamento è formata da persone con diversa cittadinanza, o che nella loro vita familiare hanno soggiornato in più Stati, anche, come nel caso in esame, non europei.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione prima di affrontare il nucleo della questione si sofferma sull'ammissibilità dell'impugnazione. Precisa in proposito che il regolamento preventivo di giurisdizione risulta nel caso di specie inammissibile in quanto proposto avverso una pronuncia della Corte d'Appello e pertanto al di fuori dei casi previsti dall'art. 41 c.p.c.. Si evidenzia in tal senso che qualsiasi decisione emanata dal giudice presso il quale il processo è radicato, anche quella limitata alla giurisdizione o ad altra questione processuale, ha efficacia preclusiva del regolamento preventivo di giurisdizione (Cass. sez. un. 2466/1996).

Peraltro, precisa la Corte, l'istanza proposta è convertibile in ricorso straordinario per cassazione, in quanto presentata tempestivamente e diretta verso provvedimenti del giudice minorile in materia de potestate. Tali provvedimenti, come affermato dall'indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, sono ricorribili in Cassazione ex art. 111 perché aventi i caratteri della decisorietà e definitività (Cass. sez.un. 32359/2018). Hanno infatti attitudine al giudicato rebus sic stantibus, in quanto non revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi. In questo contesto l'impugnato decreto emanato dalla Corte d'Appello, reso in funzione strumentale all'ottenimento di provvedimenti giurisdizionali ricorribili per cassazione, quali i provvedimenti de potestate, risulta anch'esso ricorribile.

Fatte queste premesse i giudici si soffermano sulla questione della giurisdizione e ribadiscono l'orientamento secondo cui al fine di stabilire la competenza giurisdizionale, occorre dare rilievo, per principio generale, al criterio della residenza abituale del minore al momento della domanda (Cass. sez.un. 5418/2016).

E' bene precisare che per stabilire la giurisdizione su questioni che hanno al centro la tutela del minore, deve essere applicato l'articolo 42 della legge n. 218/1995. La norma rinvia alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva dall'Italia con legge n. 742/1980 e attualmente sostituita nei rapporti fra gli Stati contraenti dalla Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996, ratificata con l. 18 giugno 2015, n. 101 (in vigore per l'Italia dal 2016). Entrambe le Convenzioni, (rispettivamente all'art. 1 e 5) specificano che competenti ad adottare misure tendenti alla protezione della persona o dei beni del minore sono le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello Stato contraente di sua residenza abituale.

In questo contesto si chiarisce che i provvedimenti in materia di minori devono essere valutati in relazione alla funzione svolta, sicché, quelli che, pur incidendo sulla potestà dei genitori, perseguono una finalità di protezione del minore, rientrano nel campo di applicazione dell'art. 42 l. 218/1995. La giurisprudenza ritiene conseguentemente sussistente la giurisdizione dello Stato con il quale il minore ha il collegamento più stretto ossia lo Stato in cui lo stesso ha la residenza abituale (Cass. sez.un. 1310/2017: caso in cui è stata ritenuta sussistente la giurisdizione dello Stato italiano in relazione a un minore con doppia cittadinanza, italiana e brasiliana, residente abitualmente in Italia).

Lo stesso principio è altresì affermato in ambito europeo. Ai sensi dell'art. 8, par. 1, del Reg. CE n. 2201/2003 e dell'art. 3 del Reg. CE n. 4/2009 la giurisdizione sulle domande relative alla responsabilità genitoriale spetta all'autorità giudiziaria dello Stato di residenza abituale dei minori al momento della loro proposizione.

La ratio di questa scelta, come affermato da autorevole dottrina è improntata in funzione di salvaguardare l'interesse superiore e preminente dei minori a che i provvedimenti che li riguardano siano adottati dal giudice più vicino al luogo di residenza effettiva degli stessi, nonché realizzare la tendenziale concentrazione di tutte le azioni che li riguardano (Dosi, Lessico di diritto di famiglia, Regolamento europeo sulle cause matrimoniali e sulla responsabilità genitoriale, 2018).

Nello stesso senso si pone la copiosa giurisprudenza secondo la quale il criterio di attribuzione della giurisdizione fondato sulla c.d. vicinanza, a salvaguardia della continuità affettivo-relazionale del minore è dettato al fine di valorizzare la preminenza dell'interesse dello stesso (Cass. sez.un. 29171/2020; Cass. sez.un. 13912/2017; Cass. sez.un. 24608/2019). Tale criterio assume inoltre, si sostiene, una pregnanza tale da comportare anche l'esclusione della validità del consenso del genitore alla proroga della giurisdizione (Cass. sez.un. 30646/2011).

In quest'ordine di idee si esprimono, nella specie, le Sezioni unite attribuendo la giurisdizione al giudice del luogo di abituale residenza del minore individuato dalla sentenza in esame nel “luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale”.

La Corte, richiamando precedenti giurisprudenziali in materia, specifica che il luogo di abituale residenza del minore corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo in cui lo stesso, in virtù di una durevole e stabile permanenza, ha il centro dei propri legami affettivi non solo parentali, derivanti dallo svolgimento in detta località della sua quotidiana vita di relazione (Cass. sez.un. 28329/2019, 8042/2018, 32359/2018). Negli anni la giurisprudenza, anche europea, ha contribuito a una definizione di residenza abituale del minore intesa come il luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, ed ai fini del relativo accertamento rilevano una serie di circostanze che vanno valutate in relazione alla peculiarità del caso concreto: la durata, la regolarità e le ragioni del soggiorno, la cittadinanza del minore, la frequenza scolastica e, in generale, le relazioni familiari e sociali (Cass. sez.un. 3555/2017; C.d.G. 2009, 523/07; C.d.G. 2010, 497/10). Peraltro, si sottolinea, il luogo di residenza abituale del minore, non è solo quello nel quale il minore stesso ha consolidato e consolida, una rete di relazioni, di affetti, tali da assicurargli uno sviluppo psicofisico armonico, ma secondo la più recente giurisprudenza anche quello che in base a un giudizio prognostico, potrà diventare in futuro l'effettivo e stabile centro d'interessi del minore (Cass. 21285/ 2015; Cass. 29839/2017).

Nel caso in esame la bambina al momento della proposizione del ricorso, aveva da più di un anno stabile residenza in Italia, dove viveva e frequentava la scuola e dove dunque, precisano i giudici, aveva consolidato una rete di affetti e relazioni, tali da assicurare un armonico sviluppo psico-fisico. Conseguentemente, conclude la Cassazione, sussiste nella specie la giurisdizione del giudice italiano.

Osservazioni

La sentenza in commento pertanto, affiancandosi ai suoi precedenti in materia accoglie come principio generale quello secondo cui la giurisdizione sulle domande relative alla responsabilità genitoriale è attribuita secondo il criterio della residenza abituale del minore. Tale criterio permette al giudice che è più vicino al minore e che meglio conosce la realtà del posto di assumere le decisioni che siano le migliori possibili a salvaguardia “della continuità affettivo – relazione del minore” stesso (Cass. 16648/2014; C.d.G. 5 ottobre 2010, 96/10).

La finalità è dunque quella di assicurare la realizzazione dell'interesse superiore del minore, principio cardine che permea l'intero complesso del diritto minorile, e che deve essere sempre oggetto di “primaria considerazione” ai sensi delle disposizioni di cui alla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Ci si chiede peraltro in dottrina se, posto che il vero obiettivo cui mira il principio dell'interesse del minore è che sia sempre scelta “l'autorità giurisdizionale più adatta a trattare il caso”, in ipotesi eccezionali anche la presunzione di maggiore idoneità del giudice della residenza abituale del minore possa essere superata (Lamarque, Residenza abituale del minore, criterio della vicinanza del giudice e best interests of the child, in Famiglia e diritto, 2017).

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