Vendita dell'immobile locato e sorti della fideiussione accessoria

10 Giugno 2021

Il Supremo Collegio, sia pure dichiarando il ricorso inammissibile, ha enunciato ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c. - e, quindi, ancorché senza alcun effetto sul provvedimento oggetto del ricorso per cassazione - il “principio nell'interesse della legge”, segnatamente offrendo le corrette direttive al fine di verificare se la prestazione di una garanzia personale (nella specie, una fideiussione) si trasferisca, insieme con il contratto di locazione cui accede, a seguito della vendita dell'immobile locato, considerando le specificità del caso concreto e ponendo, in particolare, l'attenzione con riferimento all'obbligo, al credito garantito, alla posizione del terzo che si sia reso garante senza essere debitore e alle connesse relazioni a più lati.
Massima

In tema di locazione, ove ricorrano i presupposti di cui all'art.1599 c.c., l'acquirente della cosa locata subentra ex lege, ai sensi dell'art.1602 c.c., all'originario locatore, anche nel rapporto obbligatorio di garanzia costituito tra quest'ultimo ed il suo fideiussore, soltanto se tale obbligazione possa ritenersi “derivante” dal contratto di locazione (in quanto ne abbia costituito una clausola da esso inscindibile) e non sia venuta meno per specifiche intese tra le parti originarie, dovendosi, altrimenti, ritenere inoperante la suddetta surrogazione legale, giacché l'autonomia del contratto di fideiussione rispetto al contratto principale di locazione esclude che l'attribuzione della garanzia “derivi”, di regola, da quest'ultimo, per gli effetti di cui al citato art.1602 c.c., nonostante il carattere accessorio da cui è contraddistinta, tanto sul piano genetico quanto su quello funzionale.

Il caso

La fattispecie sostanziale, sottesa alla causa decisa, di recente, dalla sentenza in epigrafe, registrava un contratto di locazione commerciale stipulato da Tizio, in qualità di locatore, e dalla Società Alfa, in qualità di conduttrice; contestualmente, Sempronio e Mevio, soci e consiglieri di quest'ultima, si costituivano fideiussori degli obblighi assunti dalla medesima conduttrice nei confronti del locatore; successivamente, Tizio trasferiva la proprietà dell'immobile locato a Caio, comunicandolo alla conduttrice.

Il nuovo proprietario otteneva dal Tribunale un decreto ingiuntivo, con cui veniva ingiunto alla conduttrice, quale debitrice principale, nonché a Sempronio e Mevio, quali fideiussori, di pagare una determinata somma correlata al contratto di locazione di cui sopra

I fideiussori proponevano opposizione a tale decreto ingiuntivo, eccependo la carenza di legittimazione attiva dell'ingiungente, e sostenendo che quest'ultimo aveva acquistato l'immobile oggetto del contratto di locazione senza essere subentrato nel contratto di fideiussione.

Il magistrato adìto rigettava l'opposizione, sul rilievo che, essendo l'obbligazione fideiussoria di natura “accessoria” rispetto all'obbligazione del debitore principale ed essendo quella per cui era causa contenuta nel contratto di locazione, la circostanza che l'immobile locato fosse stato alienato non permetteva di affermare che l'acquirente non fosse legittimato ad avvalersi della fideiussione.

Il verdetto veniva ribaltato, tuttavia, in appello, atteso che la Corte territoriale accoglieva, invece, l'eccezione di carenza di legittimazione attiva, ritenendo che il precedente locatore si fosse limitato ad alienare l'immobile locato senza cedere i diritti derivanti dal contratto di fideiussione e che il fenomeno successorio in caso di alienazione dell'immobile, regolato dall'art. 1602 c.c., si riferisse esclusivamente alle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione, che è contratto distinto da quello fideiussorio.

Ricorreva in cassazione il nuovo proprietario dell'immobile locato, ad avviso del quale, posto che la fideiussione de qua era sorta per dare esecuzione al rapporto principale - tanto più che era stata rilasciata dai soci dell'obbligata principale - con la vendita del suddetto immobile si era trasferito anche il contratto di locazione; peraltro, il contratto di fideiussione, non essendosi mai risolto per mutuo consenso, non si poteva ritenere nemmeno sciolto per una delle cause ammesse dalla legge, laddove, al contrario, nessuna disposizione codicistica in tema di fideiussione prevedeva che il contratto a garanzia del pagamento dei canoni si risolvesse se l'immobile veniva trasferito a terzi: né l'art. 1955 c.c. (relativo alla liberazione del fideiussore per fatto del creditore), né l'art. 1956 c.c. (per scadenza dell'obbligazione futura), né tantomeno l'art. 1957 c.c. (per scadenza dell'obbligazione principale) interessavano questa ipotesi; di qui il rimprovero al giudice distrettuale di non aver dato rilievo all'art. 1602 c.c., in base al quale l'acquirente subentra, non puramente e semplicemente nel contratto di locazione, ma anche nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione, sicché, stante che la fideiussione derivava dal contratto di locazione, il diritto di escutere la fideiussione si era trasferito con la cessione ex lege del contratto di locazione all'acquirente dell'immobile.

La questione

Si trattava di verificare se la prestazione di una garanzia personale si trasferisca, insieme con il contratto di locazione cui accede, a seguito della vendita dell'immobile locato, in virtù del combinato disposto degli artt. 1599 e 1602 c.c.

Le soluzioni giuridiche

Al riguardo, gli ermellini hanno dato continuità al costante e pacifico orientamento, secondo cui la vendita dell'immobile locato determina la surrogazione, nel rapporto di locazione, del terzo acquirente, il quale subentra nei diritti e nelle obbligazioni del venditore-locatore senza necessità del consenso del conduttore, posto che il conduttore conserva integra la sua posizione nel rapporto contrattuale - rimanendo inalterati gli oneri e i doveri accessori nascenti dal contratto a carico del cessionario - e versa in una posizione di indifferenza giuridica rispetto al soggetto al quale deve pagare il canone di locazione (v., tra le altre, Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2018, n. 18536), sicché il conduttore è tenuto, di regola, a pagare i canoni all'acquirente, nuovo locatore, dalla data in cui riceve la comunicazione della vendita dell'immobile in una qualsiasi forma idonea, in applicazione analogica dell'art. 1264 c.c., in tema di cessione dei crediti (v. la remota Cass. civ., sez. III, 11 maggio 1965, n. 898, e successiva giurisprudenza conforme).

In particolare, detto subentro si riferisce ai diritti ed agli obblighi derivanti dal contratto di locazione, tanto che è pacifico che il principio, stabilito in materia di locazione dall'art. 1602 c.c., il quale fissa nel momento dell'acquisto del bene locato il subingresso dell'acquirente nel complesso dei diritti, ragioni e situazioni giuridiche inerenti alla res locata - in applicazione del principio di derivazione romanistica emptoris eadem causa circa petendum quae fuit auctoris - se esclude implicitamente che il fenomeno successorio possa avere effetto retroattivo, comporta, invece, che il rapporto di locazione viene a scindersi in due periodi distinti, rispetto a ciascuno dei quali l'unico contratto spiega i suoi effetti nei confronti di colui che in quel periodo ha la qualità di locatore.

Ne consegue la necessità di stabilire se l'acquirente dell'immobile locato, pur subentrando in tutti i diritti e gli obblighi correlati alla prosecuzione del rapporto di locazione, anche con le connotazioni da esso assunte in relazione alle vicende che ne contrassegnano lo svolgimento, debba considerarsi “terzo” non solo rispetto ai diritti ed agli obblighi già perfezionatisi ed esauritisi a favore ed a carico delle parti originarie fino al giorno del suo acquisto (Cass. civ., sez. III, 12 gennaio 1991, n. 254; Cass. civ., sez. III, 23 novembre 2012, n. 19747), ma anche rispetto al contratto di garanzia personale, ovviamente, supponendo che il debito principale non sia ancora venuto a scadenza e considerando che la fideiussione prestata a garanzia di una o più obbligazioni si protrae, salva diversa volontà negoziale, per lo stesso termine entro il quale la prestazione garantita va eseguita (così Cass. civ., sez. III, 26 novembre 2014, n. 25179).

Non potendo trovare applicazione nel caso di specie il limite generale alla surrogazione rappresentato dall'intrasmissibilità della situazione giuridica soggettiva e dall'intuitus personae, la questione non può che essere affrontata - secondo i magistrati del Palazzaccio - partendo dalla considerazione del principio di carattere generale, secondo cui le garanzie, anche personali, sono accessori del credito, e ciò normalmente significa che sono destinate a subirne la sorte e finanche ad ambulare con la circolazione del medesimo (accessorium sequitur principale).

Specificamente, il principio di accessorietà, per quanto riguarda la fideiussione, si esprime in alcune regole fondamentali: a) l'art. 1939 c.c., che sancisce l'invalidità della fideiussione se non è valida l'obbligazione principale; b) l'art. 1941 c.c., che configura una sorta di riduzione legale della prestazione del fideiussore, c) l'art. 1942 c.c., che prevede che la fideiussione venga prestata per l'intero debito e tutte le sue conseguenze, e d) l'art. 1945 c.c., relativo alle eccezioni opponibili dal fideiussore; ad esse, si è soliti aggiungere l'art. 1263, comma 1,c.c., secondo cui le garanzie personali e reali, oltre che i privilegi, sono trasferite dal cedente al cessionario per effetto della cessione; ulteriore conferma viene dall'art. 1204, comma 1, c.c., relativo al pagamento con surrogazione, a mente del quale il subingresso del solvens nei diritti del creditore ha effetto anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore.

Di contro, ad attenuare tale accessorietà, intervengono tre norme peculiari che, da un lato, sono permeate da un criterio di equità, e, dall'altro, si fondano sulla struttura stessa di tale garanzia, poiché il fideiussore risponde per un debito proprio, che, però, accede ad un'obbligazione principale sulle cui vicende egli non può incidere; se tale rapporto subisce interferenze per lui pregiudizievoli che dipendano dal creditore, è corretto che sia quest'ultimo, piuttosto che il garante, a subirne le conseguenze; in quest'ottica: a) l'art. 1955 c.c. dispone una sanzione a carico del creditore che abbia reso inattuabile il diritto di surrogazione del fideiussore, b) l'art. 1956 c.c. libera il fideiussore per un'obbligazione futura, se il creditore sia venuto meno al suo obbligo di comportarsi in buona fede, e c) l'art. 1957 c.c. tutela il fideiussore contro l'incertezza derivante dal ritardo nell'esercizio del diritto del creditore che ha l'onere di agire tempestivamente per non perdere la garanzia fideiussoria.

Osservazioni

Nel caso di specie, era pacifico che non avevano operato le suddette cause di estinzione speciale della fideiussione, né erano intervenute le cause di scioglimento derivanti dal diritto comune dei contratti, per cui la questione doveva risolversi solo accertando il perimetro applicativo dell'art. 1602 c.c.

Occorreva, poi, considerare gli effetti che derivavano ex lege dall'art. 1602 c.c. - non derogati con accordo inter partes - e la giurisprudenza di legittimità, secondo cui la surrogazione ex lege del terzo acquirente dell'immobile locato avviene “nel contratto di locazione e nei relativi accessori (art. 1263 c.c.), e, in particolare, con i poteri comuni al contenuto e all'esercizio del credito; a parte l'ipotesi di cui all'art. 111 c.p.c., l'acquirente può, a tale stregua, esercitare tutte le azioni previste dalla legge a tutela del credito, volte cioè ad ottenerne la realizzazione, potere invero spettantegli già in base al principio generale della tutela giurisdizionale dei diritti” (così in motivazione Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2012, n. 12883).

Fatte queste premesse di carattere generale, i giudici di Piazza Cavour hanno affermato che non esiste una risposta univoca all'interrogativo se la garanzia fideiussoria “dipenda” dal contratto di locazione - l'unico da cui il terzo acquirente acquista diritti ed obblighi da rispettare ai sensi dell'art. 1602 c.c. - e che occorra, piuttosto, disarticolare la conclusione tenendo conto delle specificità del caso concreto e, in particolare, ponendo attenzione: 1) all'obbligo, 2) al credito garantito, 3) alla posizione del terzo che si sia reso garante senza essere debitore, e 4) alle connesse relazioni a più lati.

La prestazione di una garanzia personale può, infatti, essere assunta spontaneamente da parte del garante, cioè senza lo stimolo di un'obbligazione a monte (persino insciente debitore), oppure può essere assunta in adempimento di un obbligo gravante sul conduttore; è assai frequente che, con lo stesso contratto dal quale nasce il debito principale, e precisamente quale condizione della sua esecuzione, il debitore si obblighi nei confronti del proprio creditore a procurargli un fideiussore.

Non che ciò necessariamente incida sui caratteri del negozio fideiussorio, il quale intercorre, comunque, esclusivamente fra il fideiussore ed il creditore, restandone il debitore estraneo, salve diverse intese fra le parti (v., ex pluribus, Cass. civ., sez. III, 5 luglio /2004, n. 12279), in quanto ciò vale anche nel caso in cui il debitore abbia assunto per contratto l'obbligazione di dare una fideiussione (art. 1943 c.c.).

Così come il debitore è terzo rispetto al contratto di fideiussione, il fideiussore rimane estraneo agli accordi intercorsi tra debitore principale e creditore aventi ad oggetto l'obbligo del primo di prestare garanzia fideiussoria (Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2006, n. 13652); di conseguenza, il contenuto della fideiussione va individuato alla stregua della proposta del fideiussore e della relativa accettazione del creditore senza che possano assumere rilievo - ove non espressamente menzionate - le eventuali intese tra il fideiussore e il debitore (Cass. civ., sez. III, 5 marzo 1984, n. 1525).

La posizione di “terzietà” del debitore rispetto al contratto di garanzia, stipulato tra creditore e fideiussore, viene meno, però, se il debitore stipuli un contratto con il garante, in forza del quale quest'ultimo assuma la sua obbligazione di garanzia nei confronti del creditore: la prestazione di garanzia, in tal caso, trae origine da un contratto a favore di terzo, in cui promittente è il fideiussore, beneficiario il creditore e stipulante il debitore.

L'obbligo di garanzia personale è riconducibile alla fideiussione solo qualora il garante assuma un ruolo vicario del debitore principale nell'adempimento di una prestazione specificamene individuata, che se non è identica, è per lo meno analoga a quella del garantito, sia che ad eseguirla sia il debitore principale sia che a farlo al suo posto sia il fideiussore.

E' opinabile che lo sia, invece, quando, il creditore cerchi, con uno strumento agile ed efficace, di soddisfare i propri diritti, stipulando con un terzo un contratto che obbliga quest'ultimo a tenerlo indenne dalle conseguenze del mancato adempimento delle prestazioni gravanti sul debitore principale (ad esempio, limitando l'attenzione al contratto di locazione, se ad essere garantita non sia solo l'obbligazione di pagamento del canone di locazione, ma anche l'adempimento di altre obbligazioni assunte con il contratto, come quella di eseguire lavori di adeguamento della res locata, quella di risarcire gli eventuali danni che dovessero derivare dal contratto per omessa manutenzione o derivanti dal ritardo nel rilascio dell'immobile ex art. 1591 c.c.).

In tale ultimo caso, nel contratto non sono riconoscibili i tratti della fideiussione tipica, essendo l'obbligazione del garante - non quella di garantire l'adempimento di una obbligazione specificamente determinata, bensì - quella di garantire che il creditore, stipulando il contratto principale, non avrà a patire danni, sicché una funzione assicurativa si innesta su una funzione di garanzia.

La conseguenza da trarne, in tale ultimo caso, sarebbe l'intrasferibilità del contratto di garanzia a terzi insieme con il contratto di locazione, difettando il contratto del requisito dell'accessorietà, come comunemente intesa: in tale contesto, la successione in un rapporto di locazione a latere locatoris non importerebbe anche la successione nel contratto di garanzia, di cui era parte un precedente locatore e la cui stipula era prevista nel contratto di locazione in favore di quest'ultimo, in assenza di espresso accordo tra le parti.

Un conto è che il garante assuma su di sé la stessa obbligazione del debitore principale nei confronti del creditore, altro che si accolli unilateralmente il rischio dell'obbligazione principale o che estrometta il debitore principale: il locatore otterrebbe, comunque, una prestazione vantaggiosa, non con l'affiancamento di un contratto nuovo a quello di locazione, bensì in virtù di una modificazione soggettiva da lato passivo del rapporto obbligatorio che determina la sostituzione del debitore principale e non l'affiancamento ad esso di un garante (Cass. civ., sez. III, 26 novembre 2009, n. 24891).

Quindi, l'obbligazione fideiussoria può essere parte integrante del contratto di locazione, perché contenuta in una clausola indissolubilmente inserita nel contratto di locazione e in nesso di interdipendenza necessario nell'economia generale del contratto, oppure essere assunta attraverso un contratto autonomo collegato funzionalmente a quello locativo.

Nel primo caso, l'applicazione dell'art. 1602 c.c. consente di ritenere che il proprietario, subentrato ex lege nel contratto di locazione, non possa essere considerato “terzo” rispetto al contratto di fideiussione; quando, invece, la fideiussione sia prestata attraverso un contratto a sé, l'accessorietà che caratterizza la garanzia non deve indurre a trascurare il fatto che il contratto è autonomo rispetto all'obbligazione garantita.

Il Supremo Collegio ci tiene a precisare che non nutre dubbi di sorta in ordine alla “autonomia” del contratto di fideiussione, tanto da aver fatto leva proprio su di essa per giustificare il regime delle eccezioni che il fideiussore può opporre al creditore: eccezioni che attengono non solo all'obbligazione principale, ma anche al rapporto di garanzia, chiarendo che “il fideiussore citato in giudizio dal creditore unitamente al debitore principale per l'adempimento coattivo della medesima prestazione può opporgli non solo le eccezioni opponibili dal debitore principale, ma altresì quelle fondate sui suoi rapporti personali con il creditore” (così Cass. civ., sez. III, 23 novembre 2001, n. 14861, in tema di compensazione).

Anzi, la magistratura di vertice ha più volte ribadito che, nel rapporto fideiussorio, non sono coinvolte le parti del contratto di locazione, bensì il locatore ed il terzo fideiussore (Cass. civ., sez. III, 22 maggio 2020, n. 9456; Cass. civ., sez. III, 8 novembre 2019, n. 28827; Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 3525), tanto che “la relazione di accessorietà dell'obbligazione fideiussoria rispetto a quella principale non esclude la reciproca autonomia delle due obbligazioni e si traduce sul piano processuale nell'inconfigurabilità del litisconsorzio necessario tra creditore, debitore principale e fideiussore” (così Cass. civ., sez. III, 17 luglio 2002, n. 10400).

Nondimeno, per risolvere la questione posta dalla vicenda in esame, non è sufficiente evocare detta autonomia, né confidare sulla nozione di accessorietà.

E' vero che il contratto di fideiussione è il prototipo delle garanzie personali, ma il fatto che il codificatore abbia previsto che il fideiussore si obblighi “personalmente” (art. 1936 c.c.) non significa solo che egli risponde personalmente, vale a dire con tutto il suo patrimonio piuttosto che con beni determinati, dell'obbligazione, perché non sarebbe stato necessario precisarlo, data la previsione di cui all'art. 2740 c.c.; l'avverbio “personalmente”, invece, deve ritenersi tutt'altro che pleonastico, essendo volto a rimarcare il rapporto personale tra fideiussore e garantito, cioè il fatto che il fideiussore assume un obbligo analogo a quello del debitore principale, ma con un'obbligazione propria avente una propria autonoma causa, sicché il negozio di garanzia si pone accanto a quello garantito, ma lo mantiene nell'àmbito suo proprio, senza fargli acquistare valore formativo della sfera del secondo.

In questa prospettiva, il contratto di fideiussione risulta caratterizzato da una causa costante, che prescinde da quella del negozio di volta in volta garantito, costituita - non già dall'assunzione del rischio dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ma - dalla funzione di garanzia dell'adempimento mediante l'allargamento della base soggettiva, la quale è del tutto indipendente dall'effettivo rischio di inadempimento e, dunque, dall'eventualità che il debitore principale non adempia la propria obbligazione, oppure che il suo patrimonio (o il bene offerto in garanzia reale) sia insufficiente a soddisfare le ragioni del creditore (Cass. civ., sez. III, 30 giugno 1988, n. 6407).

L'accessorietà, che lega il contratto di garanzia al rapporto principale, consente di realizzare “un'intersezione e non una vera e propria fusione dei due negozi”, atteso che l'obbligazione principale e quella fideiussoria, benché collegate, mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva - data l'estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia - ma anche oggettiva, in quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre l'obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione, per la quale continuano a valere le normali regole (v., tra le altre, Cass. civ., sez. un., 5 febbraio 2008, n. 2655).

Gli ermellini riconoscono che, sulla nozione di accessorietà esistono una pluralità di opinioni che risentono delle discordanti tesi sulla causa del contratto di fideiussione: se si assume a premessa del ragionamento che la fideiussione ha una sua specifica causa e non una causa che si determina per relationem, l'accessorietà non può che intendersi alla stregua di una particolare figura di connessione giuridica che dà luogo ad una combinazione e non già ad una fusione tra il contratto principale e quello di garanzia, sì che il rapporto tra il creditore ed il fideiussore e quello tra creditore e debitore sono reciprocamente estranei, benché accessori.

Questo dato assume carattere dirimente, perché il collegamento tra il contratto fonte del debito principale e quello accessorio di garanzia incontra un limite operativo nell'autonomia della fideiussione: se il negozio fideiussorio è fornito di una propria causa, la quale non è generica e da specificare con riferimento ad una fonte estrinseca che valga a conferire all'interesse negoziale la compiutezza necessaria a fare il fondamento sostanziale dell'attribuzione della garanzia, la causa cavendi presuppone sì il riferimento ad un'altra obbligazione alla cui attuazione è funzionalizzata l'obbligazione di garanzia, ma è tipica e, come tale, atta a distinguere la fideiussione da altre fattispecie a causa esterna.

Non tutte le ipotesi in cui un negozio rinvia ad un altro comportano l'immissione di quest'ultimo nel contenuto del primo: il rinvio che l'art. 1936 c.c. opera - e che ispira le altre regole che governano l'accessorietà - al debito principale non sono indici di un'assenza di autonomia causale dell'attribuzione di garanzia, ma esprimono una “relativizzazione della garanzia”, finalizzata al rispetto del favor fideiussoris, espressione della preoccupazione del legislatore che la posizione del fideiussore non diventi particolarmente onerosa.

Posto allora che, senza interferire con il rapporto tra il creditore e il debitore, il fideiussore deve la propria prestazione sulla base di un titolo autonomo rispetto a quello che giustifica la prestazione del debitore principale e adempiendola dà attuazione ad un obbligo proprio e non altrui, nel caso di specie, ove tutto si gioca sul rapporto tra accessorietà ed autonomia del contratto di fideiussione, pur concluso per dare attuazione al rapporto principale, deve essere chiaro che un discorso è l'accessorietà tra situazioni giuridiche soggettive - obbligo principale, obbligo del garante - altro è il collegamento che viene a determinarsi tra contratti, in questo caso tra il contratto di locazione ed il contratto di fideiussione.

E' pacifico che le norme che il codice dedica all'accessorietà della fideiussione si riferiscono per l'appunto al collegamento tra situazioni giuridiche soggettive, ma esse non sono sufficienti a rispondere all'interrogativo per cui è causa: qui il discorso è diverso - ad avviso del massimo consesso decidente - e riguarda “l'operazione economica di collegamento” del contratto di locazione con quello di fideiussione, giacché in questione non è l'accessorietà, quale elemento naturale tra obbligazione principale e obbligazione del garante, ma il collegamento che viene a determinarsi tra fideiussione e locazione, in vista della realizzazione dell'operazione economica che le parti hanno inteso realizzare, non potendosi trascurare che il creditore potrebbe essere indotto a stipulare il contratto proprio perché confida nella garanzia personale rilasciata dal terzo.

Per quanto il termine “collegamento” risulti generico ed oramai utilizzato quale collettore delle più disparate ipotesi, ed essendo pacifico che l'unitarietà del documento negoziale non consente di trarre conclusioni né in ordine alla ricorrenza del collegamento, né quanto ai suoi effetti, risolvendosi, di norma, in un dato occasionale espressivo della mera esteriorizzazione di una pluralità di distinte dichiarazioni negoziali, l'autonomia del contratto di fideiussione rispetto al contratto ad esso collegato è sufficiente ad escludere che la surrogazione di cui all'art. 1602 c.c. si estenda all'obbligazione di garanzia, ove ciò non sia stato espressamente convenuto con il fideiussore - al netto dell'ipotesi in cui la prestazione di garanzia abbia costituito una clausola del contratto di locazione inscindibile dallo stesso - dovendosi ribadire che “l'accessorietà che caratterizza il rapporto fideiussorio rispetto a quello principale opera interamente sul piano funzionale degli obblighi assunti dal fideiussore, ma non certo su quello morfologico e strutturale rispetto al quale resta netta e indiscutibile la distinzione e autonomia dei due rapporti” (così Cass. civ., sez. III, 8 novembre 2019, n. 28827), e che la natura e funzione del contratto di fideiussione richiedono un nesso fra i contratti.

Le ragioni derivano dal fatto che il collegamento qui evocato, quand'anche non meramente occasionale, perché rinveniente solo dalla contestualità dei contratti, è da ascriversi al c.d. collegamento necessario, in quanto esso è in re ipsa e prescinde dalla volontà delle parti, che annovera tre diverse ipotesi: quella del collegamento genetico, quella del collegamento funzionale, quella dei contratti di cui l'uno costituisce l'antecedente - necessario - dell'altro.

Alla prima ipotesi, si riconducono i casi in cui l'influenza sulla vita di un altro contratto riguarda la costituzione, la modificazione o l'estinzione; alla seconda, appartengono i contratti c.d. accessori, nonché quelli astratti ed indiretti; alla terza ipotesi, sono riconducibili i casi in cui un negozio tipico costituisce per la sua efficacia il logico antecedente di un altro.

Il denominatore comune del collegamento necessario è che il legislatore, nel descrivere il modello di fatto, ha inteso legare la vita e le sorti o la funzione o gli effetti di un negozio a quelle di un altro: può convenirsi, dunque, nel senso di escludere la ricorrenza di una connessione contrattuale vera e propria, ravvisandovi, invece, un problema di costruzione della fattispecie e della sua interpretazione.

La norma da interrogare, ai fini suddetti, è come sempre l'art. 1602 c.c., dal quale non può che farsi discendere, ove le parti non abbiano diversamente ed espressamente disposto, la conseguenza che l'obbligo fideiussorio derivi dal contratto di locazione solo ove ne abbia costituito parte integrante: “derivare” vuol dire trovare la propria fonte, quindi, la propria causa nel contratto di locazione.

Tale conclusione - chiosa la Suprema Corte - non è inficiata dai dubbi sulla sorte della fideiussione prestata a favore dell'originario locatore: l'art. 1599 c.c. ha, comunque, prodotto la sostituzione del creditore originario con il nuovo proprietario, determinando sulla fideiussione un effetto novativo ex lege dal lato attivo del rapporto obbligatorio, che può essere evitato solo attraverso una previsione espressa a ciò deputata.

Riferimenti

Carrato, Condizioni e limiti dell'opponibilità della locazione al terzo acquirente, in Immob. & diritto, 2011, fasc. 6, 27;

Ciatti, Osservazioni sulla regola emptio non tollit locatum, in Contr. e impr., 2010, fasc. 3, 619;

Campagnoli, Fideiussione a garanzia di un contratto di locazione, in Ventiquattrore avvocato, 2010, fasc. 10, 19;

Tortorici, L'ammissibilità di una fideiussione a garanzia di un contratto di locazione, in Immob. & diritto, 2009, fasc. 5, 8;

De Tilla, Sul trasferimento a titolo particolare della cosa locata, in Arch. loc. e cond., 2006, fasc. 3, 287;

Colonna, Osservazioni in tema di data certa ed opponibilità della durata della locazione all'acquirente dell'immobile locato, in Giur. it., 1996, I, 1, 552.

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