È legittima la clausola con cui viene pattuita l'iniziale predeterminazione del canone in misura differenziata

Nicola Frivoli
11 Giugno 2021

Il giudicante è stato chiamato ad accertare e dichiarare la risoluzione per grave inadempimento del conduttore in un contratto di locazione ad uso diverso, valutando l'asserita nullità delle clausole contrattuali, giusto combinato disposto degli artt. 32 e 79 delle l. n. 392/1978.
Massima

In tema di locazione ad uso commerciale, deve ritenersi legittima la clausola contrattuale con cui viene pattuita l'iniziale predeterminazione del canone in misura differenziata, c.d. canone a scaletta, purchè vi sia la comune visione delle parti e l'equilibrio economico del sinallagma.

Il caso

Il locatore con atto di intimazione conveniva in giudizio il conduttore per sentir convalidare lo sfratto per morosità, ex art.663 c.p.c., intimato in ragione del mancato pagamento dei canoni di locazione afferente un contratto di locazione ad uso commerciale.

Alla prima udienza di comparizione delle parti, l'intimante confermava la persistenza della detta morosità, evidenziando il reiterato mancato pagamento del canone di locazione del conduttore; l'intimato si opponeva alla convalida di sfratto, adducendo una serie di eccezioni preliminari e domande, tra cui la nullità della notifica e sostenendo la inidoneità del bene locato all'uso di panetteria, e la nullità di una clausola contrattuale che prevedeva un incremento progressivo della pigione.

Il giudice adìto si pronunciava sulla richiesta ex art.665 c.p.c., emettendo ordinanza di rilascio ed ordinava il mutamento di rito ex artt.420 e 667 c.p.c., con assegnazione del termine per l'espletamento del procedimento di media-conciliazione, fissando, altresì, udienza di discussione.

Nelle more del giudizio, si procedeva al rilascio dell'immobile locato previo accesso dell'ufficiale giudiziario.

Il giudicante, pertanto, dall'attento esame della documentazione prodotta in atti, ha dedotto che il mancato pagamento dei canoni di locazione da parte del conduttore, comporta la sussistenza dei presupposti per la declaratoria, ex art.1453 c.c., e, di conseguenza, la risoluzione del contratto per fatto e colpa del conduttore, confermando il provvedimento di rilascio, ex art. 665 c.p.c., condannando il resistente al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere, nonché a rifondere le competenze legali e rigettando le eccezioni e domande formulate dal conduttore, tranne quella in ordine alla mancata restituzione del deposito cauzionale, oltre gli interessi di legge.

La questione

Si trattava di verificare se fossero presenti, nella fattispecie posta al vaglio del Tribunale competente, i presupposti della declaratoria di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione ad uso diverso, sottoscritto tra le parti, ai sensi dell'art.1453 c.c.

Era, altresì, controversa l'eccezione sollevata dall'intimato in ordine alla nullità di una clausola contrattuale inerente la predeterminazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive, oltre che alla inidoneità dell'immobile locato.

Ad ogni buon conto, l'attenta valutazione della documentazione prodotta dalle parti, non aveva impedito al giudicante di valutare il rilevante inadempimento del conduttore e dichiarare la risoluzione per inadempimento contrattuale del rapporto locatizio sorto tra le parti e dichiarare infondate le eccezioni preliminari sollevate dall'intimato.

Le soluzioni giuridiche

In linea di principio, è stata ritenuta corretta l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale, in sede monocratica, secondo cui il mancato pagamento della pigione comporta la risoluzione per inadempimento, nella disciplina dei rapporti locatizi ad uso diverso. Considerato che, seconda espressa previsione, di cui all'art.1571 c.c., la locazione costituisce il contratto tipico con sui una parte si obbliga a fare godere all'altra una cosa mobile o immobile verso un determinato corrispettivo.

Infatti, l'art.1587 c.c. pone tra le obbligazioni principali del conduttore quella di versare, nei termini convenuti o alla scadenza pattuita, il canone di locazione, contro il godimento della cosa altrui ed il locatore di ricevere l'esatta e puntuale corresponsione della pigione.

Dunque, il corrispettivo non può essere ritardato, sospeso sia totalmente che parzialmente, con autoriduzione, ai sensi dell'art.1460 c.c. ed è legittima solo quando venga a mancare completamente la prestazione del locatore, sicché anche in questo caso vi è l'alterazione dell'equilibrio sinallagmatico del negozio (Cass.civ., sez.III, 27 settembre 2016, n. 18987; Cass.civ., sez.VI/III, 26 gennaio 2015, n.1317).

Il giudice adìto ha anche dichiarato infondata l'eccezione di nullità della notifica dello sfratto che secondo parte resistente sarebbe nulla per violazione dell'art. 660, comma 1, c.p.c., poiché l'atto risultava notificato al domicilio eletto dell'intimato, e non alla residenza dello stesso. Invero, la notifica dell'intimazione dello sfratto per morosità è avvenuta nella sede dell'esercizio commerciale “a mai proprie”, ovvero ai sensi dell'art. 139 c.p.c., considerando, perciò, la notifica regolare.

Sempre in via preliminare, il resistente eccepiva la nullità di una clausola contrattuale che prevedeva l'incremento progressivo del canone, sia l'automatismo dell'aggiornamento ISTAT a partire del terzo anno di locazione.

Invero, il Tribunale pugliese ha affermato che in base al principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso abitativo, deve ritenersi legittima la clausola con cui viene pattuita l'iniziale predeterminazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto mediante la previsione del pagamento di rate quantitativamente differenziate e predeterminate per ciascuna frazione di tempo, oppure mediante il frazionamento dell'intera durata del contratto in periodi temporali più brevi a ciascuno dei quali corrisponda un canone passibile di maggiorazione ovvero correlando l'entità del canone passibile di maggiorazione, oppure correlando l'entità del canone all'incidenza di elementi o di fatti (diversi dalla svalutazione monetaria) predeterminati e influenti, secondo la comune visione delle parti, sull'equilibrio economico del sinallagma. Al contrario, la legittimità di tale clausola va esclusa qualora risulti dal testo del contratto che i contraenti abbiano in realtà perseguito surrettiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti posti dall'art. 32 della l.n. 392/1978 e così incorrendo nella sanzione di nullità prevista dall'art. 79, comma 1, della stessa legge (Cass. civ., sez. III, 26 settembre 2019, n. 23986; Cass civ., sez. III, 14 marzo 2017, n. 6474; Cass. civ., sez. III, 28 luglio 2014, n. 17061).

Di contro, la clausola di un contratto di locazione, con la quale le parti convengono l'aggiornamento automatico del canone su base annuale senza necessità di richiesta espressa del locatore, è affetta da nullità, in base al combinato disposto degli artt. 32 e 79 della l. n. 392/1978, perché il citato art. 32 prevede la possibilità di aggiornamenti annuali, presupponendo che gli aumenti possano avvenire soltanto su specifica richiesta del locatore, da operarsi successivamente all'avvenuta variazione degli indici di riferimento (Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 2012, n. 3014).

Comunque, l'eccezione formulata dall'intimato è infondata, atteso che il canone concordato tra le parti non prevedeva alcuna predeterminazione a “scaletta”.

Per completezza, va precisato che la nullità di alcune clausole non determina la nullità dell'intero contratto, operando a riguardo l'art. 1139 c.c., con la conseguenza che diviene operante il congegno di aggiornamento strutturato dell'art. 32 della legge sull'equo canone.

Osservazioni

L'art. 79 della l. n. 392/1978 disciplina dei patti contrari alla legge nelle locazioni ad uso diverso dall'abitazione, però tale disposizione è stata abrogata dall'art. 14, comma 4, della l. n. 431/1998, limitatamente alle locazioni abitative.

Il comma 1 dell'art. 79 della l. n. 392/1978 dispone la nullità delle pattuizioni dirette a limitare la durata legale del contratto, ovvero ad attribuire al locatore un canone maggiore a quello pattuito o altri vantaggi in contrasto con le disposizioni della medesima legge.

Il comma 2 dell'art. 79 della l. n. 392/1978, con disposizione analoga a quella prevista nell'art. 13 della l. n. 431/1998, per il conduttore di immobile ad uso abitativo, prevede che il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti sopra indicati.

In particolare, la ratio dell'art. 79, comma 1, della l. n. 392/1978 è da ricercarsi nel favor conduttore, tradizionalmente considerato il partner contrattuale più debole, si determini ad accettare condizioni lesive dei propri diritti pur di assicurarsi il godimento dell'immobile.

Occorre rilevare che, nelle locazioni ad uso diverso dall'abitazione, tutta la disciplina imperativa del contratto è permeata intorno al principio della libera determinazione iniziale del canone, della stabilità del rapporto e della tutela dell'attività economica del conduttore, soprattutto se comporta un contatto con il pubblico.

Ed è in questo sistema che occorre analizzare la validità o meno, in rapporto all'art. 79, delle singole clausole, evidenziando già subito quanto sia ampia la casistica delle pattuizioni contra legem e, quindi, nulle.

Per quanto concerne il canone, bisogna sùbito avvertire, da un lato, che il principio della libera determinazione convenzionale del canone opera solo con riferimento alla fissazione del canone iniziale, in quanto sono frequenti le pronunce dirette a sanzionare con la nullità aumenti del canone nel corso del rapporto e, dall'altro, che la disposizione in termini di durata minima del contratto va coordinata con il limite posto dall'art. 32 della legge sull'equo canone che, nello stabilire i criteri per l'aggiornamento del corrispettivo in corso di rapporto, pone per l'aggiornamento del canone il tetto del 75% della variazione accertata dall'ISTAT, con riguardo alle locazioni di durata non superiore a quella minima legale.

In questo senso, si è affermata la nullità delle clausole di aggiornamento del canone nella misura del 100% dell'indice ISTAT (Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2015, n. 4656) nonché di quelle di aggiornamento automatico del canone su base annuale, senza necessità di richiesta espressa del locatore (Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 2012, n. 3014) o di quelle clausole che stabiliscono un pagamento anticipato del canone per un periodo superiore al trimestre fino a che era in vigore la l. n. 351/1974 (e cioè fino al 21 dicembre 2008), il cui art. 2-ter sanciva la nullità di siffatte clausole (Cass. civ., sez. III, 19 marzo 2015, n. 5475).

Riferimenti

Celeste, Codice delle locazioni, Milano, 2020;

Kowalsky, Canone (determinazione), in Condominioelocazione.it., 10 dicembre 2019;

Cuffaro - Padovini, Codice commentato degli immobili urbani, Torino, 2017.

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