Status filiationis del nato in Italia a seguito di PMA eterologa praticata all'estero da coppia omoaffettiva

Sabrina Apa
11 Giugno 2021

Le conseguenze della violazione dei divieti posti dalla l. n. 40/2004, imputabili alla coppia che ha fatto ricorso ad una pratica fecondativa illegale in Italia, non possono ricadere sul nato.Sia nella l. n. 40/2004 che più in generale nel nostro ordinamento, sussistono elementi per affermare la scissione tra due aspetti: l'illiceità del ricorso alla tecnica di PMA e la tutela del nato, qualora detta illiceità non contrasti con l'ordine pubblico interno. Tale scissione comporta il riconoscimento al nato della tutela di cui all'art. 8, l. n. 40/2004 anche nell'ipotesi di coppia genitoriale femminile omoaffettiva. Ne consegue che, anche in tal caso, il nato acquista lo stato di figlio riconosciuto non solo della madre che lo ha messo al mondo, ma anche della madre intenzionale che, pur non avendo fornito alcun apporto biologico, è stata parte integrante del progetto di assunzione della responsabilità genitoriale, per aver prestato il proprio consenso all'utilizzazione della tecnica di PMA.

Il fatto. La Corte d'Appello di Cagliari è stata chiamata a pronunciarsi sul reclamo proposto dal Ministero dell'Interno e dalla Prefettura di Cagliari in tema di instaurazione del rapporto di filiazione con entrambi i genitori (quello biologico e quello di intenzione) nell'ipotesi di minore nato in Italia da fecondazione eterologa praticata all'estero da una coppia omosessuale femminile.

Il giudice di prime cure aveva riconosciuto prevalenza alla tutela dell'interesse del figlio alla conservazione dello status già acquisito a seguito della nascita e del consenso prestato dalla coppia che aveva fatto ricorso alla PMA, scindendo tale profilo dalla valutazione circa l'illiceità o la liceità della tecnica di PMA concretamente utilizzata. Ciò, alla luce della formulazione letterale generale e onnicomprensiva dell'art. 8, l. n. 40/2004, ai sensi del quale i nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere a tali tecniche, senza alcun riferimento al necessario rispetto dei requisiti soggettivi e oggettivi di accesso alla PMA.

La questione sottoposta alla Corte. La Corte d'Appello di Cagliari affronta il delicato tema della tutela del figlio nato in Italia a seguito di PMA di tipo eterologo praticata all'estero da una coppia dello stesso sesso.

In particolare, il Collegio è chiamato a verificare se il preminente interesse del minore a vedere riconosciuto il suo status filiationis ovvero il diritto alla sua identità personale, familiare e sociale, alla certezza e alla riconoscibilità della relazione con la madre biologica e con la madre intenzionale, possa ricevere tutela nel nostro ordinamento attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 8, l. n. 40/2004.

Rigettando il motivo di reclamo con cui le amministrazioni avevano negato la possibilità di dissociare il profilo della tutela del nato da quello concernente l'illiceità della pratica di PMA per insussistenza del requisito soggettivo della diversità di sesso, la Corte afferma che la questione relativa allo status del figlio è diversa e autonoma rispetto a quella che riguarda la liceità della tecnica prescelta per farlo nascere.

Sul punto il Collegio evidenzia, altresì, che l'interpretazione dell'inapplicabilità dell'art. 8 al figlio nato da PMA illecita – per essere i componenti della coppia dello stesso sesso -, farebbe ricadere gli effetti negativi sul soggetto che non ha alcuna responsabilità per le modalità in cui è stato concepito ed è nato.

Pertanto, alla luce della pronuncia n. 32/2021 della Corte Costituzionale, secondo la quale il limite della diversità di sesso stabilito dall'art. 5, l. n. 40/2004 non configura un limite di ordine pubblico interno, il Collegio osserva come il mancato riconoscimento dello status filiationis al figlio nato a seguito di fecondazione eterologa omoaffettiva per il solo fatto di essere nato in Italia, e non all'estero, seppure da una coppia italiana dello stesso sesso, realizzerebbe un diverso trattamento del preminente interesse del minore a vedersi riconosciuto tale status, legato esclusivamente al luogo di nascita, in Italia o all'estero, fatto del tutto casuale e spesso correlato alle capacità finanziarie della coppia genitoriale.

In conclusione, rigettando il reclamo proposto, la Corte d'Appello conferma il decreto del Tribunale, ritenendo che possa essere accordata tutela nel nostro ordinamento al preminente interesse alla bigenitorialità del minore nato in Italia a seguito di PMA eterologa praticata all'estero da coppia omoaffettiva, con una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa vigente di cui all'art. 8, l. n. 40/2004.

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