Addebitabilità della separazione al padre e sussistenza dell'illecito endofamiliare

18 Giugno 2021

È tenuto a risarcire il danno da illecito endofamiliare nei confronti dei figli minori il genitore che si sia reso esclusivo responsabile della fine del matrimonio e si sia allontanato dai figli, creando un nuovo nucleo familiare.
Massima

L'addebitabilità della separazione al genitore, il suo allontanamento e la creazione di un nuovo nucleo familiare, creando una grave condizione di deprivazione e abbandono nei figli minori adottivi, già provati da un vissuto di abbandono, determinano la sussistenza di un illecito endofamiliare nei confronti degli stessi, con conseguente diritto al risarcimento del danno.

Il caso

La Corte d'Appello territorialmente competente affermava la sussistenza di un illecito endofamiliare, con conseguente risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dai due figli minori, adottati in tenera età, che hanno visto riacutizzarsi il trauma dell'abbandono, con determinazione di ulteriore sofferenza psichica e di grave rischio per il loro equilibrio futuro, a causa della separazione dei genitori, addebitabile esclusivamente al padre, e delle modalità traumatiche della stessa. Tali circostanze, unitamente al trasferimento del genitore in una città diversa e alla nascita di un altro figlio nel suo nuovo nucleo familiare, hanno determinato nei minori una grave condizione di deprivazione e senso di abbandono, tenuto conto della loro maggiore fragilità, in quanto figli adottivi già segnati da un abbandono originario. Avverso la pronuncia della Corte territoriale veniva proposto ricorso per cassazione, in cui il ricorrente deduceva, tra l'altro, l'omesso esame di un fatto decisivo in relazione al riconoscimento del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da illecito endofamiliare in capo ai figli minori, evidenziando di avere negli atti difensivi del giudizio d'appello respinto qualsivoglia addebito in ordine all'esistenza di un nesso di causalità tra le sue condotte e la fine dell'unione coniugale ed escludendo che vi fosse stato un suo riconoscimento in merito all'addebitabilità della separazione. Inoltre, in merito alla prova della lesione al diritto dei minori a non subire un'ulteriore privazione della genitorialità, il ricorrente evidenziava di non aver mai fatto mancare nulla ai figli minori, di essere stato ostacolato nella relazione con gli stessi dalla moglie, che avrebbe, anzi, effettuato nel corso del giudizio affermazioni incompatibili con il danno lamentato, rimarcando come quest'ultimo non fosse stato dimostrato in base ad obiettivi criteri di scientificità e di carattere medico legale, in quanto non risultavano descritti neanche i sintomi della sofferenza che avrebbe colpito i minori. La Corte di legittimità rigettava il ricorso, ritenendo immune da censure la sentenza della Corte d'Appello che aveva condannato il ricorrente al risarcimento dei danni subiti dai figli minori per condotte illecite paterne nella misura di 40000 Euro per ciascun figlio.

La questione

La questione in esame è la seguente: se le condotte illecite del genitore che comportano il risarcimento dei danni da illecito endofamiliare in favore dei figli minori, anche in considerazione del loro pregresso vissuto, possano consistere nella separazione addebitabile allo stesso, nel suo trasferimento geografico e nella creazione di un nuovo nucleo familiare.

Le soluzioni giuridiche

Nel caso in esame, ai fini della previsione e quantificazione del risarcimento dei danni da illecito endofamiliare, particolare rilevanza ha rivestito la peculiare biografia dei due figli, adottati all'età di tre e quattro anni, nei quali la separazione dei genitori e, in particolare, l'inaspettato allontanamento del padre dalla casa familiare, ha riacutizzato nei minori, cresciuti in orfanotrofio, il trauma dell'abbandono, determinando in essi nell'immediato una profonda sofferenza e ponendo a grave rischio il loro futuro equilibrato sviluppo, tanto da rendere necessaria per entrambi i ragazzi una terapia di sostegno. Il fatto lesivo che dà origine il risarcimento del danno è dovuto non solo alla rottura dell'unione coniugale addebitata esclusivamente al padre dei minori danneggiati, ma soprattutto alle modalità traumatiche della stessa, a cui hanno fatto immediatamente seguito l'allontanamento geografico del padre ed una serie di eventi, tra cui la creazione di un nuovo nucleo familiare da parte del padre e la nascita di un figlio naturale dello stesso, inequivocabilmente diretti a rafforzare l'idea della privazione della figura genitoriale paterna. Il risarcimento danni si fonda sulla decisione del padre dei minori di adottare tali personali decisioni senza considerare la fragilità dei figli adottivi e la precarietà dell'equilibrio affettivo da essi raggiunto: il danno non patrimoniale è stato, pertanto, individuato nella riproposizione nei due minori di una situazione di abbandono che, anche se non equiparabile a quella originaria, è stata comunque ritenuta idonea a produrre negli stessi una sofferenza perdurante e non occasionale. Altresì, anche la determinazione del danno non patrimoniale, avvenuta in via equitativa, è stata ampiamente giustificata sulla base dell'incidenza della pregressa esperienza esistenziale dei minori e della sofferenza da essi subita.

Osservazioni

La nozione di illecito endofamiliare è stata delineata da un ampio orientamento dottrinale e giurisprudenziale, che ha evidenziato come la violazione dei doveri familiari che leda diritti costituzionalmente protetti, oltre ad essere sanzionata con le misure tipiche previste dal diritto di famiglia, possa integrare anche gli estremi dell'illecito civile e dare luogo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c. Il fondamento del danno endofamiliare è stato ravvisato dalla giurisprudenza di legittimità nella lesione di carattere irreversibile del diritto di natura costituzionale riconosciuto e protetto dal combinato disposto degli artt. 147 e 148 c.c., 2 e 30 Cost., così come rafforzato dall'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e dalle Convenzioni di New York del 20.11.89 ratificata con l. n. 176/1991, posta a tutela dell'interesse del minore e della responsabilità genitoriale. I

l diritto del figlio ad essere educato e mantenuto, di cui agli artt. 147 e 148 c.c., che secondo la Suprema Corte (Cass. civ. 5562/2012), è eziologicamente connesso alla procreazione, presuppone il più ampio diritto – desumibile dalla lettura coordinata delle norme citate con gli artt. 2 e 30 Cost. - di condividere fin dalla nascita con il proprio genitore la relazione filiale nei suoi due aspetti affettivo, fondamentale nella costituzione e sviluppo dell'equilibrio psicofisico di ogni persona, e sociale, tramite la condivisione ed il riconoscimento esterno dello status conseguente alla procreazione. Il nucleo costitutivo originario dell'identità personale e relazionale dell'individuo è integrato da entrambi questi profili, tanto che è la comunità familiare a costituire per un minore la prima formazione sociale da lui riconosciuta come proprio riferimento affettivo e protettivo. In accoglimento di tali principi, il comma 3 dell'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, fonte integratrice dello statuto dei diritti fondamentali di rango costituzionale delle persone, tutela espressamente il diritto per il bambino a ricevere protezione e cure necessarie al suo benessere nonchè quello di intrattenere relazioni significative con i propri genitori. La Corte di Cassazione ha, inoltre, più volte ribadito come una grave violazione dell'obbligo costituzionale così delineato, come integrato dalla fonte costituzionale costituita dal diritto dell'Unione europea e dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20.11.89 ratificata con l. n. 176/1991, derivi dalla privazione di entrambi gli elementi fondanti il nucleo dei doveri di solidarietà del rapporto di filiazione e determini una sorta di automatismo tra procreazione e responsabilità genitoriale, intesa secondo i predetti obblighi previsti dagli artt. 147 e 148 c.c., che costituisce il fondamento della responsabilità aquiliana da illecito endofamiliare, nell'ipotesi in cui alla procreazione- ovvero all'adozione, come nel caso esaminato- non segua il riconoscimento e l'assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore. In sintesi, si può quindi affermare come il presupposto della responsabilità e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c. sia individuabile nella consapevolezza dell'assunzione dello status di genitore, sia tramite concepimento che adozione, unitamente alla violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti.

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