COVID-19 e domiciliari: termine di stasi prorogato in mancanza di istanza di trattazione da parte dell'imputato

Redazione Scientifica
21 Giugno 2021

Inammissibile il ricorso da parte di un imputato nei confronti dell'ordinanza della Corte d'Appello di Roma che aveva respinto la sua istanza di declaratoria di inefficacia dei domiciliari per scadenza del termine di fase. Tutto ciò in piena pandemia.

Inammissibile il ricorso da parte di un imputato nei confronti dell'ordinanza della Corte d'Appello di Roma che aveva respinto la sua istanza di declaratoria di inefficacia dei domiciliari per scadenza del termine di fase. Tutto ciò in piena pandemia.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23913/21, depositata il 17 giugno.

Un imputato ricorre in Cassazione nei confronti dell'ordinanza della Corte d'Appello di Roma che aveva respinto la sua istanza di declaratoria di inefficacia dei domiciliari per scadenza del termine di fase, lamentandosi della violazione di legge in relazione agli artt. 83 d.l. n. 18/2020 e dell'art. 304 c.p.p.

La disciplina prevista dall'art. 83, comma 4, del suddetto decreto-legge non ha introdotto deroghe all'art. 304 c.p.p. e al comma 4 stabilisce che «la sospensione dei termini opera rispetto a quei procedimenti che, in base al comma 2, sono stati oggetto di rinvio ex officio». E nel caso di specie, il procedimento del ricorrente non è stato mai oggetto di rinvii.

Il ricorso risulta, quindi, inammissibile in quanto la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare che «non vi è dubbio che quella configurata dal legislatore sin dal d.l. n. 9/2020 sia una vera e propria sospensione ex lege dei procedimenti e dei processi, atteso che il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione di tutti i termini sono misure che sono state adottate proprio al dichiarato fine di provocare una generalizzata stasi dell'attività giudiziaria – salve le eccezioni espressamente previste – funzionale al contenimento dell'emergenza pandemica» (sez. Unite n. 5292/2020) e che «il secondo comma dell'art. 83 per le altre fasi del processo o del procedimento non collega la sospensione necessariamente alla sopravvenuta impossibilità di celebrare un'udienza».

In tale periodo emergenziale, infatti, il legislatore ha “congelato” quasi tutte le attività processuali per ridurre al minimo ogni forma di contatto. E il procedimento del ricorrente ha quindi subito un'effettiva stasi dell'attività processuale per l'effetto delle misure adottate per arginare la pandemia.

E in mancanza di un'istanza di trattazione da parte dell'accusato, ne è conseguita la proroga del termine di fase.

Per questi motivi il Collegio dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Fonte: Diritto e Giustizia

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