Riservatezza dell'accordo di divorzio e diritto al rispetto della vita privata e familiare

25 Giugno 2021

Nel caso in questione si osserva come l'obbligatoria presentazione e pubblicazione nel registro fondiario dell'intero accordo divorzio, anziché di un suo estratto, al fine di trasferire la quota di proprietà immobiliare dell' ex moglie, viola il diritto del ricorrente e quello dei figli minorenni al rispetto dei dati personali, tutelato dall'art. 8 CEDU.
Massima

Gli obblighi positivi derivanti dall'art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare) impongono al legislatore nazionale di stabilire un quadro giuridico che garantisca l'effettivo godimento dei diritti previsti da tale articolo e comportano per i tribunali nazionali l'obbligo procedurale di condurre una valutazione completa della questione attinente al diritto alla privacy del richiedente. Nel caso specifico, vi è stata violazione dell'art. 8 CEDU in quanto i tribunali nazionali non hanno valutato in modo completo se l'obbligo legale di presentare l'intero accordo di divorzio, ai fini dell'iscrizione del trasferimento immobiliare previsto nelle condizioni, fosse compatibile con l'effettivo godimento da parte del richiedente del diritto alla protezione dei dati personali.

Il caso

Nel maggio 2013, il sig. Liebscher e la moglie sottoscrivevano dinanzi al Tribunale della famiglia di Dobling un accordo di divorzio, nel quale era previsto un trasferimento immobiliare tra le parti.

Successivamente, il sig. Liebscher rivolgeva al Tribunale di Dobling, questa volta in veste di tribunale del registro fondiario, domanda di iscrizione nel registro fondiario del trasferimento immobiliare e, a tal fine, allegava un estratto ufficiale dell'accordo divorzile, contenente unicamente la parte relativa alla questione immobiliare.

L'accordo di divorzio, infatti, conteneva anche molteplici informazioni personali concernenti l'affidamento e la residenza dei figli minorenni, l'assegno di mantenimento, la divisione dei beni matrimoniali, oltre che dati relativi alle proprietà e ai redditi delle parti, non rilevanti ai fini del trasferimento e che il richiedente voleva comprensibilmente tenere riservati.

Con decisione del 25 febbraio 2016, il Tribunale del registro fondiario respingeva la domanda di iscrizione, affermando che l'estratto dell'accordo divorzile non soddisfaceva i requisiti di legge e non consentiva al giudice di verificare se la transazione contenesse condizioni o fatti che avrebbero potuto impedire l'iscrizione nel registro fondiario o il cui verificarsi costituisse condizione per il trasferimento della proprietà. Ai fini dell'iscrizione era necessario presentare l'accordo di divorzio nella sua interezza.

Il sig. Liescher impugnava la decisione dinanzi al Tribunale di Vienna, sostenendo che non vi fosse alcuna necessità di richiedere e pubblicare i suoi dati personali. Rilevava, altresì, che l'estratto presentato era stato rilasciato dal medesimo Tribunale di Dobling (in qualità di tribunale della famiglia) e conteneva l'attestazione di quest'ultimo circa la completezza del documento in relazione ai dati necessari per il trasferimento immobiliare.

L'appello veniva rigettato e così anche il successivo ricorso dinanzi alla Corte suprema austriaca.

Il sig. Liebscher presentava, quindi, ricorso alla Corte EDU lamentando la violazione del diritto al rispetto dei propri dati personali (art. 8 CEDU).

La quarta sezione della Corte di Strasburgo ha riconosciuto all'unanimità la violazione dell'art. 8 della Convenzione

La questione

Il richiedente ha sostenuto che l'obbligatoria presentazione e pubblicazione nel registro fondiario dell'intero accordo divorzio, anziché di un suo estratto, al fine di trasferire la quota di proprietà immobiliare alla ex moglie, violasse il suo diritto e quello dei figli minorenni al rispetto dei dati personali, tutelato dall'art. 8 CEDU. L'accordo di divorzio, contenente svariati dati di natura personale, sarebbe stato inserito nel pubblico registro immobiliare e reso accessibile a chiunque senza alcuna restrizione. Tale misura, per il ricorrente, era sproporzionata e il suo interesse alla riservatezza dei dati sensibili prevaleva su qualsiasi altro interesse pubblico in gioco.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Strasburgo ha più volte affermato, e lo ha ribadito anche nella sentenza in commento, che la protezione dei dati personali è di fondamentale importanza per il godimento del diritto al rispetto della vita privata e familiare (Satakunnan Markkinapörssi Oy e Satamedia Oy c. Finlandia [GC], n. 931/13 § 137, 27 giugno 2017).

L'art. 8 CEDU prevede il diritto ad una forma di autodeterminazione informativa(informational self-determination), che consente al soggetto di fare affidamento sul proprio diritto alla privacy con riguardo a dati che, sebbene neutri, sono raccolti, elaborati e diffusi in una forma e con le modalità consentiti dall'articolo.

La Corte EDU ha, inoltre, ribadito che l'art. 8 CEDU si configura non solo come un obbligo negativo – che richiede allo Stato di astenersi da azioni che possano interferire ingiustificatamente con il diritto alla privacy di un individuo - ma anche come un obbligo positivo, che esige che lo Stato si attivi per garantire l'effettivo rispetto della vita privata da parte delle sue autorità legislative, esecutive e giudiziarie, mediante la predisposizione di un adeguato sistema di meccanismi giudiziari ed esecutivi. Tale sistema deve offrire la possibilità di effettuare un'efficace valutazione della proporzionalità tra la misura contestata e lo scopo perseguito (Taliadorou e Stylianouv c. Cipro, n. 39627/05 e 39631/05 § 55; Lopez Guiò c. Slovacchia, 3 giugno 2014), riconoscendo agli Stati un certo margine di apprezzamento(Barbulascu c. Romania, n. 61496/08, § 112, 5 settembre 2017).

La Corte ha ricordato, anche, che il confine tra obblighi positivi e negativi ai sensi della Convenzione EDU non si presta a una definizione precisa e che in entrambi i casi lo Stato deve raggiungere il giusto bilanciamento tra gli interessi concorrenti dell'individuo e della collettività.

Nel caso di specie, gli interessi contrapposti possono essere considerati il diritto alla riservatezza del richiedente e le esigenze di certezza del diritto di proprietà della collettività.

Il diritto al rispetto della vita privata e familiare non è assoluto, potendo gli Stati limitarne l'esercizio in base alla legge e per quanto “necessario in una società democratica” a perseguire le finalità d'interesse generale indicate dall'art. 8, par. 2 CEDU (sicurezza nazionale, pubblica sicurezza, benessere economico del paese, difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, protezione della salute o della morale, protezione dei diritti e delle libertà altrui).

Dopo aver ribadito tali principi di ordine generale, la Corte ha affrontato il caso specifico, ravvisandovi un'ipotesi riguardante gli obblighi positivi dello Stato di garantire il rispetto effettivo della vita privata da parte delle varie autorità pubbliche.

Le argomentazioni dei tribunali austriaci nel rigettare i ricorsi del sig. Liebscher sono state principalmente due: 1) il dato letterale della legge austrica sul registro fondiario (art. 87, par. 1), che prevede espressamente che la domanda di iscrizione nel registro debba essere accompagnata dagli “originali” dei documenti a fondamento della richiesta. Un estratto non può per definizione essere considerato un originale. 2) La considerazione che l'obbligo di presentare il documento integrale risponde all'esigenza di verificare se la transazione contenga condizioni o fatti che potrebbero impedire l'iscrizione nel registro fondiario o il cui verificarsi costituisca condizione per il trasferimento della proprietà.

Il richiedente ha sostenuto che l'interpretazione letterale delle disposizioni normative austriache sul registro fondiario condurrebbe ad una violazione del diritto alla protezione dei dati e al rispetto della vita privata e che, in casi come questi, i tribunali nazionali sono tenuti ad interpretare le disposizioni del diritto ordinario in conformità con la costituzione federale e con la CEDU. Secondo il ricorrente, inoltre, l'obbligo di presentare l'intero accordo era sproporzionato rispetto ad ogni eventuale interesse pubblico in gioco, soprattutto perché sarebbe stato possibile trovare soluzioni alternative, quali quelle di accettare l'estratto dell'accordo divorzile o fornire al tribunale l'accordo integrale per le opportune verifiche, senza però poi renderlo pubblico. Il richiedente si è lamentato non tanto del fatto che il tribunale avrebbe preso visione dell'accordo di divorzio, quanto piuttosto della pubblicazione di quest'ultimo nell'archivio pubblico.

Il Governo austriaco si è difeso rilevando che la finalità dell'art 87 legge sul registro immobiliare è quella di garantire che ogni iscrizione nel registro fondiario sia pienamente giustificata dal contenuto dei documenti presentati, nei cui confronti non devono esserci preoccupazioni di diritto formale o materiale. Tale previsione normativa sarebbe necessaria in una società democratica, ai sensi dell'art. 8 par. 2 CEDU, per proteggere i diritti e le libertà dei terzi e per prevenire crimini, rispondendo così ad un bisogno sociale urgente.

Esaminando i diversi gradi del giudizio, la Corte ha dato ragione al richiedente, constatando come nessun giudice avesse condotto un'analisi di proporzionalità dei diritti confliggenti, né aveva esaminato la questione relativa alla protezione dei dati del ricorrente. In altre parole, i tribunali nazionali non avevano affrontato il nucleo del ricorso del sig. Liebscher, omettendo di valutare se l'obbligo di produrre l'integrale accordo di divorzio fosse compatibile con l'effettivo godimento del diritto alla protezione dei dati personali del richiedente.

Così facendo, i tribunali austriaci non hanno rispettato l'obbligo procedurale previsto dall'art. 8 CEDU di condurre un esame completo della questione afferente la privacy del ricorrente (Lewit c. Austria, 10 ottobre 2019 e Taliadorou e Stylianou c. Cipro, 16 ottobre 2008). Così, ad esempio, non hanno considerato se fosse sufficiente, ai fini della trasparenza del registro fondiario, che il ricorrente presentasse sia l'intero accordo sia l'estratto per un esame della completezza di quest'ultimo, che, se ritenuto essere completo, sarebbe potuto servire da base per la richiesta di iscrizione nel registro fondiario e per la pubblicazione nel relativo archivio.

Poiché gli obblighi positivi dello Stato richiedono al legislatore di predisporre un quadro giuridico che garantisca l'effettiva tutela di tale diritto, i tribunali nazionali - che non hanno ritenuto necessario rivolgersi alla Corte costituzionale - avrebbero quantomeno dovuto valutare sufficientemente la possibilità di interpretare le disposizioni normative in conformità con l'art. 8 CEDU.

Osservazioni

La sentenza in commento amplia la giurisprudenza della Corte di Strasburgo in tema di diritto al rispetto della vita privata e familiare e ribadisce che il diritto alla protezione dei dati personali degli individui ne costituisce un determinante aspetto. Non vi può, infatti, essere pieno il rispetto della vita privata e familiare delle persone se non è garantita la riservatezza delle informazioni personali degli individui.

La nozione di vita privata elaborata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo è alquanto ampia e non suscettibile di una definizione esaustiva (Niemietz c. Germania, § 29; Pretty c. Regno Unito, § 61; Peck c. Regno Unito, § 57), includendo i più svariati aspetti connessi all'integrità fisica, psicologica o morale, all'identità (nome, immagine fotografica, l'identità di genere e l'orientamento sessuale) e alla riservatezza delle persone. Nel concetto di vita privata sono incluse anche le informazioni personali, che un individuo può legittimamente aspettarsi non vengano pubblicate senza il proprio consenso (FLinkkila e Altri c. Finlandia, 6 aprile 2010, §75).

Per determinare se le informazioni personali riguardino aspetti della vita privata, la Corte tiene debitamente conto dello specifico contesto in cui queste sono state raccolte e conservate, della natura dei documenti, delle modalità con cui sono utilizzate e trattate e dei risultati che possono essere ottenuti (S. e Marper c. Regno Unito [GC], § 67 sulla raccolta e conservazione dei dati biometrici in ambito penale).

Svariate sono le pronunce che hanno riguardato la riservatezza dei dati personali in connessione con l'art. 8 CEDU (a titolo esemplificativo: Z. c. Finlandia, 25 febbraio 1997 in tema di dati sanitari; Satakunnan Markkinapörssi Oy e Satamedia Oy c. Finlandia [GC], 27 giugno 2017 § 137, sui dati reddituali; M.N. e Altri c. San Marino, 7 luglio 2015 e G.S.B. c. Svizzera 22 dicembre 2015 sulle informazioni relative ai conti bancari; Rotaru c. Romania[GC], 4 maggio 2000 §§ 43-44 sulle informazioni relative alle attività politiche svolte da una persona; Gardel c. Francia, n. 16428/05 § 58 sui dati relativi agli autori di reati di carattere sessuale).

La pronuncia de qua si segnala anche per aver ribadito che l'art. 8 CEDU pone agli Stati contraenti non solo obblighi negativi (di non ingerenza arbitraria), ma anche positivi, dovendo lo Stato garantire l'effettiva tutela del rispetto della vita privata e familiare mediante la predisposizione di un sistema di meccanismi che consenta un'efficace valutazione della proporzionalità dei diritti confliggenti.

Nella sentenza in commento la Corte ha rilevato che i tribunali nazionali non avevano svolto tale valutazione di proporzionalità tra il diritto alla riservatezza del richiedente e la misura prevista dalla legge austriaca.

Nel momento in cui i giudici non hanno ravvisato un profilo di incostituzionalità nella diposizione normativa interna che richiede la presentazione e la pubblicazione dell'intero accordo di divorzio, avrebbero dovuto interpretare tale disposizione in modo compatibile con il disposto di cui all'art. 8 CEDU.

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