Solo la regolare tenuta della contabilità prova il credito vantato dall'amministratore di condominio

Luca Malfanti Colombo
28 Giugno 2021

La fattispecie sottoposta all'esame del giudice di merito aveva per oggetto la verifica della validità o meno della richiesta avanzata dal condominio di essere liberato dalla pretesa dell'ex amministratore alla refusione delle spese da questi personalmente anticipate nell'interesse della medesima compagine condominiale. Il tutto tenendo conto che tali anticipazioni erano state effettuate dal gestor con modalità tali da incidere negativamente sulle risultanze contabili della res communis, tanto da comportare la contestuale violazione, da parte di quest'ultimo, di plurime disposizioni normative quali, fra tutte, l'art. 1129, comma 12, n. 4), c.c.
Massima

In tema di condominio, non può ritenersi provato il credito dell'amministratore (tanto in carica quanto uscente o cessato) per le spese anticipate nell'interesse della compagine condominiale qualora la contabilità non sia stata da questi tenuta in maniera regolare, o in modo da rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e da consentire così l'approvazione da parte dell'assemblea del rendiconto consuntivo.

Il caso

La controversia prendeva le mosse dall'azione, promossa dal Condominio, volta a richiedere la revoca del decreto ingiuntivo in precedenza emesso e conseguente liberazione di tale ente da ogni pretesa avanzata dall'ex amministratore (di cui la parte attrice domandava oltretutto contestualmente la condanna ex art. 96 c.p.c.)circa la rifusione delle spese da quest'ultimo anticipate nell'interesse della stessa compagine condominiale. Il tutto in quanto, a detta dell'attore, tali spese non potevano dirsi provate causa la previa commissione, da parte del convenuto, di irregolarità tali da incidere sulle risultanze contabili della gestione condominiale e quindi anche sull'esistenza stessa dei disavanzi dal medesimo evidenziati come prova, appunto, delle richiamate anticipazioni.

Il Condominio de quo, in persona dell'amministratore pro tempore, proponeva quindi opposizione a decreto ingiuntivo citando in giudizio l'ex amministratore, quale parte opposta, innanzi il Tribunale di Torino.

La questione

Si trattava, quindi, di stabilire se vi fosse stata o meno un'inadempienza da parte dell'ex amministratore nell'esercizio della propria funzione gestoria, e ciò con particolare riguardo alla regolare tenuta della contabilità condominiale. Nello specifico, veniva demandato all'autorità giudiziaria il verificare se il citato soggetto avesse o meno gestito le finanze condominiali in modo improprio, creando tra l'altro confusione fra il patrimonio personale e quello del Condominio un tempo gestito, compiendo quindi in merito irregolarità tali da inficiare non solo la prova ma perfino l'esistenza stessa del credito dal medesimo vantato. Il tutto realizzando così la contestuale violazione di diverse disposizioni normative, tra le quali si vuole qui richiamare espressamente l'art. 1129, comma 12, n. 4), c.c.

Le soluzioni giuridiche

Sul punto, il Tribunale di Torino ha ritenuto fondata l'opposizione presentata dal Condominio (e quindi potersi revocare il decreto ingiuntivo in precedenza emesso contro la stessa parte attrice) in quanto sono state ravvisate irregolarità da parte del convenuto soprattutto nella tenuta della contabilità condominiale. Si tratta di anomalie che hanno finito per incidere negativamente sulle risultanze contabili della gestione dell'ex amministratore e, nello specifico, sull'esistenza stessa dei disavanzi dal medesimo evidenziati come prova delle anticipazioni effettuate a favore del Condominio.

Il giudice di merito ha affermato, in particolare, che il credito della parte convenuta non poteva dirsi concretamente provato all'esito della produzione documentale. E ciò, fondamentalmente, per i seguenti ordini di motivazione. In primo luogo, pur quanto l'amministratore uscente avesse prodotto copia dei bonifici (tra l'altro in parte già recuperati) emessi in pagamento delle forniture del Condominio, non poteva comunque sostenersi che l'organo assembleare avesse approvato un rendiconto dal quale emergevano con effettività i pagamenti de quibus e quindi il debito maturato verso tale soggetto. E il tutto nonostante in precedente verbale di assemblea fosse stata comunque espressamente riportata l'intenzione del gestor di ripetere le somme anticipate facendo riferimento al bilancio consuntivo in passivo con le spese pagate e il conto bancario in attivo. La quantificazione del credito vantato dal convenuto derivava infatti dalla risultante della sola differenza fra le passività riscontrate in esercizi precedenti ed i versamenti effettuati dalla compagine condominiale nello stesso arco temporale. Nessuna posta passiva era, quindi, stata specificamente indicata nel rendiconto di gestione, evidenziando perciò questo semplicemente un disavanzo fra le entrate e le uscite. Il Tribunale torinese, pertanto, allineandosi alla giurisprudenza prevalente, ha ribadito che in tal caso il rendiconto consuntivo non poteva fungere alla parte convenuta quale idoneo strumento di riconoscimento di debito. Esso, infatti, alla luce di quanto rilevato, non consentiva “di ritenere dimostrato, in via di prova deduttiva, che la differenza (fra entrate e uscite, fosse) stata versata dall'amministratore con denaro proprio, poiché la ricognizione di debito richiede un atto di volizione, da parte dell'assemblea, su un oggetto specifico (i.e. le poste passive) posto all'esame dell'organo collegiale” (Cass. civ., sez. II, 9 maggio 2011 n. 10153).

Il giudice di merito, oltretutto, aderendo a consolidato orientamento giurisprudenziale, non ha altresì omesso di rimarcare, in via preliminare, che non costituiva prova idonea del debito accumulato dalla parte attorea neppure il fatto che le anticipazioni dal convenuto versate in favore di questa fossero state indicate dal nuovo gestore condominiale nel verbale di passaggio delle consegne. La sottoscrizione del detto verbale da parte del nuovo amministratore non costituiva infatti vincolo alcuno per l'assemblea condominiale, la quale è sempre l'unico organo cui spetta il compito “di approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo, ovvero valutare l'opportunità di spese affrontate di iniziativa dell'amministratore” (Cass. civ, sez. VI, 23 luglio 2020, n.15702).

Un ulteriore elemento, puntualmente segnalato dall'organo giudicante, che rendeva impossibile la determinazione dell'esistenza e dell'entità del credito vantato dal convenuto era poi da ricercare nella rilevata confusione ingeneratasi a causa dei seguenti comportamenti tenuti dall'ex amministratore, ossia l'irregolare impiego del conto corrente condominiale e l'indebito utilizzo del conto personale per il pagamento delle spese attinenti alla gestione della res communis. Risultava infatti provato, proprio alla luce della documentazione prodotta dalle parti, che la prassi dell'amministratore uscente era sempre stata quella di utilizzare il conto corrente personale per effettuare i pagamenti dei fornitori e per fra transitare somme dal conto del Condominio. L'uso promiscuo del conto corrente condominiale (dal quale erano uscite somme destinate al conto personale del convenuto ed alla rimunerazione dei fornitori con provvista del conto personale dell'ex amministratore) integrava tra l'altro la violazione dell'art. 1129, comma 12, n. 4), c.c. Tale norma infatti, interpretata incidentalmente, consentiva di ritenere non intellegibile ai condomini il rendiconto annuale di gestione e, in particolare, proprio circa le voci di uscita (ivi non puntualmente riportate) inerenti le anticipazioni effettuate dall'ex amministratore, così da rendere oltretutto impossibile la dimostrazione dell'approvazione, da parte dell'assemblea, del rendiconto consuntivo appunto in relazione al debito maturato dal Condominio verso la parte convenuta.

Osservazioni

Dall'art. 1129, comma 7, c.c., emerge fra l'altro l'obbligo, in capo all'amministratore, di far transitare le somme ad ogni titolo erogate per conto del Condominio (quali, ad esempio, i pagamenti dei fornitori) su un apposito conto corrente a questo intestato. Il tutto per garantire regolarità e trasparenza non solo nella gestione del singolo complesso edilizio ma anche e soprattutto nella tenuta dei relativi assetti contabili, scongiurando così l'ingenerarsi di eventuale confusione fra il patrimonio del detto ente e quello personale del singolo gestore.

Può accadere tuttavia, alle volte, che l'amministratore si trovi a dover effettuare delle anticipazioni dal proprio conto corrente a nome del Condominio dal medesimo gestito. Si pensi, ad esempio, ad una situazione di temporanea impossibilità per le finanze condominiali di sopperire agli oneri a vario titolo connessi alla gestione del singolo stabile. Ora, come affrontare il tema del rimborso delle somme anticipate? Ma soprattutto, cosa accade in proposito se, come nel caso in trattazione, l'amministratore, essendo ormai un “ex”, non è più il responsabile del Condominio per il quale ha effettuato le dette anticipazioni?

Relativamente alla tematica de qua, risulta trovare applicazione, in linea di principio, la fattispecie normativa del mandato con rappresentanza. Dall'art. 1720 c.c., si evince infatti l'obbligo del mandante (i.e. il Condominio) di rimborsare al mandatario (i.e. l'amministratore), tra l'altro, proprio le spese da questi anticipate in favore del primo soggetto. Dunque, il curator che provvede con mezzi economici propri (e non con la provvista) ad eseguire le obbligazioni nascenti dal proprio mandato ha certamente diritto di rivalersi sul Condominio gestito per il recupero delle somme anticipatamente versate! Tale assunto, tuttavia, necessita di essere armonizzato coi principi regolativi della materia condominiale, per cui si suole parlare di illiquidità ed inesigibilità del credito del gestor in assenza di previo controllo da parte dell'organo assembleare (v., fra tutte, Cass. civ., sez. II, 30 settembre 2013, n. 22313, Cass. civ., sez. II, 27 giugno 2011, n. 14197; Cass. civ., sez. II, 18 maggio 1994, n. 4831). L'amministratore invero, secondo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario, non è dotato di un generale potere di spesa, competendo per contro, ogni volta, all'assemblea la valutazione di opportunità circa gli esborsi (e quindi anche le anticipazioni) da questi effettuati (v., fra tutti, Trib. Milano 25 settembre 2009).

Ai fini della conferma della legittimazione al rimborso, spetta poi sempre al responsabile del Condominio l'onere di provare quali siano state le anticipazioni dal medesimo erogate (Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2006, n. 7498). E il tutto attraverso una chiara indicazione, in bilancio, delle diverse voci di spesa da questi affrontate in favore dell'ente amministrato. A conferma di ciò si richiama non solo la prevalente giurisprudenza ma anche la stessa previsione dell'art. 1130-bis c.c. che, al comma 1, prevede appunto l'obbligo dell'amministratore di porre in evidenza, nel conto consuntivo, ogni “dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio”. In tale accezione, non possono quindi non ritenersi comprese anche le somme da questi eventualmente anticipate per conto della relativa compagine condominiale amministrata.

Sotto il profilo da ultimo ricordato, è però già possibile ravvisare, nel caso in trattazione, un'irregolarità nel comportamento della parte convenuta. Ovvero, pur quanto in precedenti verbali assembleari venisse riportata la sua intenzione di ripetere sull'attore le somme anticipate, nel conto consuntivo, tuttavia, non risultava reperibile alcuna concreta menzione di quest'ultime. In altre parole, nel bilancio condominiale (ai fini della determinazione del credito della parte convenuta) non veniva fatto alcun riferimento a precise poste passive ma solo ad un semplice disavanzo fra entrate e uscite. Nel citato documento, infatti, l'ex amministratore dimostrava di desumere le anticipazioni dalle stesso versate solo come la risultante della differenza fra le passività riscontrate in esercizi precedenti ed i versamenti effettuati dalla compagine condominiale nello stesso arco temporale. Ora, proprio tale condotta da parte del gestor non ha reso possibile al medesimo l'impiego della delibera di approvazione del consuntivo quale prova dell'esistenza del credito vantato. In proposito, come è stato sostenuto da consolidata giurisprudenza, la detta deliberazione avrebbe sì potuto valere quale idoneo strumento di “riconoscimento di debito (…)” condominiale, ma ciò solo circa l'importo che fosse stato specificamente indicato dall'amministratore uscente come corrispondente al disavanzo fra le rispettive poste contabili. In altre parole, l'approvazione del consuntivo ha valore di riconoscimento del credito del gestor relativamente alle sole poste passive che siano da questi espressamente riportate. Perciò, la convalida di un rendiconto di cassa esibente, come nel caso in oggetto, un semplice disavanzo fra entrate e uscite non poteva essere addotta dal convenuto come prova dell'esistenza di alcun credito. E ciò in quanto questa, così strutturata, non consentiva assolutamente di poter riconoscere, per via deduttiva, né che la differenza fosse stata versata dall'ex amministratore con denaro proprio né tantomeno che questi fosse comunque in credito verso il Condominio gestito. Da qui, pertanto, l'assunto in ragione del quale “la ricognizione di debito richiede (sempre) un atto di volizione, da parte dell'assemblea, su un oggetto specifico posto all'esame dell'organo collegiale” (Cass. civ., sez. II, 9 maggio 2011, n. 10153). La mera indicazione, nel consuntivo, di un disavanzo fra entrate e uscite non è perciò sufficiente a provare l'esistenza d'alcun tipo di anticipazione da parte dell'amministratore!

Qualora poi il curator, come nel caso di specie, si trovasse a non ricoprire più la carica di responsabile del Condominio, nulla cambierebbe con quanto affermato finora relativamente alle modalità di prova del credito vantato ed alla verifica della legittimazione al rimborso delle spese anticipate. Anzi, dato per assodato proprio quanto infra, è altresì da aggiungere che viene qui data facoltà all'ex gestore di ripetere le anticipazioni effettuate sia, cumulativamente, verso ogni singolo condomino sia nei confronti dello stesso Condominio, globalmente inteso, in persona dell'amministratore pro tempore. In ogni caso, ciò che è importante rimarcare è che l'amministratore, benché uscente o cessato, non può mai esimersi dal fornire la prova effettiva del proprio credito. Spetta infatti sempre all'(ex) “mandatario che agisce in giudizio per il recupero delle spese e delle anticipazioni sopportate per l'esecuzione dell'incarico a dover fornire la dimostrazione dei fatti che ne costituiscono il fondamento, e cioè dell'esecuzione del negozio gestorio e dell'esborso effettuato in occasione di esso” (Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 2019, n. 5611, Cass. civ., sez. VI/II, 17 agosto 2017, n. 20137; Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2006, n. 7498; Cass. civ., sez. II, 3 novembre 1984 n. 5573). Il tutto attraverso un'adeguata tenuta contabilità, tale da rendere comprensibile a ciascun condomino le poste attive e passive e da consentire oltretutto in merito l'approvazione dello stesso consuntivo al relativo organo assembleare.

Ciò detto, è da sottolineare che sono altresì riscontrabili, nella fattispecie posta al vaglio del giudice torinese, ulteriori irregolarità da parte del convenuto. Questi, infatti, aveva innanzitutto erroneamente cercato di utilizzare anche il verbale di passaggio consegne quale atto giustificativo del proprio credito. Ovvero, l'amministratore uscente, nonostante l'omessa indicazione nel consuntivo delle precise poste inerenti alle somme anticipate per il Condominio, aveva tentato di dimostrare la propria legittimazione al rimborso delle stesse rilevando che del credito dal medesimo vantato era stata fornita apposita indicazione, al momento del passaggio delle consegne, pure dal nuovo gestore nel relativo verbale. Sul punto, tuttavia, è stato ribadito in dottrina che il verbale de quo ha pura valenza di “attestazione dell'adempimento dell'obbligo previsto dall'art. 1129, comma 8, c.c., ma non può avere valore di atto di ricognizione di debito ai sensi dell'art. 1988 c.c.» (Celeste, Scarpa, Colonna).

La stessa giurisprudenza, tanto di merito che di legittimità, ha più volte sottolineato in proposito che la funzione ricognitiva di debito del verbale di passaggio consegne a favore dei crediti dell'ex amministratore “dipende esclusivamente dal contenuto del verbale medesimo” (Cass. civ., sez. II, 11 novembre 2015,n. 23018). O meglio, il nuovo amministratore, essendo un semplice rappresentante della volontà condominiale, non ha di per sé alcun potere (in assenza di apposita autorizzazione dell'assemblea) “di effettuare una ricognizione di debito che si riflette inevitabilmente nella sfera giuridico-patrimoniale dei condomini” (Trib. Roma 18 gennaio 2017; Trib. Roma 11 settembre 2015). Egli, in altre parole, non ha la possibilità di approvare autonomamente incassi e spese condominiali eventualmente emergenti dai prospetti sinottici che gli dovessero essere presentati dal precedente amministratore al momento del trasferimento dell'incarico gestorio. Da ciò deriva che il verbale di passaggio delle consegne, riportante l'indicazione del credito dell'amministratore uscente, essendo un “atto riconducibile al nuovo amministratore, suo sottoscrittore, è inidoneo (…)” a produrre effetti vincolanti verso il Condominio e quindi non costituisce opportuna prova del debito accumulato da quest'ultimo verso l'ex curator in ordine “alle anticipazioni di pagamenti (…) risultanti dalla situazione di cassa registrata” (Cass. civ., sez. VI, 23 luglio 2020, n. 15702; Trib. Roma 24 gennaio 2016). Pertanto, è sempre esclusivo compito dell'organo assembleare valutare ogni tipo di spesa sostenuta dall'amministratore, tanto in carica quanto cessato o uscente, ai fini della relativa approvazione. Valutazione che non può prescindere dalla puntuale indicazione, nel conto consuntivo, delle diverse poste passive affrontate dal gestor. In conclusione, “solo una chiara e definitiva indicazione in bilancio dell'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili può costituire prova idonea del debito dei condomini nei confronti del precedente amministratore” (Cass. civ., sez. II, 14 febbraio 2017, n. 3892; Cass. civ., sez. II, 28 maggio 2012 n. 8498). Il che introduce, analizzando il caso in oggetto, un'altra irregolarità rilevata a carico della parte convenuta. E cioè, come emerso dagli atti di causa, risultava documentato che la prassi dell'ex amministratore era sempre stata quella di impiegare il conto corrente personale tanto per liquidare i fornitori quanto per fra transitare somme dal conto della parte attrice. Proprio tale condotta conferma tra l'altro la plurima violazione, da parte del convenuto, dell'art. 1129, comma 4, n. 12), c.c. Egli infatti ha dimostrato, con il suo comportamento, di aver sempre gestito il Condominio attore contravvenendo appunto al disposto della richiamata norma, ovvero secondo una modalità tale da ingenerare confusione tra il patrimonio proprio e quello del richiamato ente. Una modalità che quindi, alla luce delle precedenti considerazioni, ha configurato proprio quell'ipotesi di scorretta tenuta della contabilità condominiale che non ha permesso al giudice di merito di verificare (e quindi confermare) tanto l'esistenza quanto la legittimazione dello stesso convenuto al rimborso del credito dal medesimo vantato in relazione alle anticipazioni effettuate.

Riferimenti

Cavallaro, Artt. 1129 e 1130 c.c. - commento, in Il commentario del codice civile, fondato da Schlesinger, continuato da Busnelli e Ponzanelli, Milano, 2021, 65;

Celeste, Art. 1129 c.c. - commento, in Codice del Condominio, Milano, 2018, 643;

Scarpa, Amministratore di condominio: attribuzioni, doveri e responsabilità, Milano, 2018, 74;

Rezzonico, Manuale del condominio, Milano, 2018, 412;

Colonna, Artt. 1129 e 1130 c.c. - commento, in Commentario del codice civile, diretto da Gabrielli, a cura di Jannarelli e Macario, Milano, 2013, 376 e 397;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico pratico, Milano, 2015, 351.

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