La natura mista dell'assegno divorzile e l'onere probatorio

Elisa Pradella
29 Giugno 2021

Le statuizioni che regolano gli aspetti economico-patrimoniali tra i coniugi incidono nell'area dei diritti a c.d. disponibilità attenuata e soggiacciono al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, poiché presuppongono l'iniziativa della parte interessata e l'indicazione del petitum richiesto al giudice, a pena di inammissibilità, potendo configurarsi come diritto indisponibile solo quello relativo alla parte del contributo economico connotata dalla finalità assistenziale in favore dell'ex coniuge.
Massima

Le statuizioni che regolano gli aspetti economico-patrimoniali tra i coniugi incidono nell'area dei diritti a c.d. disponibilità attenuata e soggiacciono al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, poiché presuppongono l'iniziativa della parte interessata e l'indicazione del petitum richiesto al giudice, a pena di inammissibilità, potendo configurarsi come diritto indisponibile solo quello relativo alla parte del contributo economico connotata dalla finalità assistenziale in favore dell'ex coniuge.

Il caso

Il Tribunale di Sondrio, con decreto del 09/04/2015, modificava le condizioni di divorzio congiunto revocando l'assegnazione esclusiva della casa coniugale in comproprietà alla ex moglie e la contribuzione delle spese per l'abitazione, disponendo il versamento del contributo di mantenimento in favore della figlia maggiorenne mediante versamento diretto, oltre alla ripartizione delle spese straordinarie nell'interesse della ragazza per la maggior parte da sostenersi in capo al marito, e stabilendo, in favore dell'ex moglie, un assegno divorzile mensile maggiore rispetto alle richieste della donna.

La Corte d'appello di Milano, con decreto dep. il 31/03/2017, ha parzialmente accolto il reclamo proposto dal marito avverso il citato decreto, disponendo a suo carico, in favore dell'ex moglie, la corresponsione dell'assegno divorzile dell'importo mensile pari alla richiesta della donna, considerata la disparità economica tra le parti e la non contestazione della sopravvenuta perdita di lavoro della stessa, subordinandolo alla permanenza della stessa nella casa coniugale, nonché la corresponsione dell'assegno di un importo mensile maggiore, rispetto alle domanda della ex moglie, a decorrere dal momento dell'uscita della donna dalla casa coniugale, sul presupposto che non ricorresse il denunciato vizio di ultrapetizione per avere il Tribunale riconosciuto alla donna l'assegno di una somma maggiore, rispetto a quella richiesta, in forza della compensazione per il venir meno dei benefici economici, quali la revoca dell'assegnazione della casa familiare.

Il marito propone ricorso per cassazione e la moglie deposita controricorso.

La questione

La Suprema Corte, escludendo l'esame del controricorso proposto dalla ex moglie, per difetto di notifica, prende in esame i motivi del ricorso e, dopo aver dichiarato inammissibile la doglianza sulla debenza dell'assegno divorzile, in mancanza di prova dell'autosufficienza del coniuge richiedente l'assegno – onere spettante al ricorrente -, chiarisce che le condizioni che regolano gli aspetti patrimoniali tra i coniugi rientrano nell'area dei diritti c.d. a disponibilità attenuata, sottoposti al limite della domanda giudiziale.

La domanda giudiziale vincola e limita il giudice nell'oggetto del suo giudizio, atteso che tutto ciò che riguarda direttamente i rapporti economici di dare ed avere tra coniugi presuppone l'iniziativa della parte interessata, potendo rivestire carattere di diritto indisponibile solo quello relativo alla parte del contributo economico connotata dalla finalità assistenziale.

Le soluzioni giuridiche

Se si esclude la connotazione assistenziale dell'assegno divorzile – o di una parte di esso -, quindi nel caso in cui non si rientri nel campo dei diritti indisponibili, il Giudice non può stabilire ufficiosamente l'assegno divorzile eccedente il petitum della pretesa azionata.

Il venir meno di benefici economici nei confronti del coniuge interessato all'assegno, seppur rappresentando in linea astratta un valore economico, non può determinare, se non vi è domanda e relativa allegazione, un aumento dell'importo.

Circostanze estranee alla domanda non possono essere prese in considerazione d'ufficio dal giudicante poiché si darebbe luogo ad un provvedimento più ampio di quello richiesto, o con effetti più ampi rispetto a quelli prospettati nella domanda, e, in tema di diritti disponibili, la pronuncia risulterebbe affetta da vizio di ultrapetizione.

Osservazioni

La decisione in commento definisce a disponibilità attenuata l'area dei diritti che regolano gli aspetti economico-patrimoniali tra ex coniugi che, seppur non derogabili tout court, assumono una connotazione differente nella fase patologica del rapporto.

Complessa è la problematica relativa alla disponibilità dell'assegno di divorzio: non esiste un automatismo per l'attribuzione dello stesso, stante la diversità ontologica rispetto all'assegno di mantenimento previsto in sede di separazione che è un obbligo di assistenza materiale.

L'assegno divorzile è una obbligazione pecuniaria a natura mista che vincola un coniuge a somministrare periodicamente all'altro, su cui ricade l'onere probatorio della richiesta, una somma quando quest'ultimo non disponga di mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive.

Il diritto all'assegno post-matrimoniale ha la sua fonte nella legge, la sua causa nella solidarietà post-coniugale e la sua fattispecie costitutiva risiede nei presupposti delineati dall'art. 10, l. n. 74/1987, che innova l'art. 5, l. n. 898/1970.

Presupposti dell'obbligo alimentare sono l'esistenza di un legame soggettivo fra avente diritto e obbligato e l'esistenza di uno stato di bisogno alimentare correlato all'incapacità dell'interessato di provvedere al proprio sostentamento, sul quale ricade l'onere probatorio anche dell'essere nell'impossibilità di trovarsi un'occupazione confacente alle proprie attitudini e condizioni sociali.

Tali presupposti vanno contemperati alla capacità economica dell'obbligato.

La sentenza e l'accordo delle parti, da cui dipendono la liquidità e l'esigibilità del diritto al contributo, ne accertano l'esistenza e ne fissano il contenuto.

Il fatto che il divorzio sia destinato ad incidere sullo status, varrebbe a limitare i poteri dei coniugi di definire convenzionalmente l'assegno, in forza del principio di indisponibilità degli assegni alimentari che troverebbe sostegno in quello di indisponibilità degli status, che sono però diversi a seconda che ci si trovi nell'ambito del rapporto coniugale o nella fase patologica.

La collocazione dogmatica dell'art. 160 c.c. - all'interno delle norme in materia di regime patrimoniale della famiglia – avvalora l'assunto secondo cui la crisi coniugale è regolata, in parte, da leggi diverse da quelle proprie della famiglia, pertanto alcuni diritti/doveri discendenti dal matrimonio perdono il carattere della indisponibilità, come il diritto al mantenimento.

I presupposti e la misura dell'assegno a favore del coniuge dipendono dal tipo di rimedio adottato per fronteggiare la crisi familiare, ed il suo fondamento risiede nella solidarietà post coniugale.

Anche post-matrimonio si persegue l'obiettivo di parificazione delle condizioni economiche e sociali tra soggetti che hanno ormai riconquistato libertà e autonomia l'uno nei confronti dell'altro (Ferrando).

Il divorzio non dissolve così definitivamente il vincolo matrimoniale, in quanto si realizza, sul piano patrimoniale, una sorta di ultrattività.

Dopo i primi interventi delle Sezioni Unite negli anni 1990, che attribuivano all'emolumento natura esclusivamente assistenziale, la giurisprudenza ha mutato il quadro interpretativo con la sentenza Cass. n. 11504/2017, secondo cui l'assegno in esame spetta in considerazione del pregresso matrimonio.

Successivamente all'intervento delle Sezioni Unite del 2018 la direzione è quella della valorizzazione delle scelte personali dei coniugi durante il corso della vita matrimoniale, l'autoresponsabilità, l'indipendenza e autosufficienza economica. Si disconosce la funzione meramente assistenziale all'assegno divorzile a favore di una natura composita perequativa e compensativa accertando in maniera rigorosa il nesso causale esistente tra scelte endofamiliari e situazione del richiedente al momento della dissoluzione del vincolo.

Rientra tra i poteri ufficiosi del Giudice il vaglio della sussistenza o meno del divario economico tra le parti, mentre il richiedente l'assegno deve provare la sussistenza del nesso causale tra la disparità economica e le scelte comuni di vita degli ex coniugi, nonché quella di aver posto in essere tutte le iniziative necessarie a reperire un'attività lavorativa, confacente alle proprie attitudini ed esperienze, che le permetta di superare il pregiudizio patito a seguito delle scelte fatte in costanza di convivenza.

L'assegno divorzile può essere oggetto di rinuncia entro il limite dell'indisponibilità nella sua componente assistenziale, quando questo abbia natura alimentare, poiché trattasi di diritto indisponibile ex art. 443 c.c., potendosi, al sopraggiunge di uno stato di bisogno successivo, revisionare le decisioni assunte.

L'accertamento sulla debenza dell'assegno divorzile, sottoposta alla verifica dell'esistenza del diritto in astratto, il cui onere probatorio grava sul richiedente l'assegno, e del quantum, richiede l'esame della connotazione assistenziale del contributo, e, per la parte “eccedente”, la determinazione deve avvenire nei limiti della domanda giudiziale, poiché le condizioni che regolano gli aspetti patrimoniali tra i coniugi soggiacciono alle regole processuali ordinarie, e sono governate dal principio di disponibilità e dal principio della domanda ex art. 112 c.p.c.

In difetto della determinazione del petitum richiesto al giudice, le richieste formulate, non connotate dalla finalità assistenziale, soggiacciono alla sanzione dell'inammissibilità, in ossequio al principio judex secundum alligata judicare debet.

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