Aumentato l'assegno divorzile per l'ex marito colpito da una malattia invalidante

Redazione Scientifica
01 Settembre 2021

In virtù della funzione assistenziale dell'assegno divorzile e del principio di indipendenza o autosufficienza economica per gli ex coniugi, che deve essere apprezzato in concreto, è legittimo l'aumento dell'assegno divorzile riconosciuto all'ex marito completamente invalido a causa di una patologia.

La Corte d'Appello di Torino riformava parzialmente la pronuncia di prime cure, elevando la misura dell'assegno divorzile riconosciuto all'ex marito in virtù della sperequazione reddituale tra le parti. L'ex marito era inoltre stato colpito da una grave patologia invalidante che lo aveva costretto a lasciare il lavoro, incrementando al contempo le spese per l'indispensabile assistenza medica che andavano ad assorbire completamente i trattamenti pensionistici goduti. Dall'altro lato, l'ex moglie versava in ottime condizioni economiche ed era già sollevata dagli obblighi di versamento di premi assicurativi e di mantenimento della figlia.
L'ex moglie ha proposto ricorso per cassazione.

Il ricorso mira ad ottenere un'impropria rivisitazione degli apprezzamenti di fatto adeguatamente compiuti dai giudici di merito che hanno sottolineato come l'ex marito abbia dovuto far fronte, da diversi anni, ad ingenti spese non solo per le cure mediche ma anche per la propria assistenza personale, essendo totalmente invalido.
L'incremento dell'assegno divorzile è infatti motivato dalla necessità di garantire all'uomo l'autosufficienza economica, in considerazione delle gravi condizioni di salute che lo affliggono e della «funzione preminentemente assistenziale dell'istituto (cfr. Cass. n. 11504/2017)».

Si precisa nella giurisprudenza di legittimità che «il principio di indipendenza o autosufficienza economica non sia affatto astratto, ma concreto e idoneo a costituire un sicuro parametro legale per la valutazione della «adeguatezza dei mezzi» dell'ex coniuge richiedente l'assegno (ex art. 5, comma 5, l. n. 898 del 1970), ai fini sia dell'attribuzione che della quantificazione dell'assegno». Difatti, citando Cass. 3015/2017, i Supremi Giudici ricordano che «a giustificare l'attribuzione dell'assegno non è, quindi, di per sé, lo squilibrio o il divario tra le condizioni reddituali delle parti, all'epoca del divorzio, né il peggioramento delle condizioni del coniuge richiedente l'assegno rispetto alla situazione (o al tenore) di vita matrimoniale, ma la mancanza della “indipendenza o autosufficienza economica” di uno dei coniugi, intesa come impossibilità di condurre con i propri mezzi un'esistenza economicamente autonoma e dignitosa».
Tale parametro merita di essere apprezzato con la «necessaria elasticità e l'opportuna considerazione dei bisogni del richiedente l'assegno, considerato come persona singola e non come ex coniuge, ma pur sempre inserita nel contesto sociale. Per determinare la soglia dell'indipendenza economica occorrerà avere riguardo alle indicazioni provenienti, nel momento storico determinato, dalla coscienza collettiva e, dunque, né bloccata alla soglia della pura sopravvivenza né eccedente il livello della normalità, quale, nei casi singoli, da questa coscienza configurata e di cui il giudice deve farsi interprete, ad essa rapportando, senza fughe, le proprie scelte valutative, in un ambito necessariamente duttile, ma non arbitrariamente dilatabile».
Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

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