Derelizione dello strumento chirurgico nell'addome del paziente: accertamento del nesso causale

Vittorio Nizza
02 Settembre 2021

In ordine all'accertamento del nesso causale, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica...
Massima

In ordine all'accertamento del nesso causale, occorre ricordare che, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (Cass. pen., Sez.Un., n. 30328/2002). Proprio, in relazione ai reati colposi omissivi, si è altresì specificato che il giudizio di alta probabilità logica deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (Cass. pen., Sez. IV, n. 24372/2019). Deve, tuttavia, ribadirsi che l'accertamento del nesso di causalità tra condotta ed evento va condotto (contrariamente all'impostazione seguita in molti passaggi del ricorso, v., ad esempio, p. 12 e 13, in cui si sovrappongono le censure in ordine al profilo oggettivo del rapporto causale ed in ordine al profilo soggettivo della colpa) su base totalmente oggettiva, con un giudizio "ex post", mediante il procedimento cd. di eliminazione mentale e va tenuto ben distinto rispetto alla diversa e successiva indagine sull'elemento soggettivo del reato che deve essere valutato, invece, con giudizio "ex ante", alla stregua delle conoscenze del soggetto agente (Cass. pen., Sez. V, n. 51233/2019).

Il caso

La sentenza in oggetto vedeva imputati per omicidio colposo ai sensi degli artt. 113 e 589 c.p. il primo ed il secondo chirurgo dell'equipe operatoria per aver, nel corso di un'operazione di rimozione di un adenocarcinoma all'intestino, lasciato nell'addome della paziente una pinza di notevoli dimensioni e successivamente per over omesso di effettuare urgentemente l'intervento di laparotomia atto alla rimozione del ferro chirurgico quando la stessa paziente, otto mesi dopo, si era ripresentata in ospedale in preda a forti dolori addominali, vomito e anuria.

Entrambi i medici erano stati condannati in primo e secondo grado. Avverso la sentenza di appello proponevano ricorso per Cassazione deducendo come primo motivo la violazione dell'accertamento del nesso causale tra le due condotte contestate, l'omessa rimozione della pinza durante il primo intervento e l'omessa effettuazione con urgenza della seconda operazione diretta alla rimozione dello stesso ferro, e il decesso della paziente. Come secondo motivo deducevano invece l'erronea applicazione dell'art. 590-sexies c.p. Secondo le difese, infatti, avrebbe potuto trovare applicazione l'esimente in oggetto trattandosi di ipotesi di colpa lieve nel rispetto delle linee guida: il primo chirurgo, infatti, aveva chiesto verbalmente conferma all'operatore incaricato – il secondo chirurgo - dell'esecuzione dell'avvenuto conteggio degli strumenti utilizzati al termine dell'operazione.

La Corte di Cassazione dichiarava entrambi i ricorsi inammissibili, confermando la sentenza di condanna.

La questione

La questione sottoposta alla Corte riguardava principalmente la valutazione del nesso di causa tra le condotte contestate e l'evento morte. Ai sanitari, infatti, erano contestate due condotte omissive verificatesi in tempi diversi: ossia la derelizione dello strumento chirurgico nell'addome della paziente e poi l'omessa effettuazione dell'operazione di rimozione del medesimo strumento che sarebbe risultata salvifica.

Le soluzioni giuridiche

Nel caso di specie la Corte affronta la problematica relativa alla valutazione della sussistenza del nesso di causa in una situazione un po' particolare di derelizione di uno strumento chirurgico all'esito di un'operazione in quanto agli imputati venivano contestate due distinte condotte successive. In un primo momento, infatti, i due chirurghi al termine dell'esecuzione dell'intervento di rimozione di adenocarcinoma non avevano effettuato in maniera corretta il conteggio della strumentazione utilizzata così omettendo l'asportazione di una pinza dall'addome della paziente.

Dopo otto mesi, la stessa paziente si era ripresentata presso il nosocomio con forti dolori addominali e i medesimi medici non avevano tempestivamente effettuato l'intervento di laparoscopia per la rimozione dello strumento. La paziente pertanto decedeva poco dopo.

Secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, confermata anche dalla Cassazione, l'omessa asportazione della pinza avvenuta nel corso del primo intervento chirurgico era stata la condizione imprescindibile della patologia che aveva portato al secondo ricovero e poi al decesso della paziente.

Secondo i supremi giudici, in ogni caso non era tanto rilevante la ricostruzione delle due condotte in termini di progressione causale o concorso di cause, posto che entrambe erano addebitabili agli stessi imputati. Sicuramente, afferma la sentenza, la seconda condotta non poteva essere ritenuta causa sopravenuta da sola sufficiente a causare l'evento, come invece sostenuto nei ricorsi dagli imputati.

Tutto ciò premesso, la suprema Corte ribadisce i principi ormai consolidati in materia di valutazione del nesso causale in relazione al reato omissivo improprio. In tali ipotesi, il rapporto di causalità tra omissione ed evento deve essere verificato non sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma con un giudizio di alta probabilità logica. Nei reati omissivi colposi, inoltre, il giudizio di alta probabilità logica deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto.

La valutazione del nesso causale, infine, deve essere condotta su base oggettiva, con un giudizio ex post diversamente da quanto avviene per l'indagine sull'elemento soggettivo da compiersi attraverso un giudizio ex ante.

Nel caso di specie, conclude la suprema Corte deve essere confermato quanto correttamente affermato dai giudici di merito in relazione alla sussistenza del nesso causale tra l'omessa rimozione della pinza e il decesso della paziente in considerazione dell'avvenuto strozzamento dell'intestino a causa dell'anello della pinza stessa.

Sotto diverso profilo, la Corte rileva come il conteggio dei materiali utilizzati al termine dell'operazione, secondo le linee guida, deve essere eseguita congiuntamente da due operatori ad alta voce. In caso di mancanza del personale infermieristico, l'operazione deve essere effettuata dal personale medico. Nel caso in esame, invece, il primo chirurgo si era limitato ad una domanda generica al suo secondo in merito all'esito della conta, senza porre in essere personalmente l'opportuna verifica. Non poteva, pertanto trovare applicazione nel caso di specie l'esimente di cui all'art. 590-sexies c.p.

Alla luce di tali valutazioni, la Corte, dichiarando inammissibili i ricorsi degli imputati, confermava la penale responsabilità degli stessi affermata dai giudici di merito.

Osservazioni

Nel caso in esame la Corte veniva chiamata a pronunciarsi in merito ad un caso particolare di responsabilità medica dovuto a derelizione di uno strumento chirurgico nell'addome di una paziente a seguito dell'esecuzione di un intervento chirurgico.

Ai due medici imputati, infatti, venivano contestate due diverse condotte omissive collegate e successive. Gli imputati infatti erano rispettivamente il primo ed il secondo chirurgo dell'equipe operatoria che avevano eseguito il primo intervento durante il quale non era stata rimossa la pinza utilizzata nel corso dell'operazione ed erano gli stesso operatori sanitari che avevano omesso di svolgere con urgenza l'operazione di laparoscopia sulla paziente quando la stessa, circa otto mesi dopo la prima operazione, era stata nuovamente ricoverata presso il medesimo nosocomio lamentando forti dolori addominali.

In primo luogo, rileva la problematica del conteggio della strumentazione all'esito di un'operazione chirurgica. È pacifico secondo la giurisprudenza che il capo – equipe (nel caso di specie il primo chirurgo) abbia una responsabilità su tutto il decorso operatorio, non solo l'esecuzione dell'intervento, ma anche il post-operatorio. Tra i suoi compiti rientra anche la verifica diretta del conteggio della strumentazione senza poter delegare tale compito agli strumentisti o accontentarsi di quanto semplicemente riferitogli. Tali principi sono stati ripesi anche dalle linee guida.

Nel caso di specie, invece, in assenza del personale infermieristico, il conteggio era stato eseguito - in maniera errata - dal secondo chirurgo e il primo operatore si era limitato a chiedere contezza del conteggio senza effettuare il doveroso controllo. Tale condotta, pertanto, non poteva ritenersi rispettosa delle linee guida predisposte sul punto, come invece sostenuto nei ricorsi degli imputati.

Sotto altro profilo, la Corte affronta la questione della valutazione della sussistenza del nesso di causa nel caso di specie. La Cassazione ritiene che non sia necessario stabilire il rapporto tra le due condotte in termini di progressione causale o di concorso di cause, posto che le stesse sono pacificamente addebitabili ai due medici imputati e che secondo quanto emerso nel corso del processo l'omessa asportazione della pinza nel corso del primo intervento risultava essere la condizione imprescindibile che aveva portato al sorgere della patologia determinante il secondo intervento e poi il decesso della paziente.

Pertanto, la Corte ritiene sussistente il rapporto causale tra le condotte omissive dei medici chirurghi e il decesso della paziente richiamandosi ai principi ormai consolidati in giurisprudenza in merito ai reati omissivi impropri. In tali casi infatti è necessario procedere ad un giudizio di alta credibilità logica accertando che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento con un elevato grado di credibilità razionale non avrebbe avuto luogo o avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. Tale giudizio, in particolare in ambito di responsabilità medica, deve essere effettuato tenendo conto di tutte le contingenze significative del caso concreto. Occorre pertanto che venga ricostruita l'intera sequenza fattuale che ha portato all'evento: la patologia accertata, la causa, l'evoluzione della stessa, nonché ogni eventuale circostanza rilevante.

Nel caso di specie, pertanto, era risultato pacifico che il decesso della paziente fosse stato determinato da uno strozzamento dell'intestino dovuto ad un anello della pinza dimenticato nel suo addome: la corretta conta della strumentazione con conseguente rimozione della pinza già all'esito del primo intervento nonché l'esecuzione tempestiva del successivo intervento di laparoscopia finalizzato alla rimozione dello strumento avrebbero avuto efficacia salvifica con un elevato gradi di credibilità razionale secondo l'interpretazione giurisprudenziale ormai consolidata.

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