Le Sezioni Unite sulla delimitazione temporale della “confisca allargata”

03 Settembre 2021

Il giudice dell'esecuzione, investito della richiesta di confisca ex art. 240-bis c.p., esercitando gli stessi poteri che, in ordine a tale misura di sicurezza atipica, sono propri del giudice della cognizione, può disporla, fermo restando il criterio di “ragionevolezza temporale”, in ordine ai beni che sono entrati nella disponibilità del condannato fino alla pronuncia della sentenza per il cd. "reato spia”...
Massima

Il giudice dell'esecuzione, investito della richiesta di confisca ex art. 240-bisc.p., esercitando gli stessi poteri che, in ordine a tale misura di sicurezza atipica, sono propri del giudice della cognizione, può disporla, fermo restando il criterio di “ragionevolezza temporale”, in ordine ai beni che sono entrati nella disponibilità del condannato fino alla pronuncia della sentenza per il cd. "reato spia”, salva comunque la possibilità di confisca anche di beni acquistati in epoca posteriore alla sentenza, ma con risorse finanziarie possedute prima.

Il caso

Il giudice dell'esecuzione, su richiesta del pubblico ministero, disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca (cd. “allargata”) di beni, ritenuti fittiziamente intestati a terzi, di valore sproporzionato rispetto ai redditi e al patrimonio del condannato per cd. “reati spia”, legittimanti cioè tale forma di confisca per espressa previsione di legge.

In sede di opposizione al provvedimento applicativo del sequestro, il medesimo giudice confiscava i beni già sottoposti a vincolo cautelare acquisiti anche successivamente alla sentenza e invero persino alla data della sua irrevocabilità.

Contro tale provvedimento veniva proposto ricorso per cassazione dal condannato e dai terzi interessati che principalmente contestavano: in primo luogo, il potere del giudice dell'esecuzione di disporre la confisca in sede di opposizione a un provvedimento dispositivo di sequestro preventivo e, in secondo luogo, la possibilità di assoggettarvi beni acquisiti successivamente alla sentenza di condanna.

La Corte di cassazione, accertata l'esistenza di un contrasto interpretativo su quest'ultimo punto, rimetteva la decisione alla Sezioni Unite, sottoponendole la seguente questione di diritto “[s]e la confisca di cui all'art. 240-bisc.p., disposta in fase esecutiva, possa avere ad oggetto beni riferibili al soggetto condannato ed acquisiti alla sua disponibilità fino al momento della pronuncia di condanna per il cd. reato "spia" ovvero successivamente, salva comunque la possibilità di confisca di beni acquistati anche in epoca posteriore alla sentenza ma con risorse finanziarie possedute prima”.

La questione

La questione in oggi rimessa alle Sezioni Unite si è posta all'attenzione degli interpreti a seguito dell'avvenuto riconoscimento, da parte delle stesse Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. pen., Sez. Un., n. 29022/2001, Derouach, Rv. 219221) del potere del giudice dell'esecuzione di ordinare la confisca c.d. “allargata” – cioè di beni di valore sproporzionato rispetto ai redditi e al patrimonio del condannato per determinati reati (in allora prevista dall'art. 12-sexies dl. n. 306/1992, convertito nella l. n. 356/1992, cui oggi si pone in continuità normativa l'art. 240-bis c.p.p.) – “sul patrimonio del soggetto al momento della condanna o del patteggiamento”.

Da tale legittimazione riconosciuta al giudice dell'esecuzione è dunque derivata la necessità di stabilire se, in sede esecutiva, i beni e le utilità confiscabili siano quelli esistenti nel patrimonio al momento della pronuncia di condanna per uno dei reati inclusi nell'elencazione della norma stessa, oppure se si possa procedere anche su quelli pervenuti nella disponibilità del condannato successivamente alla detta pronuncia e sino al suo passaggio in giudicato, salva la prova che i beni acquisiti successivamente siano frutto del reimpiego di risorse preesistenti assoggettabili a confisca.

Il dubbio interpretativo è persistito anche dopo che la legittimazione del giudice dell'esecuzione a disporre la confisca allargata è stata espressamente prevista dall'art. 184-quater c.p.p., senza però espressamente precisare i limiti temporali della confiscabilità.

Le soluzioni giuridiche

Secondo un primo orientamento interpretativo, la sentenza di accertamento del "reato-spia" non opera quale limite temporale della presunzione di illecito arricchimento a base della confisca “allargata” e il suo passaggio in giudicato rappresenta soltanto il momento terminale del giudizio di cognizione, a partire dal quale la competenza a decidere sulla confisca spetta al giudice dell'esecuzione.

Un contrapposto orientamento afferma invece che il limite temporale per poter disporre la confisca allargata coincide con il momento della pronuncia della sentenza di condanna o di patteggiamento, in quanto integrante il presupposto applicativo e il conseguente limite accertativo dei presupposti della misura ablatoria, che il giudice dell'esecuzione può applicare solo in veste surrogatoria rispetto a quello di cognizione che l'ha omessa.

Le Sezioni Unite hanno preliminarmente precisato il ruolo che deve essere riconosciuto al giudice dell'esecuzione nell'applicazione della confisca “allargata” – anche dopo l'introduzione del citato art. 184-quater c.p.p. – definendo alcuni corollari fatti derivare dagli orientamenti giurisprudenziali precedenti: non è necessario che la confisca disposta in sede esecutiva sia preceduta da sequestro preventivo ma, ove sia stato chiesto e disposto il sequestro, non è necessaria apposita domanda di confisca da parte del pubblico ministero che, in ogni caso, può formularla (come avvenuto nella specie) anche in udienza di opposizione, di tal che la confisca ben può essere disposta dal giudice dell'esecuzione anche in sede di opposizione al proprio provvedimento dispositivo di sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata, nel quale egli opera con gli stessi poteri che aveva il giudice dell'esecuzione.

Tanto precisato, le Sezioni Unite hanno affrontato il quesito sull'assoggettabilità a confisca cd. “allargata” in sede esecutiva dei beni entrati nella disponibilità del condannato anche successivamente alla sentenza di condanna, impostando la soluzione su due fondamentali cardini: la perdurante distinzione tra misure di prevenzione reale e confisca allargata; la lettura costituzionale della confisca allargata sulla base del cd. criterio della cd. “ragionevolezza temporale”.

In primo luogo, infatti, la Corte di cassazione ritiene che se la sentenza di condanna non avesse alcun rilievo di delimitazione temporale della confisca “allargata”, quest'ultima finirebbe per assimilarsi e duplicare la confisca di prevenzione, rispetto alla quale permangono invece differenze decisive, rappresentate in primis dall'accertamento di un reato idoneo a fondare una presunzione di illecito arricchimento.

Proprio per questa ragione – e in linea con le più recenti acquisizioni della giurisprudenza costituzionale sul punto – viene affermato che il momento dell'acquisto dei beni da sottoporre a confisca non è indifferente alla dimensione temporale del reato presupposto, ma deve risultare a distanza ragionevole dallo stesso, tanto se antecedente, come se successivo. La limitazione in termini che devono essere ragionevoli del distacco tra i due elementi a raffronto concorre anche ad individuare nella emissione della sentenza di condanna o di patteggiamento, non nella data di irrevocabilità, il termine ultimo ed invalicabile di operatività della presunzione di provenienza illecita dei beni del condannato di valore sproporzionato al reddito o all'attività svolta, che il giudice deve sempre rispettare, sia se si pronunci nella fase della cognizione, sia che intervenga in sede esecutiva: infatti, un'acquisizione patrimoniale, collocata in un tempo successivo, ma molto distanziato dal "reato spia", renderebbe irragionevole il giudizio presuntivo sulla sua origine criminosa, anche se antecedente al processo penale ed al momento di ricostruzione della

responsabilità dell'imputato; dall'altro, collocare il termine ultimo della confiscabilità dei beni nel momento del passaggio in giudicato della sentenza, che segue di anni anche il solo avvio del processo penale e si distanzia ancor più dalla consumazione del delitto sorgente, significa ignorare l'esigenza di ragionevolezza temporale sottesa all'interpretazione della Consulta, che garantisce la legittimità costituzionale della confisca per sproporzione.

Da ciò le Sezioni Unite giungono dunque alla conclusione che sono assoggettabili a confisca allargata in sede esecutiva i beni che sono entrati nella disponibilità del condannato fino al momento della pronuncia della sentenza per il c.d. "reato-spia".

Rispetto a tale esito interpretativo, la Corte di cassazione pone infine alcune importanti e ulteriori precisazioni sulla sentenza di condanna che funge da riferimento temporale e all'eventuale reimpiego di beni.

Sul primo punto, infatti, la Corte precisa che, per “sentenza di condanna” deve intendersi quella emessa dal giudice di meritoin primo grado – se nei successivi sia confermata o riformata soltanto in punto di pena - in grado di appello o di rinvio in ipotesi di riforma di una precedente pronuncia assolutoria. Inoltre, in situazioni di processi cumulativi sul piano oggettivo o soggettivo la medesima soluzione va riferita alla statuizione adottata per ciascun reato presupposto e nei confronti di ognuno degli imputati, con la conseguenza che il momento finale di confiscabilità dei beni a fini di confisca potrebbe variare per i singoli imputati e per i singoli capi d'imputazione pur nell'ambito dello stesso processo.

Sul secondo punto, si afferma che sono soggetti a confisca anche i beni, pervenuti nella disponibilità del condannato in data successiva alla sentenza, che siano frutto del reimpiego di altri beni o mezzi finanziari acquisiti in un momento antecedente alla sentenza stessa e che, dunque, si sarebbero dovuti confiscare.

Osservazioni

La decisione delle Sezioni Unite presenta sia elementi di continuità, sia elementi di discontinuità rispetto alla precedente giurisprudenza, non solo di legittimità, ma anche costituzionale, degni di attenta riflessione.

Rispetto alla precedente giurisprudenza di legittimità, infatti, viene mantenuta la tradizionale e discutibile qualificazione della confisca allargata come misura di sicurezza, ma al contempo viene abbracciato il criterio della “ragionevolezza temporale” come circoscrittivo e costitutivo di questo tipo di confisca, abbandonando sul punto l'impostazione delle Sezioni Unite Montella (Cass. pen., Sez. Un., n. 920/2003 - Montella, Rv. 226490) e accogliendo invece le indicazioni fornite in materia dalla Corte costituzionale (sentenza n. 33/2018).

D'altro canto, nonostante la tendenza assimilativa tra confisca di prevenzione e confisca allargata rinvenibile nella più recente giurisprudenza costituzionale (ad es., sentenza n. 24/2019) e invero nella stessa più recente produzione legislativa, la sentenza in commento rivendica l'irriducibilità delle due misure ablatorie e addirittura l'esigenza di attentamente distinguerle proprio al fine del rispetto delle garanzie costituzionali, segnalando i pericoli sottesi alla tendenza (ormai anche legislativa) a considerare la confisca di prevenzione come paradigma generale delle “confische”.

Di particolare importanza è poi la condivisibile attenzione prestata a non stravolgere il ruolo del giudice dell'esecuzione, ponendo argine a una tendenza che, partita dagli entusiasmi demolitivi del cd. “mito del giudicato”, rischiava di smarrire i connotati strutturali specifici del giudizio esecutivo rispetto a quello di cognizione, con la perdita di garanzie che ciò può comportare, come evidenziato dal caso in esame.

Proprio su quest'ultimo punto non pare inutile rimarcare come innovazioni sistematiche della giurisprudenza di legittimità e costituzionale – spesso originate da afflati garantistici e per questo sostanzialmente accolte senza alcuna critica – per una sorta di eterogenesi dei fini possono poi avere ricadute di sistema imprevedibili e di segno contrario, rivelando a distanza di tempo incoerenze o difficoltà di tenuta dogmatica complessiva.

Guida all'approfondimento

BARAZZETTA, Sub art. 240-bis c.p., in Varraso – Epidendio (a cura di), Codice delle confische, Milano, 2018, 1009;

BASSI, Sub art. 321 c.p.p., Varraso – Epidendio (a cura di), Codice delle confische, Milano, 2018, 1177;

CORVI, La confisca in casi particolari, alias la confisca allargata, in Giarda – Varraso (a cura di), Dai decreti attuativi della legge Orlando alle novelle di fine legislatura, Padova, 2018, 32;

MAUGERI, La riforma della confisca (d.lgs. 202/2016). Lo statuto della confisca allargata ex art. 240-bis c.p.: spada di Damocle sine die sottratta alla prescrizione (dalla l. 161/2017 al d.lgs. n. 21/2018), in Arch. Pen., 2018, 235;

MUCCIARELLI, Sub art. 240 c.p., in Varraso – Epidendio (a cura di), Codice delle confische, Milano, 2018, 104.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario