La S.C. in tema di consecuzione delle procedure tra concordato preventivo e fallimento

La Redazione
13 Settembre 2021

Non è precluso al giudice dell'opposizione allo stato passivo fallimentare, ai sensi della l.fall., art. 98, accertare, in concreto, la consecuzione di procedure tra il concordato preventivo ed il successivo fallimento, ai fini dell'ammissione del credito in via meramente chirografaria e non ipotecaria, non rilevando, in contrario, la circostanza che la sentenza dichiarativa di fallimento abbia accertato lo stato di insolvenza quale presupposto del medesimo, senza indagare, altresì, se esso preesistesse alla domanda di concordato preventivo, quale suo specifico presupposto.

Il Tribunale di Bari respingeva l'opposizione ex art. 98 l.fall. proposta da M. s.r.l., al fine di ottenere il privilegio ipotecario sul credito già ammesso allo stato passivo del fallimento della N.I. s.p.a..

La M. s.r.l. ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, la violazione di legge per motivazione errata o apparente, in quanto il decreto impugnato «non avrebbe esposto una motivazione effettiva, con riguardo alla ritenuta consecuzione delle procedura, perché non ha menzionato le prove dirette a suffragare il suo convincimento».

La doglianza è infondata. La ricorrente si sarebbe basata, erroneamente, sul principio secondo cui «la consecutività delle procedure di concordato e di fallimento, in quanto unico sia il presupposto dell'insolvenza, potrebbe accertarsi soltanto con la sentenza dichiarativa di fallimento, onde, in mancanza, essa non possa più essere accertata dal giudice in sede di opposizione allo stato passivo, ai sensi dell'art. 98 l.fall.».

Infatti, la Corte di Cassazione ha già avuto modo di sottolineare che «la dichiarazione di fallimento seguita al concordato preventivo attua non un fenomeno di mera successione cronologica, ma di "consecuzione di procedimenti", che, pur formalmente distinti, sul piano funzionale finiscono per essere strettamente collegati, nel fine del rispetto della regola della par condicio, avendo le due procedure a presupposto un analogo fenomeno economico; si opera, in tal modo, una considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui sia succeduta quella di fallimento, pur nella formale distinzione dei procedimenti. Tale principio presenta un valore sistematico, in quanto caratterizzato dall'esigenza di salvaguardia dell'interesse superiore di concreta attuazione della par condicio creditorum, anche contro eventuali espedienti tesi a vanificarla» (Cass. civ. n. 8970/2019) e che «la c.d. consecuzione fra le procedure concorsuali implica che esse siano originate da un medesimo unico presupposto, costituito dallo "stato d'insolvenza"» (Cass. civ. n. 6045/2016).

Inoltre, l'art. 36 d.l. n. 275/2005, novellato art. 160 l.fall., dispone che «per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza».

L'art. 33, comma 1, lett a-bis, n. 2), d.l. n. 83/2012, conv. in l. n. 134/2012, aggiungendo il comma 2 della l.fall., art. 69 bis precisa che «i termini per le revocatorie decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese».

Ed è per questo che la S.C. arriva ad affermare il seguente principio di diritto: «non è precluso al giudice dell'opposizione allo stato passivo fallimentare, ai sensi della l.fall., art. 98, accertare, in concreto, la consecuzione di procedure tra il concordato preventivo ed il successivo fallimento, ai fini dell'ammissione del credito in via meramente chirografaria e non ipotecaria, non rilevando, in contrario, la circostanza che la sentenza dichiarativa di fallimento abbia accertato lo stato di insolvenza quale presupposto del medesimo, senza indagare, altresì, se esso preesistesse alla domanda di concordato preventivo, quale suo specifico presupposto».

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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