Decreto Legge - 24/08/2021 - n. 118 art. 2 - Composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa 1

Francesco Maria Bartolini

Composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa1

[1. L'imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza, può chiedere al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell'impresa la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa. La nomina avviene con le modalità di cui all'articolo 3, commi 6, 7 e 8.

2. L'esperto agevola le trattative tra l'imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1, anche mediante il trasferimento dell'azienda o di rami di essa.]

Inquadramento

Il decreto legge 24 agosto 2021, n. 118, ha operato su due fronti, nella spinosa materia degli strumenti da disciplinare per fornire all'imprenditore rimedi avverso l'insolvenza e la crisi aziendale. Esso ha differito, ancora una volta, l'entrata in vigore del Codice della crisi e dell'insolvenza (che risale ormai al 2019), rimandando così ad un tempo futuro l'operatività di un corpus normativo che si proponeva di porsi come disciplina moderna, coerente e unitaria del fallimento e delle procedure concorsuali in genere. Contestualmente, il provvedimento ha dato vita all'ennesimo meccanismo salvifico per l'imprenditore, che viene ad aggiungersi ai numerosi altri esistenti, e lo ha configurato come istituto a sé stante: esterno rispetto al Codice ma neppure inserito nel contesto della “legge fallimentare”, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, come era avvenuto, ad esempio, per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, di cui agli artt. 182-bis e ss.  

Mentre, dunque, da una parte si rinvia a data distante la sostanza della riforma, si prosegue su una strada che ha progressivamente visto inserire nell'ordinamento fattispecie di misure, pattizie e non, affidate al controllo del giudice o da esso svincolate, che si sono cumulate sino a creare un complesso di mezzi utilizzabili che è complicato ricondurre ad una unità di scelte legislative.

Le ragioni che hanno condotto a rimediare in qualche modo al differimento del Codice sono spiegate nella relazione ministeriale al decreto legge. In essa si dichiara di voler rispondere: alla “… straordinaria necessita' e urgenza di introdurre misure di supporto alle imprese per consentire loro di contenere e  superare gli effetti negativi che l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2  ha prodotto e sta producendo sul tessuto socio-economico nazionale; nonché all'esigenza di introdurre  nuovi  strumenti che incentivino le imprese ad individuare le alternative percorribili per la ristrutturazione o il risanamento aziendale e  di  intervenire sugli istituti di soluzione  concordata  della  crisi  per  agevolare l'accesso alle procedure alternative al fallimento esistenti”. Questi intenti rientravano anche nelle finalità che avevano condotto all'elaborazione del Codice della crisi. Il differimento della sua operatività lasciava, evidentemente, un senso di vuoto, al quale si è cercato di rimediare con una figura di composizione della crisi d'impresa che si rivela essere del tutto nuova.

La composizione negoziata

La denominazione che contraddistingue il nuovo istituto ne descrive chiaramente la struttura. Si tratta di uno strumento di composizione delle difficoltà d'impresa affidato ad una soluzione negoziata. Non v'è spazio, se non per incidens, all'intervento del giudice, che approvi, controlli o verifichi i presupposti in fatto e in diritto della negoziazione. A determinate condizioni, si affida all'autonomia privata il compito di reperire soluzioni pattizie. Sono le parti interessate, sia pure con l'ausilio di esperti e di organismi ufficiali, a reperire soluzioni ai problemi che creano debiti all'imprenditore. Il loro accordo sugli accorgimenti da utilizzare è la chiave per porre rimedio a quei problemi e per assicurare la prosecuzione della vita dell'impresa.

La scelta del legislatore non è una resa alla constatazione della difficoltà burocratica presentata dagli istituti vigenti di composizione delle crisi aziendali e, del resto, neanche la composizione pattizia è esente da adempimenti pesanti e di lunga attuazione. E', piuttosto, la continuazione di un percorso che ha assegnato alla mediazione un compito importante di aiuto e di collaborazione nella soluzione delle controversie private. La creazione della figura del mediatore preparato, attrezzato dalle nozioni e dalle tecniche apprese nei corsi di formazione, cui attribuire funzioni di avvicinamento delle parti e proposizione di soluzioni sul piano di accordi da raggiungere tra esse, ha aperto la strada ad una composizione “mediata” anche nell'ambito specifico della crisi d'impresa.

La costruzione del nuovo istituto segue lo schema della mediazione condotta da un mediatore nelle controversie per le quali essa è obbligatoria per legge o lasciata alle facoltà di scelta delle parti. Tra l'imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati si interpone un esperto, con la funzione di agevolare le trattative tra costoro e al fine di individuare una soluzione per il superamento di una situazione di squilibrio che lascia intravedere come probabile la crisi o l'insolvenza dell'impresa. La specialità della materia e la sua rilevanza sotto il profilo dell'economia generale hanno richiesto, rispetto allo schema mediatorio già sperimentato, disposizioni adattate e forme di garanzia specifiche.

La composizione negoziata di cui agli artt. 2 e seguenti presuppone, ovviamente, che la materia degli accordi riguardi diritti disponibili. Non ci sarebbe motivo di richiamare questa regola se non per ragioni di completezza espositiva (ormai anche in tema di rapporti tra coniugi è consentito il ricorso alla negoziazione aiutata da tecnici). L'accordo che viene raggiunto con la composizione è un contratto, quasi sempre nella forma del contratto plurilaterale. Ciò comporta l'applicazione della normativa del codice civile per tutto quanto non sia diversamente disposto e che non riguardi la procedura.

La composizione costituisce uno degli strumenti disponibili per l'imprenditore finalizzati a consentirgli l'uscita dalla situazione di eccessivo indebitamento. Il rapporto con gli strumenti diversi è regolato, sinteticamente, in questo modo. L'istanza di composizione non può essere presentata in pendenza del procedimento introdotto con domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o con ricorso per l'ammissione al concordato preventivo, anche nella forma detta “con riserva” o “in bianco”. La stessa istanza può essere, per contro, presentata se pende una procedura per dichiarazione di fallimento o di dichiarazione dello stato di insolvenza; ma di questa pendenza deve essere data notizia nella domanda (art. 5, terzo comma, lett. d); e dal giorno della pubblicazione della domanda  e fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione degli atti la sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata.

I presupposti

La composizione negoziata è a disposizione dell'imprenditore commerciale e agricolo. Non sono previsti requisiti soggettivi diversi dalla qualifica che individua l'attività esercitata. L'ampiezza dell'indicazione normativa consente un altrettanto largo accesso allo strumento negoziale, circostanza che segna un punto a favore dell'istituto. La nozione di imprenditore cui fare riferimento è quella stessa definita dal codice civile, in difetto di precisazioni diverse. Non ha importanza la struttura di persona fisica o giuridica: la composizione negoziata è prevista anche per le società.

Il presupposto di fatto per utilizzare la composizione pattizia è costituito da una condizione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario. Nella vita delle imprese lo squilibrio è una situazione corrente e fa parte dell'alternarsi di vicende favorevoli e sfavorevoli che ne accompagnano il percorso. Si pensi all'indebitamento conseguente ai finanziamenti da restituire con interessi nonchè agli investimenti in macchinari e merci da sostenere con costi pesanti. Per quanto riguarda l'accesso alla composizione in oggetto lo squilibrio deve presentare una precisa caratteristica: esso deve rendere probabile la crisi o l'insolvenza. Liberi, naturalmente, il debitore e i suoi creditori di trovare d'intesa tra loro vie per uscire dalla situazione negativa, senza formalità particolari, sul piano della reciproca convenienza o necessità. Ma la composizione negoziata vera e propria costituisce un istituto regolato dalla legge sulla base di presupposti specifici e secondo regole predisposte.

Crisi e insolvenza non devono ancora essersi verificate. Esse si pongono come uno sviluppo della situazione esistente che gli indizi percepibili rendono probabile nel suo verificarsi. Un avvenimento che appare probabile è verosimile che si avveri: dunque, a motivare la ricerca di una composizione, crisi o insolvenza devono costituire un epilogo il cui accadimento si presenta alle porte e richiede un intervento per scongiurarne il pericolo. Inoltre, crisi e insolvenza non devono rappresentare la sorte cui l'impresa è ormai inevitabilmente avviata. Per questa situazione altri sono i possibili rimedi e, comunque, le conseguenze che ne derivano. L'accordo tra debitore e creditori disciplinato dall'art. 2 d.l. 118/2021 ha lo scopo di perseguire il risanamento dell'impresa, quando esso risulta ragionevolmente perseguibile.

La composizione negoziata costituisce uno strumento di conservazione dell'impresa e di aiuto alla prosecuzione delle attività. Non costituisce un mezzo di soddisfacimento del ceto creditizio per il tramite dello smembramento dell'azienda e la ripartizione della vendita dei suoi beni. Essa rappresenta una opportunità fornita all'imprenditore onesto di avvalersi dell'aiuto altrui per superare un ostacolo che altrimenti condurrebbe alla fine della sua impresa.

Ne costituisce condizione ostativa la scelta di ricorrere ad altri strumenti aventi la medesima finalità o, comunque, lo scopo di riparare ad una situazione di dissesto assicurando nel contempo una qualche forma di soddisfacimento accettabile per i creditori. Il secondo comma dell'art. 23 del decreto-legge, come modificato dalla legge di conversione, dispone in proposito che l'istanza per la composizione non può essere presentata di un procedimento che sia stato introdotto con: una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti; un ricorso depositato ai sensi dell'art. 182-bis, sesto comma, r.d. n. 267/1942; un ricorso per l'ammissione al concordato preventivo, anche con riserva; un ricorso per l'accesso alla procedura di accordo di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione dei beni ai sensi degli artt. 7 e 14-ter  l. 3/2012. Ne deriva palese la natura alternativa dell'istituto in esame.

Le modalità operative

Si giunge alla composizione negoziata su richiesta dell'imprenditore commerciale o agricolo che ritiene di trovarsi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza. L'unico soggetto legittimato a proporre la richiesta è l'imprenditore. Per quanto finalizzata ad un accordo contrattuale con i creditori e potenziali terzi interessati, l'iniziativa è rimessa alle decisioni del solo titolare dell'impresa. Questi può indifferentemente essere l'imprenditore singolo quanto il legale rappresentante di un ente collettivo. Nel caso di impresa societaria l'iniziativa deve essere intrapresa dall'organo di controllo (art. 15) che, ritenuta la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell'istanza, ne fa segnalazione, per iscritto, all'organo amministrativo. Questo deve poi riferire in ordine ai provvedimenti adottati.

La richiesta di composizione negoziata è presentata sotto forma di istanza per la nomina dell'esperto cui affidare l'interposizione tra debitore e creditori. Essa è indirizzata al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell'impresa. La competenza dell'ente camerale è stabilita per territorio e va ritenuta inderogabile. Non potrebbe l'imprenditore rivolgersi una struttura diversa dalla camera di commercio o anche soltanto ad una ubicata diversamente, motivando la scelta ad esempio con motivi a lui personali o per ragioni di vicinanza spaziale. In proposito intervengono interessi di distribuzione delle attribuzioni che rispondono ad interessi di natura pubblicistica. Se la domanda è proposta ad una camera di commercio non competente l'esigenza di consentire per quanto possibile le composizioni pattizie può indurre ad affermare che essa non vada sic et simpliciter respinta ma che debba essere trasmessa a quella di competenza. Anche per questo aspetto ricorre un interesse a non impedire con ostacoli burocratici la continuità e la regolarità della vita delle imprese, senza frapporre impacci di natura formale.

L'oggetto della richiesta finalizzata a raggiungere la composizione negoziata è, più concretamente, quello di ottenere la nomina di un esperto la cui opera consenta il raggiungimento di quella composizione. L'essenza dell'istituto negoziale si risolve appunto nell'intervento di un esperto dietro al cui consiglio pervenire ad un accordo che salvi l'impresa.

Il compito dell'esperto è di agevolare le trattative tra l'imprenditore, i creditori e gli eventuali terzi interessati. In altre parole, l'esperto non si pone come colui che impone una soluzione transattiva ma come soggetto che fornisce supporto, esperienza e aiuto alle parti, libere di accoglierne o meno i suggerimenti. 

I terzi interessati (espressione utilizzata dalla norma con valore estensivo e di tendenziale esaustività) possono essere i lavoratori dipendenti dall'impresa suscettibili di riportare ripercussioni negative per quanto riguarda il loro rapporto con l'imprenditore. Si veda in proposito il disposto degli artt. 4, comma ottavo, e 6, comma terzo.

La nomina dell’esperto

La richiesta del debitore di intraprendere la procedura della composizione negoziata è ricevuta dal segretario generale della camera di commercio che ne è l'immediato destinatario. Il segretario la respinge se non è corredata dalla documentazione espressamente richiesta dal comma 5 dell'art. 3; ma l'istanza può essere ripresentata, una volta resa completa. Il segretario compila una nota sintetica informativa sullo stato dell'impresa del debitore, contenente le notizie sul volume d'affari, il numero dei dipendenti e il settore di attività.  Trasmette il giorno stesso della ricezione la domanda e la sua nota alla commissione cui in concreto spetta la scelta e la nomina dell'esperto.

Composizione e modalità di funzionamento della commissione sono descritti con sufficiente dettaglio nelle ultime parti della norma citata. Essa è improntata ad assicurare alla commissione requisiti di affidabilità e di capacità. Apprezzabile lo sforzo del legislatore di assicurare una sorta di ripartizione equilibrata tra i poteri dello Stato.

L'art. 3 impone che siano assicurate la rotazione e la trasparenza nelle nomine e che sia evitato l'accumulo delle nomine a favore di un medesimo esperto. A garanzia di queste esigenze gli incarichi conferiti e il curriculum vitae dell'esperto nominato sono pubblicati senza indugio in apposita sezione del sito istituzionale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del luogo di nomina e del luogo in cui è tenuto l'elenco nel quale l'esperto è iscritto. La pubblicazione consente un controllo a chiunque ne sia interessato; ma, all'evidenza, la prima destinataria per la sua consultazione è la commissione camerale, cui spetta la vigilanza sulla rotazione degli incarichi.

La nomina deve essere accettata dall'esperto, che può rifiutarla per i motivi di cui all'art. 5.

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