L'ordine di pagamento diretto è posto a garanzia del corretto adempimento

Rosa Villani
20 Settembre 2021

L'art 156, comma 6, c.c., nell'attribuire al giudice, in caso di inadempimento dell'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento, il potere di ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto, postula una valutazione di opportunità che prescinde da qualsiasi comparazione tra le ragioni poste a fondamento della richiesta avanzata da questi ultimi e quelle addotte a giustificazione del ritardo nell'adempimento, implicando esclusivamente un apprezzamento in ordine all'idoneità del comportamento dell'obbligato a suscitare dubbi circa l'esattezza e la regolarità del futuro adempimento, e quindi, a frustrare le finalità proprie dell'assegno di mantenimento.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 24051, depositata il 6 settembre 2021.

Il Tribunale territorialmente competente decidendo sulla domanda della moglie, revocava l'obbligo posto a carico del marito di versare all'attrice l'assegno perequativo per il mantenimento del figlio che aveva raggiunto l'indipendenza economica, riduceva il contributo paterno per il mantenimento dell'altro figlio e disponeva che, a norma dell'art. 156, comma 6, c.c., fosse ordinato alla società datrice di lavoro dell'obbligato, la corresponsione alla moglie di un importo mensile a titolo di mantenimento di quest'ultima e del figlio ancora non del tutto economicamente autonomo.

Veniva proposto reclamo che la Corte di Appello adita rigettava.

Il marito proponeva ricorso per Cassazione avverso la decisione della Corte territoriale.

I Giudici di legittimità hanno ritenuto inammissibili i primi due motivi di ricorso proposti dall'attore, con i quali quest'ultimo denunciava violazione di legge e difetto di motivazione, per non essere stata riconosciuta l'illegittimità del cumulo tra la trattenuta del quinto dello stipendio mensile a seguito di pignoramento presso terzi e l'ordine di pagamento diretto al datore di lavoro ex art. 156, comma 6, c.c., in ragione del superamento del limite massimo stabilito dall'art. 545, comma 5, c.c.. In particolare, il ricorrente lamentava che la Corte territoriale si fosse limitata ad escludere il predetto cumulo senza considerare che questo non avrebbe potuto operare stante il limite suindicato.

I Giudici di legittimità, invece, con riguardo all'asserita illegittimità del cumulo tra la trattenuta del quinto dello stipendio, determinata dall'esistenza di un pignoramento presso terzi incidente per l'appunto, sulla retribuzione dell'obbligato e l'ordine di pagamento al datore di lavoro ex art. 156, comma 6 cit. hanno osservato come, nei confronti del coniuge inadempiente soggetto all'esecuzione forzata diretta al soddisfacimento di crediti pregressi, ben possa operare il rimedio consistente nell'ordine al datore di lavoro del pagamento diretto che è disposto per assicurare le prestazioni future aventi ad oggetto il mantenimento della moglie e dei figli, in caso di inadempimento dell'obbligato: inadempimento che, nel caso di specie, il giudice distrettuale aveva correttamente ritenuto provato, atteso la condotta inadempiente del ricorrente, nonostante disponesse di un reddito annuo alquanto elevato. Secondo il Collegio di legittimità, infatti, la censura relativa alla non cumulabilità oltre il limite posto dall'art. 545, comma 5, c.p.c., tra il pignoramento dello stipendio e la distrazione di esso a norma dell'art. 156, comma 6 cit. è inammissibile perché la somma della quota mensile della retribuzione oggetto di pignoramento e quella di quella oggetto dell'ordine impartito a norma dell'art. 156 cit., nella specie, non raggiunge la metà dello stipendio calcolato sulla base dell'ammontare annuo del reddito netto, ed è pertanto, inferiore al limite di cui all'art. 545, comma 5, cit..

La Corte di legittimità prosegue affermando che il cit. art. 156, comma 6 c.c. va letto nel senso che il giudice può legittimamente disporre il pagamento diretto dell'intera somma dovuta dal terzo quando questa non ecceda, ma anzi realizzi pienamente l'assetto economico determinato in sede di separazione con la statuizione che, in concreto, ha quantificato il diritto del coniuge beneficiario. Viene precisato inoltre, che l'ordine di pagamento al terzo non ha bisogno di alcuna attività valutativa della misura dell'obbligo che impone al terzo, ma solo che si individui l'opportunità di darlo.

I Giudici concludono affermando che il giudice, alla stregua della formulazione della norma – secondo cui “può disporre” – amministra una discrezionalità rivolta alla considerazione della utilità del mezzo: «al di fuori di ciò egli non deve accertare altro, ed in particolare non deve valutare alcun elemento che in qualche modo rimetta in discussione l'entità dell'assegno, ovvero le circostanze ed i redditi che il secondo comma menziona», pena l'effetto di «introdurre un potere di valutazione sfornito di funzione processuale, ed altresì, irragionevole, giacchè nella legge non si precisa, come è conseguente a quanto si è detto, quale possa essere il riferimento della eventuale determinazione di un pagamento parziale» e il giudice, «ove si accedesse a tale tesi, dovrebbe egli trovare un criterio di ripartizione».

Fonte: dirittoegiustizia.it

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