Via libera agli accordi aventi effetti traslativi nei procedimenti di separazione e divorzio

Martina Villano
27 Settembre 2021

La corte di Cassazione con la sentenza in commento si chiede se siano valide le clausole aventi effetti traslativi, in assolvimento di obblighi di mantenimento, prescindendo dall'intervento notarile.
Massima

Sono valide le clausole dell'accordo di divorzio a domanda congiunta o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento; il suddetto accordo di divorzio o di separazione, in quanto inserito nel verbale d'udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell'art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio resa ai sensi della l. n. 898/1970, art. 4, comma 16, che, in relazione alle pattuizioni aventi ad oggetto le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa, ovvero dopo l'omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione a norma dell'art. 2657 c.c.; la validità dei trasferimenti immobiliari presuppone l'attestazione, da parte del cancelliere, che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui alla l. n. 52/1985, art. 29, comma 1-bis; non produce nullità del trasferimento, il mancato compimento, da parte dell'ausiliario, dell'ulteriore verifica circa l'intestatario catastale dei beni trasferiti e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari.

Il caso

Con ricorso congiunto, G.R. e R.I., chiedevano pronunciarsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario. I coniugi addivenivano ad accordo il quale prevedeva il trasferimento, da parte del padre, a favore dei figli maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, del 50% della nuda proprietà dell'immobile destinato a casa coniugale, nonché, a favore di R., dell'usufrutto sulla propria quota del predetto immobile. All'uopo i coniugi producevano, oltre alla dichiarazione di conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto dell'immobile e alle risultanze dei registri immobiliari, una perizia tecnica giurata, con allegati l'attestato di prestazione energetica, la dichiarazione di conformità dell'impianto termico alle prescrizioni legali, la visura e la planimetria catastale dell'appartamento e del garage. I coniugi si impegnavano, altresì, ad effettuare a loro cura e spese la trascrizione e le ulteriori formalità di pubblicità immobiliare, nonché le conseguenti volture presso gli uffici competenti, esonerando il cancelliere da ogni responsabilità, ed a depositare presso la cancelleria la ricevuta di avvenuta presentazione della richiesta di pubblicità immobiliare, nonché la successiva nota di trascrizione rilasciata dall'Agenzia del territorio. Intervenivano nel procedimento, ad adiuvandum, i figli dei ricorrenti, esprimendo il pieno consenso agli accordi in ordine al loro mantenimento e, dunque, ai suddetti trasferimenti immobiliari.

Il Tribunale di Pesaro, dichiarava con sentenza la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ma stabiliva che gli accordi relativi al trasferimento dell'immobile erano da intendersi come “impegni preliminari di vendita e di acquisto”, aventi dunque efficacia esclusivamente obbligatoria. Avverso tale sentenza, i ricorrenti proponevano gravame. La Corte d'Appello di Ancona confermava tuttavia la statuizione di primo grado, precisando altresì che la verifica di conformità ipocatastale dell'immobile era da considerare un adempimento riservato in via esclusiva al notaio rogante. I coniugi proponevano pertanto ricorso per Cassazione. La vexata questio veniva quindi rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con Ordinanza del 10 febbraio 2020, n. 3089.

La questione

La questione risolta dalle Sezioni Unite della Cassazione è la seguente: il riconoscimento del ruolo centrale del consenso dei coniugi anche nella definizione della crisi coniugale (e, del pari, dei partners nella crisi dell'unione civile) può portare al riconoscimento della validità di clausole aventi effetti traslativi, in assolvimento di obblighi di mantenimento, prescindendo dall'intervento notarile, o è possibile, in sede di separazione consensuale o di divorzio congiunto, stipulare solo accordi con cui venga assunto l'impegno preliminare di vendita o di acquisto di un bene?

Le soluzioni giuridiche

All'interno del panorama giuridico, con particolare riferimento ai trasferimenti patrimoniali, sempre più frequentemente contemplati dai coniugi negli accordi di separazione o divorzio in sostituzione (totale o parziale) del pagamento dell'assegno periodico di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole o del figlio minore o maggiorenne ma non autosufficiente, si sono formate tre diverse posizioni.

Parte della dottrina e della giurisprudenza più restrittiva, ancorata al contenuto necessario degli accordi (figli, assegni, casa coniugale), ha affermato che in sede di divorzio congiunto o di separazione consensuale non possa contemplarsi un contenuto ulteriore, negando in tal modo la possibilità di trascrivere i trasferimenti immobiliari, anche se contenuti nell'accordo e nel verbale di separazione, richiedendo all'uopo sempre e comunque il successivo intervento del notaio.

Altra parte della giurisprudenza, specie di merito, ha invece sostenuto la cd. procedura bifasica, secondo cui i coniugi, all'interno del verbale di separazione o divorzio congiunto, possono assumere l'impegno, di natura meramente obbligatoria, tutelabile in caso di inadempimento ai sensi dell'art. 2932 c.c.. In tal caso l'effetto traslativo è posticipato alla stipula notarile, in ragione dell'elevato rischio di errori invalidanti, connesso agli adempimenti e alle verifiche richiesti per gli atti immediatamente traslativi (come verifiche urbanistiche, certificazioni catastali e attestazioni energetiche).

In un'ottica di maggiore apertura, altra opzione interpretativa ha ammesso accordi con effetti traslativi, ritenendo che essi abbiano carattere di "negoziazione globale", idonei a «abbracciare ogni forma di costituzione e di trasferimento di diritti patrimoniali, compiuti con o senza controprestazione, in occasione della crisi coniugale». Secondo la predetta tesi, tali accordi tipici, denominati "contratti della crisi coniugale" o "contratti post-matrimoniali", trovano il loro fondamento normativo nell'art. 711 c.p.c. e nella l. n. 898 /1970, art. 4, comma 16, laddove si riferiscono, rispettivamente, alle "condizioni della separazione consensuale" e alle "condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici" delle parti.

Richiamate le diverse posizioni giurisprudenziali, le Sezioni Unite, ritengono di condividere e confermare l'orientamento secondo il quale, in sede di separazione consensuale e divorzio congiunto, sono ammissibili accordi tra le parti che non si limitino all'assunzione di un mero obbligo preliminare, ma attuino in via diretta e immediata il trasferimento della proprietà di beni o di altro diritto reale sugli stessi. Ciò in ragione del fatto che, sulla base del dato normativo di cui all'art. 4, comma 16 della Legge n.898/1970, è pacifico che in caso di separazione consensuale o di divorzio congiunto (o su conclusioni conformi), la sentenza del Tribunale deve verificare esclusivamente “la sussistenza dei presupposti di legge” e “la rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli”, configurandosi così un controllo meramente esterno.

La Corte di legittimità perviene pertanto alla conclusione che imporre alle parti di limitarsi a contrarre un preliminare di vendita e acquisto anziché il trasferimento immediato dei diritti immobiliari, viola l'autonomia privata delle parti, costituzionalmente tutelata dagli artt.2, 3, 41 e 42 Cost..

Affronta poi la questione relativa alla validità del trasferimento immobiliare, alla luce della previsione normativa di cui all'art. 29, comma 1-bis l., 27 febbraio 1985, n. 52 (come introdotto dall'art. 19 comma 14 del d.l. n.78/2010), a norma del quale «gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi, aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti, il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari».

Sul punto la Corte, chiarisce che la nullità in oggetto è una nullità testuale (art. 1418 c.c.) di carattere oggettivo, comminata per il solo fatto che manchino i seguenti elementi: identificazione catastale, riferimento alle planimetrie depositate in catasto, dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.

Pertanto, in sede di separazione o divorzio, ai fini della validità dei trasferimenti immobiliari, è indispensabile che l'atto traslativo contenga gli elementi sovramenzionati, a prescindere dall'esattezza e dalla veridicità di essi, non occorrendo formalizzare gli stessi all'interno di un atto notarile.

Le Sezioni Unite specificano poi che la forma dell'atto traslativo, prescritta dall' art. 29, comma 1-bis, l. n. 52/1985 (atto pubblico o scrittura privata autenticata), è rispettata con il verbale di udienza di comparizione dei coniugi, redatto dal cancelliere ai sensi dell'art. 126 c.p.c. dotato dei requisiti di forma scritta ex art. 1350 c.c. prescritti per i trasferimenti immobiliari, che è atto pubblico ai sensi dell'art. 2699 c.c., avente fede privilegiata fino a querela di falso e trascrivibile ai sensi dell'art. 2657 c.c.. Sulla base di quanto detto, le verifiche che l'art. 29 comma 1-bis, l. n., 52/1985 riserva al notaio, possono essere validamente compiute anche dal cancelliere, a cui le parti devono presentare tutta la documentazione richiesta a pena di nullità e necessaria al compimento delle opportune verifiche ipocatastali da parte del cancelliere.

Osservazioni

L'obbligazione di mantenimento del coniuge e dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti, in caso di disgregazione del vincolo familiare – e, analogamente, l'obbligazione di mantenimento del partner dell'unione civile in caso di divorzio - può anche essere adempiuta, in sostituzione in tutto o in parte dell'erogazione di un assegno periodico, con l'attribuzione della proprietà di beni mobili o immobili, che garantisca comunque l'esigenza di protezione dei minori e dei soggetti più deboli.

Le parti possono definire le condizioni economiche della separazione e del divorzio, quindi mediante la capitalizzazione una tantum di tale assegno o ancora addivenire ad una divisione amichevole di un patrimonio immobiliare in comunione.

La giurisprudenza di merito, come detto, si è divisa in punto di ammissibilità di trasferimenti immobiliari in sede di separazione e divorzio, pure a fronte di diversi significativi precedenti della Cassazione ad essi favorevoli, secondo cui «è nel potere dei coniugi, e quindi, nell'esercizio della propria autonomia, fatti salvi i diritti inderogabili della prole, determinare la misura dell'obbligo di mantenimento nonché il modo di adempierlo. Pertanto, è parimenti indiscusso che sono valide le clausole dell'accordo di separazione che riconoscano ad uno dei coniugi la proprietà esclusiva di beni immobili, ovvero ne operino il trasferimento ad uno di essi per assicurarne il mantenimento. Allo stesso modo sono valide altre, atipiche forme di accordo».

Gli atti che contemplano trasferimenti immobiliari tra coniugi o in favore dei figli, nell'ambito della separazione ed il divorzio, vengono ritenuti funzionali alla risoluzione della crisi familiare e alla composizione bonaria della vicenda coniugale e quindi meritevoli di tutela, qualora garantiscano il risultato solutorio, non essendo in contrasto con norme imperative, né con diritti indisponibili. Costituiscono un contenuto eventuale, accordi patrimoniali del tutto autonomi che trovano solo occasione nella separazione o nel divorzio e, pertanto, non sono sucettibili di modifica (o conferma) in sede di ricorso ad hoc ex art 710 c.p.c. o in sede di divorzio.

La Corte di Cassazione ha peraltro riconosciuto l'applicabilità dell'esenzione di cui all'art. 19 l. 6 marzo 1987, n.74 per «tutti gli atti e convenzioni che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare, sotto il controllo del giudice, i loro rapporti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio o alla separazione personale, tra cui “gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni mobili ed immobili all'uno o all'altro coniugi, o anche in favore dei figli».

Diversi profili critici però hanno portato i Tribunali e le Corti di merito a virare verso la preclusione degli effetti traslativi in sede di regolamentazione giudiziale delle crisi familiari e soprattutto l'impossibilità di operare il controllo certosino sulla regolarità urbanistica e catastale, sui profili normalmente demandati al notaio, il quale sarebbe precluso al Giudice - in sede di separazione consensuale o di divorzio congiunto o di trasformazione della separazione giudiziale in consensuale o di accordo sulle modifiche delle condizioni della separazione e del divorzio - o al PM, in sede di negoziazione assistita, ostandovi l'evidente diversità di ruolo e funzioni.

La Cassazione civile a Sezioni Unite supera tali perplessità e la preoccupazione dei giudici di merito di recepire accordi traslativi affetti da nullità, ritenendo rispettati i requisiti sostanziali degli stessi con l'inclusione degli elementi sopra indicati (identificazione catastale, riferimento alle planimetrie depositate in catasto, dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie), e i requisiti di forma scritta ad substantiam, con il verbale di udienza di comparizione dei coniugi (o di comparizione dei partners dell'unione civile o dei genitori nella regolamentazione dei figli non matrimoniali) redatto dal cancelliere ai sensi dell'art. 126 c.p.c., costituente atto pubblico avente fede privilegiata fino a querela di falso.

L'atto giudiziale che recepisce l'accordo - sentenza (che nel divorzio congiunto ha natura di pronuncia dichiarativa quanto ai profili economici) o decreto, dopo l'omologazione -, costituisce quindi valido titolo per la trascrizione, ex art. 2657 c.c., presupponendo la validità dei trasferimenti.

La possibilità, per i coniugi, di addivenire a forme di definizione consensuale della crisi familiare, in ordine ai rapporti economici, anche mediante il ricorso a forme di attribuzione patrimoniale, costituisce applicazione delle regole civilistiche in tema di autonomia contrattuale, che non ha ragione di essere limitata in tale ambito qualora garantisca il risultato solutorio e risolva efficacemente la crisi familiare, non essendo in contrasto con norme imperative, né con diritti indisponibili.

L'interpretazione offerta dalle Sezioni Unite della Corte delinea implicitamente una cesura circa la possibilità di prevedere trasferimenti immobiliari anche negli accordi stipulati in sede di negoziazione assistita in materia familiare, prescindendo da un controllo notarile.

Per quest'ultimi, ai fini della pubblicità immobiliare e della certezza nella circolazione giuridica dei beni, il legislatore ha ritenuto insufficiente sia il potere di certificazione e autenticazione delle firme sia il controllo di legalità da parte degli avvocati che procedono alla negoziazione assistita. La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la disciplina di cui all'art. 6 d.l. n. 132/2014, conv. dalla l. n. 162/ 2014, deve necessariamente integrarsi con quella di cui all'art. 5, comma 3, del medesimo d.l. n. 132, con la conseguenza che, per procedere alla trascrizione dell'accordo di separazione contenente anche un atto negoziale comportante un trasferimento immobiliare, è necessaria, in tal caso, l'autenticazione del verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell'art. 5, comma 3, cit.

Riferimenti

Santoro Passarelli, L'autonomia privata nel diritto di famiglia, in Saggi di diritto civile, Vol. I, Napoli, 1961, p. 381 ss.

Cass.

civ.

, S.U., Sentenza del

29 luglio 2021, n. 21761

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