Ristrutturazione del mutuo fondiario e concessione di ipoteca: il rilievo dell'operazione ai fini dell'azione revocatoria
02 Agosto 2020
Può un'operazione di ristrutturazione del mutuo fondiario che non altera le condizioni economiche originariamente previste, essere qualificata come atto a titolo gratuito, con la conseguenza che la concessione di ipoteca è revocabile ai sensi dell'art. 2901 c.c. e il credito residuo della banca può essere ammesso al passivo solo come credito chirografario e non ipotecario?
Caso concreto - Il quesito cui rispondere è il seguente. Un'operazione di ristrutturazione del mutuo fondiario da parte di una banca in forza del quale l'originario mutuo, assistito da ipoteca, viene sostituito da un nuovo mutuo, sempre assistito da ipoteca, consente alla banca di ammettere il credito residuo come privilegiato (appunto per la presenza di ipoteca) oppure presenta anomalie tali da far degradare il credito della banca a mero credito chirografario? Il quesito trae spunto da una recentissima sentenza della Corte di cassazione (8 aprile 2020, n. 7740) che ha visto confrontarsi una banca (creditore) e una società del tipo s.r.l.(debitore) nell'ambito di un'ammissione al passivo del fallimento. La banca erogò nel febbraio 2008 un finanziamento fondiario ipotecario per l'importo di € 3.270.000, da restituirsi tre anni dopo nel febbraio 2011. Nel giugno 2011 (poco dopo la scadenza del primo finanziamento), la banca erogò un secondo finanziamento, con scadenza nel giugno 2018. I danari provenienti dal secondo finanziamento vennero usati per estinguere il primo finanziamento. Anche il secondo finanziamento era un finanziamento fondiario assistito da ipoteca su immobile. Ed è proprio sulla seconda concessione di ipoteca che si concentra l'attenzione della curatela fallimentare. Subentrato difatti il fallimento della società debitrice, la banca presentò domanda di ammissione al passivo del proprio credito. Il giudice delegato ammise il credito della banca solo al chirografo in quanto l'atto di concessione volontaria d'ipoteca era da revocare in via breve ex art. 2901 c.c. poiché concesso in pregiudizio dei creditori e nella conoscenza di tale pregiudizio, ricavabile dal fatto che il finanziamento era stato erogato per ripianare un precedente debito scaduto. In difformità dalla decisione del giudice delegato, il tribunale – in sede di opposizione - collocò il credito della banca in via ipotecaria. A tale conclusione il tribunale perveniva sul presupposto che l'atto di concessione di ipoteca del 2011 costituisse solo un riscadenziamento dei termini di rimborso del mutuo originario, e dunque presentasse natura onerosa, con la conseguenza che il credito, identico a quello iniziale, fosse già ab origine ipotecario. La procedura fallimentare ritiene invece che il credito della banca debba essere degradato a chirografario e ricorre per cassazione. La Corte di cassazione accoglie il ricorso e rinvia al tribunale competente in diversa composizione, affinché quest'ultimo decida conformandosi ai principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte.
Soluzione - La principale disposizione applicata nel caso di specie è l'art. 2901 c.c., che disciplina l'azione revocatoria. La norma prevede che “il creditore … può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni”. Tuttavia condizione per la revocatoria è che, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio. Nei casi di atto a titolo gratuito è invece ovvio che il terzo sia consapevole del pregiudizio, dal momento che non può esistere altra ragione per la gratuità dell'atto che l'intenzione di danneggiare il creditore. Nella prassi bancaria sono frequenti le operazione di ristrutturazione del debito, che possono assumere le forme più diverse. Sono diffuse in particolare le rimodulazioni dei mutui, nel senso che le condizioni originarie vengono mutate, al fine di andare incontro alle difficoltà del debitore, soprattutto sotto forma di allungamento della durata del piano di ammortamento. Nel caso affrontato dalla Corte di cassazione, un primo mutuo ipotecario fu sostituito da un secondo mutuo ipotecario, senza peraltro modificare alcuna condizione economica, salvo aumentare la durata del finanziamento: mentre originariamente il mutuo sarebbe dovuto durare dal 2008 al 2011, vi fu uno riscadenziamento dal 2011 al 2018. La Corte di cassazione conclude nel senso che un'operazione siffatta non possa considerarsi a titolo oneroso. Difatti fra il primo finanziamento e il secondo finanziamento non ci sono differenze di tipo economico, ma una differenza esclusivamente di durata (il primo finanziamento era durato 3 anni, il secondo 6 anni). Inoltre, ed è questo il passaggio centrale, sia il primo finanziamento sia il secondo finanziamento sono assistiti da ipoteca su immobile. Dal momento che l'ipoteca vi era già nel primo finanziamento, il secondo finanziamento non altera le condizioni sostanziali del rapporto fra le parti (salvo, come si diceva, per la durata). Per questa ragione l'atto non può considerasi oneroso, ma deve considerarsi gratuito, o - forse si potrebbe dire con altra terminologia - “neutrale” rispetto alla posizione delle parti e nei confronti dei terzi. La banca non trae insomma un vantaggio ulteriore dal secondo finanziamento, nel senso di avvantaggiarsi mediante un'ipoteca che prima non aveva. Siccome l'ipoteca già insisteva sul finanziamento, l'operazione è neutrale e non danneggia gli altri creditori, poiché la banca aveva prima e continua ad avere dopo il vantaggio di un bene ipotecato a tutela del proprio credito. La Corte di cassazione rileva che, laddove non si ravvisino profili di erogazione di nuova liquidità, il ripianamento di un debito a mezzo di nuovo credito, che la banca già creditrice metta in opera con il proprio cliente, sostanzia propriamente un'operazione di natura contabile, ovvero con una coppia di poste nel conto corrente, una in dare, l'altra in avere.
Normativa e giurisprudenza
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