La liquidazione del patrimonio e il minimo vitale
24 Agosto 2020
In sede di reclamo ai sensi dell'art. 737 ss. c.p.c., il giudice, nella determinazione della parte di reddito da destinare al sovraindebitato in occasione dell'apertura della liquidazione dei beni, deve rispettare i limiti prescritti dall'art. 545, comma 4 e 5, c.p.c.?
Caso concreto - Il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, aveva aperto una procedura di liquidazione del patrimonio di una persona fisica. Il soggetto sovraindebitato percepiva mensilmente un reddito da lavoro dipendente e, con la domanda di accesso alla procedura, aveva chiesto al Tribunale di escludere dalla liquidazione del patrimonio una quota di stipendio pari ad euro 1.200,00, necessaria per il sostentamento proprio e della famiglia. Nonostante la somma fosse congrua con le esigenze del ricorrente, il giudicante, dichiarando la sussistenza dei presupposti per l'apertura della procedura, escludeva dall'attivo della liquidazione il reddito futuro nel minor importo di euro 700,00. Per questa ragione, il soggetto sovraindebitato decideva di impugnare il decreto ai sensi dell'art. 737 ss. c.p.c., sia per ragioni di fatto che di diritto. Anzitutto, il ricorrente lamentava che, nel determinare la parte di reddito da escludere, non fossero state tenute in debita considerazione le proprie necessità di vita, il cui impatto economico-finanziario era stato dimostrato attraverso la produzione di documenti. In secondo luogo, il soggetto sovraindebitato riteneva che il provvedimento fosse contrario a principi e norme di diritto. Da un lato, infatti, l'art. 14 ter l. 27 gennaio 2012, nell'indicare espressamente l'attivo da escludere dalla procedura, rinvia ai crediti impignorabili di cui all'art. 545 c.p.c., mentre dall'altro lato, il reddito riservato al ricorrente sarebbe stato inferiore sia alla soglia di reddito indice di povertà assoluta secondo l'Istat sia al c.d. reddito di cittadinanza. Il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, con decreto del 10 aprile 2019, accoglieva il reclamo promosso dal sovraindebitato, rideterminando in senso maggiormente favorevole per quest'ultimo, la parte di reddito da escludere dalla procedura.
Spiegazioni e conclusioni - Il Tribunale di Milano, dopo aver argomentato in ordine alla reclamabilità del provvedimento di apertura della liquidazione del patrimonio, specie con riferimento al profilo dell'attivo escluso dalla procedura, ha posto l'attenzione sul tenore letterale dell'art. 14 ter, comma 6, l. n. 3 del 2012. Come noto, tale disposizione esclude dalla procedura tutti i “crediti impignorabili ai sensi dell'art. 545 c.p.c.”. Sotto questo profilo, il Tribunale sottolinea, istituendo un parallelismo tra l'apertura della liquidazione dei beni e il fallimento, che nella procedura fallimentare, nella determinazione dei beni da escludere dalla procedura, l'art. 46 L.F. non fa alcun riferimento all'art. 545 c.p.c.; pertanto, il giudice delegato è libero di fissare la quota di reddito da destinare al mantenimento del debitore fallito anche in misura differente dalla disposizione codicistica. Al contrario, nella liquidazione del patrimonio ex art. 14 ter ss. l. n. 3 del 2012, essendo espressamente prescritto il rispetto dell'art. 545 c.p.c., il giudice può discrezionalmente stabilire il reddito da riservare al sovraindebitato ma solamente in aumento rispetto alla parte che viene qualificata come impignorabile dal codice di diritto comune. Di conseguenza, in ragione di quanto previsto dall'art. 545, commi 4 e 5, c.p.c., la quota di retribuzione da escludere dall'attivo della procedura da sovraindebitamento dovrà essere, nell'ipotesi in cui vi sia un singolo creditore, non inferiore ai quattro quinti della stessa oppure, nell'ipotesi di due o più di due creditori, rispettivamente non inferiore ai tre quinti o alla metà del reddito. Il Tribunale, concludendo, afferma che, trattandosi di crediti e, quindi di diritti disponibili, resta facoltà del debitore mettere a disposizione della procedura un importo di reddito maggiore a quello pignorabile. Tuttavia, in assenza di una espressa rinuncia da parte del sovraindebitato, l'organo giudicante non potrà violare la prescrizione contenuta nell'art. 545 c.p.c.
Normativa e giurisrpudenza
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