Agente di commercio assoggettato alla procedura di sovraindebitamento ex art. 14 ter l. n. 3/2012

Aderjana Petova
12 Agosto 2020

Essendo la fonte della crisi di natura consumeristica e non professionale, può essere aperta la procedura di liquidazione del patrimonio di un agente di commercio titolare di una impresa individuale con un patrimonio personale in grado di superare le soglie di fallibilità?

Essendo la fonte della crisi di natura consumeristica e non professionale, può essere aperta la procedura di liquidazione del patrimonio di un agente di commercio titolare di una impresa individuale con un patrimonio personale in grado di superare le soglie di fallibilità?

Caso concreto - Con decreto del 7 maggio 2018, Il Tribunale di Milano, ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione del patrimonio di un agente di commercio che disponeva di un patrimonio personale immobiliare valorizzato in euro 560.800,00.

L'istante esercitava un'attività compresa tra quelle ausiliarie previste dall'art. 2195 c.c. n. 5. Ricorrono pertanto, i presupposti soggettivi per l'assoggettamento dell'agente alla procedura concorsuale quale imprenditore commerciale: ove l'attività superi le soglie di cui all'art. 1 L. Fall., egli dovrebbe essere sottratto alla disciplina del sovraindebitamento ed essere assoggettato a quella fallimentare.

L'esercizio dell'attività imprenditoriale in forma individuale comporta la confusione del patrimonio dell'impresa con quello personale dell'imprenditore, con la conseguenza che questi diviene fallibile anche per effetto dei debiti estranei all'attività di impresa (App. Torino 5 ottobre 2010)

Nel caso di specie, tuttavia, gran parte delle obbligazioni sono state contratte dall'istante in qualità di consumatore, essendo stato contratto un mutuo per reperire liquidità necessaria a sostenere un familiare. Le obbligazioni di natura imprenditoriale risultavano di natura fisiologica e non patologica.

Se da una parte non è predicabile una separazione formale nel patrimonio di un'impresa individuale tra obbligazioni di diversa natura, dall'altra non avrebbe avuto senso una dichiarazione di fallimento per la tutela dei creditori e per i costi di sistema: l'attività svolta dall'istante risultava sana e in grado di creare ricchezza e sarebbe stata travolta dalla pronuncia di formale insolvenza.

Nel caso di specie, l'istante chiedeva di essere ammesso alla procedura di liquidazione del patrimonio mettendo a disposizione della procedura tutto il suo patrimonio consistente in

  • (i) redditi derivanti dall'attività lavorativa per la porzione eccedente le spese necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia,
  • (ii) due beni immobili
  • (iii) un'autovettura di cui però il debitore metteva a disposizione dei creditori solo 1/5 del valore statico della stessa. Non veniva posto l'intero valore dell'auto in quanto considerata necessaria per lo svolgimento dell'attività professionale del ricorrente e di conseguenza per la produzione di reddito.

La decisione in merito alla questione era stata demandata al liquidatore, che ha optato per la soluzione prospettata dalla difesa mettendo a disposizione della procedura il valore dell'autovettura nei limiti di pignorabilità di cui all'art. 515 c.p.c.

Destinare l'intero valore dell'autoveicolo avrebbe determinato un danno per i creditori, poiché avrebbe provocato una diminuzione del reddito futuro dell'istante e, di conseguenza, della porzione eccedente le spese di sostentamento destinata alla procedura.

Soluzione - Traendo spunto dall'orientamento della Cassazione che ha dichiarato possibile ricorrere al piano del consumatore anche in presenza di un'attività professionale “potendo il soggetto anche svolgere l'attività di professionista o imprenditore” (Cass. 1896/2016) a patto che i debiti non compaiano nell'insolvenza finale, il Tribunale di Milano ha dichiarato aperta la procedura ex art. 14 terL. 3/2012 dell'agente di commercio nel caso de quo, nonostante l'astratta fallibilità del ricorrente.

Si legge in filigrana dagli atti e dalla succinta motivazione che la liquidazione del patrimonio risultava preferibile alla procedura concorsuale maggiore.

Infatti, la vendita atomistica dei beni dell'istante nel fallimento sarebbe stata di valore inferiore rispetto all'ipotesi di realizzo e ai costi di gestione della liquidazione del patrimonio.

Quest'ultima, avrebbe infatti recepito anche i redditi derivanti dall'attività lavorativa dell'istante per la porzione eccedente le spese di sostentamento.

Un simile valore sarebbe stato di certo polverizzato per l'impossibilità di autorizzare un esercizio provvisorio di un'agenzia di commercio, siccome connotata da una elevata personalizzazione, incompatibile con lo spossessamento imposto dal fallimento.

Normativa e giurisprudenza

  • Art. 14 terL. 3/2012
  • Art. 2195 n. 5c.c.
  • Art. 515 c.p.c.
  • Cass. sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1896
  • Tribunale Milano 7 maggio 2018
  • Appello Torino 5 ottobre 2010

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