Concordato preventivo e conflitto di interessi del creditore ammesso al voto
03 Agosto 2020
Nel silenzio della legge sul punto, può il tribunale pronunciarsi sul conflitto di interessi del creditore ammesso al voto nella procedura di concordato preventivo?
Caso concreto - Il Tribunale di Milano, con decreto del 21 dicembre 2018, nell'ambito del giudizio ex art. 180 L.F. in accoglimento delle opposizioni promosse, non ha omologato una procedura di concordato preventivo e, conseguentemente, ha dichiarato il fallimento della società istante accertando l'effettiva sussistenza di un conflitto di interessi in capo ad un creditore in sede di votazione della proposta. Nel dettaglio, la società istante aveva proposto un piano di concordato in continuità indiretta, il quale prevedeva che tutto l'attivo e tutto il passivo della stessa fossero assunti in capo ad un terzo assuntore, con contestuale trasferimento di azienda in capo al medesimo. I creditori dissenzienti alla votazione si sono opposti all'omologazione, rappresentando la sussistenza di un conflitto di interessi nell'espressione del voto in capo ad uno dei creditori: l'assuntore, infatti, era partecipato al cinquanta percento dal principale bondholder della società in concordato preventivo, il quale, a sua volta, era chiamato ad esprimersi sulla proposta, essendo stato ammesso regolarmente al voto. Questa interessenza andava ad incidere sulla formazione della volontà dello stesso bondholder in ordine alla proposta di concordato, poiché lo stesso risultava indirettamente coinvolto nell'operazione di assunzione ed aveva parallelamente anche un evidente interesse a minimizzare il sacrificio economico. Normalmente, il creditore è mosso dall'interesse (diametralmente opposto) di ottenere il migliore soddisfacimento del proprio diritto. Il rilievo del conflitto di interesse nel caso di specie, peraltro, era determinato dal fatto che il voto favorevole del bondholder fosse stato determinante posto che in sua assenza, il concordato non sarebbe stato approvato – per il mancato raggiungimento delle maggioranze previste dalla legge – e, di conseguenza, non si sarebbe neppure addivenuti al giudizio volto alla sua omologazione (c.d. prova di resistenza). Il conflitto di interessi, dunque, a detta degli opponenti, avrebbe dovuto essere “sterilizzato”. Per neutralizzare questa anomalia, la difesa sosteneva che fosse possibile agire in due differenti modi. In particolare, una soluzione avrebbe potuto essere quella di escludere il bondholder dal voto sulla proposta e, quindi, dal calcolo della maggioranza necessaria per l'approvazione della medesima. Un'alternativa, peraltro, poteva essere individuata nell'estromissione del creditore in conflitto di interessi dalla classe degli obbligazionisti, con la contemporanea collocazione in una classe apposita. Per definire la questione, il Tribunale di Milano ha fatto leva su norme e orientamenti ermeneutici consolidatisi in materia di concordato fallimentare, applicandoli alla procedura di concordato preventivo (si veda, per tutte, Cass. SU 26 giugno 2018n. 17186).
Speigazioni e cocnlusioni - Secondo l'interpretazione giurisprudenziale maggiormente condivisibile (formatasi in materia di concordato fallimentare), le ipotesi di conflitto di interessi indicate espressamente dalla legge non dovrebbero essere considerate tassative ma meramente esemplificative, con la conseguenza che sarebbero da escludere dal voto della proposta di concordato tutti quei soggetti che, a prescindere dal tenore letterale della norma, nel singolo caso concreto abbiano uno specifico interesse che sia contrastante e non compatibile con quello dei restanti creditori (tale interpretazione è stata sostenuta sempre da Cass. SU 26 giugno 2018, n. 17186). Utilizzando questo principio nel concordato preventivo – che nulla prevede in materia di conflitto di interessi – e applicando in via analogica quanto previsto in tema di proposte concorrenti del creditore (art. 163 bis l. fall.), il Tribunale di Milano, è giunto alla conclusione che il creditore portatore di un interesse contrastante con quello della massa debba essere escluso dal voto oppure, in alternativa, possa esprimersi sulla proposta a patto che sia collocato in un'apposita classe (art. 160, comma 1, lett. c, L. Fall.). Dal testo del provvedimento del tribunale milanese si legge, infatti, che “la soluzione per neutralizzare il conflitto, fermo che la sterilizzazione integrale del voto è da intendersi extrema ratio ove non vi siano altre soluzioni, è adeguatamente individuabile nella possibilità di classamento separato”. Solo in questo modo risulta possibile “sterilizzare” effettivamente il conflitto di interesse sussistente. Applicando dunque questi principi, dopo aver dato atto, nel caso di specie, della mancata previsione di un'autonoma classe per il creditore in conflitto di interessi e del consequenziale difetto di legittimazione al voto di quest'ultimo, il Tribunale di Milano ha accolto le opposizioni promosse e ha rigettato la domanda di omologazione del concordato.
Normativa e giurisprudenza
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