Fallimento del locatore ed estinzione anticipata della locazione: quale indennizzo per il conduttore?

08 Ottobre 2021

La Cassazione accoglie il ricorso proposto dal conduttore, il quale si era visto negare l'equo indennizzo, previsto in suo favore ex lege a seguito dell'estinzione anticipata del contratto di locazione, per effetto del recesso manifestato dal curatore del fallimento del locatore, precisando che il giudice delegato deve non solo statuire sul relativo diritto ma anche quantificarlo, essendo un'operazione funzionale all'esigibilità del credito.
Massima

La facoltà di recedere dal contratto di locazione esercitata ai sensi dell'art. 80, comma 2, l. fall., dal curatore del fallimento del locatore, comporta il diritto del conduttore ad esigere un equo indennizzo per la cessazione anticipata del rapporto, la cui determinazione è rimessa al giudice delegato.

Il caso

La quaestio juris nasce dalla dichiarazione di recesso da un contratto di locazione già in corso alla data del fallimento del locatore, formulata dal curatore della procedura, a cui ha fatto seguito da parte del giudice delegato il rigetto dell'istanza proposta dal conduttore per la quantificazione dell'indennizzo previsto ex lege, confermato anche in sede di reclamo.

La questione

Nell'ipotesi di contratto di locazione immobiliare già pendente al momento del fallimento del locatore il conduttore ha diritto a percepire l'indennizzo previsto dall'art. 80, comma 2, l. fall. a seguito del recesso del curatore?

La soluzione giuridica

La Cassazione accoglie il ricorso proposto dal conduttore avverso il provvedimento emesso in sede di reclamo con il quale era stato confermato il decreto del giudice delegato di rigetto dell'istanza volta a conseguire l'equo indennizzo per la risoluzione anticipata della locazione, rilevando che a seguito dell'esercizio del recesso da parte del Fallimento del locatore segue subito il diritto del conduttore al conseguimento dell'equo indennizzo, connesso all'anticipato scioglimento del contratto, prodotto per effetto del recesso del curatore, precisando altresì che laddove ricorrano effettivamente i presupposti dell'equo indennizzo, il giudice delegato non può fermarsi a riconoscere l'astratta spettanza del diritto all'indennizzo senza quantificarlo, trattandosi di un passaggio necessario per rendere liquido ed esigibile il credito.

Osservazioni

Il disposto di cui all'art. 80, comma 2, l. fall. - nel testo vigente sostituito dall'art. 66 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n.5 e dall'art. 4, comma 12 del d.lgs. 12 settembre 2007, n.169 - prevede che il fallimento del locatore non determina automaticamente lo scioglimento del contratto di locazione d'immobili, ragione per cui il curatore subentra nel contratto, e qualora la durata del contratto sia complessivamente superiore a quattro anni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore ha, entro un anno dalla dichiarazione di fallimento, la facoltà di avvalersi del recesso che ha effetto decorsi quattro anni dalla dichiarazione di fallimento.

La ratio della norma è quella di far sì che il contratto di locazione non possa costituire un rilevante limite alla realizzabilità del cespite in sede fallimentare, dovendo considerare che in caso di vendita dello stesso il terzo acquirente esattamente come avviene anche in occasione delle vendite forzate, dovrà rispettare anch'egli il contratto già in essere.

La funzione dell'indennizzo previsto dall'art. 80, comma 2, l. fall. è, quindi, volta a circoscrivere gli effetti della durata del contratto, una sorta di equivalente del “prezzo” del recesso esercitato dal curatore del fallimento del locatore per potere successivamente vendere liberamente l'immobile, che per tale ragione, non ha natura risarcitoria, costituendo il corrispettivo dell'esercizio della facoltà di recesso concessa dalla legge.

Ciò significa che l'eventuale inadempimento del conduttore ad esempio, per l'accertata morosità, aprirebbe la strada al curatore subentrato nel rapporto nel proporre domanda di risoluzione del rapporto locatizio.

Infatti, l'anzidetta norma ha la finalità di limitare la durata dei contratti di locazione degli immobili stipulati prima del fallimento e garantire, da un lato, le esigenze del conduttore alla stabilità del rapporto giuridico intervenuto con il locatore poi fallito e, dall'altro, la possibilità per il fallimento a non vedersi vincolati ad un contratto di lunga durata, che potrebbe comprimere il valore dell'immobile.

Ciò spiega perché, dinanzi ad un simile scenario, precludere al locatore dichiarato fallito la proposizione di un'azione di risoluzione in caso di inadempimento del conduttore in bonis si tradurrebbe in un inammissibile pregiudizio per la procedura fallimentare, la quale in tale ipotesi, si vedrebbe vincolata ad un infruttuoso contratto di locazione sino la scadenza del quarto anno, con evidente lesione anche dei creditori della massa.

Ovviamente, il subentro ope legis nel contratto si verifica solo sé e nei limiti in cui quest'ultimo risulti opponibile alla massa dei creditori, ragione per cui occorre che il contratto sia stato debitamente registrato, il quale, sarà allora opponibile ai creditori sotto il profilo della data certa anteriore al fallimento ex art. 2704 c.c. (Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2014, n. 5792), mentre ad altri effetti, occorre la trascrizione ex art. 2643, n.8), c.c., come ad esempio sotto il profilo dell'opponibilità del vincolo di durata ultranovennale (Cass. civ., sez. I, 8 febbraio 2008, n. 3016).

Quella scrutinata dai giudici di legittimità con la pronuncia che si annota, è quindi una fattispecie ben differente da quella contemplata dallo stesso art. 80, comma 3, l. fall. riguardante il fallimento del conduttore, rispetto al quale, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto di locazione, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l'anticipato recesso, che anche qui, nel dissenso fra le parti, è sempre determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati, il cui credito è soddisfatto in prededuzione, ai sensi dell'art. 111, n. 1), ed è assistito dal privilegio dell'art. 2764 c.c.

Orbene, ciò premesso, la Cassazione con la pronuncia in commento esamina una fattispecie locatizia in relazione alla quale ad essere fallito è il locatore, precisando che in tale ipotesi, il conduttore vanta un vero e proprio diritto soggettivo all'indennizzo, che trae fondamento direttamente dalla legge, che, tra l'altro, si manifesta non solo in ordine all'accertamento della sussistenza degli occorrenti presupposti, ma anche per quanto attiene alla concreta definizione del quantum spettante a titolo di indennizzo.

Invero, l'indennizzo stabilito dall'art. 80, comma 2, l. fall. è collegato all'anticipato recesso effettuato dal curatore, la cui finalità è quella di riparare alla minore durata del rapporto rispetto alle previsioni stabilite nel contesto del programma contrattuale predisposto prima del fallimento.

Conseguentemente, poiché l'art. 80, comma 2, l. fall. affida la determinazione del quantum direttamente al giudice delegato, quest'ultimo non può fermarsi a riconoscere l'astratta spettanza del diritto di indennizzo laddove ricorrano i presupposti per la sua liquidazione in favore del conduttore in bonis, dovendo procedere alla definizione della misura che in concreto spetta al contraente, atteso che la relativa determinazione si pone quale passaggio necessario per rendere liquido ed esigibile il credito.

Al riguardo va, pertanto, precisato che la determinazione dell'equo indennizzo da corrispondere al conduttore, a sensi dell'art. 80 l. fall, in mancanza di un accordo tra le parti, è sempre rimessa al giudice delegato e non al diverso giudice che ha accertato l'avvenuto esercizio del diritto di recesso da parte del curatore (Trib. Prato 5 maggio 2011).

In tale ottica, la pronuncia che si annota contiene un ulteriore importante rilievo, riguardante il significato della norma in esame, che non è quello di affidare al giudice delegato il compito di verificare se la somma pretesa dal contraente in bonis debba o meno ritenersi corretta, ma quello di riconoscere al medesimo giudice il compito di determinare l'entità dell'indennizzo che spetta al conduttore in bonis, al di là ed anzi a prescindere della richiesta monetaria che quest'ultimo abbia eventualmente formulato per il conseguimento del suddetto fine.

Riferimenti

Costa, Fallimento. Effetti sui rapporti giuridici preesistenti, in Treccani.it;

Nisio, Il nuovo articolo 80 della legge fallimentare in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, 2009, 414.

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