Concordato preventivo ai tempi del Covid-19: modalità per riformulare ex novo il piano concordatario

21 Ottobre 2020

Per i concordati preventivi pendenti, è possibile chiedere un termine per depositare un nuovo piano, purché siano soddisfatte determinate condizioni, espressamente stabilite dall'art. 9 “decreto liquidità”?

Per i concordati preventivi pendenti, è possibile chiedere un termine per depositare un nuovo piano, purché siano soddisfatte determinate condizioni, espressamente stabilite dall'art. 9 “decreto liquidità”?

Caso pratico - Il debitore in concordato preventivo, che ha dunque già depositato un piano concordatario, si trova nella situazione tale per cui - a seguito del lockdown imposto dal Governo per l'emergenza sanitaria da Covid-19 e conseguente crisi economica - il predetto piano già depositato debba essere integralmente riformulato.

Nella fattispecie era già stata predisposta dal Tribunale fallimentare la procedura competitiva ai sensi dell'art. 163 bis L. fall., nonché fissata l'adunanza dei creditori.

Si pone pertanto la necessità di verificare quali siano le condizioni necessarie per legge affinché il Tribunale conceda un termine eccezionale per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell'art. 161 L.fall.

La norma cui fare riferimento è l'art. 9, comma 2, D.L. n. 23/2020, convertito con la L. n. 40/2020, noto anche come “Decreto Liquidità” (la quale, peraltro, fa riferimento altresì agli accordi di ristrutturazione).

Spiegazioni e conclusioni - Vi è da dire che la decretazione d'urgenza, emanata in risposta alle notevoli difficoltà economiche conseguenti all'emergenza sanitaria da Covid-19, ha voluto offrire la possibilità, alle imprese attualmente soggette a procedura concorsuale, di beneficiare di “ulteriori termini”, eccezionali rispetto alla legge fallimentare, al fine di poter garantire il proficuo andamento della procedura concorsuale stessa, a beneficio del ceto creditorio, ed impedire il collasso delle stesse.

Come accennato, l'art. 9, comma 2, D.L. n. 23/2020, convertito con la L. n. 40/2020, noto anche come “Decreto Liquidità”, attribuisce al debitore in concordato preventivo la facoltà di presentare, sino all'udienza fissata per l'omologazione, apposita istanza al Tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell'art. 161 L.fall.

È fondamentale, dunque, che il debitore abbia ben chiare quali siano le condizioni necessarie, onde correttamente rappresentarle al Tribunale.

Ebbene, le uniche condizioni previste dalla legge sono le seguenti:

  • la pendenza della procedura di concordato preventivo alla data del 23 febbraio 2020;
  • la non ricorrenza di avvenuta espressione negativa del voto da parte della maggioranza dei creditori.

Con riferimento alla prima delle due condizioni, ovvero alla pendenza della procedura di concordato preventivo alla data del 23 febbraio 2020, autorevole dottrina ha osservato che sarebbe insufficiente il mero deposito di una domanda di pre-concordato ai sensi dell'art. 161, comma 6, L.fall, mentre, più verosimilmente, sarebbe sufficiente l'avvenuta pronuncia del decreto di ammissione al concordato preventivo o almeno l'aver già depositato il piano e la proposta in forma piena e definitiva.

La giurisprudenza viene in soccorso, offrendo talune esemplificazioni circa i momenti in cui è possibile depositare l'Istanza, ovvero: prima dell'adunanza dei creditori; dopo l'adunanza, ma con votazione approvativa; nelle more tra la valutazione approvativa e l'inizio del giudizio di omologazione; nelle more di quest'ultimo giudizio (Trib. Pistoia 5 maggio 2020).

Resta ferma dunque la seconda condizione, di carattere ostativo: la non ricorrenza di avvenuta espressione negativa del voto da parte della maggioranza dei creditori, perché in questo caso il procedimento deve comunque cessare ai sensi dell'art. 179 L.fall.

È peculiare che non risulti necessario che il debitore adduca delle motivazioni (inerenti o non inerenti all'emergenza sanitaria), né che il Tribunale sia tenuto al vaglio di queste ultime.

Quanto sopra, si può evincere dallo stesso tenore letterale della norma. Infatti, l'art. 9, comma 2, D.L. n. 23/2020 parla semplicemente di “Istanza” e di conseguente “assegnazione del termine” da parte del Tribunale, ciò che non implica attività di valutazione, se non quella riguardante le due condizioni di inammissibilità tassativamente previste.

Diversamente, l'art. 9, comma 3 (che sancisce la facoltà per il debitore di chiedere “unilateralmente” la modifica dei termini di adempimento fino a 6 mesi del piano depositato) prevede espressamente che sia depositata una “Memoria” (e non una semplice Istanza), con annessa documentazione che comprovi la necessità di modifica dei termini.

Anche il comma 4 e 5 dell'art. 9 si differenziano dal comma 2 che ci occupa, in quanto, nei primi, il legislatore ha espressamente previsto:

  • la specifica dei fatti sopravvenuti per effetto dell'emergenza Covid-19;
  • gli elementi che rendono necessaria la proroga;
  • acquisizione di parere formale del Commissario Giudiziale.

In conclusione, si può affermare che il meccanismo previsto dall'art. 9, comma 2, D.L. n. 23/2020, presuppone un atto di impulso del debitore e non contempla alcuna valutazione da parte del Tribunale, che, quindi, è tenuto a concedere il termine richiesto, salvo il caso di inammissibilità dell'istanza.

Al contrario, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'art. 9 postulano una verifica da parte del Tribunale, dal cui esito dipende la concessione della misura.

Nel caso pratico odierno, il debitore, pur rappresentando – ad abundantiam – le motivazioni economiche ed aziendali che imponessero la riformulazione in toto della proposta e del piano concordatario già depositato, ha tuttavia ben rappresentato con il conforto della citata dottrina e giurisprudenza l'esclusiva valutazione, da parte del Tribunale delle 2 condizioni necessarie.

Condizioni, queste, che ricorrevano nella specie, posto che: 1. il provvedimento di apertura della procedura di concordato risaliva alla data del 15 aprile 2019; 2. la proposta concordataria non era ancora stata sottoposta al vaglio dei creditori, né tanto meno votata negativamente, in quanto la data per l'adunanza era fissata successivamente alla data del deposito e dunque non era stata ancora celebrata.

Sicché, in conclusione, il Tribunale fallimentare ha aderito alla predetta impostazione, emanando provvedimento di:

concessione, ai sensi dell'art. 9, comma 2, D.L. n. 23/2020, convertito con la L. n. 40/2020, del termine di 60 giorni, decorrente dallo stesso provvedimento, per il deposito della nuova proposta, del nuovo piano, e della documentazione di cui al secondo e terzo comma dell'art. 161 L.fall.;

  • revoca della procedura competitiva ex art. 163 bis L. fall. fissata;
  • ordine di restituzione agli offerenti delle buste, integre, contenenti l'offerta per la procedura competitiva, mandando alla cancelleria per il relativo adempimento;
  • revoca dell'udienza per l'adunanza dei creditori, disposta con provvedimento.

Normativa e giurisprudenza

  • Art. 9, comma 2, D.L. n. 23/2020
  • Artt. 161 L.Fall.
  • Art. 163 bis L. fall
  • Trib. Pistoia 5 maggio 2020
  • Trib. Foggia 1 luglio 2020

Per approfondire

F. Lamanna, Le misure temporanee previste dal Decreto Liquidità per i concordati preventivi e gli accordi di ristrutturazione, in IlFallimentarista.it, 14 aprile 2020.

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