I requisiti soggettivi nelle ipotesi di estensione del fallimento
20 Novembre 2020
Nel caso di una richiesta di estensione del fallimento ex art. 147 L.F., al fine di dimostrare la sussistenza di contiguità tali da determinare una sostanziale identicità di scopo tra le persone giuridiche coinvolte, è necessario effettuare un'approfondita analisi dell'animus che giustifica ogni singolo comportamento?
Caso pratico - La curatela fallimentare, previo accertamento della sussistenza di una società di fatto, ha depositato una richiesta di estensione del fallimento ex art. 147 L.F. Al fine di dimostrare la sussistenza di contiguità tali da determinare una sostanziale identicità di scopo tra le persone giuridiche coinvolte, l'istante ha portato all'attenzione del Collegio i seguenti elementi: identità della sede sociale, esistenza di un medesimo consulente fiscale, il rinvenimento del liquidatore della società, poi fallita, presso i locali della società in bonis, la parziale identità delle compagini sociali, i rapporti di parentela tra i soci della prima e della seconda società (padre, figlie e generi). Secondo la curatela, questi riferito era idoneo a qualificare le due persone giuridiche come una “supersocietà di fatto”. Il Tribunale di Crotone, effettuando una approfondita analisi dell'animus che ha giustificato ogni singolo comportamento, ha rigettato il ricorso.
Spiegazioni e conclusioni - Il Collegio ha iniziato il proprio ragionamento circoscrivendo la domanda avanzata dalla curatela identificandola, con metodo induttivo, con quella prevista dall'art. 147 L.F. ai commi 4 e 5. Sulla base di questa premessa, la vicenda è stata affrontata in relazione all'ipotesi di sussistenza “effettiva” di una società di fatto tra le due persone giuridiche. Il Collegio, quindi, ha individuato gli elementi essenziali della fattispecie identificandoli e suddividendoli in tre categorie: il primo, di carattere oggettivo, consistente nel conferimento di beni e servizi in un fondo comune; il secondo , anch'esso oggettivo, costituito dalla partecipazione dei soci agli utili ed alle perdite della società; il terzo, di carattere soggettivo poiché riferito all'animus dei soci, è stato identificato con la volontà di vincolarsi e di collaborare per il raggiungimento di uno scopo (affectio societatis). L'analisi, quindi, è stata rivolta all'elemento soggettivo inteso come esatta qualificazione della volontà di agire posto che i rapporti oggetto di esame erano intervenuti tra parenti stretti (padre, figlie e generi) . Sul punto l'Organo giudicante ha ritenuto di aderire alla tesi più rigoristica adottata da dottrina e giurisprudenza che prevede la necessità di valutare con estremo rigore quei casi in cui il requisito dell'affectio societatis deve essere saggiato al cospetto dell'affectio familiaris che, di fatto, esclude l'esistenza della società di fatto posto che tutti i comportamenti trovano la loro ragion propria non solo nella volontà di collaborare e vincolarsi per il raggiungimento di uno scopo, ma anche nella semplice volontà di prestare assistenza materiale ad un proprio familiare, con un vantaggio economico che si concretizza, eventualmente, solo di riflesso a chi lo concede (un padre di solito tende ad aiutare i propri figli). In ossequio alla tesi del rigore, ed anche al fine di non sanzionare atteggiamenti che con l'esercizio della società di fatto nulla hanno in comune, l'attività dell'Organo giudicante è stata quella diverificare se gli elementi portati a sostegno della domanda erano idonei a fugare ogni dubbio in ordine alla sussistenza della volontà di collaborare per raggiungere uno scopo a dispetto della volontà di aiutare un familiare. In assenza di una prova incontrovertibile sul punto, posto che non v'è presunzione dell'esistenza dell'affectio societatis rispetto all'affectio familiaris, in caso di dubbio circa la qualificazione di un atto come adempimento di un contratto sociale ovvero di un vincolo familiare, il contributo, a detta del Collegio, dovrà presumersi reso in grazia di motivazioni non commerciali in ragione del fatto che la sua collocazione logica risiede all'interno della ridetta categoria piuttosto che nella cointeressenza finalizzata al lucro. Gli elementi indicati dalla curatela, quindi, considerato che, dal punto di vista soggettivo, erano tutti alternativamente spiegabili anche in chiave di solidarietà familiare, non sono stati ritenuti idonei a comprovare l'esistenza della società di fatto. Di talché ne è disceso il rigetto del ricorso.
Normativa e giurisprudenza
Per approfondire F. Signorelli, Fallimento in estensione, in ilfallimentarista, bussola 19 maggio 2020. |