La liquidazione del patrimonio e le disposizioni sulla sospensione delle procedure esecutive immobiliari dettate per emergenza Covid 19

Laura Bonati
04 Dicembre 2020

La sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l'immobile adibito ad abitazione principale, è suscettibile di applicazione analogica a procedure diverse da quella esecutiva individuale?

La sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l'immobile adibito ad abitazione principale, è suscettibile di applicazione analogica a procedure diverse da quella esecutiva individuale?

Caso pratico - Il debitore ammesso alla procedura di liquidazione del patrimonio ex L. 3/2012, chiede al Liquidatore nominato di sospendere le procedure di vendita dell'immobile adibito a propria abitazione principale, in virtù dell'entrata in vigore del D.L.18/2020.

L'art.54-ter del decreto ha infatti disposto la sospensione per sei mesi dall‘entrata in vigore delle procedure esecutive aventi ad oggetto, appunto, l'immobile adibito ad “abitazione principale”. Il Liquidatore, ritenuti inconferenti i richiami normativi invocati dal debitore, comunica a quest'ultimo la prosecuzione delle procedure di vendita.

Il Tribunale di Milano, in sede di reclamo avverso il provvedimento con cui il Giudice Delegato aveva confermato la decisione del Liquidatore, con decreto in data 23 luglio 2020, ha rigettato l'istanza di sospensione sull'assunto che l'art.54-ter D.L. 18/20 è norma avente carattere eccezionale, dettata specificamente in materia di esecuzione individuale e come tale non è applicabile, in via analogica, a procedure, quale quella di liquidazione del patrimonio, aventi natura concorsuale.

Spiegazioni e conclusioni - La legislazione di emergenza è intervenuta per cercare di attutire le drammatiche conseguenze della generale crisi del sistema produttivo provocata dalla pandemia in corso con riguardo ai soggetti maggiormente deboli, quelli che nell'azione esecutiva vedono a rischio la propria abitazione principale (intesa come quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente).

L'art. 54-ter D.L. 18/2020 (cosiddetto “Decreto Cura Italia”), ha, infatti, stabilito che “al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all'art. 555 c.p.c. che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore”.

La pronuncia in esame ha decretato l'inapplicabilità di tale norma alle vendite disposte nell'ambito della a procedura di liquidazione del patrimonio, sulla scorta di considerazioni, a parere della scrivente pienamente condivisibili.

Il Tribunale ha, infatti, in primo luogo, sottolineato il carattere eccezionale della disposizione normativa de qua, che la rende insuscettibile di applicazione analogica, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 14 disp. prel. c.c., a mente del quale “Le leggi (…) che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi, non si applicano oltre i casi ed i tempi in esse considerati”.

Nel caso in esame, la normativa emergenziale, nel disporre, per un determinato lasso temporale, una deroga alla generale pignorabilità degli immobili adibiti ad abitazione principale, opera un espresso rinvio alla procedura disciplinata dall'art.555 c.p.c., cioè, appunto, alla espropriazione immobiliare individuale. Ciò impedisce di ritenere tale disposizione normativa applicabile, in via analogica e/o estensiva, al caso della vendita di immobili disposta nell'ambito di una procedura di liquidazione del patrimonio, stante la riconosciuta natura concorsuale della stessa.

Plurime argomentazioni depongono a favore della natura concorsuale della procedura disciplinata dall'art.14-ter L. n.3/2012.

La liquidazione del patrimonio, infatti, in analogia a quanto avviene nel fallimento, comporta un generale spossessamento dei beni del debitore (eccezion fatta per quelli desinati al sostentamento del nucleo familiare, per i crediti impignorabili, i frutti dell'usufrutto legale dei beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale ed i beni impignorabili per legge) e la creazione di una massa separata attiva destinata al soddisfacimento dei crediti concorsuali, nonché la nomina di un liquidatore, cui sono attribuiti il compito di verifica del passivo e quello di distribuzione dell'attivo ai creditori.

L'art. 14-novies comma 3 L. 3/2020, introdotto in sede di correttivo, stabilisce, inoltre, sempre in analogia a quanto avviene nelle procedure fallimentari, che le vendite debbano avvenire per mezzo di procedure competitive, sia pur, eventualmente “deformalizzate”, o anche mediante rogito notarile, purché siano garantite adeguate forme di pubblicità, oltre che la massima informazione e partecipazione degli interessati.

Il passivo, poi, viene accertato con un subprocedimento modellato su quello della verifica dei crediti nel fallimento, anche se con un ruolo eventuale del Tribunale, che interviene solo in caso di contestazioni dei creditori, secondo il meccanismo previsto dall'art. 14-octies L. n. 3/2012.

Inoltre, la liquidazione del patrimonio viene intrapresa solo su istanza di parte, mentre le procedure esecutive vengono intraprese su istanza dei creditori e pertanto non possono dirsi procedure di attivazione involontaria.

Tutti gli elementi sopra descritti depongono inequivocabilmente a favore della natura concorsuale della procedura di liquidazione e della conseguente inapplicabilità della stessa alla disciplina delle procedure esecutive individuali, cui, come visto, l'art. 54-ter D.L. 18/2020 si riferisce, stante l'espresso richiamo agli artt. 555 ss. c.p.c.

Anzi, a ben vedere, l'incompatibilità ontologica, oltre che concettuale fra le due procedure è dimostrata dal fatto che l'apertura della prima comporta, ex art. 14-quiquies D.L. 3/2020, il blocco automatico delle seconde.

L'eccezionalità della disposizione normativa in esame trova, peraltro, un'ulteriore conferma, a contrario, nel fatto che il Decreto Cura Italia non ha dettato alcuna disposizione in tema di procedure di composizione dalla crisi da sovraindebitamento, il che deve senz'altro essere interpretato come una scelta consapevole, laddove, quando il legislatore d'emergenza ha voluto intervenire sul punto l'ha fatto espressamente, come è avvenuto nel caso del D.L. 23/2020, c.d. Decreto Liquidità, che, in sede di conversione, ha esteso la proroga di sei mesi degli adempimenti previsti nei piani anche alla procedura di accordi di composizione della crisi ed ai piani del consumatore.

Accanto alle argomentazioni connesse alla natura eccezionale della disposizione normativa in esame, il Tribunale di Milano, al fine di escluderne l'applicabilità in via estensiva alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, ne ha, fatta propria una ulteriore, di carattere sistematico: la legislazione di emergenza, come sopra evidenziato, è intervenuta a fini protettivi del patrimonio dei debitori dalle iniziative dei creditori individuali, che gli stessi potrebbero subire. La ratio sottesa alla normativa de qua non può essere estesa a procedure, quale quella di liquidazione del patrimonio, che vengono attivate su iniziativa del debitore medesimo, il quale è chiamato, nell'ambito della stessa, a programmare scientemente la dismissione dell'intero proprio patrimonio, espressione della garanzia generica, in cui, ove presente, è sicuramente ricompresa l'abitazione principale.

Si rammenta che, ad oggi, il D.L. 137/2020, c.d. Decreto Ristori, ha, da una parte, prorogato, di due ulteriori mesi, fino al 31 dicembre 2020, la sospensione delle procedure esecutive immobiliari già pendenti e riguardanti l'abitazione principale del debitore, dall'altra ha sancito l'inefficacia di ogni procedura esecutiva “per il pignoramento immobiliare” che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore, “effettuata” dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge.

Tralasciando, in questa sede, ogni considerazione in ordine alla discutibile tecnica legislativa con cui le norme de quibus sono state formulate e sulle difficoltà interpretative che le stesse hanno generato, pare doveroso trarre qualche ulteriore conclusione dalle sopra evidenziate considerazioni in ordine alla inapplicabilità delle tutele emergenziali alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Come già sottolineato dalla dottrina, tale esclusione, sia pur inoppugnabile sotto un profilo esegetico, potrebbe condurre al risultato di una sia pur temporanea “fuga dal sovraindebitamento”: i debitori, infatti, fra i cui principali desiderata vi è, senz'altro, quello di conservare la propria abitazione principale, non avranno, prevedibilmente, interesse ad accedere a procedure nelle quali tale abitazione deve essere messa a disposizione del ceto creditorio insieme a tutti gli altri beni, almeno per tutto il periodo in cui sapranno di essere tutelati rispetto alle aggressioni dei creditori individuali dalla normativa emergenziale.

Normativa e giurisprudenza

  • Art. 54-terD.L. n. 18 del 17 marzo 2020
  • Artt. 14- ter ss. L. n. 3 del 27 gennaio 2012
  • Artt. 555 ss. c.p.c.
  • Trib. Milano, 23 luglio 2020

Per approfondire

  • F. LAMANNA, Gli effetti negativi del Covid-19 sul linguaggio di chi scrive le leggi: la sospensione/inefficacia delle procedure esecutive sulla prima casa del debitore, in IlFallimentarista.it, 2 novembre 2020
  • F.CESARE, Riflessi e illusioni del divieto di pignoramento dell'abitazione principale sul sovraindebitamento nel Decreto Ristori, in IlFallimentarista.it, 30 ottobre 2020

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