L'assoggettabilità al fallimento della società scissa
15 Dicembre 2020
La società scissa è assoggettabile al fallimento?
Caso pratico - Il Tribunale dichiara con sentenza il fallimento di una S.p.A. cancellata dal registro delle imprese a seguito di scissione totale con patrimonio assegnato ad altre due S.p.a. Avverso tale sentenza viene proposto reclamo ex art. 18 L.F. davanti alla Corte d'appello sul presupposto della non fallibilità della società scissa. Si pone il problema di stabilire se una società scissa sia o meno sottoponibile a fallimento.
Spiegazioni e conclusioni - Il codice civile (artt. 2506 ss. c.c.) prevede che con la scissione una società assegni l'intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione. Esso prevede inoltre che la società possa assegnare solo una parte del suo patrimonio - in questo caso pure ad una sola società - e le relative azioni o quote ai suoi soci. E' consentito il conguaglio in danaro, purché esso non sia superiore al dieci per cento del valore nominale delle azioni o quote attribuite, ed è anche previsto che, per consenso unanime, ad alcuni soci non vengano distribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione ma azioni o quote della società scissa. Una volta avvenuta la scissione la società scissa può dar luogo al proprio scioglimento senza liquidazione oppure continuare la propria attività. La società nata dalla scissione subentra nel preesistente rapporto contrattuale facente capo a quella scissa, in virtù di una successione a titolo particolare nel diritto controverso (Cass. civ., VI, 16 maggio 2019, 13192). La partecipazione alla scissione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano già iniziato la distribuzione dell'attivo. Quanto alla destinazione dei beni della società scissa, l'art. 2506 bis c.c. prevede che l'organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione debba redigere un progetto dal quale risulti, tra l'altro, l'esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie e dell'eventuale conguaglio in danaro. Nel caso in cui dal progetto non sia desumibile la destinazione di un elemento dell'attivo, questo, nell'ipotesi di assegnazione dell'intero patrimonio della società scissa, è ripartito tra le società beneficiarie in proporzione della quota del patrimonio netto assegnato a ciascuna di esse, così come valutato ai fini della determinazione del rapporto di cambio; se invece l'assegnazione del patrimonio della società è solo parziale, tale elemento rimane in capo alla società trasferente. Degli elementi del passivo, la cui destinazione non sia desumibile dal progetto, rispondono in solido, nel primo caso le società beneficiarie, nel secondo sia la società scissa che le società beneficiarie stesse. La responsabilità solidale è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria. Dal progetto di scissione devono poi risultare i criteri di distribuzione delle azioni o quote delle società beneficiarie. Ancora, ai sensi dell'art. 2506 ter c.c. l'organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione è chiamato a redigere la situazione patrimoniale e la relazione illustrativa. Questa deve illustrare anche i criteri di distribuzione delle azioni o quote e deve indicare il valore effettivo del patrimonio netto assegnato alle società beneficiarie e di quello che eventualmente rimanga nella società scissa. Ai sensi dell'art. 2506 quater c.c., infine, ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico. Come si vede, dunque, la previsione della responsabilità solidale delle società beneficiarie, ex artt. 2506 bis e 2506 quater c.c., non esclude che la società scissa risponda per i propri debiti; pertanto essa è assoggettabile al fallimento (Cass. civ., I, 21 febbraio 2020, 4737). Quanto allo scioglimento senza liquidazione previsto dal codice civile (art. 2506, comma 3, c.c.), è stato sottolineato (App. Torino, 26 luglio 2016) come esso sia connaturato a un evento dissolutivo totale, coincidente con l'estinzione della società e con la cessazione della sua attività, intendendosi come tale l'attività esercitata direttamente dall'operatore economico. Sicché la società scissa deve naturalmente avere una cessazione in concomitanza del trasferimento o assegnazione ad altro soggetto del suo patrimonio altrimenti rimarrebbe un soggetto solo formalmente in essere, essendosi di fatto dissolto nelle derivazioni societarie. Talché, qualora la scissione sia totale non è dato prospettare una mera vicenda modificativa (come nell'ipotesi della fusione per incorporazione) ricorrendo una vera e propria dissoluzione giuridica controbilanciata da un fenomeno successorio (App. Torino, 26 luglio 2016). Verificandosi, quindi, un fenomeno di tipo successorio tra soggetti distinti e dunque l'estinzione della società scissa, trova applicazione la regola di cui all'art. 10 l.fall. per cui il fallimento di quest'ultima potrà essere pronunciato entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese (Cass. civ., sez. I, 19 giugno 2020, n. 11984). In conclusione, non vi è dubbio circa l'ammissibilità ed utilità della procedura fallimentare in caso di società scissa. Come ha rilevato, ancora, la Corte d'Appello di Torino (Sent., 26 luglio 2016), pur prescindendo dal rilievo dell'identità del patrimonio, costituito dalla sommatoria dei patrimoni delle due società, non può non attribuirsi rilievo al carattere illimitato della responsabilità della società “madre” e alla possibilità, per la curatela, di esercitare azioni, quali quelle connesse alle revocatorie fallimentari precluse alla curatela delle società “figlie”.
Normativa e giuroprudenza
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