Liquidazione del patrimonio e atti di frode ai creditori dopo la conversione in legge del D.L.137/2020
02 Marzo 2021
Con l'entrata in vigore della L. 176/2020, di conversione del DL 137/2020, l'assenza di atti di frode in pregiudizio dei creditori è da considerarsi un requisito necessario per l'apertura della procedura di liquidazione del patrimonio di cui all'art. 14-ter L. 3/2012?
Caso pratico - Un soggetto in stato di sovraindebitamento depositava presso il Tribunale di Lecco una domanda di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio di cui all'art. 14 ter ss. l. 27 gennaio 2012, n. 3. Il debitore, tuttavia, nei cinque anni antecedenti al deposito del ricorso presso il Tribunale aveva posto in essere un atto pregiudizievole per i propri creditori, depauperando il patrimonio di cui disponeva. Tale atto era stato segnalato al giudice designato dall'Organismo di composizione della crisi nel corso della relazione particolareggiata di competenza. Ebbene, alla luce delle prescrizioni normative contenute nell'art. 14 quinquies l. 27 gennaio 2012, n. 3, l'atto sopra descritto avrebbe potuto (e dovuto) determinare la declaratoria di inammissibilità ed il conseguente rigetto della domanda. Nonostante ciò, il Tribunale di Lecco, in composizione monocratica, decideva di aprire ugualmente la procedura liquidatoria.
Spiegazioni e conclusioni - Il decreto in commento del Tribunale di Lecco costituisce un provvedimento di grande interesse giuridico per gli operatori di settore perché rappresenta una prima applicazione della l. n. 3/2012, novellata dagli interventi della l. 18 dicembre 2020, n. 176. Come noto, l'art. 14 quinquies l. n. 3/2012 stabilisce che «il giudice, se la domanda soddisfa i requisiti di cui all'articolo 14‐ter, verificata l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni, dichiara aperta la procedura di liquidazione». In altre parole, il compimento di un atto pregiudizievole verso i creditori (sorretto dalla piena consapevolezza del medesimo) è considerato dalla legge una causa di inammissibilità della domanda. La suddetta disposizione, peraltro, è rimasta del tutto invariata anche a seguito dell'entrata in vigore della L. 176/2020, di conversione del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, che, mediante l'art. 4 ter, ha significativamente modificato alcune prescrizioni preesistenti. In particolare, un articolo che ha subito un sostanziale mutamento è l'art. 14 decies L. 3/2012, che regola la legittimazione processuale del liquidatore giudiziale nominato con il decreto di apertura della procedura. A seguito della riforma, infatti, è stato prescritto che «il liquidatore, autorizzato dal giudice, esercita o, se pendenti, prosegue le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile». Dunque, al liquidatore viene attribuita la più ampia facoltà di agire ex art. 2901 c.c. – e non anche ai sensi dell'art. 67 L. Fall., non essendovi alcuna menzione nel testo di legge – per ottenere la revoca degli atti posti in essere dal debitore in pregiudizio rispetto alla massa. L'introduzione della predetta disposizione, a parere del Tribunale di Lecco, non può restare senza conseguenze applicative sotto il profilo dei presupposti per l'accesso alla liquidazione, in quanto il requisito di assenza di atti di frode era stato giudicato dai più proprio il contraltare della mancata attribuzione al liquidatore del potere di assumere iniziative volte ad eliminare gli effetti delle attività dannose del debitore nei confronti dei creditori. In questo senso, dunque, pur in assenza di interventi di carattere espresso sull'art. 14 quinquies L. n. 3/2012, si dovrebbe ritenere che il legislatore, introducendo il comma 2 dell'art. 14 decies del medesimo corpo normativo, abbia voluto abrogare implicitamente la prima norma, nella parte in cui individuava gli atti di frode come requisito ostativo per l'accesso alla procedura. La verifica di quest'ultimo presupposto, infatti, determinerebbe un'inutile duplicazione delle attività di controllo da parte degli organi della procedura, senza considerare il fatto che non avrebbe alcun senso precludere l'accesso a procedure concorsuali a soggetti i cui atti pregiudizievoli potrebbero essere oggetto di revoca. In conclusione, pertanto, proprio perché verifica degli atti in frode e legittimazione all'esercizio dell'azione revocatoria ordinaria mirano allo stesso obiettivo, ovverosia tutelare i creditori, si deve ritenere che l'art. 4 ter d.l. n. 137 del 2020 abbia implicitamente abrogato l'art. 14 quinquies L. 3/2012, limitatamente alla parte in cui impone al giudice un controllo sugli atti di frode.
Normativa e giurisprudenza
|