Rinuncia alla procedura di concordato in bianco e deposito di nuova domanda con riserva
23 Marzo 2021
L'art. 161 c. 9 L.Fall. che sancisce il divieto di deposito di più ricorsi con riserva (di presentare piano e proposta) entro un lasso temporale pari a due anni, è da applicare anche nel caso di rinuncia alla procedura da parte della proponente?
Caso pratico - Una società in stato di crisi depositava un ricorso per l'accesso alla procedura di concordato preventivo c.d. in bianco, con riserva di depositare il piano e la proposta di concordato ai sensi dell'art. 161, comma 6, L.F. La debitrice, tuttavia, nelle more del termine, decideva di rinunciare alla domanda e, quindi, alla procedura. Nei due anni successivi al deposito di tale domanda, la società, dopo aver ricevuto la notifica di un'istanza di fallimento, decideva di promuovere nuovamente un concordato con riserva e di depositare il piano. Il giudice relatore, però, dall'analisi della documentazione allegata al ricorso, accertava che la debitrice aveva fatto ricorso alla procedura c.d. in bianco nei due anni precedenti. Per questa ragione, convocava l'udienza ex art. 162 L.F., con l'intenzione di revocare la procedura concordataria e dichiarare il fallimento della società. In occasione dell'udienza in camera di consiglio, la ricorrente si difendeva sostenendo l'inapplicabilità al caso di specie dell'art. 161, comma 9, L.F., poiché l'originario ricorso in bianco era stato oggetto di rinuncia. Il Tribunale di Brescia (25 febbraio 2021), tuttavia, ritenendo irrilevante la sorte della prima procedura di concordato c.d. in bianco, rigettava la richiesta di concessione del termine e disponeva che in separata sede si provvedesse sulla richiesta di fallimento.
Spiegazioni e conclusioni - La pronuncia in esame prende posizione su un tema molto noto: l'inammissibilità di un secondo ricorso di concordato con riserva nel termine di due anni dal deposito di quello precedente. Ed infatti, l'art. 161, comma 9, L.F. stabilisce che «la domanda di cui al sesto comma è inammissibile quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato preventivo o l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti». Nel dettaglio, il Tribunale di Brescia cerca di chiarire il significato dell'espressione che limita l'applicabilità della norma ai casi in cui alla domanda processuale «non abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura». Ebbene, a parere del collegio giudicante, la causa di inammissibilità della seconda proposta ex art. 161, comma 6, L.F. opera sia nei casi in cui il precedente ricorso di concordato sia stato «oggetto di un'espressa pronuncia di segno negativo da parte del Tribunale» sia nel caso in cui lo stesso abbia dato luogo ad una qualsiasi altra definizione diversa dall'apertura della procedura. In questo senso, il Tribunale ha cura di rilevare come il tenore letterale della disposizione in esame non possa giustificare operazioni ermeneutiche di carattere restrittivo, volte a limitare l'applicazione della medesima ai casi di pronunce di inammissibilità, ma vada interpretato in maniera estensiva. In ragione di ciò, la sanzione dell'inammissibilità colpisce anche i casi in cui il primo ricorso sia stato oggetto di rinuncia ad opera della parte (nello stesso senso, si veda Tribunale Napoli Nord 25 febbraio 2015). Peraltro, tale tesi è sicuramente anche quella più conforme alla ratio della disposizione di cui all'art. 161, comma 9, L.F., che consiste nel voler «evitare che il debitore possa disporre ad libitum dell'effetto di automatic stay connesso alla pubblicazione della domanda di concordato (anche in bianco) nel registro delle imprese e si accinga in modo serio e convinto ai possibili percorsi di ristrutturazione della crisi».
Normativa e giurisprudenza
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