Fallimento: la Cassazione riafferma la prevalenza della sostanza sulla forma ai fini della fallibilità delle cooperative sociali ONLUS
22 Ottobre 2021
È assoggettabile a fallimento ed a liquidazione coatta amministrativa una società cooperativa che svolga attività commerciale secondo criteri di economicità (“lucro oggettivo”), non rilevando l'eventuale possesso della qualifica di Onlus ai sensi della disciplina speciale di natura puramente fiscale di cui al d.lgs. 460 del 1997. Né, sotto diverso profilo, hanno rilievo ai fini della verifica sulla natura commerciale dell'ente le valutazioni ed i pareri rilasciati dal MISE nell'ambito dell'attività di vigilanza, essendo tale accertamento demandato in via esclusiva all'Autorità Giudiziaria. La decisione in esame traccia il confine netto tra la normativa speciale fiscale e quella civilistica affermando chiaramente la prevalenza della natura oggettivamente imprenditoriale dell'attività. La vicenda oggetto di causa – le conformi decisioni dei giudici di merito. Una cooperativa sociale appaltatrice di servizi all'interno di una struttura socio sanitaria, veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Alessandria che ne aveva affermato la natura di imprenditore commerciale, nonostante la stessa fosse in possesso della qualifica di Onlus, peraltro certificata dal MISE nell'ambito dell'attività di vigilanza. La Corte d'Appello di Torino aveva a sua volta rigettato il reclamo ex art. 18 l.f. ritenendo che (i) la natura meramente fiscale della normativa speciale di cui al d.lgs. n. 460/1997, non è idonea a derogare alla previsione di cui all'art. 2545- terdecies c.c., (ii) l'art. 10 d.lgs. n. 460/1997, contrariamente all'assunto della reclamante, consente di attribuire la qualifica di Onlus anche alle cooperative che svolgono attività commerciale, (iii) il perseguimento di finalità sociale non esclude la natura commerciale dell'ente cooperativo. Rispetto al caso concreto, inoltre, evidenziava la Corte che la società aveva posto in essere numerose operazioni societarie straordinarie e che, sotto diverso profilo, nessuna rilevanza poteva assumere il parere del MISE rispetto alle valutazioni demandate in via esclusiva all'Autorità Giudiziaria. Il ricorso per Cassazione. Avverso la decisione della Corte torinese proponeva ricorso per Cassazione la cooperativa fallita con unico motivo di doglianza incentrato sulla non assoggettabilità a fallimento della cooperativa sociale onlus che svolge attività statutarie istituzionali nel campo dell'assistenza sociale, socio sanitaria e benefica secondo le previsioni di cui all'art. 10, commi 1 e 4 del D.lgs., soggetta a “revisione periodica” ex art. 4 d.lgs. 220/2002 nel caso di specie da parte del MISE. Secondo la ricorrente, i giudici di merito avrebbero erroneamente sovrapposto i principi civilistici dettati per la cooperativa (nei quali attività commerciale e scopo mutualistico possono coesistere) con quelli speciali, applicabili al caso di specie, delle Onlus improntate a finalità sociali, dunque non fallibili. La decisione della Corte di Cassazione – la corretta interpretazione della normativa fiscale (oggi abrogata). La sentenza qui pubblicata, confermando la decisione della Corte di merito, ribadisce la natura meramente fiscale, e di stretta interpretazione, della disciplina degli enti non profit. In particolare, la Corte afferma che quella di “Onlus” è una mera categoria fiscale, peraltro destinata a scomparire in ragione della riforma di cui al d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo Settore), sostituita dalla “ETS”, ente del terzo settore, denominazione associata agli enti, associazioni, fondazioni e cooperative legittimate ad assumere tale caratterizzazione. L'irrilevanza delle disposizioni speciali ai fini dell'esclusione della natura commercialez. Nulla rileva ai fini dell'applicazione della disciplina fallimentare il possesso delle caratteristiche indicate dall'art. 10, comma 1, d.lgs. 460/97, né che le attività siano svolte ai sensi del quarto comma del medesimo art. 10 in settori quali, come nel caso di specie, quello della assistenza sociale e socio sanitaria. Numerose disposizioni del d.lgs. 460/97 confermano anzi, secondo la Corte, che la disciplina speciale non incide, né interferisce, sullo statuto delle imprese assoggettabili a fallimento pur a fronte del possesso della qualifica di Onlus. Norme quali, ricorda la Corte, il decimo comma dell'art. 10 laddove indica gli enti ex lege esclusi dalle agevolazioni, evidenziando a contrario che proprio le cooperative commerciali possono assumere la qualifica di Onlus; l'art. 12 sulle agevolazioni ai fini delle imposte sul reddito e, infine, l'art. 26 che espressamente lascia intendere che non a tutte le Onlus possano applicarsi le disposizioni speciali per gli enti non commerciali. Il “lucro oggettivo” come elemento principale per valutare la natura commerciale dell'attività della Onlus e la sua assoggettabilità a fallimento.Incompatibile con lo statuto della Onlus e con lo scopo mutualistico delle cooperative è solo il c.d. “lucro soggettivo”, inteso quale fine perseguito di divisione di utili, causa tipica dell'ordinario contratto di società. Possono dunque assumere qualifica di Onlus le imprese commerciali in forma di cooperativa caratterizzate dal perseguimento del “lucro oggettivo”, sussistendo attività di impresa tutte le volte in cui vi sia obiettiva economicità della gestione, tesa alla remunerazione dei fattori produttivi (così il richiamo a Cass. 22955/2020 e Cass. 20815/2006) o nella tendenziale idoneità a conseguire il pareggio di bilancio (così Cass. 42/2018). Viceversa, l'attività d'impresa è esclusa tutte le volte in cui essa sia svolta in forma gratuita (v. Cass. S.U. 3353/1994, Cass. 22955/2020, Cass., 14520/2016), non pregiudicando invece l'imprenditorialità dei servizi resi il fine altruistico, inteso quale destinazione dei proventi ad iniziative connesse con gli scopi dell'ente (così Cass. 6835/2018, 17399/2011, 16612/2008). L'indagine sul presupposto di fallibilità. La verifica sulla natura dell'attività svolta spetta in via esclusiva all'Autorità Giudiziaria (Cass. 9657/2017), restando irrilevanti valutazioni di organismi terzi (nella specie il MISE in sede di vigilanza). E in tale valutazione è scopo principale quello di accertare se l'attività si svolga in forma organizzata e professionale, secondo criteri di economicità e di “lucro oggettivo”, cioè svolta con modalità tali da soddisfare l'esigenza di essere astrattamente idonea a coprire i costi di produzione, alimentandosi con i suoi stessi ricavi (così Cass. 22955/2020). L'irrilevanza del tipo societario prescelto ai fini dell'esclusione dal fallimento. Secondo la Corte resta dunque irrilevante lo schema giuridico adottato, ed è solo l'indagine sulla economicità della gestione e sull'esistenza del “lucro oggettivo” che consente riconoscere la qualifica di imprenditore commerciale fallibile a tutti gli enti di tipo associativo che svolgano in concreto, in via esclusiva o prevalente, attività d'impresa. Tali criteri di giudizio sono perfettamente compatibili anche laddove la società abbia acquisito la qualifica di Onlus ai sensi delle disposizioni fiscali che, conclude la Cassazione, non sono idonee ad integrare il rango di “diversa previsione di legge” richiamata dalla clausola di salvezza di cui all'art. 2545–terdecies c.c. norma che prevede l'assoggettamento delle cooperative che svolgono attività commerciale, in via alternativa e secondo il criterio della prevenzione, al fallimento ed alla liquidazione coatta amministrativa.
Fonte: dirittoegiustizia.it
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