L'iniziativa giudiziale del liquidatore nella procedura di liquidazione del patrimonio

Lorenzo Rossi
02 Settembre 2021

Può il tribunale, nell'aprire una liquidazione dei beni ex art. 14 ter  L. 3/2012, disporre che il liquidatore intervenga in proprio in una procedura esecutiva immobiliare pendente, in qualità di avvocato, e dunque senza nominare un difensore e senza onerare la procedura da sovraindebitamento di ulteriori costi?

Può il tribunale, nell'aprire una liquidazione dei beni ex art. 14 ter L. 3/2012, disporre che il liquidatore intervenga in proprio in una procedura esecutiva immobiliare pendente, in qualità di avvocato, e dunque senza nominare un difensore e senza onerare la procedura da sovraindebitamento di ulteriori costi?

Caso pratico - Due coniugi in stato di sovraindebitamento presentavano congiuntamente, ai sensi dall'artt. 7bis ss. L. 3/2012, un ricorso per l'accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio.

I debitori, nell'istanza, avevano indicato che sarebbe stato possibile mettere a disposizione dei creditori una parte del proprio reddito mensile, non essendo quest'ultimo eroso integralmente dalle esigenze di sostentamento familiare.

Giova precisare che i soggetti istanti erano comproprietari di un bene immobile, già sottoposto a pignoramento e assoggettato a procedura esecutiva. Per evitare la prosecuzione della stessa, allegavano al ricorso una proposta irrevocabile di acquisto dell'immobile formulata da terzi e, con il ricorso, chiedevano espressamente al tribunale che la procedura di liquidazione fosse aperta «immediatamente» affinché ne fosse disposta la sospensione e fosse consentito ai creditori di valutare la congruità dell'offerta.

Il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, con decreto del 26 febbraio 2021, ritenendo sussistenti i presupposti di legge, dichiarava aperta la procedura di liquidazione del patrimonio, rigettando però le istanze proposte in merito alle sorti del predetto bene e fornendo al liquidatore nominato istruzioni su come operare nei compiti demandategli.

Spiegazioni e conclusioni - La pronuncia in commento risulta sicuramente rilevante per gli operatori del settore perché lambisce due tematiche di grande impatto pratico nella procedura di liquidazione del patrimonio: da una parte, la competenza a definire l'attivo della procedura e le modalità di soddisfacimento dei creditori mentre, dall'altra, l'assistenza tecnica del liquidatore.

Nel dettaglio, il Tribunale di Milano, nel chiarire – correttamente – che nella liquidazione ex artt. 14 ter ss. L. 3/2012 i creditori non hanno alcun diritto o facoltà di valutare ed esprimersi sulla congruità di proposte di acquisto eventualmente formulate su beni del debitore ed allegate al ricorso, essendo la stessa destinata ad avere ad oggetto tutto il patrimonio liquidabile, impone al liquidatore di intervenire «senza indugio» nella procedura esecutiva pendente sul bene immobile in comproprietà tra i ricorrenti al fine di «al fine di consentire lo svolgimento di una gara competitiva sull'unico cespite di rilievo dei debitori, gara a cui, certamente, l'offerente potrebbe decidere di partecipare».

In altre parole, dunque, il Tribunale di Milano detta al professionista nominato le modalità di alienazione di un cespite della procedura.

A ben vedere, però, da una lettura complessiva della L. 3/2012, ed in particolare delle disposizioni che regolano la liquidazione del patrimonio, sembrerebbe possibile affermare che il legislatore abbia voluto lasciare ampio margine di discrezionalità al liquidatore nominato, tanto che non solo non vi sono norme che attribuiscono al giudice il potere di definire le attività da svolgere o anche tracciare le linee guida da seguire in procedura ma, anzi, tutti gli atti con cui si definiscono i confini della procedura sono di pertinenza esclusiva del professionista nominato ai sensi dell'art. 14 quinquies L. 3/2012, senza che il giudice debba approvarne il contenuto.

Tutte queste considerazioni valgono, peraltro, a prescindere dallo stato in cui si trovi la procedura esecutiva e dalle attività che in essa sono state svolte.

Pertanto, sotto questo specifico aspetto, sembrerebbe si possa concludere che il provvedimento non sia corretto e che le regole di condotta imposte al liquidatore si possano definire, in termini di stretto diritto, inutiliter data.

Una seconda disposizione rilevante contenuta nel decreto oggetto del presente commento riguarda, come accennato, l'assistenza tecnica del liquidatore.

Precisamente, il Tribunale ha stabilito che il liquidatore «nella propria qualità di avvocato e senza ulteriori compensi per tale attività, subentri nella procedura esecutiva in corso al fine di consentire l'espletamento della procedura competitiva come già programmata».

Questa decisione si fonda sul fatto che la L. 3/2012 non contenga disposizioni che espressamente precludono al liquidatore di assumere la veste di avvocato della procedura, come al contrario accade nel fallimento con l'art. 31, comma 3, L.F. Il Tribunale, dunque, esclude l'applicazione analogica della predetta norma e ammette che il liquidatore non abbia necessità di assistenza tecnica.

Da tale decisione, peraltro, si potrebbe implicitamente ricavare che il liquidatore possa non solo intervenire in procedure esecutive pendenti ma anche assumere qualsiasi ulteriore iniziativa giudiziale nell'interesse della procedura in proprio e senza assistenza tecnica di un difensore. La soluzione opposta, infatti, sarebbe del tutto contraddittoria e scarsamente tollerabile dall'ordinamento.

Per concludere, in ragione di quanto sopra esposto ci si potrebbe domandare se il differente trattamento riservato a curatore fallimentare e liquidatore giudiziale in tema di necessaria assistenza tecnica sia compatibile con il principio di eguaglianza dettato dall'art. 3 Cost.

Normativa

  • Art. 3 Cost.
  • Art. 31L.F.
  • Art. 7 bis L. 3/2012
  • Art. 14 ter L. 3/2012
  • Art. 14 quinquies L. 3/2012

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