La revocatoria dei pagamenti di beni effettuati in deroga ai termini d'uso
07 Settembre 2021
La modifica di fatto della tempistica per l'effettuazione dei pagamenti da parte del cliente, in un rapporto di fornitura fra imprese, rende gli ultimi pagamenti (anticipati rispetto alla prassi precedente) revocabili ai sensi dell'art. 67 L.F.?
Caso pratico - La Corte di cassazione, molto recentemente (ordinanza n. 19373 del 7 luglio 2021), si è occupata della tematica delle revocatorie dei pagamenti effettuati in deroga ai termini d'uso. La lite è nata fra due società a responsabilità limitata, una delle quali è stata poi posta in amministrazione straordinaria. La società in amministrazione straordinaria conviene in giudizio l'altra società per far dichiarare, ai sensi dell'art. 67, comma 2, L.F. l'inefficacia dei pagamenti anticipati per forniture eseguiti tra il mese di aprile e il mese di maggio 2009 in favore della convenuta, con la condanna della stessa alla restituzione dell'importo di € 79.296. La convenuta si costituisce in giudizio ed eccepisce l'operatività dell'esenzione prevista dall'art. 67, comma 3, lett. a, L.F., assumendo che le forniture erano state effettuate su richiesta del liquidatore della società attrice, in quanto ritenute indispensabili per la preservazione del patrimonio aziendale, nella prospettiva di una soluzione non concorsuale della crisi d'impresa. Il Tribunale di Udine, con sent. 10 aprile 2014, accoglie la domanda, rilevando che i pagamenti impugnati erano stati effettuati con modalità difformi da quelle abitualmente praticate nei rapporti tra le parti, e ritenendo ininfluenti – in quanto riflettenti opinioni meramente personali – le assicurazioni fornite in proposito dal liquidatore. La Corte di appello Trieste, con sent. 15 settembre 2015, rigetta l'impugnazione.
Spiegazioni e conclusioni - L'art. 67 L.F., come è noto, disciplina la tematica delle revocatorie fallimentari. La legge prevede in particolare che “sono … revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili … se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento” (art. 67, comma 2, L.F.). A queste condizioni, il debito sussiste e viene pagato dal debitore, ma il legislatore sospetta che il pagamento possa avere alterato la par condicio creditorum, nel senso di essere finalizzato a soddisfare alcuni specifici creditori prima di altri. Il sospetto si fonda sulla vicinanza del momento del pagamento rispetto alla dichiarazione di fallimento: il tempo indicato dalla norma è di sei mesi. La dichiarazione di fallimento è la certificazione giudiziaria dell'esistenza di uno stato di insolvenza, stato che è però iniziato prima della dichiarazione. I pagamenti effettuati nei mesi immediatamente precedenti la dichiarazione di fallimento potrebbero essere stati posti in essere dal debitore al fine di favorire uno o alcuni creditori. Affinché il pagamento possa essere revocato spetta al curatore dimostrare che il creditore conoscenza lo stato d'insolvenza, e – ciò nonostante – si è fatto pagare, procurandosi un vantaggio a tutto detrimento degli altri debitori rimasti insoddisfatti. La prova della scientia decoctionis può essere fornita con qualsiasi mezzo che renda verosimile che il creditore fosse consapevole dello stato d'insolvenza del debitore. L'art. 67, comma 2, L.F. costituisce la regola (revocabilità dei pagamenti di debiti esigibili nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento). Tuttavia il legislatore vuole evitare che qualsiasi pagamento di poco anteriore al fallimento possa essere impugnato con l'azione revocatoria. Bisogna difatti considerare che le azioni revocatorie presuppongono un'iniziativa del curatore e dei costi, che un soggetto fortemente indebitato come l'imprenditore fallito dovrebbe – se appena possibile – evitare. A ciò si aggiunga che vi possono essere dei pagamenti di così piccolo importo (o comunque attinenti alla normalità dell'attività imprenditoriale), che sarebbe controproducente rendere oggetto di azioni revocatorie. E così l'art. 67 comma 3 L.F. elenca le fattispecie che – in deroga all'art. 67 comma 2 L.F. - non sono oggetto di revocatoria. Fra i casi previsti dalla legge nei quali si esclude la revocatoria rientrano “i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso” (art. 67, comma 3, lett. a L.F.). Cosa si intende per pagamenti effettuati “nei termini d'uso”? I termini d'uso sono le modalità e le tempistiche dei pagamenti che normalmente (ossia al di fuori di una condizione d'insolvenza) vengono usate da due specifiche parti di un singolo rapporto contrattuale. Non si tratta invece, in via generale, delle condizioni di pagamento usuali in un certo settore economico. Questo principio è stato recentemente affermato dalla Corte di cassazione (7 dicembre 2020, n. 27939), secondo cui il riferimento, ai fini dell'esenzione da revocatoria fallimentare per i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa, ai “termini d'uso” si deve ritenere attenga alle modalità proprie del rapporto diretto tra le parti e non già alla prassi del settore economico in questione. Sempre secondo la giurisprudenza, per “termini d'uso” non si intendono i “termini contrattuali” (fissati nel contratto scritto, in tesi stipulato fra le parti), bensì la prassi che intercorre fra due società. In altre parole, può capitare che le due società pratichino condizioni diverse da quelle formalmente risultanti dal contratto. Si avrà revocatoria quando i pagamenti, nell'ultimo periodo, risultano difformi da quella che era la prassi seguita dalle due società nel periodo precedente, indipendentemente da ciò che asserisce il contratto. Nel caso affrontato dalla Corte di cassazione, nella recentissima ordinanza n. 19373 del 2021, il giudice constata che i pagamenti dell'ultimo periodo non avvengono nei termini d'uso. Difatti, fino al marzo 2009, le forniture venivano pagate 60 giorni dopo la loro realizzazione. Nei mesi di aprile e maggio 2009, invece, il fornitore pretende pagamenti anticipati delle forniture. Questa modifica dell'elemento temporale dei pagamenti configura, secondo la Cassazione, un'alterazione dei termini d'uso:
Un pagamento anticipato rispetto alla fornitura è piuttosto inusuale nella prassi imprenditoriale ed è un indizio della poca fiducia che il fornitore rimette nel cliente. Nel caso di specie, mentre prima il fornitore confidava che il cliente avrebbe regolarmente pagato la fornitura, successivamente questa fiducia viene meno, e il fornitore pretende di essere pagato in anticipo. In definitiva la Corte di cassazione rigetta il ricorso e conferma le sentenze di primo e secondo grado: poiché i termini d'uso dei pagamenti sono stati modificati poco prima della dichiarazione di fallimento (nel caso di specie: di amministrazione straordinaria), non opera l'esenzione da revocatoria. I pagamento ricadono dunque nell'ambito della previsione del comma 2 dell'art. 67 L.F. e sono oggetto di revocatoria.
Normativa e giurisprudenza
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