L'ex moglie benestante deve garantire all'ex marito invalido l'autosufficienza economica

Sabina Anna Rita Galluzzo
05 Novembre 2021

Con il caso in esame la Suprema Corte si chiede in particolare se, anche alla luce dei mutamenti interpretativi conseguenti all'intervento delle Sezioni Unite vi sia la possibilità di attribuire l'assegno unicamente in base alla funzione assistenziale.
Massima

A giustificare l'attribuzione dell'assegno all'ex coniuge non è di per sè, lo squilibrio o il divario tra le condizioni reddituali delle parti all'epoca del divorzio, nè il peggioramento delle condizioni del coniuge richiedente l'assegno rispetto alla situazione (o al tenore) di vita matrimoniale, ma la mancanza della "indipendenza o autosufficienza economica" di uno dei coniugi, intesa come impossibilità di condurre con i propri mezzi un'esistenza economicamente autonoma e dignitosa. Quest'ultimo parametro va apprezzato con la necessaria elasticità e l'opportuna considerazione dei bisogni del richiedente l'assegno, considerato come persona singola e non come ex coniuge, ma pur sempre inserita nel contesto sociale. Per determinare la soglia dell'indipendenza economica occorrerà avere riguardo alle indicazioni provenienti, nel momento storico determinato, dalla coscienza collettiva e, dunque, né bloccata alla soglia della pura sopravvivenza né eccedente il livello della normalità, quale, nei casi singoli, da questa coscienza configurata e di cui il giudice deve farsi interprete, ad essa rapportando, senza fughe, le proprie scelte valutative, in un ambito necessariamente duttile, ma non arbitrariamente dilatabile.

Il caso
La vicenda ruota intorno a un assegno divorzile di elevata entità. La Corte d'Appello infatti fissava l'obbligo per la ex moglie di versare al marito un assegno di 5000 euro, aumentando la cifra stabilita in primo grado che era originariamente di 2500 euro, e successivamente di 3000 euro.

L'ingente somma veniva motivata in particolare sulla base della sperequazione reddituale tra le parti e delle peculiari esigenze dell'uomo in “stato di handicap con connotazione di gravità”. Il marito infatti, invalido, soffriva di notevoli limitazioni della capacità di deambulazione, era inabile al lavoro al 100% ed era stato costretto ad abbandonare il suo impiego.

La donna d'altro canto, si precisa nel provvedimento di merito, versava in ottime condizioni economiche e non era più obbligata a mantenere la figlia, ormai autosufficiente.

Contro la sentenza della Corte d'Appello la ex moglie ricorre in Cassazione.

La questione

L'assegno periodico di divorzio viene attribuito ai sensi dell'art. 5, l. n. 898/1970 tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da

ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio quando il coniuge non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. Sulla disposizione, com'è noto, sono intervenuti importanti provvedimenti giurisprudenziali (Cass. n. 11504/2017 e Cass. Sez. un., n 18287/2018) che hanno radicalmente mutato i criteri di attribuzione e determinazione dell'assegno divorzile introducendo nuovi principi e superando il precedente riferimento alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale. Il riconoscimento dell'assegno di divorzio, attualmente, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento della inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri previsti dalla legge (Cass. 3662/2020).

Il caso in esame si incentra su tale presupposto e sul principio di indipendenza o autosufficienza economica. Ci si chiede in particolare se, anche alla luce dei mutamenti interpretativi conseguenti all'intervento delle Sezioni Unite vi sia la possibilità di attribuire l'assegno unicamente in base alla funzione assistenziale.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione con l'ordinanza in esame respinge il ricorso della donna. Secondo i giudici di legittimità innanzitutto la Corte territoriale aveva adeguatamente esaminato i fatti di causa rilevando come l'ex marito dovesse da anni far fronte a notevoli spese per coprire le sue esigenze sanitarie. L'uomo, in gravi condizioni di salute, utilizzava quasi interamente due pensioni per la sua assistenza e cura. Inoltre, le condizioni economiche della donna erano migliorate perché non doveva più provvedere al mantenimento della figlia.

Fondamento della decisione, precisano i giudici, è la natura prevalentemente assistenziale dell'assegno divorzile. Secondo la Cassazione infatti l'incremento dell'assegno, nella specie, è giustificato dalla necessità di garantire all'uomo una autosufficienza economica.

L'ordinanza, richiamando la ben nota sentenza n. 11504/2017, precisa come l'elemento fondante il diritto all'assegno non sia tanto lo squilibrio o il divario tra le condizioni reddituali delle parti, all'epoca del divorzio, né il peggioramento delle condizioni del coniuge richiedente l'assegno rispetto alla situazione di vita matrimoniale, ma la mancanza della “indipendenza o autosufficienza economica” di uno dei coniugi.

L'orientamento interpretativo formatosi in seguito a tale importante provvedimento sostiene in proposito come il parametro di riferimento cui rapportare il giudizio sulla adeguatezza inadeguatezza dei mezzi del coniuge che richiede l'assegno di divorzio e sulla possibilità o impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive va individuato nel raggiungimento della indipendenza economica del richiedente e non nella possibilità di mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

L'attenzione si focalizza dunque sull'interpretazione dell'espressione “mancanza di autosufficienza” del coniuge, intesa come impossibilità di condurre con i propri mezzi un'esistenza economicamente autonoma e dignitosa, e valutata in un'accezione non circoscritta alla pura sopravvivenza (Cass. 21228/2019).

Precisa in proposito l'ordinanza in esame che tale principio non è affatto astratto, ma concreto e idoneo a costituire un sicuro parametro legale per la valutazione della “adeguatezza dei mezzi” dell'ex coniuge richiedente l'assegno, ai fini sia dell'attribuzione che della quantificazione dello stesso. Il parametro, si sottolinea, dell'autosufficienza economica va apprezzato con la necessaria elasticità e l'opportuna considerazione dei bisogni del richiedente l'assegno, che deve essere considerato come persona singola e non come ex coniuge, sempre inserita nel contesto sociale.

Si evidenzia in tal senso che al fine di determinare la soglia dell'indipendenza economica occorre, avere riguardo alle indicazioni provenienti, nel momento storico determinato, dalla coscienza collettiva. Il limite oltre il quale il coniuge non può essere considerato autonomo non si ferma alla soglia della pura sopravvivenza né peraltro può eccedere quel livello considerato normale nel contesto in cui è inserito (Cass. 3015/2018).

L'orientamento richiamato è stato integrato, com'è ben noto dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, che hanno precisato come l'assegno di divorzio ha una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa (Cass. civ., sez.un. 18287/2018). Alla luce della giurisprudenza successiva per l'attribuzione e quantificazione dell'assegno, si deve adottare un criterio composito che tenga conto delle rispettive condizioni economico-patrimoniali e dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge al patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età.

Si sottolinea in particolare che gli elementi di novità più rilevanti sono dati dalla ricerca di un equilibrio tra i coniugi alla luce anche della dedizione e del tempo dedicato da uno dei due alla famiglia e dei conseguenti sacrifici sul piano professionale.

Si è così spesso sottolineato come l'assegno possa rispondere, in tutto o in parte, ad una finalità compensativo-perequativa, tanto in ipotesi in cui il coniuge richiedente sia economicamente autosufficiente, ed allora la finalità sarà solo compensativo-perequativa, quanto in ipotesi in cui il coniuge richiedente non sia economicamente autosufficiente, ed allora la finalità sarà compensativo-perequativa ed assorbirà quella assistenziale (Cass. 21228/2019).

L'ordinanza in esame peraltro, di fronte alla situazione concreta, si è focalizzata sul criterio esclusivamente assistenziale rifacendosi a quei provvedimenti giurisprudenziali che, pur dopo il citato intervento delle Sezioni Unite, hanno precisato che la principale finalità dell'assegno divorzile è quella assistenziale, finalità che, si sostiene, la sentenza del 2018 (Cass. 18287/2018), non solo, non ha inteso cancellare, ma che ha invece dato per scontata (Cass. 6386/2019; Cass. 21228/2019; Cass. 22738/2021).

Osservazioni

Di fronte al mutato assetto interpretativo dottrina e giurisprudenza sottolineano come la funzione assistenziale dell'assegno permanga, ed il primo presupposto per il suo riconoscimento sia sempre l'inadeguatezza dei mezzi in capo al coniuge richiedente e la sua impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive (Al Mureden E., Le nuove funzioni dell'assegno divorzile nello specchio dei big money cases, in Famiglia e minori, 12/2019).

Si è così più volte messo in evidenza la possibilità di attribuire alla funzione assistenziale una rilevanza prevalente in base al principio solidaristico di derivazione costituzionale, che fonda il diritto all'assegno di divorzio, così valorizzando la funzione sociale, che l'istituto assolve nei casi in cui esso sia destinato a supplire alle carenze di strumenti diversi che garantiscano all'ex coniuge debole un'esistenza dignitosa, nell'ipotesi di effettiva e concreta non autosufficienza economica del richiedente.

In particolare, la funzione assistenziale può assumere nuova e rilevante preponderanza tutte le volte in cui il giudice di merito accerti che il sopravvenuto, e incolpevole, peggioramento delle condizioni economiche di vita di uno degli ex coniugi non sia altrimenti suscettibile di compensazione per l'assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico (Cass. 5055/2021). Non si tratta, precisa la giurisprudenza, di mantenimento del tenore di vita precedente ma di “necessarietà” dei costi essenziali ed incomprimibili del vivere dai quali non può prescindere il curarsi e il doversi occupare, in autonomia, di sé (Galluzzo S. A. R., Va mantenuto l'assegno divorzile in presenza di ingenti spese di cura, in ilFamiliarista).

Risulta pertanto confermata la imprescindibile finalità assistenziale dell'assegno, con la quale può concorrere, in determinati casi, quella compensativa (Cass. 21234/2019). È sufficiente constatare in tal senso, si precisa, che in tutti i casi in cui l'assegno non sia riconosciuto, non ricorrendo in concreto le condizioni per valorizzare la ricordata funzione compensativa è perché il coniuge richiedente, evidentemente, si trova in condizioni di “autosufficienza economica” (Cass. 6386/ 2019; Cass. 24934/2019).

Nella nuova mappatura delle funzioni dell'assegno di divorzio operata dalle Sezioni Unite, pertanto, come precisato dalla dottrina, la componente assistenziale, che prima di tale intervento era ritenuta l'unica sopravvissuta e ad esito dello stesso è stata invece affiancata dalle ritrovate funzioni perequativa e compensativa resta comunque sotto alcuni profili ancor oggi prevalente (, Danovi F., Assegno divorzile: l'inadeguatezza dei mezzi supera il matrimonio breve e senza rinunce. In Famiglia e minori, 6/2019).

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