Assegno divorzile: capacità lavorativa generica e specifica a confronto

Redazione Scientifica
09 Novembre 2021

La capacità lavorativa generica è intesa come capacità di riserva indifferenziata e potenziale che attiene alla possibilità di svolgere una “qualsiasi” attività lavorativa produttiva di reddito, mentre la capacità lavorativa specifica è intesa come potenziale afferente alla propria sfera attitudinale, in quanto coerente con l'età, il sesso, il grado di istruzione e l'esperienza lavorativa che concerne l'idoneità di una persona a continuare a svolgere l'attività lavorativa esercitata oppure un'attività diversa ma comunque coerente con il proprio profilo professionale che ne costituisca sviluppo e incremento.

Il Tribunale disponeva la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto da C.V. e J.H.W., e confermava la revoca sia del contributo di mantenimento paterno per il figlio M., sia dell'obbligo del padre di versare un contributo di mantenimento per il figlio F.. Inoltre, disponeva il versamento da parte dello stesso dell'assegno divorzile verso la ex moglie.

C.V. ricorre presso la Corte d'Appello di Milano deducendo, tra i vari motivi, «l'insussistenza dei presupposti per il riconoscimento di assegno divorzile in favore dell'ex coniuge e dell'errata determinazione in € 800,00 mensili dell'assegno divorzile, importo sproporzionato e persino superiore al contributo stabilito in sede di separazione».

Il ricorso è fondato. Secondo la giurisprudenza di legittimità «nel valutare l'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge che faccia richiesta dell'assegno, o l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, si deve considerare, in via principale, se egli sia in condizione di vivere autonomamente e dignitosamente con le proprie risorse» (Cass. n. 22499/2021). Risulta, quindi, che «non hanno rilievo, da soli, lo squilibrio economico tra le parti o l'alto livello reddituale dell'altro ex coniuge, atteso che il mero confronto tra le condizioni reddituali e patrimoniali delle parti è coessenziale alla ricostruzione del tenore di vita matrimoniale, ma è ormai irrilevante ai fini della determinazione dell'assegno, e l'entità del reddito dell'altro ex coniuge non giustifica, di per sé, la corresponsione di un assegno in proporzione alle sue sostanze» (Cass. n. 11504/2017).

Ne discende che «a giustificare l'attribuzione dell'assegno non è, quindi, di per sé, lo squilibrio o il divario tra le condizioni reddituali delle parti, all'epoca del divorzio, né il peggioramento delle condizioni del coniuge richiedente l'assegno rispetto alla situazione (o al tenore) di vita matrimoniale, ma la mancanza della "indipendenza o autosufficienza economica" di uno dei coniugi, intesa come impossibilità di condurre con i propri mezzi un'esistenza economicamente autonoma e dignitosa. Quest'ultimo parametro va apprezzato con la necessaria elasticità e l'opportuna considerazione dei bisogni del richiedente l'assegno, considerato come persona singola e non come ex coniuge, ma pur sempre inserita nel contesto sociale. Per determinare la soglia dell'indipendenza economica occorrerà avere riguardo alle indicazioni provenienti, nel momento storico determinato, dalla coscienza collettiva e, dunque, né bloccata alla soglia della pura sopravvivenza né eccedente il livello della normalità, quale, nei casi singoli, da questa coscienza configurata e di cui il giudice deve farsi interprete, ad essa rapportando, senza fughe, le proprie scelte valutative, in un ambito necessariamente duttile, ma non arbitrariamente dilatabile» (Cass. n. 3015/2017).

Sempre secondo la Corte di Cassazione, «le sentenze di divorzio passano in cosa giudicata “rebus sic stantibus” rimanendo suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all'affidamento dei figli in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, deve ritenersi legittima la cessazione dell'obbligo di corrispondere l'assegno divorzile se i redditi dell'obbligato si riducono a seguito del suo pensionamento» (Cass. n. 12800/2021).

E nel caso di specie, l'appellante ha subito, infatti, una contrazione della propria capacità reddituale a causa del pensionamento.

Inoltre, i giudici di legittimità hanno previsto che «lo squilibrio economico tra le parti e l'alto livello reddituale del coniuge destinatario della domanda non costituiscono elementi decisivi per l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno» (Cass. n. 11798/2021).

E hanno ribadito che:

«a) il parametro della conservazione del tenore di vita come criterio attributivo deve ritenersi superato in quanto “la funzione equilibratrice dell'assegno, non è finalizzata alla ricostruzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia” (Cass. n. 11798/2021);

b) l'onere di provare l'esistenza delle condizioni legittimanti l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno grava sul coniuge richiedente l'assegno (Cass. n. 21234/2019)».

Infatti, la capacità lavorativa generica è intesa come capacità di riserva indifferenziata e potenziale che attiene alla possibilità di svolgere una “qualsiasi” attività lavorativa produttiva di reddito, mentre la capacità lavorativa specifica è intesa come potenziale afferente alla propria sfera attitudinale, in quanto coerente con l'età, il sesso, il grado di istruzione e l'esperienza lavorativa che concerne l'idoneità di una persona a continuare a svolgere l'attività lavorativa esercitata oppure un'attività diversa ma comunque coerente con il proprio profilo professionale che ne costituisca sviluppo e incremento.

Risulta, quindi, che l'appellata possa disporre di una capacità lavorativa specifica, tale da consentirle di rimanere nel mondo del lavoro e che non vi siano i presupposti per il riconoscimento del suddetto assegno divorzile.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.