Negozi chiusi per il covid-19? valida l'escussione della fideiussione a prima richiesta

Edoardo Valentino
11 Novembre 2021

Nell'àmbito dell'emergenza Covid-19, il Tribunale di Roma stabilisce alcuni importanti principi a valere per le locazioni di immobili ad uso commerciale: in prima battuta, risulta valido da parte del proprietario ordinare la consegna di una fideiussione a garanzia del canone; in secondo luogo, il canone deve comunque essere pagato, in quanto anche con il Covid-19, l'immobile giuridicamente non perde le propria utilità; da ultimo, non legittima l'annullamento o la rinegoziazione del contratto la perdita di produttività del negozio dovuta a minore o inesistente sopravvenuto passaggio di persone.
Massima

Nel contratto di locazione, a differenza dal contratto di affitto, non vi è una garanzia che il bene resti produttivo per tutta la durata del rapporto, ma solo una tutela in caso il bene divenga inidoneo all'uso convenuto per inadempimento del proprietario; conseguentemente, resta valido ed efficace il contratto di locazione di immobile ad uso commerciale la cui produttività sia crollata a causa del blocco della circolazione di persone durante l'emergenza Covid-19, e il conduttore è comunque tenuto a pagare il canone di locazione.

Il caso

Una società agiva in via sommaria domandando un provvedimento urgente al giudice.

Tale parte, conduttrice di un immobile ad uso commerciale costituito da un negozio e un magazzino sito nel centro di Roma, chiedeva al giudice di arrestare, inaudita altera parte, il tentativo del proprietario di escutere la fideiussione anzitempo fornita a tutela dell'inadempimento dell'obbligazione di versamento del canone.

Rappresentava la parte come, a causa del Covid-19 e i provvedimenti di lockdown, le strade erano deserte e il negozio non aveva più incassato un importo sufficiente a garantire l'adempimento delle proprie obbligazioni.

Sosteneva quindi la conduttrice come la proprietaria stessa agendo in violazione del contratto di locazione e della legge esigendo comunque il pagamento, quando la situazione era oggettivamente variata in peius per la conduttrice.

All'esito del procedimento, il giudice del procedimento sommario rigettava le domande della conduttrice.

Questa, certa delle proprie ragioni, depositava reclamo avverso il provvedimento del primo giudice, chiedendo un sostanziale riesame delle domande in precedenza sintetizzate.

La questione

La vicenda ha ad oggetto le note ramificazioni della pandemia Covid-19.

Come noto, la diffusione globale del SARS-CoV-2 costringeva l'Italia - primo paese occidentale gravemente colpito dalla malattia - a disporre una quarantena obbligatoria per tutti gli abitanti.

In tale contesto, le parti rappresentano interessi opposti e certamente entrambi condivisibili.

La parte conduttrice riteneva doveroso modificare il contratto di locazione anzitempo sottoscritto, stante la modifica delle condizioni della città nella quale era sito il negozio.

Le ingenti somme di locazione, sosteneva la parte reclamante, erano giustificate dal costante afflusso di cittadini e turisti.

La quarantena, tuttavia, aveva sostanzialmente azzerato il fatturato relativo all'anno 2020 e, conseguentemente, richiedere il pagamento degli affitti non sarebbe stato corretto.

Parimenti sarebbe stato contrario alla buona fede escutere la fideiussione consegnata al tempo della sottoscrizione del contratto.

La parte resistente, invece, era la proprietà del negozio, la quale sosteneva di non avere alcuna colpa per il peggioramento delle condizioni economiche della conduttrice e richiedeva il pagamento dei canoni.

Si difendeva dal mancato pagamento dell'affitto tentando appunto l'escussione della polizza fideiussoria fornita dalla conduttrice al momento della firma del contratto.

Le soluzioni giuridiche

Con l'ordinanza in commento, il Tribunale di Roma respingeva il reclamo, confermando il rigetto del ricorso precedentemente adottato in sede cautelare.

Il ragionamento del Tribunale era il seguente.

Era da considerare errata l'eccezione di nullità parziale del contratto di locazione sollevata dal conduttore con riguardo alla prestazione della fideiussione.

Detta parte, infatti, citava l'art. 11 della legge n. 392/1978 (c.d. legge sull'equo canone), il quale affermava che “Il deposito cauzionale non può essere superiore a tre mensilità del canone. Esso è produttivo di interessi legali che debbono essere corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno”.

Tale norma, però, secondo il Tribunale capitolino, non poteva trovare applicazione nel caso in questione, dato che la garanzia in questione non era posta come deposito cauzionale per danni all'immobile, ma come tutela per l'inadempimento dell'obbligazione di pagamento del canone.

Nulla escludeva, infatti, che le parti stipulassero accordi integrativi a tutela dell'adempimento del conduttore (così anche Cass. civ., sez. III, 8 marzo 2017, n. 5795).

In altre parole, quindi, il proprietario non poteva ricevere un pagamento anticipato di un importo superiore alle tre mensilità a tutela dei danni sull'immobile, ma era del tutto valido ed efficace il contratto con il quale un terzo si offriva di garantire il locatore da eventuali mancati pagamenti del conduttore.

La garanzia in questione, poi, non aveva caratteristiche della fideiussione, essendo lo stesso invece rientrante nel contratto autonomo di garanzia (o garantievertrag), con la conseguenza che il garantito non poteva opporre eccezioni relative al rapporto garantito.

Per dirla con le parole della Cassazione, infatti, “E' stato, inoltre, osservato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte che, in tema di contratto autonomo di garanzia, in ragione dell'assenza dell'accessorietà propria della fideiussione, il garante non può opporre eccezioni riguardanti il rapporto principale, salva l'esperibilità del rimedio generale dell'exceptio doli” (Cass. civ., sez. I, 21 gennaio 2020, n. 1186).

Secondo il Tribunale, poi, il proprietario non aveva in alcun modo commesso inadempimenti suscettibili di limitare il godimento del negozio al conduttore e conseguentemente l'exceptio dolinon era applicabile al presente caso.

Già solo per il predetto ragionamento, quindi, il Tribunale ammetteva la possibilità di escutere la polizza fideiussoria.

Vi erano, però, ulteriori valutazioni.

Nel caso in questione, sottolineava il Tribunale, il conduttore non aveva la possibilità giuridica di eccepire la diminutio dell'utilità economica che egli traeva dal negozio.

Nel corso del proprio atto, infatti, il reclamante aveva tentato di sostenere l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 1463 c.c., ossia la norma sull'impossibilità sopravvenuta della prestazione che afferma che, “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito”.

Secondo il giudice, tuttavia, l'inadempimento del proprietario riguardo al mancato godimento dell'immobile aveva luogo solamente laddove fosse materialmente impossibile al conduttore utilizzare il negozio, mentre risultava del tutto ininfluente la dimensione giuridica e la produttività dell'unità immobiliare.

In buona sostanza, il proprietario deve garantire che il bene locato sia utilizzabile, e non che questo sia produttivo e profittevole per il conduttore.

Affermava, poi, il decidente, come nel caso in questione - trattandosi di locazione e non di affitto - non trovasse applicazione l'art. 1615 c.c., che affermava che, “Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l'affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell'interesse della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa”.

Non si poteva, quindi, sostenere che si estendesse al proprietario la garanzia della produttività dell'immobile, anche alla luce del successivo art. 1623 c.c. che affermava che “Se, in conseguenza di una disposizione di legge, di una norma corporativa o di un provvedimento dell'autorità riguardanti la gestione produttiva, il rapporto contrattuale risulta notevolmente modificato in modo che le parti ne risentano rispettivamente una perdita e un vantaggio, può essere richiesto un aumento o una diminuzione del fitto ovvero, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto. Sono salve le diverse disposizioni della legge, della norma corporativa o del provvedimento dell'autorità”.

Alla luce di quanto sopra riportato, nessuna risoluzione contrattuale per impossibilità sopravvenuta era possibile.

L'immobile in questione, quindi, era del tutto idoneo all'uso pattuito, e non sussistevano valide motivazioni giuridiche per omettere il pagamento del canone o per impedire l'escussione della fideiussione.

All'esito del processo, quindi, il Tribunale rigettava il reclamo e condannava il reclamante a sostenere le spese legali del proprietario.

Osservazioni

La sentenza appare giuridicamente corretta, anche se con alcuni punti da rivedere.

Occorre infatti sottolineare come il decidente fosse chiamato a decidere in merito alla possibilità o meno per il proprietario di escutere una garanzia a prima richiesta, negozio giuridico che volontariamente astrae la garanzia dal rapporto sottostante, di fatto sterilizzando la questione dai rapporti contrattuali sottostanti.

Ci si chiede, quindi, se la decisione sarebbe stata la stessa in caso di mera domanda di sospensione del canone di locazione (sul punto si richiama la lettura dell'ottimo commento a Trib. Roma 27 agosto 2020 di Scalettaris).

Come ben dettagliato nel testo citato, la decisione analizzata prevedeva che violasse il principio di buona fede il proprietario che non concedesse al conduttore “la riduzione del canone del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20% per il periodo da giugno 2020 a marzo 2021; e la sospensione fino ad un'esposizione debitoria di 30.000 euro della fideiussione che era stata costituita a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni del conduttore”.

Nel caso in questione, il giudice rilevava correttamente la validità del contratto e l'assenza di inadempimenti da parte del proprietario, ma ometteva ogni valutazione in merito a quanto sopra affermato.

Non si trattava, infatti, di valutare la vicenda sulla base dell'applicabilità delle norme in materia di impossibilità totale sopravvenuta della prestazione (art. 1463 c.c.), ma di impossibilità parziale e principio di buona fede nell'esecuzione dei contratti (artt. 1464, 1256 e 1258 c.c., di concerto con le disposizioni in materia di Covid-19).

Vi è, altresì, da sottolineare come l'art. 1467 c.c. preveda che, “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall'articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell'alea normale del contratto”, disciplina affatto inapplicabile al presente caso.

L'ordinanza, quindi, sarebbe parsa più corretta se avesse valutato il quadro normativo sopra riportato.

È del tutto possibile, infatti, che il Tribunale abbia valutato l'inapplicabilità della disposizione che limitava la garanzia fideiussoria a € 30.000,00 (nel caso in questione la garanzia superava gli € 100.000,00) e che l'abbia ritenuta non applicabile in ragione della natura di Garantievertrag, ma di tale ragionamento non v'è traccia nella decisione (forse anche per assenza di devoluzione del motivo specifico al giudice da parte della reclamante).

Parrebbe un principio ragionevole e corretto, infatti, l'applicazione dei limiti fideiussori anche alle garanzie a prima richiesta, sovente mezzi decisamente penalizzanti per i garanti.

È corretto, poi, sostenere l'assenza di cause di impossibilità sopravvenuta della prestazione a causa della sospensione del flusso di turisti, ma sarebbe parso appropriato quanto meno citare la possibilità di applicazione della impossibilità sopravvenuta parziale della prestazione, con conseguente riduzione del canone nei mesi di lockdown.

C'è da dire che, giuridicamente, la domanda giudiziale riguardava il reclamo del provvedimento di rigetto della sospensiva riguardante l'escussione della garanzia a prima richiesta ed è quindi del tutto possibile che gli argomenti sopra citati, pur non trovando spazio in questa sede, sarebbero applicati dal giudice in sede di giudizio ordinario.

Riferimenti

Balestra, Pandemia, attività d'impresa e solidarietà, in Riv. trim. dir. e proc. civ., fasc. 4, 1 dicembre 2020, 1153;

Franzoni, Il Covid-19 e l'esecuzione del contratto, in Riv. trim. dir. e proc. civ., fasc.1, 1 marzo 2021, 1;

Navarretta, Giustizia contrattuale, giustizia inclusiva, prevenzione delle ingiustizie sociali, in Giust. civ., fasc. 2, 1 febbraio 2020, 242;

Pisani - Tedesco, La rinegoziazione del contratto in crisi, tra principii interni e lex mercatoria, in Dir. comm. internaz., fasc. 2, 1 giugno 2021, 295;

Scalettaris, Ancora a proposito della rinegoziazione del canone nel caso delle locazioni commerciali, in Condominioelocazione.it, 2 marzo 2021;

Signorelli, La locazione commerciale al tempo della pandemia: prime prospettive di sistema e soluzioni resilienti, in Resp. civ. e prev., fasc. 5, 1 maggio 2020, 1683.

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