Pedone investito e pedone che cade in una buca: principio di autoresponsabilità e disomogenea valutazione del concorso di colpa

Filippo Rosada
16 Novembre 2021

Traendo spunto dalla giurisprudenza prevalente, si mette in evidenza la disomogenea valutazione del comportamento distratto del pedone che si procura lesioni perché investito sulle strisce pedonali, ovvero perché cade in una buca stradale. Compiuta, quindi, una disamina del principio di autoresponsabilità sul quale si fonda, spesso, l'accertamento della responsabilità esclusiva del pedone che cade in una buca, si sostiene l'opportunità di applicazione del suddetto principio anche nell'ambito della circolazione stradale, al fine di valutare il concorso di colpa della persona investita da un veicolo.
Introduzione

L'esigenza di questo approfondimento nasce dall'osservazione di un'applicazione non omogenea dell'istituto del concorso del fatto colposo del creditore (art. 1227 c.c.) a seconda che si sia in presenza di un fatto collegato alla circolazione della strada (art. 2054, c. 1, c.c.) piuttosto che di un danno da cose in custodia (art. 2051 c.c.).

Il caso sul quale si vuole focalizzare l'attenzione è quello del pedone che si procura lesioni mentre attraversa la strada sulle strisce pedonali in quanto: investito da un veicolo, ovvero caduto in una buca.

Al fine di rendere tangibile la differente applicazione dell'istituto di cui all'art. 1227, c. 1, c.c., riportiamo alcune emblematiche massime inerenti le due menzionate casistiche: pedone investito sulle strisce pedonale e pedone che cade in una buca.

Pedone investito sulle strisce pedonali
  • Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2011, n. 5540: in tema di circolazione stradale, la mera circostanza che il pedone abbia attraversato la strada, sulle strisce pedonali, frettolosamente e senza guardare non costituisce da sola presupposto per l'applicabilità dell'art. 1227, c. 1, c.c., occorrendo invece, a tal fine, che la condotta del pedone sia stata del tutto straordinaria ed imprevedibile (in, Resp. civ. e prev. 2011, 11).

  • Tribunale Milano, sez. VI civ., 21 gennaio 2020, n. 505: l'accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l'affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l'investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall' art. 2054, c. 1, c.c., dimostrando di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno. Pertanto, anche nel caso in cui il pedone - nell'atto di attraversare la strada in un punto privo di strisce pedonali - abbia omesso di dare la precedenza ai veicoli che sopraggiungevano ed abbia iniziato l'attraversamento distrattamente, sussiste comunque una concorrente responsabilità del conducente il veicolo investitore, ove emerga che costui abbia tenuto una velocità eccessiva o non adeguata alle circostanze di tempo e di luogo (in Redazione Giuffrè 2020).
Pedone che cade in una buca
  • Cass. civ., sez. VI, 3 novembre 2020, n. 24416: in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell'art. 1227, c. 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

  • Trib. Milano, 6 luglio 2021, n. 5886: accertato il carattere colposo della condotta tenuta dal danneggiato e l'imprevedibilità/inevitabilità di tale condotta da parte del custode, si assiste ad un'interruzione del nesso causale tra cosa in custodia ed evento dannoso: l'iniziale (apparente) riconducibilità dell'evento alla cosa in custodia provata (già) dal danneggiato, qualora venga successivamente provato dal custode il caso fortuito, regredisce a mera occasione o “teatro” della vicenda produttiva di danno, atteso che la condotta colposa del danneggiato assume efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell'evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente.
Principio di autoresponsabilità e disomogenea valutazione del concorso di colpa

Come si può notare dalla lettura delle decisioni sopra riportate, malgrado entrambe le fattispecie prevedano la presunzione di responsabilità del proprietario/custode del bene (veicolo/strada), ove la fattispecie riguardi il rapporto veicolo/pedone, la disattenzione del soggetto che attraversa la strada viene valutata ininfluente e assorbita dal comportamento ritenuto di maggior disvalore, tenuto dal conducente del veicolo.

Quando, invece, l'utente della strada si procura lesioni a causa di buche stradali, interviene il principio di autoresponsabilità fondato sull'art. 2 Cost., ai sensi del quale si considera interrotto il nesso causale rispetto all'omessa manutenzione dell'ente custode della strada.

Interessante riportare alcuni passaggi motivazionali delle richiamate sentenze.

La Suprema Corte, nella decisione 9 marzo 2011 n. 5540, in un obiter dictum opera una distinzione che incide sulla valutazione del concorso di colpa, tra l'eventualità che l'investimento del pedone avvenga mentre questi stia attraversando le strisce pedonali, o meno.

Secondo l'estensore, infatti, nel caso di attraversamento sulle strisce pedonali, il pedone può fare ragionevole affidamento sugli obblighi di cautela gravanti sui conducenti, e pertanto, perché possa rilevare la condotta del pedone ex art. 1227, c. 1, c.c., è necessario che questa sia stata del tutto straordinaria ed imprevedibile.

Secondo la Suprema Corte, pertanto, nell'ipotesi in cui il pedone attraversi usufruendo delle strisce pedonali, stante l'aspettativa che il conducente del veicolo rispetti l'obbligo di rallentare e quindi di arrestare la marcia, è meno onerato dal dovere di attenzione e quindi gli è consentito di procedere in modo distratto, purché non compia azioni del tutte impreviste ed imprevedibili.

Possiamo già notare come detta impostazione contrasti con il disposto dell'art. 140 c.d.s. che così dispone: Gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale.

Non è chi non veda come il predetto precetto riguardi tutti i fruitori della strada e pertanto anche i pedoni e non solo i conducenti dei veicoli (siano essi a motore ovvero, elettrici o a trazione muscolare quali i velocipedi).

Né può ritenersi ipotizzabile che in conseguenza del disposto dell'art. 190 c. 2 c.d.s., i pedoni debbano porre attenzione unicamente in fase di attraversamento all'infuori delle strisce pedonali (I pedoni, per attraversare la carreggiata, devono servirsi degli attraversamenti pedonali, dei sottopassaggi e dei soprapassaggi. Quando questi non esistono, o distano più di cento metri dal punto di attraversamento, i pedoni possono attraversare la carreggiata solo in senso perpendicolare, con l'attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per altri).

Che tutti gli utenti della strada debbano sempre porre attenzione nelle “manovre” stradali è previsto dal principio regolatore generale già sopra richiamato (art. 140 c.d.s.).

Nell'ipotesi in cui, invece, il pedone attraversi senza fare uso delle strisce pedonali, il legislatore ritiene si debba ricorrere ad una attenzione ancora maggiore, proprio per salvaguardare il bene primario della sicurezza stradale.

Si osserva, inoltre, come nell'applicazione del codice della strada, la giurisprudenza ritenga debba essere sempre valutata con rigore la condotta di guida di entrambi i conducenti, anche nel caso in cui uno proceda contromano (Trib. Milano, 21 ottobre 2021 n. 8568), ovvero attraversi un incrocio stradale malgrado il semaforo proietti la luce semaforica rossa per il proprio senso di marcia (Cass. civ., 13 gennaio 2021, n. 460).

Ininfluente anche la considerazione che l'art. 2054, c. 1, c.c. preveda che il conducente, per andare esente da responsabilità, debba provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

La ratio dell'art. 2054, c. 1, c.c. è volta a responsabilizzare il guidatore anche per colpa lieve e ciò in conseguenza della ritenuta pericolosità intrinseca dell'utilizzo del veicolo.

Giova ricordare come l'art. 2054 c.c. rappresenti la trasfusione quasi letterale dell'art. 122 del R.D. 2 dicembre 1928 n. 3179 che così disponeva: Il danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo si presume dovuto a colpa del conducente. La presunzione è esclusa soltanto quando questi provi che da parte sua si è avuta ogni cura nell'evitare che il danno si verificasse...

La specificazione che il conducente, per superare la presunzione di responsabilità, debba provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, rende certamente più gravoso il suo onere probatorio, ma nulla centra con la necessaria valutazione della condotta tenuta dal pedone, onde valutare il suo eventuale concorso.

In estrema sintesi, pertanto, in tema di circolazione stradale, tenuto conto che il conducente del veicolo deve essere sempre in grado di arrestare la marcia di fronte ad un ostacolo prevedibile (art. 141 c. 2 c.d.s.) purché si trovi entro il limite del suo campo di visibilità, sarà ben difficile (se non impossibile) dimostrare la sua carenza di colpa.

Ciò non osta, però, alla doverosa necessità di prendere in considerazione anche la condotta del pedone e quindi valutarla ai sensi dell'art. 1227, c. 1, c.c.

In proposito è utile riportare la seguente massima giurisprudenziale.

Cass. civ., sez. III, 3 marzo 1987, n. 2216: La presunzione di colpa del conducente prevista dal comma 1 dell'art. 2054 c.c. non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità tra evento dannoso e condotta umana; pertanto, il fatto che il conducente del veicolo investitore non abbia fornito la prova idonea a vincere la suddetta presunzione non preclude la indagine circa l'eventuale concorso di colpa del pedone danneggiato.

Nel caso, invece, in cui il pedone inciampi o cada in una buca stradale, la sentenza dei Supremi Giudici n. 24416 del 3 novembre 2020 afferma che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell'art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost..

La parte motiva della richiamata decisione, quindi, specifica come quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

Ciò precisato, l'estensore del provvedimento ulteriormente argomenta evidenziando che l'incidente era avvenuto in pieno giorno (alle ore 12 di un giorno di settembre) e che il cordolo, per colore, dimensioni e funzione era perfettamente visibile. In conseguenza delle sopra esposte circostanze di fatto e di diritto, quindi, gli ermellini concludono affermando che la caduta era da ricondurre in via esclusiva al comportamento disattento del pedone, e tanto indipendentemente da ogni valutazione sulla applicazione o meno dell'art. 2051 c.c..

Nel caso esaminato, quindi, ritenendo che la disattenzione del pedone nell'incedere possa essere ritenuto un comportamento non ragionevole o accettabile, riconducono l'evento, in via esclusiva, al comportamento di quest'ultimo, senza che sia necessario discorrere sul contenuto dell'art. 2051 c.c.

All'esito dell'esame delle differenti impostazioni giuridiche adottate a seconda della fattispecie presa in considerazione, possiamo osservare come, di fatto, per la giurisprudenza maggioritaria, la distrazione del pedone, in un caso (art. 2051 c.c.) comporta l'interruzione del nesso causale rispetto alla colpa del custode e nell'altro (art. 2054 co. 1 c.c.), invece, questa viene assorbita dall'affidamento sul corretto comportamento del conducente del veicolo.

Nel primo caso si esonera da responsabilità il proprietario del bene (il custode) e nel secondo, invece, il proprietario del veicolo si ritiene responsabile esclusivo.

A questo punto si ritiene opportuno meglio valutare l'essenza del principio di autoresponsabilità sul quale spesso poggiano le sentenze di totale assoluzione del custode dei beni dai quali originano le lesioni dei disattenti pedoni.

Il tema è stato affrontato nella sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 10 maggio 1999, con riguardo al giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2043, 2051 e 1227 c. 1, c.c.

In quella sede si è chiarito come il soggetto sia gravato del dovere di salvaguardare la propria persona, ponendo la necessaria attenzione nel momento in cui entra in contatto o usufruisce della cosa pubblica. Ciò in conseguenza del fatto che l'estensione del bene demaniale è tale da non poter consentirne una custodia/sorveglianza costante.

La Corte Costituzionale, inoltre, onde evitare l'eccezione di violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), tiene a precisare che il predetto principio viene applicato anche di fronte all'uso della cosa privata.

La specificazione che la Corte ha ritenuto di inserire a chiusura della parte motiva è rilevante e ha fatto sì che il principio dell'“l'autoresponsabilità” sia ormai applicato nei più svariati ambiti:

Tutela del consumatore

Cass. civ., 08 luglio 2020, n. 14257: Il c.d. dogma consumeristico vuole il consumatore in una situazione di presunzione assoluta di debolezza, sempre e comunque meritevole di protezione. Nel settore turistico, tuttavia, agli obblighi informativi che l'organizzatore deve obbligatoriamente dare in forma scritta tramite apposito opuscolo, concorre il principio di autoresponsabilità del consumatore circa la lettura e l'utilizzo dello stesso…

Tutela dell'ex coniuge

Cass. civ., 13 febbraio 2020, n. 3661: Ai fini del riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge assumono rilievo la capacità di quest'ultimo di procurarsi i propri mezzi di sostentamento e le sue potenzialità professionali e reddituali piuttosto che le occasioni concretamente avute dall'avente diritto di ottenere un lavoro. Se la solidarietà post coniugale si fonda sui principi di autodeterminazione e autoresponsabilità, non si potrà che attribuire rilevanza alle potenzialità professionali e reddituali personali, che l'ex coniuge è chiamato a valorizzare con una condotta attiva facendosi carico delle scelte compiute e della propria responsabilità individuale, piuttosto che al contegno, deresponsabilizzante e attendista di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro riversando sul coniuge più abbiente l'esito della fine della vita matrimoniale.

Determinazione dell'assegno al figlio maggiorenne

Corte Appello Perugia, 10 settembre 2020, n. 398: Ultimato il percorso formativo prescelto, il figlio maggiorenne deve adoperarsi per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione, tenendo conto, alla luce del principio di autoresponsabilità, delle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro e se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, non essendogli consentito di fare abusivo affidamento sul supposto obbligo dei suoi genitori di adattarsi a svolgere qualsiasi attività pur di sostentarlo ad oltranza nella realizzazione dei desideri ed ambizioni personali.

Rapporto fideiussorio tra banca e fideiussore

Tribunale Grosseto, 7 febbraio 2020, n. 109: In tema di fideiussione, non sussiste la violazione del principio di buona fede nell'esecuzione del contratto da parte della banca, violazione consistente non aver proceduto alla chiusura del rapporto di conto corrente nonostante l'aumento dell'esposizione debitoria della società cliente a danno del fideiussore, poiché la tutela del fideiussore per obbligazione futura è garantita dall'ordinamento mediante l'eccezione liberatoria di cui all' art. 1956 c.c., senza che possa trarsi dalla clausola generale di cui all' art. 1375 c.c. una regola giuridica che imponga alla banca di procedere alla chiusura di un conto corrente in passivo, trattandosi di scelta rimessa all'autonomia privata non connotata in linea di principio da abusività. Peraltro, il fideiussore, in virtù della facoltà riconosciuta dalla legge e dal negozio fideiussorio, ha l'onere, in virtù del principio di autoresponsabilità che informa i rapporti di diritto privato, se non contratto, recesso del quale non è stata fornita la prova nel presente giudizio.

Ambito della garanzia della cosa venduta

Cass. civ., 6 febbraio 2020, n. 2756: L'esclusione della garanzia nel caso di facile riconoscibilità dei vizi della cosa venduta, ai sensi dell' art. 1491 c.c., è applicazione del principio di autoresponsabilità e consegue all'inosservanza di un onere di diligenza del compratore in ordine alla rilevazione dei vizi che si presentino di semplice percezione…

Determinazione della volontà negoziale

Cass. civ., 17 ottobre 2019, n. 26292: Affinché un determinato comportamento possa concretamente valere come dichiarazione negoziale, occorre che sussistano fatti non solo concludenti ma pure univoci. La manifestazione tacita di volontà negoziale deve - infatti - sostanziarsi in un contegno univocamente concludente, tale da assumere, secondo la coscienza sociale, un significato oggettivo, riferibile al soggetto quanto meno a titolo di autoresponsabilità

Onere processuale in ambito civilistico

Cass. civ., 31 luglio 2019, n. 20726: Anche a fronte di una domanda di condanna in forma generica è onere della parte interessata riproporre o sollevare l'eccezione di prescrizione nei termini di legge, integrando tale profilo una questione preliminare di merito: in forza del principio di autoresponsabilità e affidamento processuale, le parti sono difatti tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia, a riproporre ai sensi dell' art. 346 c.p.c. le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza…

Infortuni sul lavoro

Tribunale Lecce, 04 aprile 2019, n. 139: In tema di infortuni sul lavoro, il modello iperprotettivo, incentrato esclusivamente sulla figura del datore di lavoro e sui suoi obblighi di prevenzione degli infortuni, è stato superato in favore di un modello collaborativo, con la conseguenza che assume rilievo anche il principio di autoresponsabilità del lavoratore, da considerarsi quale parte attiva della realtà aziendale e come soggetto titolare non solo di un diritto alla sicurezza, ma anche di un dovere di rispetto delle relative prescrizioni.

Attività sportiva a scopo ricreativo

Tribunale Como, 05 settembre 2017, n. 1199: In tema di immersioni subacquee, qualora l'immersione ha scopo ricreativo ed era estranea a fini didattici ed i partecipanti sono adulti ed esperti essi stessi si auto espongono volontariamente al significativo pericolo di intraprendere alcuni tipi di immersione con determinate profondità e con determinate modalità esecutive. In base al principio di autoresponsabilità ciascun soggetto adulto e “compos sui” è libero di sottoporsi ai rischi che ritiene di essere in grado di affrontare… Né è giuridicamente pensabile che sorga una posizione di garanzia in capo a un determinato soggetto sol perché in possesso di una maggiore esperienza.

Responsabilità del proprietario di animale

Cass., civ., 21 aprile 2016, n. 8042: In tema di applicazione dell'art. 2052 c.c., deve essere esclusa la responsabilità dei proprietari di un cavallo, che aveva sferrato dei calci ad una donna - al settimo mese di gravidanza - causandone la morte del feto, atteso che in fase di istruttoria era emerso che la condotta imprudente della danneggiata, che era passata dietro al cavallo, in una posizione che, per la conformazione dei luoghi, la esponeva ai possibili calci dell'animale, aveva avuto carattere assorbente nel verificarsi dell'evento, ossia aveva svolto un ruolo causale autonomo, tale da interrompere qualunque nesso fra la custodia dell'animale e l'evento.

Tutela del creditore che rilascia quietanza

Cass. civ., 19 maggio 2015, n. 10202: Il creditore è ammesso a impugnare la quietanza di pagamento non veridica soltanto attraverso la dimostrazione con ogni mezzo che il divario esistente tra realtà e quanto dichiarato è conseguenza di errore di fatto o di violenza. Nelle altre ipotesi la responsabilità di quanto dichiarato ricade sul creditore. Nel caso di specie, la Cassazione ha ribadito l'applicazione del principio di autoresponsabilità, che vincola colui che rilascia la quietanza in quanto questa è asseverativa del fatto dell'intervenuto pagamento, anche se non corrispondente al vero.

Rappresentante apparente

Cass. civ., 08 maggio 2015, n. 9328: In tema di rappresentanza apparente, il terzo contraente, ex art. 1393 c.c., ha soltanto la facoltà, e non anche l'obbligo, di controllare se colui che si qualifichi rappresentante sia in realtà tale, sicché non basta il semplice comportamento omissivo del medesimo terzo per costituirlo in colpa nel caso di abuso della procura (o di mancanza della stessa), occorrendo, per converso, ai fini dell'affermazione che egli abbia agito senza la dovuta diligenza, il concorso di altri elementi.

Procreazione medicalmente assistita

Tribunale Bologna, 14 agosto 2014: In materia di trattamento di procreazione medicalmente assistita (PMA) in vitro di tipo eterologo ai sensi della l. n. 40/2004, a garanzia del nascituro sono previste le speciali misure di cui all'art. 9, comma 1 e comma 2 - divieto del disconoscimento della paternità e dell'anonimato della madre - nel segno della autoresponsabilità di chi accede alla PMA

Concessione di credito bancario

Tribunale Pescara, 31 luglio 2014: L'idoneità eziologica di quella concessione (ovvero di quel mantenimento) del credito bancario ad ingenerare in capo alla società attrice una tale errata percezione della reale situazione economica della società finanziata (con i conseguenti richiamati effetti patrimoniali dannosi che la prima ha denunziato di avere subito) nella specie deve escludersi, in applicazione dei principi generali in materia di causalità giuridica e del generale principio cd. di autoresponsabilità, essendo emerso che l'attrice conosceva (ovvero, quanto meno, avrebbe dovuto conoscere), nel momento in cui decideva di finanziare e di rifornire di merci detta società e nel momento successivo in cui decideva di non agire in via di autotutela nei confronti della propria debitrice, divenuta morosa, lo stato di decozione in cui la stessa versava…

Riparazione per ingiusta detenzione

Corte appello Milano, 26 novembre 2003: In tema di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini della valutazione della condizione ostativa della colpa grave dell'interessato nel determinare l'errore cautelare, anche il comportamento di mera adesione (connivenza) ad un altrui comportamento penalmente rilevante viola i principi di buona fede ed autoresponsabilità.

In conclusione

Stante la rilevata applicazione del principio di autoresponsabilità anche all'infuori delle fattispecie di danni causati agli utenti di beni sottoposti alla custodia della PA, non si ravvisano ragioni ostative all'applicazione dello stesso anche in tema di danni ai pedoni ex art. 2054, c. 1, c.c.

Non si comprende la ragione per la quale non dovrebbe tenersi conto dalla condotta del danneggiato anche in relazione al dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso all'art. 2 della Costituzione sul quale si fonda il principio di autoresponsabilità.

Tra questi doveri di solidarietà rientra certamente anche quello di effettuare, da parte del pedone, una preventiva valutazione della situazione potenzialmente pericolosa conseguente all'attraversamento sulle strisce pedonali, così da porre in essere un'attenzione rapportata alla situazione concreta.

Allo stesso modo non si comprende per quale ragione, in tema di responsabilità da cose in custodia, la disattenzione del pedone non debba essere valutata in correlazione percentuale rispetto alla colpa del custode, anziché essere ritenuta, sic et simpliciter, causa esclusiva dell'evento.

Del resto, per proseguire il parallelismo con la disposizione dell'art. 2054 co. 1 c.c., non appare rilevante che l'art. 2051 c.c. non preveda che il custode, per liberarsi della presunzione di responsabilità, debba provare tutto il possibile per evitare il danno.

Abbiamo già sopra evidenziato come nell'ambito della circolazione stradale, il legislatore abbia voluto stigmatizzare la responsabilità del soggetto che mettendosi alla guida del veicolo, compie un'attività pericolosa, così sottolineandone la responsabilità anche per colpa lieve.

Il fatto che il custode, per liberarsi della responsabilità, debba solo provare il fortuito, non significa che in caso di colpa lieve, il comportamento non debba essere posto in nesso causale con l'evento.

Sappiamo che nell'ambito della responsabilità civile, la gravità della colpa può eventualmente incidere sulla causalità giuridica, ma non certo su quella materiale.

A suffragio delle predette osservazioni si richiamano tre decisioni giurisprudenziali in ambito di responsabilità ex art. 2051 c.c. e in tema di responsabilità ex art. 2054, c. 1, c.c. che appaiono valutare con il giusto equilibrio la relazione tra gli obblighi del responsabile e il comportamento del danneggiato.

Cass. civ, 13 marzo 2012, n. 3966: In tema di investimento stradale, se pure il conducente del veicolo investitore non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione di colpa che l'art. 2054, c. 1, c.c., posta nei suoi confronti, non è preclusa l'indagine, da parte del giudice di merito, in ordine al concorso di colpa del pedone investito, con la conseguenza che, allorquando siano accertate la pericolosità e l'imprudenza della condotta del pedone, la colpa di questi concorre, ai sensi dell'art. 1227, c. 1, c.c., con quella presunta del conducente (nella specie, la Corte ha confermato al decisione dei giudici del merito che avevano ritenuto sussistere − nella misura del 50 per cento − il concorso di colpa del pedone, investito dall'autovettura, perché aveva attraversato in ora notturna una strada a scorrimento veloce e senza essersi assicurato, al momento dell'inizio dell'attraversamento, di essere stato avvistato dal conducente del mezzo investitore).

Più di recente:

Tribunale Trieste, 7 giugno 2019 n. 380: il pedone che viene investito mentre attraversa la strada, parlando al cellulare e senza preventivamente guardare se sopraggiungano veicoli, concorre nella causazione dell'evento nella misura dell'80%.

Cass. civ., 20 novembre 2020, n. 26524: In ambito di responsabilità da cose in custodia, ex art. 2051 c.c. nel caso di caduta di pedone in una buca stradale non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell' art. 1227 c.c. , commi 1 o 2), richiedendosi, per l'integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.

Alla luce di quanto osservato e della giurisprudenza richiamata, si ritiene auspicabile un maggior equilibrio nella valutazione della condotta del pedone, anche con funzione di deterrenza e quindi educativa di quest'ultimo che, spesso, rimane vittima di gravi incidenti anche in conseguenza del pericoloso “costume” di ritenere che “il pedone ha sempre ragione”.

Allo stesso modo, sarà utile che anche i custodi dei beni pubblici e ancor più di quelli privati, comprendano che una ingiustificata e negligente incuria di luoghi utilizzati da pedoni, comporterà comunque un diritto risarcitorio di quest'ultimo, seppur calmierato dal suo eventuale concorso di colpa.

In fine, si osserva come il decreto legge infrastrutture e trasporti n. 121/2021, approvato dalla Camera dei Deputati in data 28 ottobre 2021 (ora in fase di passaggio al Senato per la sua conversione) con la denunciata finalità di meglio tutelare la salute degli utenti della strada, abbia introdotto nuovi obblighi di comportamento in corrispondenza degli attraversamenti pedonali (i conducenti dei veicoli devono dare la precedenza non solo ai pedoni che hanno iniziato l'attraversamento, ma anche a quelli che si stanno accingendo ad effettuare l'attraversamento).

A sommesso parere di chi scrive, la novella appare inutile allo scopo oltre che contraria alla necessità di agevolare la fluida circolazione stradale, tutelata dal principio informatore di cui all'art. 140 c.d.s.: un conto è la previsione di dare la precedenza al pedone che inizia l'attraversamento, altro è concederla a chi si sta accingendo ad attraversare.

La norma, da un lato introduce nuovi argomenti di lite quale la valutazione dell'elemento psicologico del pedone, e dall'altro non aiuta ad educare quest'ultimo a prendere contezza dei nuovi pericoli collegati anche alla silenziosità dei moderni veicoli elettrici e quindi alla loro minore percepibilità.

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